Trib. Milano - Uff. GIP n.4717 sent. 22 gennaio 2010
Est. Salvini
Rifiuti.Rifiuti contaminati da idrocarburi
Sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato per i reati di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti e trasporto di rifiuti pericolosi con formulari riportanti dati falsi e inesatti riferita alla classificazione dei rifiuti contaminati da idrocarburi, tenuto conto anche della L. n. 13/2009 e della sua interpretazione autentica
T r i b u n a l e O r d i n a r i o d i M i l a n o
Ufficio del Giudice per le indagini preliminari
dr. Guido Salvini
7° piano - stanza 24 (tel.02/54334319 - fax 02/5453428)
N.19506/07 R.G.N.R. N. 4717/07 R.G.GIP.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo italiano
Il Giudice per l’udienza preliminare, dr. Guido Salvini, ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
A SEGUITO DI GIUDIZIO ABBREVIATO
nel procedimento penale nei confronti di:
D.R., nato a,
elettivamente domiciliato a Novara in XX
(difeso di fiducia dall’avv. Alberto Savoini e dall’avv. Mauro Pigino, Corso Fiume n°5/B, Vercelli)
S.A., nato a
residente a Milano
(difeso di fiducia dall’avv. Alberto Savoini e dall’avv. Mauro Pigino, Corso Fiume n°5/B, Vercelli)
C.M., nato a e residente a Cesara (VB)
(difeso di fiducia dall’avv. Alberto Savoini Corso Fiume n. 5/B Vercelli e dall’avv. Davide Sangiorgio, Via Baretti n°1 Milano)
C. S., nato a e residente a Cesara (VB)
(difeso di fiducia dall’avv. Alberto Savoini Corso Fiume n. 5/B Vercelli e dall’avv. Davide Sangiorgio, Via Baretti n°1 Milano)
M.M., nato ed ivi residente
(difeso di fiducia dall’avv. Alberto Savoini e dall’avv. Mauro Pigino, Corso Fiume n°5/B, Vercelli)
S.T., nata a e residente ad Olgiate Olona (difeso di fiducia dall’avv. Claudio Simonelli Piazzetta Santa Lucia n°1, Alessandria)
I M P U T A T I
TUTTI
A) Art. 110 cp, 260 d.l.vo n. 152/06 perchè, in concorso fra loro, nelle rispettive qualità ed in particolare:
D. ROBERTO quale legale rappresentante della soc. AAA ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dal 24.5.2005 all’1.11.2006;
S.A., quale A.U. fino al 9.10.2007 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 ,
C.M. quale A. D. della soc. BB srl , società commerciale e di intermediazione dei rifiuti prodotti nell’impianto di Robecchetto con Induno dalla soc. Officine Ambientale,
C. STEFANO quale A.U. della soc. CC SRL , società che controllava e gestiva di fatto la società OA con intermediazioni/ commercializzazione/ trasporti dei rifiuti prodotti nell’impianto di Robecchetto con Induno,
M.M. quale A.U. dal 9.10.07 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 –
S.T. quale direttore tecnico dell’impianto di Robecchetto con Induno a far tempo dal 2.11.2006
al fine di conseguire un ingiusto profitto – corrispondente, fra l’altro, nella somma di denaro risparmiato per il mancato trattamento dei rifiuti presso il proprio impianto e per lo smaltimento di rifiuti pericolosi classificati invero come non pericolosi -,
con piu’ operazioni di intermediazione, commercializzazione , trasporto,
e attraverso l’allestimento di mezzi presso l’ impianto,
gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi (kg. 17.058.550 per OA e kg. 31.708.170 per AAA),
In particolare ritiravano, dal comune di Milano e da altri comuni della Regione Lombardia e della Regione Piemonte, come rifiuti urbani ( non pericolosi) con cod. CER 20.03.03 complessivi kg. 48.766.720 di “terre di spazzamento strade”, anche con un’alta concentrazione di idrocarburi totali superiori a 1000 mg/kg,
li gestivano (solo con la vagliatura) presso il proprio impianto di Robecchetto con Induno ( autorizzato , a diverse operazioni con DGR 12315 del 7.3.2003 rilasciata a O., volturata con D.D. n. 73/2005 ad AAA, poi volturata con D.D. 394/2006 a OA )
e, senza particolari trattamenti idonei e a modificarne lo stato di pericolosità , li conferivano a diversi impianti / discariche su territorio nazionale e all’estero classificandoli come rifiuti speciali non pericolosi - con cod. CER 191209 e/o cod. CER 19.12.12. e/o cod. CER 200303 , senza mutarne lo stato di pericolosità
In Robecchetto con Induno , fino al 12 dicembre 2007
B) art.256 I comma lett. b) d.l.vo n. 152/06 perche’, ognuno nella propria rispettiva qualità ed in
particolare:
D. ROBERTO quale legale rappresentante della soc. AAA ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dal 24.5.2005 all’1.11.2006;
S.A., quale A.U. fino al 9.10.2007 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 ,
C.M. quale A. D. della soc. BB srl , società commerciale e di intermediazione dei rifiuti prodotti nell’impianto di Robecchetto con Induno dalla soc. Officine Ambientale,
C. STEFANO quale A.U. della soc. CC SRL , società che controllava e gestiva di fatto la società OA con intermediazioni/ commercializzazione/ trasporti dei rifiuti prodotti nell’impianto di Robecchetto con Induno,
M.M. quale A.U. dal 9.10.07 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 –
S.T. quale direttore tecnico dell’impianto di Robecchetto con Induno a far tempo dal 2.11.2006
gestivano senza autorizzazione ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi presso l’impianto di Robecchetto con Induno ( autorizzato - ma a diverse operazioni - con DGR 12315 del 7.3.2003 rilasciata a O., volturata con D.D. n. 73/2005 ad AAA, poi volturata con D.D. 394/2006 a OA )
in particolare
ritiravano come rifiuti urbani ( non pericolosi) con il cod. CER 20.03.03 complessivi kg. 48.766.720 di “terre di spazzamento strade” risultati invero pericolosi ( in quanto con un’alta concentrazione di idrocarburi totali superiori a 1000 mg/kg,),
e li conferivano poi, tramite le società BB e BB, per lo smaltimento definitivo con cod. CER 19.12.09 e/o cod. CER 19.12.12. e/o cod. CER 20.03.03, senza mutarne lo stato di pericolosità
In Robecchetto con Induno , fino al 12 dicembre 2007
C) Art. 61 n. 2, 81, 110 cp, 258 comma 4 d.l.vo n. 152/06 in relazione all’art. 483 cp perche’, in
concorso fra loro, nelle rispettive qualità ed in particolare:
D. ROBERTO quale legale rappresentante della soc. AAA ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dal 24.5.2005 all’1.11.2006;
S.A., quale A.U. fino al 9.10.2007 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 ,
C.M. quale A. D. della soc. BB srl , società commerciale e di intermediazione dei rifiuti prodotti nell’impianto di Robecchetto con Induno dalla soc. Officine Ambientale,
C. STEFANO quale A.U. della soc. CC SRL , società che controllava e gestiva di fatto la società OA con intermediazioni/ commercializzazione/ trasporti dei rifiuti prodotti nell’impianto di Robecchetto con Induno,
M.M. quale A.U. dal 9.10.07 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 –
S.T. quale direttore tecnico dell’impianto di Robecchetto con Induno a far tempo dal 2.11.2006
al fine di conseguire il profitto di cui al capo A) disponevano e/o effettuavano n. 86 trasporti di rifiuti pericolosi con formulari riportanti dati falsi e inesatti, in particolare kg. 1.794.025 di rifiuti pericolosi con un’alta concentrazione di idrocarburi totali superiori a 1000 mg/kg, senza utilizzare il cod. CER cd. a specchio .
