TAR Campania (Napoli) Sez. II sent. 10348 del 1 dicembre 2006
Urbanistica. Ordine di demolizione e sanatoria
n. 10348/06 Reg. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale
della Campania
Sezione Seconda
composto dai Signori Magistrati:
dr. ANTONIO ONORATO Presidente
dr.ssa ANNA PAPPALARDO Consigliere.
dr. UMBERTO MAIELLO Primo Ref. ,
relatore
ha pronunciato all’udienza camerale del 9.11.2006 la seguente
DECISIONE IN FORMA SEMPLIFICATA
Sul ricorso n. 2819/2006 proposto da RUSSO Massimo,
rappresentato
e difeso dall’Avv. Michele Costagliola e, con il predetto
difensore, elettivamente domiciliato in Napoli al viale Gramsci
n°19;
contro
il Comune di SANT’AGNELLO, in persona del Sindaco pro
–
tempore, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Ferdinando Pinto,
dall’Avv. Giulio Renditiso e dall’Avv. Rosa Persico
e, con
i predetti difensori, elettivamente domiciliato in Napoli alla via
Cesario Console n°3 presso lo studio del Prof. Avv. Erik Furno;
per l’annullamento
1) della nota prot.llo 1312 del 20.1.2006, con la quale è
stata
respinta la domanda di condono edilizio avanzata ai sensi
dell’art. 32 del d.l. 269/2003 conv. in legge 362/2003;
2) di ogni altro atto preordinato e connesso;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento
impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Udito il relatore Primo Referendario dr. UMBERTO MAIELLO
Uditi altresì per le parti gli avvocati come da verbale di
udienza;
Visto l'articolo 21 nono comma della legge 6 dicembre 1971, n.1034, nel
testo sostituito dall'art. 3, primo comma, della Legge 21 luglio 2000
n. 205, che facoltizza, in sede di decisione della domanda cautelare,
il Tribunale Amministrativo Regionale, accertata la completezza del
contraddittorio e dell'istruttoria, a definire il giudizio nel merito a
norma dell'articolo 26 della legge della legge 6 dicembre 1971, n.1034,.
Rilevato che, nella specie, il presente giudizio può essere
definito con decisione in forma semplificata ai sensi dell'articolo 26
della legge della legge 6 dicembre 1971, n.1034, come modificato
dall'art. 9 della Legge 21 luglio 2000 n. 205, stante la completezza
del contraddittorio e della documentazione di causa, oltre che la
manifesta fondatezza del ricorso,
Sentiti sul punto i difensori delle parti costituite, come da verbale
d'udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto;
FATTO E DIRITTO
Con il gravame in epigrafe, il ricorrente impugna il provvedimento
dirigenziale prot.llo n°1312 del 20.1.2006, con il quale il
Comune
di Vico Equense ha respinto l’istanza di condono prot.llo
19099
del 18.11.2004, relativa ad opere edili abusive realizzate nel
territorio del precitato Ente alla via Ferrella n°5.
A fondamento dell’avversato provvedimento reiettivo viene
posta,
quale ragione ostativa, la sentenza di condanna pronunciata del
Tribunale penale di Torre Annunziata n°05000383 del 12.5.2005,
recante l’ordine di demolizione del manufatto
abusivo.
Per completezza, mette conto evidenziare che, nel corpo
dell’avversato provvedimento, viene altresì fatta
menzione
dell’ordine di sospensione n°219/2004 e della
successiva
ingiunzione a demolire n°243/2004, spediti dal Comune di Vico
Equense per la repressione dell’abuso in questione.
Il ricorso è fondato.
Segnatamente, va convalidata la censura con cui parte ricorrente
lamenta la violazione dell’art. 10 bis della legge 241/1990,
secondo cui “ nei procedimenti ad istanza di parte, il
responsabile del procedimento o l’autorità
competente,
prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica
tempestivamente agli istanti i motivi che ostano
all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci
giorni
dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di
presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate
da documenti…”;
L’adempimento in questione, quale mezzo preventivo di
soluzione
di potenziali conflitti, dovrebbe poi dar luogo ad una fase
pre-decisionale a contraddittorio pieno sulle ragioni ostative
all’accoglimento della domanda di parte.
Secondo il costrutto giuridico delineato dalla precitata disposizione,
nell’ipotesi in cui la dialettica fra le parti, favorita
dallo
strumento della partecipazione procedimentale, non valga a comporre le
divisate ragioni ostative all’accoglimento
dell’istanza
dell’interessato, l’Amministrazione è
tenuta nel
corpo del provvedimento reiettivo ad esplicitare con congrue
argomentazioni i motivi in considerazione dei quali ha disatteso le
osservazioni di parte.
Orbene, avuto riguardo al caso di specie, mette conto evidenziare che,
sebbene spedito sotto la vigenza della richiamata disposizione,
com’è noto introdotta dalla legge 15/2005, il
provvedimento impugnato effettivamente non è stato preceduto
da
un rituale preavviso di rigetto.
Ciò nondimeno, le ricadute della registrata
illegittimità
procedimentale vanno apprezzate in stretta correlazione con le
disposizioni che hanno tracciato il regime normativo della patologia
del provvedimento amministrativo, parimenti introdotte dalla
già
citata legge 15/2005.
Al riguardo, giova anzitutto evidenziare, secondo un indirizzo
già espresso da questa Sezione ( cfr. Tac Campania, Napoli,
Seconda Sezione, 1460/2006) che la necessità di assicurare
effettività alle garanzie di partecipazione al procedimento
è stata prevista in generale dal legislatore non soltanto
per i
procedimenti complessi che si articolano in più fasi
(preparatoria, costitutiva ed integrativa dell’efficacia), ma
anche per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente con
l’adozione dell’atto finale, i quali comunque
comportano
una fase istruttoria da parte della stessa autorità
emanante.
