Consiglio di Stato Sez. V, n. 1972, del 11 aprile 2013
Urbanistica.Il Piano per gli Insediamenti commerciali svolge funzione esaustiva di ogni esigenza sia di carattere commerciale, sia di carattere urbanistico

Dall'esame della normativa ex d.lgs. n. 114 del 1998 è emersa la chiara volontà del legislatore di assegnare al Piano per gli Insediamenti commerciali una funzione esaustiva di ogni esigenza sia di carattere commerciale, sia di carattere urbanistico. Di tale espressa ed inequivoca volontà legislativa è prova il tenore dell'art. 6 d.lgs. n. 114 del 1998, il quale, nel demandare alle Regioni la definizione dei criteri generali in materia, affida alle medesime il compito di fissare "i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale" cui dovranno essere adeguati gli strumenti urbanistici regionali, deputati ad individuare le aree da destinare agli insediamenti commerciali, i vincoli e le prescrizioni vigenti in tali aree. D'altronde, tale interpretazione è risultata del tutto ragionevole anche sul piano logico-sistematico, non essendo di certo coerenti con il principio di buon andamento amministrativo l'eventuale duplicazione e distinzione di funzioni di programmazione e pianificazione con riferimento al medesimo territorio, con la conseguente, paradossale intersecazione di atti generali e/o di pianificazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01972/2013REG.PROV.COLL.

N. 02668/2004 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2668 del 2004, proposto da: 
S.R.L. "La Fontana Lanciano", S.R.L. "Ferri Elettroforniture" e Ditta Individuale "Dimensione Parallela", in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentate e difese dagli avv. Paolo Stella Richter e Stefano Civitarese Matteucci, con domicilio eletto presso Paolo Stella Richter in Roma, viale Mazzini, 11;

contro

Comune di Lanciano, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlini, con domicilio eletto presso l’avv. Dario Di Gravio in Roma, via Anapo, 3; 
Associazione di Enti Locali, Regione Abruzzo; 
S.R.L. Iperadriatico, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Giulio Cerceo e Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso l’avv. Franco Gaetano Scoca in Roma, via G. Paisiello, 55; 
S.R.L. Edileuropa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Fernando Di Benedetto e Giuseppe Bruno, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA - n. 01080/2003, resa tra le parti, concernente autorizzazione alla realizzazione di un centro commerciale e artigianale.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.



FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, con la sentenza n. 1080 del 4 dicembre 2003, ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento del provvedimento autorizzativo unico 24 ottobre 2001, n. 64/19, con il quale il responsabile unico del procedimento dello Sportello Unico per le Attività Produttive dell’Associazione tra enti locali per l’attuazione del patto territoriale Sangro-Aventino ha autorizzato le società Iperadriatico s.r.l. e Edileuropa s.r.l. a realizzare un centro commerciale e artigianale in località Gaeta del Comune di Lanciano; nonché degli atti presupposti e connessi, tra cui la deliberazione della giunta municipale di Lanciano 17 luglio 2001, n. 17, di approvazione dello schema di atto unilaterale d’obbligo delle predette aziende.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che la “Magazzini Gabrielli s.p.a.” risultava proprietaria della struttura immobiliare del centro commerciale denominato “La Fontana” del gruppo Gabrielli, di area di circa 10.000 mq., costituito oltre che da una vastissima area al piano terreno adibita ad un ipermercato (denominato Oasi), anche da 12 esercizi commerciali, i cui locali risultano locati alla società “La Fontana Quattro s.r.l.” con scrittura privata dell’11 maggio 2002; mentre le relative aziende (comprensive solamente dell’avviamento e delle attrezzature di vendita) erano state cedute con atto del 31 ottobre 2002 alla società collegata “La Fontana Lanciano s.r.l.”, che aveva sede in Ascoli Piceno allo stesso indirizzo e con lo stesso numero di telefono della “Magazzini Gabrielli s.p.a.”; tale società “La Fontana Lanciano s.r.l.”, con contratti di affitto di azienda del 3 e del 6 novembre 2000, aveva a sua volta ceduto in affitto due di tali aziende rispettivamente alla società Ferri Elettroforniture ed alla ditta individuale Dimensione Parallela di Rossi Emidio.