In Robecchetto con Induno , fino al 12 dicembre 2007
M. E S.
D) Art. 81 cp, 256 IV c.con riferimento al c. 1 lettera b) d.l.vo n. 152/06 perche’, ognuno nella
propria rispettiva qualità ed in particolare:
M.M. quale A.U. dal 9.10.07 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 –
S.T. quale direttore tecnico dell’impianto di Robecchetto con Induno a far tempo dal 2.11.2006
gestivano nell’impianto di Robecchetto con Induno rifiuti pericolosi in violazione alle prescrizioni di cui alla DGR 12315 del 7.3.2003 rilasciata a O., volturata con D.D. n. 73/2005 ad AAA, poi volturata con D.D. 394/2006 a OA , in particolare depositavano eternit contenente amianto ( cod. CER 17.06.05) in un’area non autorizzata
In Robecchetto con Induno, il 25 e il 26.10.2007
E) Art. 256 IV c. con riferimento al c. 1 lettera a) e b) perche’, ognuno nella propria rispettiva
qualità ed in particolare:
M.M. quale A.U. dal 9.10.07 della soc. OA srl ,che formalmente gestiva l’impianto di Robecchetto con Induno dall’1.11.2006 –
S.T. quale direttore tecnico dell’impianto di Robecchetto con Induno a far tempo dal 2.11.2006
gestivano nell’impianto di Robecchetto con Induno rifiuti pericolosi e non pericolosi in violazione alle prescrizioni di cui alla DGR 12315 del 7.3.2003 rilasciata a O., volturata con D.D. n. 73/2005 ad AAA, poi volturata con D.D. 394/2006 a OA , in particolare procedevano alla messa in riserva dei rifuti sia in ingresso che in uscita dal vaglio all’aperto in area non autorizzata.
In Robecchetto con Induno, il 19.11.2007
parte civile:
Provincia di Milano, rappresentata dall’avv. Angela Bartolomeo, Via Vivaio n°1, Milano.
parti offese:
Comune di Robecchetto con Induno, (Piazza Libertà n°11, Robecchetto con Induno)
Regione Lombardia (Via Fabio Filzi n°22, Milano)
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Il presente procedimento ha per oggetto plurime violazioni delle norme in tema di smaltimento dei rifiuti anche pericolosi raccolte nel Decreto Legislativo 152 /2006 e contestate a D.R. e agli altri imputati che gestivano l’impianto di Robecchetto con Induno o le società, quali la BB Srl e la CC Srl strettamente legate alla vita dell’impianto, che si occupavano dell’intermediazione del trasporto e della destinazione finale di rifiuti prodotti dall’impianto stesso.
A seguito della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal Pubblico Ministero in data 19.9.2008 tutti gli imputati, all’udienza in data 10.12.2008, hanno chiesto il giudizio abbreviato e tale giudizio si è articolato attraverso numerose udienze poiché si è reso necessario, anche in ragione dell’integrazione alla normativa in materia di rifiuti introdotta dal d.l.30.12.2008 n.208 convertito in legge 27.2.2009 n.13, disporre una perizia sulla complessa materia del procedimento e sentire poi in udienza tanto il perito quanto i consulenti di parte.
Occorre innanzitutto tenere presente che il procedimento costituisce la filiazione di un’indagine che si era sviluppata presso la Procura della Repubblica di Lodi e che aveva avuto già al centro l’impianto di Robecchetto.
Un primo orientamento sui fatti può essere comunque desunto dall’annotazione del Corpo di Polizia Provinciale di Milano e dell’A.R.P.A. per la Lombardia in data 7.5.2007[1] che è il primo atto inviato direttamente alla procura della Repubblica di Milano al fine soprattutto di fornire a tale Ufficio un quadro della situazione relativa a quel troncone che appunto era stato trasmesso da Lodi a Milano per ragioni di competenza territoriale.
Nell’annotazione si premette che l’impianto di Robecchetto era stato gestito sino al maggio 2005 dalla società O. di C.I. che aveva ceduto l’attività di gestione dei rifiuti, con la volturazione della relativa autorizzazione, alla AAA Srl la quale a sua volta nel novembre 2006 aveva ceduto l’attività alle OA Srl che, al momento della redazione dell’annotazione, erano i gestori dell’impianto.
Secondo l’annotazione, tutte e tre le società hanno sempre avuto comunque un denominatore comune e cioè una modalità illecita di gestione dei rifiuti.
Innanzitutto l’impianto per lo smaltimento dei rifiuti sia pericolosi sia non pericolosi avrebbe dovuto utilizzare un vaglio per selezionare le terre di spazzamento che costituivano il principale apporto di rifiuti e in successione un trituratore. Quest’ultimo tuttavia, e la circostanza è già significativa, risultava essere stato asportato al momento dei sopralluoghi effettuati sia in costanza della gestione AAA sia in costanza della gestione OA.
In relazione alla gestione O., l’annotazione comunque segnalava che tutte le condotte illecite prospettabili dovevano considerarsi ormai soggette a prescrizione. Tuttavia risultava utile, anche per comprendere i fatti successivi, ricordare che l’ARPA di Parabiago aveva effettuato nel marzo 2003 un sopralluogo ed un campionamento del materiale trattato derivante dallo spazzamento stradale e i rifiuti campionati dopo il trattamento risultavano avere una concentrazione di idrocarburi totali di 2.300 mg/kg dovendo essere quindi classificati come pericolosi e non identificati con i codici CER che li individuavano invece come non pericolosi avviandoli ad una destinazione non protetta.
Secondo l’annotazione la situazione non era per nulla cambiata allorchè alla O. era subentrata, dal maggio 2005 al novembre 2006, la AAA Srl di cui era rappresentante D.R..
Nel corso della gestione AAA le modalità di trattamento erano infatti rimaste invariate e si limitavano cioè ad una separazione meccanica delle frazioni di rifiuto mediante la già citata vagliatura. Ciò senza tenere conto nel modo dovuto che le terre di spazzamento strade hanno concentrazioni inquinanti variabili che dipendono da diversi fattori contingenti quali l’inquinamento atmosferico, diverso da luogo a luogo di provenienza, e l’utilizzo delle strade da parte di un maggiore o minore carico di traffico veicolare e quali anche le condizioni meteorologiche poiché la scarsità di piogge aumenta la concentrazione di inquinanti.
In tale situazione complessiva, anche per la gestione AAA così come per la precedente e la successiva, appariva quanto mai singolare che tutti i rifiuti in uscita fossero costantemente qualificati come non pericolosi potendo così accedere a spazi di smaltimento finale meno costosi.
Ed in effetti un ulteriore campionamento effettuato presso AAA dall’ARPA di Parabiago in data 22.9.2006 e trasmesso per la prima volta all’Autorità giudiziaria proprio con l’annotazione del 7.5.2007 evidenziava che anche in questo caso ogni campione aveva superato in misura minore o maggiore, da 1.316 mg/kg a 2.057 mg/kg, la concentrazione limite consentita di 1.000 mg/kg.