Nè la fase procedimentale indicata può essere
omessa o
compressa per il fatto che si sia in presenza di provvedimento a
contenuto vincolato, ben potendo la pretesa partecipativa del privato
esplicarsi rispetto all'accertamento ed alla valutazione dei
presupposti, di fatto e di diritto, sui quali si deve comunque fondare
la determinazione amministrativa (cfr. CdS sez. VI 20.4.2000 n. 2443;
CdS 2953/2004; 2307/2004 e 396/2004).
Tale orientamento ha trovato vieppiù conferma nelle recenti
modifiche introdotte dalla legge 11 febbraio 2005 che, nel ribadire la
necessità di assicurare effettività alle garanzie
di
partecipazione procedimentale, già evincibile
dall’originario impianto normativo, si è limitata
ad
introdurre, in via di eccezione, una deroga al regime di
annullabilità dell’atto per vizi formali, inibendo
la
pronuncia di decisioni a contenuto demolitorio qualora, per la natura
vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto
dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.
Orbene, la piana lettura delle disposizioni in commento riflette con
assoluta evidenza la chiara intenzione del legislatore di estendere in
via ordinaria – così come già
evidenziato da questa
Sezione - l’applicazione del regime procedimentale definito
agli
artt. 7 e ss. della legge 241/1990 anche agli atti a contenuto
vincolato, rimanendo ininfluente un’eventuale violazione
delle
garanzie di partecipazione nei soli casi di evidente
superfluità, da un punto di vista fattuale e/o
giuridico,
di ogni apporto collaborativo rispetto al contenuto precettivo delle
determinazioni da assumere.
Sotto il suddetto profilo, mette conto evidenziare che le
argomentazioni difensive svolte dall’Amministrazione
intimata,
non appaiono contraddistinte da una pregnante efficacia persuasiva,
tale da far ritenere – in ossequio al nuovo schema probatorio
introdotto dal legislatore con la recente novella normativa ( legge
15/2005) - che “il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto
essere diverso da quello in concreto adottato” ( cfr. ex
multis
Tar Campania, Seconda Sezione, 20463/2005).
Invero, le ragioni ostative su cui, tuttora, anche cioè
all’esito delle integrazioni difensive svolte
dall’Amministrazione nel corso del giudizio, si fonda
l’avversato diniego non appaiono dirimenti: anzitutto, si
rivela
manifestamente inconferente la circostanza dell’intervenuta
spedizione dell’ordine di sospensione n°219/04 e
della
successiva ingiunzione a demolire n°243/04, peraltro annullata
da
questo Tribunale con sentenza n°1739/2005.
Del pari, non costituisce una preclusione assoluta alla
sanabilità degli abusi l’ordine di demolizione
contenuto
nella sentenza di condanna emessa dal giudice penale,
ancorché
divenuta irrevocabile: la Suprema Corte di Cassazione ha, invero,
ripetutamente evidenziato che l'ordine di demolizione in oggetto, pur
costituendo una statuizione sanzionatoria giurisdizionale (che,
conseguentemente, deve essere eseguita dal giudice), ha natura
amministrativa e non è suscettibile di passare in giudicato,
essendo sempre possibile la sua revoca quando risulti assolutamente
incompatibile con atti amministrativi della competente
autorità,
che abbia conferito all'immobile altra destinazione o abbia provveduto
alla sua sanatoria ( cfr. Cass. Pen. Sent. n. 3992 del 03-02-2004).
Sulla scorta dei suddetti rilievi il Giudice di legittimità
ha,
dunque, concluso che il rilascio della concessione sanante dopo il
passaggio in giudicato della sentenza di condanna, mentre non ha
effetto estintivo dei reati e delle pene (rendendo operanti, rispetto
ad essi, soltanto i particolari effetti di cui all'art. 38, 3°
comma, della legge n. 47 del 1985), può comportare invece
l'inapplicabilità ed anche la revoca dell'ordine di
demolizione
disposto ai sensi dell'art. 7, ultimo comma, della stessa legge (vedi
Cass., Sez. 3°: 20 gennaio 2003, n. 2406, Gugliandolo; 20
giugno
1997, n. 2475, Coppola; 20 giugno 1997, n. 2474, Morello; 20 giugno
1997, n. 2472, Filieri; 28 novembre 1996, Ilardi; 15 marzo 1996, n.
1264, Larosa; 5 febbraio 1996, Vanacore; 2 marzo 1995, Francavilla.
Decisioni tutte conformi alla motivazione della sentenza delle Sezioni
Unite 24 luglio 1996, ric. p.m. in proc. Monterisi).
In siffatto contesto, tuttora bisognevole di approfondimenti, va
ribadita la doverosità di una preventiva dialettica
procedimentale.
Trova, in altri termini, conferma la ragion d’essere
dell’invocata partecipazione al procedimento, atteso che, nel
caso di specie, i presupposti legittimanti l’adozione del
provvedimento da adottare, non risultando ancorati al riscontro
obiettivo di un fatto strutturalmente semplice, richiedevano un
accertamento nel cui ambito doveva essere garantita al privato la
possibilità di prospettare argomenti a suo favore.
La rilevata mancanza si riflette, dunque, sulla legittimità
dell’impugnato provvedimento, che, pertanto, va caducato, con
assorbimento degli ulteriori motivi di gravame.
Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le
spese giudiziali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Seconda Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e,
per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 9
novembre 2006.
Il Primo Ref. Estensore
Il Presidente
Urbanistica. Ordine di demolizione e sanatoria
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