TAR Campania (Napoli) Sez. II sent. 10343 del 1 dicembre 2006
Urbanistica. Vincoli
n. 10343/06 Reg. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA –
NAPOLI - SEZIONE SECONDA composto dai Magistrati:
Dr. Antonio
Onorato
-
Presidente
Dr. Anna
Pappalardo
-
Consigliere rel.
Dr. Umberto
Maiello
-
I Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 746/2006 RG, proposto da :
soc. Immobiliare LA VILLA s.r.l. in persona del legale rapp.te p.t.
rappresentato e difeso dall’avv. Francesca Scherillo con cui
elett.te dom. in Napoli via S. Tommaso d’Aquino n.
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contro
il Comune Casalnuovo di Napoli, in persona del Sindaco e legale
rappresentante p.t., rapp.to e difeso dall’avv. Alberto Galia
presso cui elett. dom. in Napoli Piazzetta Mondragone n. 13;
per l'annullamento
- del provvedimento capo settore area tecnica del 7.12.2005 con cui
è stato disposto il diniego della richiesta di permesso di
costruire finalizzato alla realizzazione di un edificio polifunzionale
ad uso collettivo in via Casa dell’Acqua sul fondo al NCT
foglio
4 mappale 1110;
- di ogni altro atto preordinato connesso e conseguenziale
Visto il ricorso con i relativi allegati
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Visti i documenti prodotti dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Udita, all'udienza del 9 novembre 2006, la relazione del Consigliere
Anna Pappalardo, e uditi altresì i difensori, come da
verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto
segue.
FATTO
La ricorrente società espone:
- di essere proprietaria di un suolo in Casalnuovo ricadente in zona F4
del vigente PRG, in cui è consentita la realizzazione
di
attrezzature ad uso collettivo;
- che in data 10 marzo 2004 presentava richiesta di rilascio permesso
di costruire un ostello della gioventù; che
l’istanza riceveva parere favorevole del 21.6.20904, per cui
procedeva al pagamento degli oneri di urbanizzazione, depositando anche
il parere di conformità del Comanda prov.le VV.FF. per
attività di autorimessa;
- che con successiva nota del 17.11.2005 il Comune ai sensi
dell’art. 7 legge 241/90, la informava sull’avvio
del
procedimento per l’adozione del provvedimento di diniego,
motivato sul fatto che l’area sarebbe oggetto di intervento
per
opera pubblica, costituita da un oratorio per la nuova parrocchia di
Tavernanova ( intervento inserito nel piano triennale Opere pubbliche
giusta delibera di CC n. 6 del 30.3.2005);
- che con atto del 7.12.2005 interveniva il diniego sulla istanza,
motivato come sopra.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1- violazione e falsa applicazione DPR 327/2001 e legge 109/94, difetto
di motivazione ed eccesso di potere sotto vari profili, non potendo
l’amministrazione negare il permesso di costruire sia in
difformità dal precedente parere favorevole del UTC, sia in
ragione della mera programmazione finanziaria della realizzazione di
un’opera pubblica, in assenza di un concreto procedimento
espropriativo. Invero, sul suolo di proprietà di essa
ricorrente
non era apposto alcun vincolo preordinato all’esproprio
(piano
urbanistico generale, o variante allo stesso che preveda la
realizzazione di opera pubblica o di p.u.)
Nel caso di specie non sussistevano i presupposti per la dichiarazione
di p.u.,mancando l’ approvazione di un progetto definitivo,
di un
piano esecutivo. Sull’immobile sussiste solo un vincolo
conformativo, di natura F4, che peraltro non è un vincolo di
inedificabilità assoluta, in quanto consente la
edificazione di strutture collettive anche ad iniziativa privata;
neppure è stata disposta la dichiarazione di pubblica
utilità ai sensi dell’art. 12 DPR 327/80.
Violazione e falsa applicazione legge 109/94 ed eccesso di potere per
sviamento: non risultando emessa una dichiarazione di p.u., non si
è verificato l’affievolimento del diritto
soggettivo di
proprietà: la dichiarazione stessa consegue implicitamente
solo
all’approvazione di un progetto definitivo
dell’opera
pubblica, mentre nella specie il Comune aveva fatto riferimento ad un
piano triennale per le opere pubbliche, in cui non vi è
alcuna
traccia degli elementi essenziali della p.u. (fissazione dei termini
iniziali e finali per gli espropri e i lavori) .