Risultava così violato il contenuto della Decisione CEE 2000/532/CE e successive modifiche che classificava come pericolosi rifiuti caratterizzati dalla concentrazione oltre lo 0,1% del parametro idrocarburi totali.
La situazione, come si è accennato, non risultava mutata con la gestione delle OA Srl.
Da un ulteriore sopralluogo in data 12.3.2007 i rifiuti erano stati tutti ancora una volta qualificati come non pericolosi con codice CER 2000303, che risulterà contrastante, come si vedrà, con l’esito dei prelievi effettuati il 20.6.2007.
Perdipiù, un raffronto con i siti di destinazione finale dei rifiuti che uscivano da Robecchetto, siti collocati perlopiù in Liguria, consentiva di verificare che tutti meno uno erano autorizzati a ricevere solo rifiuti non pericolosi, quindi con un rischio di inquinamento e di dispersione facilmente immaginabile.
Tale valutazione doveva estendersi anche a quella parte di rifiuti destinati all’estero “tal quali” ed in particolare in Germania come risultava dallo specchietto allegato all’annotazione.
In conclusione gli operanti, dando atto che le ipotesi di reato prospettabili nei confronti di C.I. dovevano ritenersi ormai prescritte, segnalavano la necessità dell’apertura di un fascicolo nei confronti di D.R., legale rappresentante della AAA Srl, e nei confronti di S.A., legale rappresentante delle OA Srl, per il reato di cui all’art.260 D.Lvo 152/2006 in quanto responsabili in modo continuativo di una gestione illecita di rifiuti pericolosi mascherati come non pericolosi e per il reato evidentemente collegato di cui all’art.256, I comma lettera b), dello stesso Decreto.
Le quantità di rifiuti smaltite, con riferimento soprattutto alla prospettabilità del primo e più grave reato, risultavano del resto come assai elevate: 20.080.610 chilogrammi di rifiuti trattati dalla AAA nel 2006 e 7.913.110 chilogrammi trattati dalle OA in soli 4 mesi e cioè dal novembre 2006 al marzo 2007.
L’annotazione segnalava infine che i trasportatori utilizzati dalle due società erano sempre i medesimi e, sul piano strutturale e societario, organici alla complessiva dell’impianto.
Sulla base di tale annotazione che, come si è detto, investiva direttamente l’Autorità giudiziaria di Milano, in data 9.5.2007 la Procura della Repubblica iscriveva nel registro degli indagati i primi due soggetti, S.A. e D.R., in ordine ai reati prospettati nell’annotazione.
Sempre nel faldone 1[2] è contenuta altresì la nota del 6.11.2007 redatta dall’ARPA per la Lombardia contenente importanti approfondimenti soprattutto di tipo tecnico esplicativi anche dei campionamenti, centrali nell’indagine, del 20.6.2007 ai quali si è già accennato ed effettuati congiuntamente a personale della Polizia Provinciale di Milano.
Nella nota si osserva che al momento del sopralluogo del 20.6.2007 il personale dell’impianto stava effettuando operazioni di vagliatura sui rifiuti in entrata classificati con CER 200303 utilizzando il vaglio con diametro di 30 millimetri e quello con diametro di 15 millimetri.
In quel frangente, quindi, venivano acquisiti 4 campioni, uno sul rifiuto in ingresso, uno sulla frazione sopra vaglio classificata con CER 191212, uno sulla frazione sotto vaglio 30 millimetri e l’ultimo sulla frazione sotto vaglio 15 millimetri.
Per analizzare i campioni veniva utilizzata la metodica FT/IR, utile a determinare il parametro degli idrocarburi totali e di conseguenza la classificazione finale del rifiuto.
Nell’annotazione si osservava che la particolare provenienza dei rifiuti, e cioè lo spazzamento stradale, imponeva l’utilizzo di tale metodica e non consigliava invece di svolgere la verifica con la tecnica gascromatografica. Infatti tale ultima tecnica avrebbe consentito di evidenziare solo gli idrocarburi con massimo 40 atomi di carbonio rimanendo quindi esclusa l’evidenziazione degli idrocarburi a catena più lunga o comunque più pesanti.
L’esito delle analisi effettuate sui 4 campioni 2558, 2859, 2860 e 2861 è allegato all’annotazione e consente di osservare che la concentrazione degli IPA, cioè gli Idrocarburi Policiclici Aromatici, risulta dello stesso ordine di grandezza sia nel rifiuto in entrata che nel sopra e sotto vaglio e che la concentrazione degli idrocarburi totali è in tutti e quattro i casi superiore ai 1.000 mg/kg, variando dagli 1.614 ai 2.105 mg/kg.
Di conseguenza le operazioni che si svolgevano presso l’impianto di Robecchetto non determinavano alcun miglioramento qualitativo del rifiuto e la presenza di idrocarburi totali superiori allo 0,1% portava a collocare i rifiuti nella classificazione con il codice a specchio come pericolosa.
La nota concludeva con un invito alla Provincia di Milano a redigere un’ulteriore diffida nei confronti delle OA Srl a rispettare le prescrizioni contenute nell’autorizzazione allo smaltimento volturata nel settembre 2006 in favore di tale società.
Un notevole interesse per le indagini riveste anche l’annotazione in data 29.10.2007 redatta dal Comando Stazione di Lanzo Torinese del Corpo Forestale dello Stato che aveva effettuato presso l’impianto il 26.10.2007 unitamente a personale dell’ARPA di Milano e della Polizia Provinciale[3].
Nel corso del sopralluogo gli operanti innanzitutto appuravano che il nuovo amministratore delle OA era diventato Moreno M. che aveva assunto tale incarico dal 9.10.2007 sostituendo il dimissionario Sarti.
Emergeva altresì, dalla diretta visione da parte degli operanti delle attività in corso presso l’impianto e dall’audizione di alcuni dipendenti che direttore tecnico e organizzatore dei lavori era sotto ogni aspetto S.T..
Si aveva altresì conferma che la massima parte dei rifiuti ritirati provenivano dai residui della pulizia strade con codice CER 200303 che i responsabili dell’impianto, a vaglio effettuato, definivano come non pericolosi attribuendo ad essi il codice CER 191212.
Venivano qualificati come non pericolosi anche quelli che “tal quali” con codice CER 200303 venivano inviati in Germania attraverso la procedura di notifica comunitaria in violazione quindi del Regolamento CE 1013/2006 del 14.6.2006 in vigore anche in Italia dal 12.7.2007.
Gli operanti precisavano inoltre che i responsabili delle OA avevano ricevuto sin dal 26.7.2007 la nota dell’ARPA che notificava loro la metodologia analitica, quella FT/IR che era stata utilizzata e che doveva necessariamente essere utilizzata per l’analisi dei campioni raccolti il 20.6.2007.
Da tale data quindi non vi poteva essere alcun dubbio in merito alla piena consapevolezza da parte dei responsabili delle OA in merito alla metodica che doveva essere utilizzata.