Il TAR rilevava, inoltre, che la società proprietaria dell’intera struttura immobiliare, dopo il rilascio della concessione e dopo che erano iniziati i lavori di costruzione di altro centro commerciale e artigianale su un’area adiacente, aveva proposto tempestiva impugnativa nel gennaio 2002 dinanzi al medesimo Tribunale avverso il provvedimento autorizzativo unico 24 ottobre 2001, n. 64/19, ma tale gravame era stato dichiarato inammissibile da questa Sezione con sentenza 26 giugno 2002, n. 561 per non avere la ricorrente adeguatamente dimostrato la propria legittimazione attiva.

Il TAR rilevava ancora che la società “La Fontana Lanciano s.r.l.”, la società Ferri Elettroforniture e la ditta individuale Dimensione Parallela di Rossi Emidio, con atto notificato il 2 novembre 2002, avevano proposto il ricorso in primo grado, sempre avverso il predetto provvedimento autorizzativo unico 24 ottobre 2001, n. 64/19, deducendo motivi analoghi a quelli di cui al precedente ricorso, allegando al gravame, a dimostrazione della loro legittimazione attiva, documenti dai quali si rilevava il loro stabile insediamento nella zona per essere la prima titolare di dodici aziende commerciali e le altre affittuarie di due di dette aziende, situate a distanza di circa 250 metri dal nuovo centro commerciale.

Per quanto riguarda l’eccezione di tardività dedotta, per il TAR, premesso che è a carico di chi eccepiscela tardività dell’impugnazione della concessione edilizia rilasciata al terzo, la prova dell’effettiva e piena conoscenza della concessione edilizia, in mancanza di inequivoci elementi probatori, si verifica solo con l’ultimazione dei lavori, perché solo in quel momento si possono apprezzare le dimensioni e le caratteristiche dell’opera e, quindi, l’entità delle violazioni; tuttavia, per il TAR, l’individuazione della data in cui i terzi hanno avuto piena conoscenza dell’esistenza delle violazioni della disciplina urbanistica da parte di una concessione edilizia è in ogni caso oggetto di un accertamento di fatto da compiersi caso per caso, per cui può ben ammettersi che la data della piena conoscenza risalga ad un momento anteriore.

Nel caso di specie, ha osservato il TAR, le parti ricorrenti, insediate nella zona e titolari di uno specifico interesse all’impugnazione in relazione all’attività commerciale da loro svolta, hanno contestato con il gravame la costruzione nella zona di altri locali da destinare ad ospitare in futuro nuove strutture di vendita ipotizzando l’impossibilità di realizzare un nuovo centro commerciale in ragione del contrasto di tale localizzazione non lo strumento urbanistico vigente nel Comune di Lanciano e dell’assenza di un piano attuativo; è così sembrato al TAR evidente che fin dall’inizio dei lavori le attuali ricorrenti avevano la consapevolezza della lesività dell’attività intrapresa. Inoltre, tale piena conoscenza era anche desumibile non solo dalla notorietà e dalla risonanza sugli organi di stampa dell’intervento in questione, ma anche dagli specifici rapporti esistenti tra la società “La Fontana Lanciano s.r.l.” e la “Magazzini Gabrielli s.p.a.”, cioè la società proprietaria dell’intera struttura immobiliare, la quale fin dal gennaio 2002 si era gravata dinanzi al detto Tribunale avverso l’atto dello Sportello Unico per le Attività Produttive oggi impugnato.