Il Comue di Casalnuovo si costituiva in giudizio e contestava la
fondatezza della domanda, rilevando che la dichiarazione di p.u.
sarebbe da identificarsi nella delibera di CC n. 6 del 30.3.2005 che
approva un progetto per la costruzione di un oratorio presentato il
1.2.2005 dalla associazione di volontariato Il Salice ONLUS, e nella
stessa delibera è stato approvato l’inserimento
dell’opera nel piano triennale delle opere pubbliche;
nonché nella delibera di GM n. 90 del 23.2.2006 che
approvava il
progetto preliminare dell’opera pubblica, in relazione alla
precedente presentazione in data 1.2.2005. Afferma il Comune che
successivamente all’attuale diniego era in programma la
emissione
della dichiarazione di pubblica utilità e l’avvio
della
procedura di esproprio.
In data 21 giugno 2006 la società ricorrente depositava nota
Capo settore ufficio espropri del 5 aprile 2006 che comunica
l’avvio del procedimento finalizzato alla dichiarazione di
p.u.
indifferibilità ed urgenza dell’opera.
All’udienza pubblica del 9 novembre 2006
il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
Il provvedimento comunale di diniego del permesso di costruire
è
fondato sul motivo della previsione della realizzazione di opera
pubblica o di pubblica utilità, e consistente nella
realizzazione di un oratorio su istanza di una associazione di
volontariato.
Osserva il Collegio che tale motivazione può considerarsi
rispettosa dei principi di legalità qualora sul suolo in
oggetto
risulti gravante, in virtù di atti emessi prima di quello
impugnato di diniego, un vincolo di inedificabilità giusta
atti
generali programmatorio del Comune ( piano urbanistico generale, sua
variante), ovvero sia stata emanata una dichiarazione di pubblica
utilità –espressa o implicita.
Sotto il primo aspetto, va rilevato che in ragione della intrinseca
destinazione conseguente alla zonizzazione del PRG sul suolo in
questione non gravava un vincolo di inedificabilità
assoluta,
atteso che in zona F4 le attrezzature di interesse collettivo sono
realizzabili anche ad iniziativa privata ( tanto che l’UTC
aveva
espresso in prima battuta parere favorevole al progetto presentato
dalla società ricorrente).
Invero, alla luce dei criteri individuati dalla Corte Costituzionale
(cfr., da ultimo, sentenza 20 maggio 1999, n.179), i vincoli di piano
regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza
quinquennale, ai sensi dell’art.2 L. 19 novembre 1968 n.1187,
sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, assoggettandoli
a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che ne
comportano l’inedificabilità e, dunque, svuotano
il
contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento
del
bene tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione
naturale ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di
scambio.
Invece, la previsione di una determinata tipologia urbanistica non
configura un vincolo preordinato all’espropriazione
né
comportante l’inedificabilità assoluta,
trattandosi di una
prescrizione diretta a regolare concretamente
l’attività
edilizia, in quanto inerente alla potestà conformativa
propria
dello strumento urbanistico generale, la cui validità
è a
tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall’art.11
L.
17 agosto 1942, n.1150.
Nel caso di specie la destinazione ad attrezzature di interesse
collettivo, contenuta nel citato PRG, è suscettibile di dar
luogo ad edificazione, sia pure con limitazioni, in relazione alle
tipologie di intervento ivi consentite, che, in assenza di espressa
esclusiva riserva alla mano pubblica, possono essere attuate anche ad
iniziativa privata. Invero, rileva il Collegio, la locuzione contenuta
nel testo della norma (attrezzature di interesse collettivo)
,
lungi dall’attribuire soltanto all’intervento
pubblico la
realizzazione delle opere, appare evidenziarne piuttosto il profilo
funzionale ed oggettivo dell’idoneità a soddisfare
i
bisogni della collettività.
In tale prospettiva, si è affermato in giurisprudenza che le
opere di interesse generale costituiscono una categoria
logico-giuridica distinta rispetto a quella delle opere pubbliche,
comprendendo quegli impianti ed attrezzature che, sebbene non destinati
a scopi di stretta cura della P.A., siano idonei a soddisfare bisogni
della collettività, ancorché vengano realizzati e
gestiti
da soggetti privati, come, a titolo esemplificativo, nel caso di un
istituto di credito (cfr. T.A.R. Sardegna, 27.4.1984 n.233, confermata
da C.d.S., Sezione V, 27.4.1988 n.268), di una discoteca (cfr. T.A.R.
Piemonte, Sezione I, 29.10.1984 n.321), di una struttura
sanitaria-assistenziale (cfr. T.A.R. Campania, IV Sezione, 18 marzo
2004, n.3021) o di un centro polifunzionale per lo sviluppo sociale,
culturale ed assistenziale (cfr. T.A.R. Campania, IV Sezione, 20 giugno
2002, n.3628).
Ne discende che, nella fattispecie in esame, non si è in
presenza di un vincolo urbanistico di localizzazione preordinato
all’esproprio ma di un vincolo di destinazione a carattere
conformativo della proprietà privata, come tale posto al di
fuori dello schema ablatorio e delle connesse garanzie costituzionali
(cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 6 ottobre 2000, n.5326; T.A.R.