Di fatto i responsabili della società che si appoggiava per svolgere delle analisi di parte sul laboratorio Ambiente Analisi Srl sapevano, e lo provano i rapporti inviati da tale laboratorio e visionati durante il sopralluogo, che tanto i campioni prelevati il 20.6.2007 quanto altri campioni che le OA avevano autonomamente trasmesso al loro laboratorio di fiducia nei mesi successivi, se analizzati con il metodo corretto davano invariabilmente un risultato analitico superiore ai 1.000 mg/kg e quindi la semplice vagliatura operata a Robecchetto non faceva venir meno la pericolosità dei rifiuti.
Sempre nel corso del sopralluogo, gli operanti effettuavano un controllo del vagliatore, in quel momento non in funzione, che segnava 3.543 ore di lavoro. appuravano altresì che il vaglio era in funzione dal 2003 e, come spiegato dal direttore tecnico Tiziana Svizzero, lavorava 5 giorni la settimana per un numero di 6 ore al giorno.
Sulla base di tali dati gli operanti notavano che dal 2003 vi erano quindi stati 590 giorni lavorativi corrispondenti a circa 20 mesi e non ai 4 anni e 9 mesi spazio di tempo in cui il vaglio dal 2003 avrebbe dovuto essere in funzione segnando quindi un numero di ore lavorate assai maggiore.
Vi è quindi il sospetto che in molte situazioni il vaglio abbia funzionato solo virtualmente e l’entrata e l’uscita dei rifiuti abbia visto modalità di trattamento assai più grossolane.
Infine gli operanti rilevavano che 12 bancali contenenti rifiuti speciali certamente pericolosi, classificati con codice CER 170605* si trovavano all’esterno dell’impianto in un’area non autorizzata, anche se ciò sembrava essere avvenuto per breve tempo dalla sera del 25 ottobre alla prima mattina del 26 ottobre 2007.
Sulla base della prima annotazione cui si è fatto cenno, quella in data 7.5.2007, la Polizia Provinciale aveva anche chiesto alla Procura della Repubblica l’attivazione di una serie di intercettazioni sui soggetti coinvolti nella gestione dell’impianto al fine di meglio evidenziare i rispettivi ruoli e captare eventuali commenti significativi dopo i vari accessi e controlli che venivano via via eseguiti a Robecchetto.
Una prima relazione dell’esito di queste intercettazioni è contenuta nell’annotazione della Polizia Provinciale in data 26.6.2007[4].
Dalle prime operazioni di ascolto si traeva innanzitutto conferma che le persone che stabilmente erano presenti all’interno dell’impianto erano Tiziana Svizzero, Moreno M., nuovo rappresentante delle OA e anche dipendente della società di trasporto CC Srl legata alla società commerciale BB Srl di Verbania di Marco C. e Stefano C., e lo stesso Stefano C. che fra l’altro della BB Srl era già stato in passato proprietario di quote sociali della AAA Srl.
In sostanza le società che avevano gestito nel tempo l’impianto, quelle di intermediazione e quelle di trasporto, costituivano un insieme integrato che nel suo complesso si occupava dell’intero ciclo dei rifiuti.
Inoltre le prime telefonate registrate consentivano si recepire lo stato di conoscenza che vi era all’interno delle OA delle modalità scorrette con cui venivano classificati i rifiuti in ingresso e soprattutto in uscita.
Alcune delle telefonate infatti, pur se certamente non conclusive, sembrano indicare che chi gestiva l’impianto era ben cosciente della situazione di illegalità che a seguito delle indagini stava via via emergendo.
E’ possibile quindi far riferimento in tal senso quantomeno a 2 delle conversazioni riportate nell’annotazione e cioè quella indicata con il progressivo 405 intervenuta tra M. e Andrea Limonta del laboratorio Ambiente Analisi cui l’impianto si appoggiava e la telefonata con progressivo 438 intercorsa ancora tra M. e Stefano C. in cui questi, affermando che loro avrebbero continuato a fare “esattamente quello che facevano prima”, assume come fragile schermo di tale comportamento una sentenza del TAR del Veneto, peraltro non in termini, che avrebbe dato loro ragione.
Del tutto analoghe sono le conversazioni registrate nelle settimane successive e riportate nella nota della Polizia Provinciale in data 11.7.2007.
In questi casi la consapevolezza piena da parte degli imputati della illegalità della gestione dei rifiuti è ancora più esplicita. Basti far riferimento alla conversazione del 3.7.2007 con Andrea Limonta in cui M. prende atto con estrema preoccupazione che anche le analisi del loro laboratorio di fiducia non lasciano scampo se non si utilizza una metodica più favorevole come quella della gascromatografia.
Del tutto analogo è il tenore di una conversazione del giorno successivo tra M. e Tiziana S.in cui i due confermano l’un l’altra che l’analisi in corso da parte dell’ARPA con il metodo FT/IR darà inesorabilmente valori superiori a quelli consentiti.
Ancora è di notevole rilievo per l’inquadramento dei fatti l’annotazione in data 14.2.2008 della Polizia Provinciale di Milano che riguarda l’entità dei carichi di terre di spazzamento strade ritirate dalla AAA Srl e dalle OA Srl nel periodo di interesse.
Sulla base della documentazione risulta che l’AAA ha ritirato tra il maggio 2005 e l’ottobre 2006 un totale di 31.708.170 chilogrammi di rifiuti con codice CER 200303 di cui lo stesso schema contenuto nell’annotazione individua le uscite con i codici che a questo materiale sono stati attribuiti.
Invece le OA Srl dal novembre 2006 all’ottobre 2007 hanno ritirato presso l’impianto di Robecchetto un totale di 17.058.550 chilogrammi e anche in questo caso uno schema ne indica modalità e codici di uscita.
Inoltre la stessa annotazione contiene un riepilogo dei trasporti effettuati per conto di AAA e di OA dalla CC Srl di C.M. e C. Stefano nei periodi rispettivamente 1°.11.2006 / 26.10.2007 e 22.9.2006 / 31.10.2006 per un totale di 86 carichi.
Così esposti gli accertamenti di p.g. di maggior interesse contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, è possibile passare al tema principale del procedimento e al principale quesito che è stato dibattuto anche nelle udienze in cui si è snodato il giudizio abbreviato e cioè quale debba essere la qualificazione dei rifiuti trattati nell’impianto di Robecchetto e se i suoi responsabili abbiano assolto il compito di classificarli correttamente in modo tale da poterne consentire quella destinazione, che è sempre avvenuta, verso siti finali destinati ad accogliere solo rifiuti non pericolosi.
Essenziali per rispondere a tale quesito appaiono a questo Giudice le argomentazioni sviluppate dall’ing. Santo Cozzupoli dell’A.R.P.A. di Milano già contenute nella nota in data 19.4.2007 diretta alla Procura della Repubblica di Lodi[5] nell’ambito del primo troncone di indagine che è proseguito presso tale Autorità giudiziaria.
Le argomentazioni e le conclusioni dell’ing. Cozzupoli sono state ribadite nella nota diretta al Pubblico Ministero e presente tra i documenti prodotti da questi all’udienza del 12.2.2009 e nell’elaborato depositato dall’ing. Cozzupoli il 16.7.2009 quale consulente del Pubblico Ministero nella fase della perizia svoltasi durante il giudizio abbreviato e oggetto di ulteriori chiarimenti e spiegazioni in occasione dell’audizione del perito e dei consulenti all’udienza del 10.11.2009.