L’appellante contestava la sentenza del TAR sostenendo:

- che non si doveva seguire il procedimento di cui al DPR n. 447/1998 ma quello di cui al D.Lgs. n. 114/1998 e alla L.R. n. 62/1999;

- che vi era un parere contrario espresso con atto del 10 gennaio 2001, n. 75 dall’arch. Renzetti, dirigente del settore Urbanistica del Comune di Lanciano (a causa mancanza standard pubblici per parcheggi e verde, e mancanza di un piano intermedio);

- che il tecnico comunale risultava delegato dal sindaco “a partecipare alla conferenza dei servizi del 19.6.2001 con parere favorevole”;

- il contrasto con l’art. 13 delle norme tecniche di attuazione (NTA) che “prescrive per i nuovi insediamenti di carattere direzionale-commerciale lo standard (pubblico) nella misura del 50% della superficie fondiaria, di cui il 40% a parcheggio e il 60% a verde attrezzato”; quindi, il Comune non avrebbe potuto ritenerne la fungibilità col pagamento di una somma di denaro; e semmai la competenza era del consiglio comunale e non del sindaco o della giunta;

- che occorreva anche la previa approvazione dello strumento attuativo (PAP) richiesto dall’art. 44 delle NTA;

- che la monetizzazione avrebbe fatto entrare nelle casse del Comune molto meno di quanto invece dovuto;

- si contestavano, infine, le clausole nn. 4 e 8 dell’atto unilaterale d’obbligo approvato dalla Giunta.

Con l’appello in esame si chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituivano le parti appellate chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 19 febbraio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio di poter prescindere dalla questione della ricevibilità del ricorso di primo grado, nonché del difetto di legittimazione, sollevato dalla società Iperadriatico s.r.l. nella sua memoria per l’udienza di discussione, stante l’infondatezza nel merito dell’appello.

Nel parere del 10 gennaio 2001, n. 75 reso dall’arch. Renzetti, dirigente del settore Urbanistica del Comune di Lanciano, viene detto che l’intervento proposto non poteva essere assentito, in quanto nella zona D3 poteva essere attuato un intervento urbanistico secondo le modalità dell’art. 22 delle NTA e con la prescrizione di cui all’art. 13 che prevedeva lo standard nella misura del 50% della superficie fondiaria, di cui il 40% a parcheggio e il 60% a verde attrezzato.

Peraltro, nel predetto parere non si prendeva in considerazione il fatto che il Comune, con la delibera del consiglio comunale n. 19 del 27 marzo 2000, aveva recepito il piano per la Programmazione degli Interventi Locali per il Commercio di cui alla L.R. n. 62 del 1999 e aveva provveduto di conseguenza all’adeguamento del piano mediante il riallineamento dello strumento urbanistico alla nuova situazione.

Pertanto, in relazione ai motivi d’appello, il Collegio ritiene che:

- il procedimento instaurato dal Comune di Lanciano mediante conferenza di servizi è conforme al dettato normativo di cui all’art. 4, comma 2, d.P.R. n. 447/1998, applicabile ratione temporis, secondo cui è ammissibile la convocazione di una conferenza di servizi al fine di eventualmente concordare quali siano le condizioni per ottenere il superamento dell’iniziale pronuncia negativa.

Come ha chiarito la giurisprudenza, nell'ambito del procedimento previsto dagli artt. 4 e 5 d.p.r. 20 ottobre 1998 n. 447, la determinazione della Conferenza di servizi rappresenta un peculiare atto di impulso (proposta) dell'autonomo procedimento, di natura esclusivamente urbanistica, volto alla variazione del vigente piano regolatore, rientrante nelle normali ed esclusive attribuzioni dell'ente locale (cfr., Consiglio di Stato, sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4768);

- pertanto, il parere contrario espresso con atto del 10 gennaio 2001, n. 75 dall’arch. Renzetti, dirigente del settore Urbanistica del Comune di Lanciano, era stato comunque superato dalle determinazione assunte nella predetta conferenza di servizi;

- il tecnico comunale non risultava in alcun modo delegato formalmente dal sindaco a partecipare alla conferenza dei servizi del 19.6.2001 con parere favorevole, non trovandosi traccia di alcuna delega negli atti di causa;

- la competenza, pertanto, apparteneva alla predetta conferenza di servizi, in virtù delle disposizioni di legge sopra richiamate;

- la questione relativa al contrasto con l’art. 13 delle NTA e la questione della previa approvazione dello strumento attuativo (PAP) richiesto dall’art. 44 delle NTA sono state superate poiché, come detto, il Comune, con la delibera consiliare n. 19 del 27 marzo 2000, aveva recepito il piano per la Programmazione degli Interventi Locali per il Commercio di cui alla L.R. n. 62 del 1999 e aveva provveduto di conseguenza all’adeguamento del piano mediante il riallineamento dello strumento urbanistico alla nuova situazione;

- infine, la diversa, in ipotesi minore monetizzazione dell’area, non condiziona la legittimità del provvedimento autorizzatorio, non essendo quindi le parti appellanti legittimate alla relativa contestazione.

