Cass.Sez. III n. 49328 del 9 dicembre 2013 (Ud 14 nov 2013)
Pres.Teresi Est.Andreazza Ric. D'Errico
Ambiente in genere.Abusiva occupazione di spazio demaniale e sanzione amministrativa per l'occupazione con veicoli riferibile anche alle imbarcazioni
In tema di occupazione abusiva di spazi demaniali, la sanzione amministrativa prevista dall'art. 1161, comma secondo, cod. nav., può essere irrogata non solo per l'occupazione commessa da mezzi circolanti su strada, ma anche per quella posta in essere da imbarcazioni o natanti con modalità o sistemi non provvisti di stabilità che ne consentano, quindi, una agevole rimozione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 10/01/2011 il G.i.p. presso il Tribunale di Genova ha dichiarato D.G. colpevole del reato di cui all'art. 1161 c.n., per avere abusivamente occupato lo spazio demaniale marittimo ormeggiando la propria imbarcazione, condannandolo alla pena di Euro 334,00 di ammenda.
2. Ha proposto appello il Difensore dell'imputato.
Con un primo motivo contesta la errata valutazione e/o l'omessa ricostruzione dei fatti emergenti dagli atti in quanto illegittima ed erronea. Deduce che, mentre per la giurisprudenza di legittimità, per aversi occupazione di uno specchio acqueo occorre la presenza di gavitelli, corpi morti o impianti fissi, nella specie questi non sono stati riscontrati dalla Polizia Municipale nè in sede di sopralluogo nè successivamente in sede di rimozione del natante, caratterizzato per di più da nessun ingombro e da ridottissime dimensioni (trattavasi infatti di "tender"). La situazione era infatti perfettamente reversibile in qualsiasi momento e non era stato in alcun modo pregiudicato l'altrui godimento dello spazio acqueo.
Con un secondo motivo si duole che il Tribunale non abbia ritenuto applicabile nella specie l'art. 1161 c.n., comma 2 che sanziona in via amministrativa l'occupazione tramite veicolo (e del resto anche il Regolamento degli specchi acquei portuali del Comune di Camogli sanziona l'occupazione con natanti privi di concessione con mera sanzione amministrativa).
Con un terzo motivo lamenta comunque che il Tribunale non abbia ritenuto insussistente l'elemento psicologico evidentemente discendente dalle caratteristiche della condotta posta in essere.
Con ordinanza del 16/05/2012 la Corte d'Appello di Genova ordinava la trasmissione degli atti a questa Corte sul presupposto della non appellabilità della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Va anzitutto chiarito che l'appello deve essere convertito in ricorso per cassazione ex art. 568 c.p.p., comma 5, stante l'inappellabilità della sentenza impugnata; occorre infatti al riguardo ricordare l'insegnamento delle Sezioni unite che, con la sentenza n. 45371 del 2001, Bonaventura, Rv. hanno sostenuto che in tema di impugnazioni, allorchè un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l'atto deve limitarsi, come verificatosi del resto nella specie, a norma dell'art. 568 c.p.p., comma 5, a verificare l'oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonchè l'esistenza di una "voluntas impugnationis", consistente nell'intento di sottoporre l'atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente. Con la stessa decisione si è aggiunto che condizione necessaria ed insieme sufficiente perchè il giudice possa compiere la operazione di qualificazione è la esistenza giuridica di un atto - cioè di una manifestazione di volontà avente i caratteri minimi necessari per essere riconoscibile come atto giuridico di un determinato tipo - e non anche la sua validità; ciò che conta è inoltre la volontà oggettiva dell'impugnante - quella cioè di sottoporre a sindacato la decisione impugnata -, senza che sia possibile attribuire alcun rilievo all'errore che potrebbe verificarsi nel momento della manifestazione di volontà o anche alla deliberata scelta di proporre un mezzo di gravame diverso da quello prescritto.
4. Tanto premesso, il ricorso, così convertito, è fondato quanto alle doglianze, pregiudiziali rispetto al terzo motivo, espresse nei primi due motivi e nei limiti di cui oltre.
Va premesso che l'art. 1161 c.n., prevede, al comma 1, che chiunque arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce l'uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva i vincoli cui è assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aerodromi è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a L. un milione, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato; lo stesso articolo prevede poi, al comma 2, nella formulazione risultante a seguito delle modifiche all'originario testo apportate dalla L. 28 dicembre 1993, n. 561, art. 3, che "se l'occupazione di cui al primo comma è effettuata con un veicolo, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da L. duecentomila a L. un milione duecentomila".