Infatti, seguendo l’iter argomentativo dell’ing. Cozzupoli e alla luce non solo della norma base costituita dal D. Lvo 3.4.2006 n.152 ma anche della normativa integrativa di cui alla Legge 27.2.2009 n.13 entrata in vigore proprio mentre era in corso il giudizio abbreviato, è possibile, attraverso i tre passaggi che si esporranno, pervenire in modo rassicurante alla conclusione che i rifiuti trattati a Robecchetto erano pericolosi in entrata e in uscita e quindi ricadono nel meccanismo sanzionatorio di cui agli artt. 256, 258 e 260 dello stesso Decreto Legislativo 152/2006.
La norma di partenza è certamente l’art.184 del medesimo Decreto Legislativo ove sono indicati i rifiuti urbani nelle loro varie categorie tra cui proprio i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e separatamente sono indicati i rifiuti speciali di varia origine.
Il V comma di tale articolo chiarisce che “sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell’elenco di cui all’allegato D alla parte IV del presente Decreto, sulla base degli allegati G, H e I alla medesima parte IV.
Tutti i rifiuti sono ormai elencati in un unico allegato D che ha sostituito i precedenti allegati ed è stato approntato a seguito dell’emanazione della Decisione della Commissione della Comunità Europea 2000/532/CE divenuta vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascun Stato membro dal 1°.1.2002 e, si badi bene, pubblicata con la Direttiva del 9.4.2002 che è apparsa sulla Gazzetta Ufficiale, supplemento ordinario n.108 del 10.5.2002, e quindi conoscibile da tutti.
Nell’allegato D tutti i rifiuti sono individuati con un codice a 6 cifre, il Codice Europeo dei Rifiuti “C.E.R.” che deve accompagnare ogni rifiuto sino al suo smaltimento finale e di grande importanza sono le pagine introduttive a tale elenco che indicano i criteri che stanno alla base della classificazione dei rifiuti come pericolosi, criteri peraltro tratti dalla Decisione 2000/532/CE.
Al punto 3.4 di tale introduzione si indica che i rifiuti contrassegnati nell’elenco con un asterisco “*” sono rifiuti pericolosi.
Osserva allora il consulente ( pag.5 dell’elaborato depositato in data 16.7.2009 ) che, scorrendo i settori 12 e 13 dell’amplissimo allegato D, i rifiuti contenenti oli minerali sarebbero da ritenersi tutti pericolosi, anche indipendentemente dalla loro concentrazione nel rifiuto stesso, in quanto ciascuna voce in cui sono presenti appunto gli oli minerali (ad esempio: rifiuto con CER 130205* - scarti di oli minerali per motori) sono indicati come tali.
Tale valutazione di pericolosità riguarda anche i rifiuti non specificati altrimenti, cioè quelli non inseribili in nessuna categoria specifica indicati con il CER 130899* di cui all’ultima parte del settore 13, purché contengano oli esauriti e residui di combustibili liquidi.
Tale pericolosità deriva, come chiarito sempre nell’introduzione, dalle frasi di rischio contenute nei Decreti sull’etichettatura delle sostanze pericolose che sono elencate sempre al punto 3.4 dell’introduzione stessa anche grazie al richiamo nella parte finale di tale punto alla Direttiva 67/568/CE in materia di classificazione ed etichettatura delle sostanze appunto pericolose.
Per quanto interessa in relazione ai rifiuti di cui si tratta, la caratteristica di pericolosità tra quelle elencate nell’introduzione è la presenza di “una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione >1%”.che comporta la farse di rischio R45[6].
Si introduce così, e questo è il secondo passaggio, come spiegato sempre nella consulenza, quantomeno per i rifiuti non specificati contenenti oli minerali, la necessità di una concentrazione, cioè di una percentuale in peso, di idrocarburi abbastanza significativa, appunto lo 0,1% e cioè 1.000 mg/kg.
Questo è in sostanza l’ulteriore requisito indicato nel parere espresso dal Ministero per l’Ambiente e per la Tutela del Territorio in data 19.10.2006 allegato agli atti e che ha costituito uno degli elementi sulla base dei quali il Pubblico Ministero ha formulato la sua ipotesi d’accusa.
Confrontando tali parametri con gli esiti delle analisi sui 4 campioni prelevati in data 20.6.2007 presso l’impianto si ha conferma che le analisi hanno evidenziato in ciascun campione una quantità di idrocarburi totali largamente superiore ai 1.000 mg/kg.
Tornando brevemente al parere del Ministero per l’Ambiente in data 19.10.2006, esso richiama la determinazione assunta dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea del 9.6.2006 che è appena un po’ meno cogente limitandosi a “consigliare” l’approccio precauzionale che porta a ritenere pericolosi i rifiuti con concentrazione di idrocarburi uguale o superiore a 0,1% anche senza una specifica ricerca dei markers di cancerogenicità.
Il parere del Ministero per l’Ambiente è invece più decisamente orientato, dopo aver valutato le soluzioni proposte da altri enti quali l’Istituto Superiore di Sanità e l’A.P.A.T., verso un approccio precauzionale più rigoroso in una materia così delicata indicando allo stato della legislazione, e non solo “consigliando”, la soluzione secondo cui per classificare un rifiuto come pericoloso è sufficiente rilevare la concentrazione di idrocarburi sopra indicata.
Tale soluzione appare del tutto in sintonia con il Sistema normativo in materia di rifiuti in quanto l’art.178 D.Lvo 152/2006, dopo aver premesso che la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, fa proprio al terzo comma il principio di “precauzione” e di responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti nel settore dei rifiuti alla luce della normativa comunitaria di cornice.
E’ anche significativo ricordare che il quarto e il quinto comma di tale articolo impongono allo Stato, a tutti gli Enti pubblici e ai privati uno stretto coordinamento sino a costituire un “Sistema compiuto e sinergico” volto ad armonizzare, nel comune obiettivo, la redazione delle norme tecniche, i Sistemi di accreditamento e i Sistemi di certificazione.
Ciò significa, in altre parole, che i privati che intervengono in concessione nella gestione dei rifiuti non sono privati cittadini che, come ricordato anche nella requisitoria finale del Pubblico Ministero in data 10.11.2009, possono anche “non sapere” e sono entro certi limiti liberi di non sapere, ma hanno il dovere di informarsi, adeguare le loro procedure anche alle interpretazioni che derivano da direttive e pareri e, in caso di dubbio, hanno il dovere di informarsi e relazionarsi con gli organi competenti, cosa che nel caso in esame certo non è avvenuta.
Al contrario, anche dopo le diffide che hanno colpito l’impianto di Robecchetto, la scelta dei responsabili, come si desume dall’insieme delle intercettazioni telefoniche, sembra essere stata sempre quella di cercare ogni scappatoia possibile per risparmiare e quindi ottenere un maggior profitto dall’attività che era stata data loro in concessione.
Questo quadro generale non è modificato, ed è il terzo passaggio del ragionamento, dall’entrata in vigore in corso di giudizio della legge 27.2.2009 n.13 riguardante misure straordinarie in materia di risorse idriche, ma contenente anche una norma relativa ai rifiuti con la presenza di idrocarburi.
L’art.6-quater di tale Legge infatti, inserito in sede di conversione, stabilisce che “la classificazione dei rifiuti contenenti idrocarburi ai fini dell’assegnazione delle caratteristiche di pericolo H7 “cancerogeno” si effettua conformemente a quanto indicato per gli idrocarburi totali nella tabella A2 dell’allegato A al Decreto del Ministro per l’Ambiente e per la Tutela del territorio e del mare in data 7.11.2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.286 del 4.12.2008.