Puglia, Bari, Sezione II, 5 marzo 2001, n.600 e 11 gennaio 2002, n.162;
T.A.R. Campania, IV Sezione, 5 aprile 2004, n.4037).
Sotto un secondo aspetto, va rilevato che l’amministrazione
comunale a erroneamente fondato il diniego sul presupposto
che il
mero inserimento dell’opera nel piano triennale delle opere
pubbliche 2005- 2007 possa costituire dichiarazione di pubblica
utilità, ovvero valido inizio del procedimento
espropriativo. Il
mero programma triennale delle opere pubbliche è
un piano
finanziario, e non conteneva la dichiarazione di pubblica
utilità dell’opera.
Osserva in proposito il Collegio che la disciplina della programmazione
dei lavori pubblici è contenuta nell’art. 14 della
L.
109/1994, il cui primo comma indica che l’attività
di
realizzazione dei lavori di singolo importo superiore a €
100.000,00 si svolge sulla base di un programma triennale e di suoi
aggiornamenti annuali che i soggetti di cui all’art. 2, co.
2,
lett. a (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
enti pubblici, compresi quelli economici, enti ed amministrazioni
locali, loro associazioni e consorzi nonché altri organismi
di
diritto pubblico), predispongono ed approvano, nel rispetto dei
documenti programmatori, già previsti dalla normativa
vigente, e
della normativa urbanistica, unitamente all’elenco dei lavori
da
realizzare nell’anno stesso.
Il programma
triennale, ai sensi del
secondo comma, costituisce momento attuativo di studi di
fattibilità e di identificazione e quantificazione dei
propri
bisogni che i soggetti di cui al precedente comma predispongono
nell’esercizio delle loro autonome competenze e, quando
esplicitamente previsto, di concerto con altri soggetti, in
conformità agli obiettivi assunti come prioritari. Gli studi
individuano i lavori strumentali al soddisfacimento dei predetti
bisogni, indicando le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali
ed economico-finanziarie degli stessi e contengono l’analisi
dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti
storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue
componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche,
amministrative e tecniche.
Il sostanza il
principio di
programmazione dei lavori pubblici è finalizzato a rendere
concreti in tale delicata materia i principi di legalità,
imparzialità e buon andamento dell’azione
amministrativa
di cui all’art. 97 Cost., responsabilizzando
l’attività delle singole pubbliche amministrazioni
ed
evitando che, in assenza di un quadro di riferimento, le decisioni
circa l’effettuazione dei lavori possano essere assunte al di
fuori di reali esigenze pubbliche.
L’atto di
programmazione
triennale, ha quindi natura di atto di pianificazione e di
indirizzo ( TAR NA sez. II,17641/2004).
Appare pertanto evidente in considerazione della natura e delle
finalità del piano triennale per le opere pubbliche,che lo
stesso non possa in alcun modo essere considerato una sorta di
equipollente della dichiarazione di pubblica utilità,
né
possa valere in alcun modo ad anticiparne gli effetti tipici nei
confronti dei privati incisi dalla potestà ablatoria.
In definitiva, alla data di emanazione del diniego impugnato, la
dichiarazione di pubblica utilità non era stata ancora
emessa,
tanto che solo successivamente alla proposizione del presente
gravame è stato inoltrato alla società ricorrente
un
avviso di avvio del procedimento espropriativo ex art. 7 legge 241/90;
sì che né al momento di presentazione della
domanda di
permesso di costruire, né al momento del diniego esisteva
una
dichiarazione di pubblica utilità.
Il ricorso merita pertanto accoglimento, con annullamento
dell’atto impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione
Seconda, definitivamente pronunciando sulla domanda in
epigrafe,
così provvede:
accoglie la domanda e per l’effetto:
a) annulla il provvedimento capo settore
area tecnica
Comune di Casalnuovo del 7.12.2005 con cui è stato disposto
il
diniego della richiesta di permesso di costruire finalizzato alla
realizzazione di un edificio polifunzionale ad uso collettivo in via
Casa dell’Acqua sul fondo al NCT foglio 4 mappale 1110;
b) condanna l’amministrazione
comunale alla
rifusione in favore della società ricorrente delle spese di
lite
liquidate in complessivi Euro 2000,00 (duemila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Napoli, nella Camera di Consiglio del 9
novembre 2006.
Il Presidente- dott. Antonio Onorato
Il Cons. est.- dott. Anna Pappalardo
Urbanistica. Vincoli
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- Categoria principale: Urbanistica
- Categoria: Giurisprudenza Amministrativa TAR
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