Ciò posto, già precedenti arresti di questa Corte, nel segnalare, con riferimento a fattispecie nelle quali si contestava l'occupazione delle acque portuali attuata tramite imbarcazioni da diporto (Sez. 3, n. 1426 del 10/01/1995, P.M. in proc. Tortorella, Rv. 200353; Sez. 3, n. 2953 del 12/02/1999, P.M. in proc. Caricchio, Rv. 213164) ovvero gommoni (Sez. 3, n. 33471 del 05/07/2006, Campione, Rv. 235123, nonostante la massimazione effettuata), la necessità di escludere dall'area di applicabilità della norma le condotte caratterizzate da un ancoraggio effettuato stabilmente o mediante corpi morti, hanno implicitamente fatto rientrare, nel concetto di "veicolo" cui il comma 2 cit. si riferisce (da intendersi, evidentemente, secondo una accezione "atecnica"), anche i natanti. Nè, d'altra parte, può qui aggiungersi, una diversa conclusione sarebbe facilmente sostenibile ove si consideri che il comma 2, rimandando espressamente all'occupazione del comma 1, non può che riguardare anche il "demanio marittimo" (citato appunto espressamente dal comma 1) di cui fanno parte anche, per dettato dell'art. 28 c.n., lett. a), i "porti e le rade". Se poi si consideri che una lettura limitatrice dell'accezione di veicolo ai soli mezzi di trasporto su gomma comporterebbe, se non addirittura conseguenze palesemente irragionevoli (si consideri l'occupazione attuata mediante un veicolo destinato al trasporto merci assoggettata a sola sanzione amministrativa e l'occupazione attuata mediante un natante di limitate dimensioni, assoggettata invece alla sanzione penale), quanto meno, in ogni caso, la possibile assoggettabilità a trattamenti differenziati di condotte di segno e portata equivalente quanto agli effetti concreti sulla disponibilità del demanio, con possibili attriti con il principio di ragionevolezza dell'art. 3 Cost., non può che condividersi l'esegesi da cui hanno preso le mosse le pronunce sopra citate. Del resto, e a ben vedere, ciò che conta ai fini di contenere in un ambito ragionevolmente adeguato, quale quello evidentemente perseguito dal legislatore con la depenalizzazione attuata con la L. n. 561 del 1993, le condotte punite con la sola sanzione amministrativa, è la modalità di attuazione dell'occupazione; è infatti per questa ragione (espressamente ricondotta, in motivazione, da Sez. 3, n. 33471 del 05/07/2006, Campione, Rv. 235123 a una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della fattispecie che rimanda necessariamente ad una situazione di possesso del luogo sostanzialmente stabile o comunque duratura e non facilmente rimuovibile oppure ad una presenza notevolmente invasiva, così da disturbare il normale godimento pubblico dell'area), che queste stesse pronunce, nonchè quelle che, apparentemente, sembrano giungere ad una lettura del comma 2 circoscritta ai soli veicoli intesi in senso tecnico, escludono dall'area dell'illecito amministrativo le condotte di occupazione attuate per il tramite di vere e proprie boe o gavitelli o corpi morti cui ormeggiare il natante lasciandovi invece residuare le condotte attuate tramite sistemi, come il rilascio di una mera ancora sul fondo, non implicanti stabilità (vedi, oltre alle sopra già citate pronunce, anche Sez. 3, n. 16670 del 20/02/2003, P.M. in proc. Bolognesi, Rv. 224476, che infatti esclude la riconducibilità alla nozione di veicolo del natante muovendo significativamente dal presupposto dato dalle modalità con le quali "normalmente" viene posta in essere l'occupazione da parte dello stesso).
Deve pertanto, conclusivamente, sulla scorta di quanto sin qui detto, riaffermarsi che l'ipotesi di illecito amministrativo di cui al cit. art. 1161, comma 2 ben può riferirsi anche alla occupazione attuata tramite un natante che sia attuata con modalità o sistemi non provvisti di stabilità che ne consentano, quindi, al pari dei veicoli su gomma, una facile rimozione.
5. Nella specie, la sentenza impugnata, pur avendo scandagliato il profilo di continuità temporale dell'occupazione posta in essere, che non rappresenta, però, di per sè solo, a fronte della comune condotta di "occupazione", elemento di discrimine tra il cit. art. 1161, commi 1 e 2, non appare essersi occupata delle modalità di attuazione di cui sopra, di cui, pertanto, nulla è dato sapere.
Si impone pertanto l'annullamento della stessa con rinvio per nuovo esame alla luce dei principi sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Genova.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013.