Il Decreto del 7.11.2008, relativo alle operazioni di dragaggio in sede di bonifica ed allegato per comodità di lettura alla memoria del difensore dei fratelli C. in data 3.3.2009, nella Tabella 2 dell’Allegato A riporta i parametri chimici da determinare sui sedimenti portuali appunto da sottoporre a dragaggio all’interno dei siti di bonifica e i relativi limiti di quantificazione superati i quali, evidentemente, si deve eliminare una situazione di pericolo.
In particolare, per quanto riguarda gli idrocarburi policiclici aromatici, la Tabella impone un limite di quantificazione di 0,001 mg/kg per il naftalene ed altri quali il benzo(a)antracene, il crisene, il benzo(b)fluorantene, il benzo(k)fluorantene e il benzo(a)pirene.
Inoltre indica come ulteriori markers da ricercare nel caso di superamento delle concentrazioni limite dei materiali pericolosi per idrocarburi totali il benzo(e)pirene e il benzo(j)fluorantene, sempre con il limite di quantificazione di 0,001 mg/kg.
Nell’importantissima postilla a tale Tabella è indicato che il materiale contenente idrocarburi totali (cioè gli idrocarburi leggeri più quelli pesanti) “è da considerarsi pericoloso solo se la concentrazione degli stessi è maggiore a 1.000 mg/kg s.s. e contiene almeno uno degli idrocarburi policiclici aromatici classificati dalla U.E. Carc. Cat.2^ in base all’Allegato 1 Direttiva 67/548/CEE aggiornato al 29° ATP recepito con D.M. 28.2.2006, in concentrazione superiore a quella indicata in Tabella. Detta concentrazione andrà riferita al peso secco dell’intero campione di rifiuto”.
E’ quindi confermato innanzitutto che l’analisi, così come avvenuto per i campioni prelevati presso l’impianto il 20.6.2007, deve avvenire calcolando la concentrazione sull’intero campione di rifiuto e non sulla sola frazione idrocarburica e la Tabella citata nella postilla ora riportata non può che essere , per ragioni di ordine Sistematico, nonostante alcuni contrasti insorti in sede di redazione degli elaborati tra il perito e i consulenti di parte dell’accusa e della difesa, quella che appunto precede tale postilla.
L’art.6-quater della Legge 13/2009 non riempie quindi un vuoto legislativo trasformando in reato ciò che reato non era, come sostenuto nelle memorie presentate dal difensore di Marco e Stefano C., ma introduce al contrario un trattamento in qualche modo più favorevole per gli operatori in questo campo, affermando che la pericolosità dei rifiuti contenenti idrocarburi è data solo quando sia presente, oltre alla quantità di idrocarburi nel rifiuto, un ulteriore parametro e cioè quello relativo alla evidenziazione dei markers di cancerogenicità.
Ma anche in questo modo, ed anzi proprio per tale ragione, i rifiuti campionati in entrata e in uscita presso l’impianto di Robecchetto, che in uscita non hanno avuto alcun miglioramento qualitativo ma in pratica sono stati solo suddivisi e non lavati o altrimenti trattati, non sfuggono ad un giudizio di pericolosità che pur la Legge 13/2009 in qualche modo restringe.
Infatti già si è detto della concentrazione in tutti e quattro i reperti di idrocarburi totali molto superiore, in genere il doppio, ai 1.000 mg/kg consentiti.
Ma, e questo è il secondo parametro introdotto dalla Legge 13/2009, in 3 campioni su 4, quelli di cui ai rapporti di prova 2589, 2860 e 2861, è superato in relazione a 5 markers di cancerogenicità per 5 IPA il limite di 0,001 mg/kg chiaramente indicato nella Tabella richiamata dalla stessa Legge 13/2009.
Infatti, come si desume anche dalla tabella riassuntiva con la quale si conclude l’elaborato del consulente del Pubblico Ministero, la situazione è la seguente:
PARAMETRO |
Rapporto di prova n.2589
(mg/kg) |
Rapporto di prova n.2860
(mg/kg) |
Rapporto di prova n.2861
(mg/kg) |
Idrocarburi totali (FT-IR) |
1.908 |
2.050 |
2.105 |
Benzo(a)antracene |
|
0.12 |
0.08 |
Crisene |
0.07 |
|
0.10 |
Benzo(b)fluorantene |
0.07 |
0.06 |
0.11 |
Benzo(k)fluorantene |
|
0.08 |
|
Benzo(a)pirene |
|
|
0.07 |
Risultano quindi superati i livelli che qualificano come pericoloso il rifiuto tanto in base alla vecchia quanto alla nuova normativa.
Quanto poi al dibattuto problema della metodica utilizzata per analizzare i rifiuti prelevati a Robecchetto, e cioè il metodo FT-IR utilizzato nel caso in esame e fortemente contestato dai difensori che hanno invece sostenuto, in linea certamente con alcuni pareri che sono agli atti, la necessità di utilizzare la metodica della gascromatografia, è pur vero che tale ultima metodica evita in alcuni casi di sovrastimare la presenza degli idrocarburi.
Tuttavia la metodica FT-IR ha il pregio di poter individuare anche gli atomi di idrocarburi “lunghi” (cioè le catene molecolari con più di 40 atomi di carbonio) certamente presenti in tale tipo di rifiuto. Comunque la quantità di idrocarburi rilevata a seguito dell’analisi dei 4 campioni è talmente alta, oltre il doppio in quasi tutti i campioni rispetto ai 1.000 mg/kg consentiti, da far ritenere in modo tranquillizzante che anche una lieve sovrastima non può eliminare lo scarto imponente tra idrocarburi rilevati e idrocarburi consentiti.
Del resto anche dalla perizia tecnica redatta dal CTU, dr. Ivo Pavan, sembra desumersi che la metodica FT-IR in casi simili sia ineliminabile in quanto consente di “catturare” anche gli idrocarburi pesanti e cioè quelli con più di 40 atomi di carbonio, tra cui quelli propri del bitume certamente presenti nella terra di spazzamento strade, mentre tali composti molecolari sfuggirebbero ad una tecnica analitica basata sulla gascromatografia (cfr. pagg. 13-19-21 della perizia d’ufficio depositata in data 14.7.2009).
Merita solo di aggiungere, soprattutto per la configurabilità del più grave reato di cui all’art.260 D.Lvo 152/2006 che l’attività di smaltimento illecito, diversamente da quanto argomentato in particolare nella memoria del difensore dei fratelli C. in data 11.2.2009 risulta essere stata di carattere organizzato e continuativo e si è sviluppata sempre attraverso le stesso modalità e con gli impianti e le tecniche inadeguate che non sono mai cambiate né sotto la gestione O. né sotto la gestione AAA né sotto la gestione OA.
Del resto, come osservato anche nella nota in data 19.4.2007 del Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Milano indirizzata alla procura della Repubblica di Lodi (si veda in particolare la pag.31), le varie società hanno avuto sempre una fisiologica continuità tanto che D.R., già amministratore unico della AAA Srl, ha lasciato, non a caso dopo i prelievi del settembre 2006, l’incarico formale di amministratore di tale società per passarlo a S.A., ma è rimasto di fatto gestore dell’impianto.