Parimenti, e per le stesse ragioni da ultimo illustrate (riallineamento dello strumento urbanistico alla nuova situazione e non condizionabilità dell’autorizzazione alla corretta monetizzazione dell’area), non sono contestabili le clausole nn. 4 e 8 dell’atto unilaterale d’obbligo approvato dalla Giunta.

In sostanza, riassuntivamente:

- nella zona D3, ove dovrebbe realizzarsi l’intervento proposto, deve rispettarsi il disposto di cui all’art. 22 delle N.T.A. in relazione alle prescrizioni di cui al precedente art. 13;

- l’art. 13 cit. prevede, quale standard urbanistico, la misura del 50% della superficie fondiaria, di cui il 40% a parcheggio e il 60% a verde attrezzato;

- tale norma è stata modificata dalla delibera di consiglio comunale n. 19 del 27 marzo 2000 ove è stata recepita la Programmazione degli Interventi Locali per il Commercio ex L.Reg. n. 62 del 1999, attuando così un automatico riallineamento del piano regolatore generale (PRG), senza bisogno di adozione di atti di pianificazione secondari;

- infatti, già dall'esame della normativa (anche nazionale – ex d.lgs. n. 114 del 1998) è emersa la chiara volontà del legislatore di assegnare al Piano per gli Insediamenti commerciali una funzione esaustiva di ogni esigenza sia di carattere commerciale, sia di carattere urbanistico. Di tale espressa ed inequivoca volontà legislativa è prova il tenore dell'art. 6 d.lgs. n. 114 del 1998, il quale, nel demandare alle Regioni la definizione dei criteri generali in materia, affida alle medesime il compito di fissare "i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale" cui dovranno essere adeguati gli strumenti urbanistici regionali, deputati ad individuare le aree da destinare agli insediamenti commerciali, i vincoli e le prescrizioni vigenti in tali aree. Dalla citata disposizione si è quindi dedotto, in primo luogo, che il legislatore non ha inteso duplicare la programmazione dell'utilizzazione del territorio, separando in due distinti atti la programmazione urbanistica e la programmazione commerciale; in secondo luogo, che l'atto di individuazione delle aree da destinare agli insediamenti commerciali costituisce "strumento urbanistico" ed è in tale strumento che devono essere sia individuate le predette aree sia dettate tutte le prescrizioni urbanistiche di specie. D'altronde, tale interpretazione è risultata del tutto ragionevole anche sul piano logico-sistematico, non essendo di certo coerenti con il principio di buon andamento amministrativo l'eventuale duplicazione e distinzione di funzioni di programmazione e pianificazione con riferimento al medesimo territorio, con la conseguente, paradossale intersecazione di atti generali e/o di pianificazione;

- la struttura commerciale in contestazione risulta così compatibile con la destinazione urbanistica e d’uso del piano così come modificata dalla cit. delibera di consiglio comunale n. 19 del 27 marzo 2000, rispettandone i parametri di insediabilità;

- sotto il profilo del procedimento amministrativo, il Comune si è uniformato a quanto stabilito dall’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 447 del 1998, atteso che tutte le Amministrazioni partecipanti hanno espresso parere favorevole al nuovo insediamento, compreso il Dirigente intervenuto legittimamente per il Comune ad esprimere il punto di vista dell’Amministrazione di appartenenza;

- la monetizzazione degli standard urbanistici, secondo il calcolo determinato dal cit. riallineamento dell’originario P.R.G., non incide sulla legittimità dell’atto impugnato.

Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

Giancarlo Luttazi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)