Nemmeno si può dire, sempre come sostenuto nella citata memoria in data 11.2.2009, che l’individuazione di rifiuti pericolosi sarebbe stata occasionale e discendente solo dall’accesso del giugno 2007, cosicché quantomeno il reato di cui all’art.260 D.Lvo 152/2006 non sarebbe configurabile.
Infatti, anche a prescindere dalla considerazione che la trattazione dei rifiuti è avvenuta sempre nello stesso modo, del tutto priva di quell’attenzione che dovrebbe caratterizzare un’attività che tocca l’ambiente e la salute di tutti, si deve ricordare che un altro prelievo di 3 campioni era già avvenuto il 22.9.2006 ad opera dell’ARPA di Parabiago sotto la gestione della AAA Srl.
Gli esiti di tale campionamento, di cui stranamente si è parlato assai poco nell’indagine, sono riportati nella nota della Polizia Provinciale di Milano e dell’ARPA per la Lombardia in data 7.5.2007 che di fatto ha dato avvio all’indagine milanese.
Si legge allora nella tabella, a pag.9, che anche in quell’occasione i 3 rapporti di prova n.3779/06, 3780/06 e 3781/06 avevano rilevato una concentrazione di idrocarburi ben superiore ai 1.000 mg/kg consentiti e cioè rispettivamente 2.057, 1.530 e 1.316 mg/kg.[7]
Quanto si è accertato in seguito, il 20.6.2007, non è quindi qualcosa di isolato.
Per quanto concerne le responsabilità personali nell’attività sicuramente organizzata e continuativa, anche con riferimento ai mezzi predisposti, volta al traffico illecito di rifiuti sanzionata dall’art.260 D.Lvo 152/2006 e per le altre condotte di cui ai capi B e C della richiesta di rinvio a giudizio, non sembra esservi dubbio che tutti e sei gli imputati debbano rispondere di aver concorso a tale attività complessiva nei diversi ruoli delineati dall’annotazione.
Basta del resto fare riferimento a quanto riportato a foglio 22 della nota del Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Milano in data 19.4.2007, diretta alla Procura della Repubblica di Lodi, per rendersi conto che le società che hanno gestito l’impianto, quelle di intermediazione e quelle di trasporto non agivano in modo disgiunto, ma erano un insieme organico finalizzato ad un comune obiettivo gestionale ed economico. Infatti la CC Srl era società controllante tanto la AAA quanto le OA mentre la BB Srl di C.M., fratello di C. Stefano, aveva sede legale a Verbania in Viale Azzari n°72, stessa sede della CC Srl di C. Stefano.
In sostanza si trattava delle medesime società e l’attività in comune di tutti gli imputati si desume anche con chiarezza dai contatti e dai contenuti delle intercettazioni telefoniche cui si è già fatto cenno.
Deve essere quindi affermata la penale responsabilità dei sei imputati per i reati di cui ai capi A, B e C della richiesta di rinvio a giudizio.
Per quanto concerne invece le due imputazioni “minori” mosse ai capi D ed E ai soli M. e Svizzero, possono essere sostanzialmente accolte le osservazioni contenute nelle memorie presentate in data 13.2.2009 dal difensore di Tiziana S.e in data 12.2.2009 dal difensore di Moreno M..
Con riferimento infatti al reato di cui al capo D, è contestato il deposito di materiale contenente eternit in un’area non autorizzata, come è stato constatato dal Corpo Forestale, Comando Stazione di Lanzo Torinese, con verbale di sopralluogo allegato alla nota in data 22.10.2007.
Deve essere tuttavia rilevato che il materiale pericoloso è stato in brevissimo tempo portato via dall’area in cui si trovava, rimanendo in quel punto per meno di 12 ore (cfr. foglio 10 dell’annotazione indicata) e comunque, come risulta anche dalle fotografie, si trovava depositato a non più di 2 metri dal portone che separa quel punto dall’area autorizzata.
Le due aree inoltre sono identiche per pavimentazione, muratura, Sistema di raccolta per colamento e copertura e pertanto, nel caso concreto, la differenza tra area autorizzata e non autorizzata è meramente formale e non sembra così essersi realizzato, sul piano della lesività della condotta, il reato di gestione illecita di rifiuti di cui all’art.256, I comma lett.b, D.Lvo 152/2006.
Ne consegue che deve essere emessa sentenza di assoluzione nei confronti dei due imputati con la formula “il fatto non costituisce reato”.
Per quanto concerne il reato di cui al capo E, dopo il sopralluogo effettuato in data 19.11.2007 che ha dato origine alla diffida emessa dalla Provincia di Milano in data 21.11.2007, il vaglio è stato ricollocato subito all’interno del capannone e il piazzale è stato liberato dai rifiuti, come confermato dall’ulteriore sopralluogo avvenuto in data 12.12.2007 (cfr. annotazione della Polizia Provinciale in data 20.12.2007, foglio 2).
Peraltro, come spiegato in modo plausibile anche alla luce dei documenti allegati nelle memorie dei difensori, i rifiuti si riferivano ad uno scarico effettuato il pomeriggio del 19.11.2007 e solo una parte dei ritiri programmati a partire da quello stesso giorno aveva potuto realizzarsi a causa di scioperi indetti dai ferrovieri in Germania.
Per la medesima ragione il vaglio, il 19.11.2007 inutilizzato, era stato semplicemente portato all’esterno per un intervento di manutenzione e di revisione.
Di conseguenza, anche in questo caso si è trattato di violazioni momentanee che non integrano gli estremi di quella illecita “gestione dei rifiuti” di cui all’articolo già citato e, anche in relazione al reato di cui al capo E, deve essere emessa sentenza di assoluzione con la formula “il fatto non costituisce reato”.
Passando alla determinazione delle pene da irrogare, è innanzitutto evidente il vincolo della continuazione che lega i reati di cui ai capi A, B e C della richiesta di rinvio a giudizio e certamente più grave risulta il reato di cui al capo A.
A tutti gli imputati, in ragione della loro incensuratezza, possono essere riconosciute, come richiesto dallo stesso Pubblico Ministero, le circostante attenuanti generiche.
In tema di quantificazione della pena, si deve tenere presente che D.R., quale responsabile della AAA srl con riferimento ai carichi cristallizzati nei capi di imputazione, ha trattato con la sua società un quantitativo quotidiano assai maggiore di rifiuti e per un più lungo periodo di tempo e ha continuato l’attività illecita anche dopo le diffide e gli accessi che avevano toccato, sotto la precedente gestioni, l’impianto di Robecchetto.
Di conseguenza deve essere irrogata nei suoi confronti una pena più conBBtente rispetto a quella da irrogarsi agli altri imputati.
Pena equa da applicarsi a D.R. appare quindi quella di 9 mesi di reclusione così determinata: pena base per il reato di cui al capo A pari a 1 anno di reclusione, aumentata di 4 mesi di reclusione per il reato di cui al capo B e di 2 mesi per il reato di cui al capo C e quindi a 1 anno e 6 mesi di reclusione, da ridursi a 1 anno, 1 mese e 15 giorni di reclusione per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e infine da ridursi a 9 mesi di reclusione per la scelta del rito.
Pena equa da applicarsi a S.A., C.M., C. Stefano, M.M. e S.T. appare quindi quella di 6 mesi di reclusione così determinata: pena base per il reato di cui al capo A pari a 1 anno di reclusione, aumentata di 1 mese di reclusione per il reato di cui al capo B e di 15 giorni per il reato di cui al capo C e quindi a 1 anno, 1 mese e 15 giorni di reclusione, da ridursi a 9 mesi per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e infine da ridursi a 6 mesi di reclusione per la scelta del rito.
A tutti gli imputati, stante la già citata incensuratezza, può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il richiamo contenuto nell’art. 260 terzo comma del D.Lvo 152/2006 alla possibilità di applicare pene accessorie consente di applicare a tutti gli imputati il divieto previsto dall’art.32-ter c.p. di concludere contratti con la Pubblica Amministrazione che deve essere quantificato, alla luce della gravità dei fatti contestati, per un periodo superiore a quello indicato dal Pubblico Ministero e cioè per un periodo che appare conforme a giustizia individuare in 1 anno.
Segue altresì alla condanna la possibilità di disporre, come richiesto dal Pubblico Ministero, il sequestro preventivo della motrice targata CX*388*LB, con rimorchio targato AD*09391, di proprietà della CC Srl, di cui all’annotazione della Polizia Provinciale di Milano in data 12.2.2008, che risulta l’unico mezzo di diretta proprietà di una delle società che operavano sull’impianto di Robecchetto con Induno. Si veda tra l’altro, in relazione alla possibilità di disporre la confisca del mezzo di trasporto utilizzato nell’ipotesi di reato di cui all’art.260 D.Lvo 152/2006 e cioè l’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, la sentenza della Corte di Cassazione, 3^ Sezione Penale, n.4746 del 31.1.2008 prodotta dal Pubblico Ministero.
Rimangono solo da prendere in esame le conseguenze sul piano civilistico dei reati per cui è stata affermata la penale responsabilità degli imputati, tenendo presente che in data 10.12.2008 è stata ammessa la costituzione di parte civile della Provincia di Milano nella sua qualità di ente territoriale che, avendo in affidamento compiti di controllo e di gestione dell’attività di smaltimento dei rifiuti, è stata direttamente lesa sotto il profilo delle sue finalità istituzionali.
In un caso come quello di cui si tratta la prova del danno nel suo preciso ammontare non è raggiungibile e pertanto è necessario procedere ad una valutazione equitativa.
Tale valutazione deve tenere comunque conto che il costo di conferimento dei rifiuti con codice CER 191212, cioè come non pericolosi, è di gran lunga inferiore al costo di conferimento dei rifiuti classificati con il codice CER 191211. La differenza tra i due importi rappresenta l’ingiusto profitto che viene conseguito per ciascuna tonnellata di rifiuti conferita illecitamente e può costituire, su un piano appunto equitativo, il valore sulla base del quale calcolare il danno riportato dalla Provincia di Milano.
Ciò premesso, sulla base della quantità dei rifiuti illecitamente trattati e tenendo conto anche del danno non patrimoniale subìto dalla Provincia di Milano, una quantificazione equa e prudente porta ad individuare il danno subìto e il risarcimento necessario in 120.000,00 euro.
La condanna a tale risarcimento dei danno deve essere dichiarata provvisoriamente esecutiva.
Infine gli imputati devono essere condannati in solido al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano in 766,00 euro + 12.5% spese + IVA + CPA comprensive di diritti e onorari.
P. Q. M.
Visto l’art.438 c.p.p.
dichiara
D.R., S.A., C.M., C. Stefano, M.M. e S.T. colpevoli dei reati loro ascritti ai capi A, B e C della richiesta di rinvio a giudizio e, unificati tali reati dal vincolo della continuazione, ritenuto più grave il reato di cui al capo A, riconosciute a tutti le circostanze attenuanti generiche e applicata la diminuente del rito,
condanna
D.R. alla pena di 9 mesi di reclusione e S.A., C.M., C. Stefano, M.M. e S.T. alla pena di 6 mesi di reclusione, oltre al pagamento, in solido, delle spese processuali.
concede
D.R., S.A., C.M., C. Stefano, M.M. e S.T. il beneficio della sospensione condizionale della pena
Visto l’art.530 II comma c.p.p.
assolve
M.M. e S.T. in ordine ai reati loro ascritti ai capi D ed E perché il fatto non costituisce reato.
Visto l’art.32-ter c.p.
applica
a tutti gli imputati la pena accessoria del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio per il periodo di 1 anno.
Visti gli artt.538 e 540 c.p.p.
condanna
tutti gli imputati, in solido, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati alla costituita parte civile, Provincia di Milano, che si reputa equo quantificare in via equitativa in 120.000,00 euro dichiarando tale condanna provvisoriamente esecutiva.
Visto l’art.541 c.p.p.
condanna
altresì tutti gli imputati, in solido, al pagamento delle spese sostenute dalla costituita parte civile che si liquidano in 766,00 euro + 12.5% spese + IVA + CPA comprensive di diritti e onorari.
Visto l’art.321 c.p.p.
dispone
il sequestro preventivo della motrice targata CX*388*LB con rimorchio targato AD*09391 di proprietà della CC Srl di cui all’annotazione della Polizia Provinciale di Milano in data 12.2.2008 ( faldone 4, cartella 2 )
(motivazione depositata nel termine di 90 giorni indicato nel dispositivo)
Milano, 22 gennaio 2010
Il Giudice
Guido Salvini
[1] Faldone 1, cartella 1.
[2] Faldone 1, cartella 5.
[3] Faldone 3, cartella 1.
[4] Faldone 2, cartella 1.
[5] Faldone 4, cartella 1
[6] Si aggiunga che nell’audizione del perito dr. Pavan e dei consulenti, avvenuta all’udienza del 10.11.2009, come risulta dalla trascrizione depurata dalle molte domande e risposte finalizzate a comprendere alcuni passaggi degli elaborati non chiari e di non facile intepretazione, è stato comunque possibile mettere a fuoco un punto importante, e cioè che il D.M. 28.2.2006, che ha recepito la Direttiva 67/548/CEE aggiornata al 29° adeguamento, etichetta le miscele di idrocarburi come composti cancerogeni caratterizzati dalla frase di rischio corrispondente R45 con categoria 1 e 2 (si vedano gli stralci esemplificativi del D.M. 28.2.2006 allegati al verbale di udienza e le pagg.18-30 della trascrizione.
[7] Si noti che nei rapporti di prova relativi ai 3 campioni prelevati il 22.9.06 dall’ARPA di Parabiago le analisi hanno evidenziato che anche gli Idrocarburi Policiclici Aromatici superano in molti casi la soglia 0,001 mg/kg.
Infatti nel rapporto di prova n.3779/06 superavano tale soglia l’acenaftene, il fluorene, il benzo(a)antracene, il crisene, il benzo(b)fluorantene, il benzo(k)fluorantene, il benzo(a)pirene ed altri; nel rapporto di prova n.3780/06 l’antracene, il fluorantene, il benzo(a)antracene, il crisene, il benzo(b)fluorantene, il benzo(k)fluorantene, e il benzo(a)pirene e nel rapporto di prova n.3781/06 il fluorantene, il pirene e il benzo(b)fluorantene.
Tale circostanza è di grande importanza in quanto evidenzia la continuità del trattamento illecito dei rifiuti mascherati come non pericolosi.
Si vedano i risultati delle analisi in faldone 1, pagg.7-16.