Cass. Sez. III
sent. 33735 del 16 settembre 2005 (c.c. 8 luglio 2005)
Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. Vodafone
Urbanistica – Codice delle comunicazioni elettroniche – Installazione di
antenne – Regime autorizzatorio
Il provvedimento autorizzatorio e la procedura di denuncia dell’attività previsti dall’articolo 87 del D.Lv. 259-2003, hanno come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento e non è richiesta, pertanto, la necessità di un distinto titolo abilitativo a fini edilizi. Non risulta influenzato, in ogni caso, il regime sanzionatoria penale di cui all’articolo 44 del T.U. 380-2001 e le infrastrutture di comunicazione elettronica specificate al comma 1 dell’articolo 87 del D.Lv. 259-2003 restano sottoposte, pur sempre, alle sanzioni penali specifiche delle opere soggette a permesso di costruire.
Fatto e diritto
La "Vodafone Omnitel N.V.", dopo avere individuato, nel
territorio di Marcianise, una porzione di terreno ritenuta idonea
all'installazione dì un impianto radio base di telefonia mobile, trasmetteva a
quel Comune, in data 12 maggio 2004, il relativo progetto e la denuncia di
inizio dell'attività prevista dall'art. 87, 3° comma - ultima parte, del D.Lgs.
1 agosto 2003, n. 259 per la realizzazione di impianti "con potenza in
singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt".
Il Comune di Marcianise, con nota del 24 maggio 2004, dichiarava sospesa
la richiesta, comunicando che era stata predisposta una proposta di regolamento
comunale per la disciplina delle installazioni e la modifica degli impianti
radioelettrici da sottoporre all'esame del Consiglio comunale.
Il T.A.R. della Campania, frattanto, accogliendo un'impugnazione proposta
dalla società "Vodafone" per altro sito ma con identico oggetto,
argomentava che "anche se la pianificazione del territorio spetta agli enti
locali, non si può far dipendere la realizzazione degli impianti da un espresso
intervento pianificatorio dei Comuni, in quanto ciò costituirebbe un serio
ostacolo alla realizzazione della rete, considerato anche che le imprese
resterebbero sostanzialmente prive di strumenti di tutela, essendo molto
difficile esercitare l'azione avverso l'inerzia della P.A. in assenza di una
norma che imponga tale pianificazione entro termini precisi".
In seguito a tale pronuncia la società "Vodafone" comunicava al
Comune di Marcianise la ripresa dei lavori.
In data 18 febbraio 2005 ufficiali della polizia municipale sottoponevano
l'impianto a sequestro, ai sensi dell'art. 321, 3° comma, c.p.p., ipotizzando
la violazione degli artt. 31 e 44 del D.P.R. n. 380/2001.
Il G.I.P. del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, con provvedimento del 23
febbraio 2005, convalidava l'atto di polizia giudiziaria ed emetteva autonomo
decreto di sequestro preventivo.
La società "Vodafone" proponeva istanza di riesame, deducendo
la legittimità della installazione della stazione radio base per essere state
rispettate le norme regolanti la materia come rinvenibili nel D.Lgs. n.
259/2003.
Prospettava, in particolare, la società che la realizzazione di torri, di
tralicci, di impianti radio trasmittenti, di ripetitori di servizi di
comunicazione elettronica e di stazioni radio base, essendo disciplinata dal
D.Lgs, n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), deve ritenersi
sottratta alla disciplina posta dal T.U. dell'edilizia (n. 380/2001), ponendosi
il Codice delle comunicazioni elettroniche in rapporto di specialità con detto
testo unico.
Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, con ordinanza del 24 marzo 2005,
respingeva l'istanza di riesame, disconoscendo il prospettato rapporto di
specialità per essere diversi i campi di applicazione dei due testi normativi,
in quanto il T.U. dell'edilizia attiene al controllo di compatibilità delle
nuove costruzioni con il territorio ed il D.Lgs. sulle comunicazioni
elettroniche, invece, al controllo dell'inquinamento elettromagnetico e del
rispetto dei limiti di emissione.
Il Tribunale - premesso che l'impianto in oggetto si identifica in
"un'antenna di altezza di circa 30 metri che consta di un pilone in ferro
saldamente ancorato al suolo su una piattaforma in cemento armato con una cabina
per alloggio strumenti" - evidenziava, in particolare, che:
- manca nel testo del D.Lgs. n. 259/2003 una deroga espressa al T.U. n.
380/12001;
- sarebbe irragionevole considerare che la realizzazione di antenne aventi
altezze superiori a 20 o 30 metri possa essere sottratta al controllo dell'ente
territoriale attraverso il rilascio di un titolo abilitativo finalizzato alla
verifica della compatibilità delle nuove costruzioni con il territorio;
- l'autorizzazione prevista dall'art. 87 del D.Lgs. non ha efficacia
sostitutiva rispetto al permesso di costruire, in considerazione dei diversi
ambiti di tutela;
- quando il legislatore del 2003 ha voluto interferire sulla disciplina
edilizia lo ha chiaramente espresso. E' il caso della realizzazione di impianti
di potenza inferiore ai 20 Watt, per la cui realizzazione è prevista la mera
dichiarazione di inizio attività che, solo in questo caso specifico, si
sovrappone al permesso di costruire, escludendolo dall'iter procedimentale.
Avverso l'anzidetta ordinanza ha proposto ricorso la società "Vodafoae
Omnitel N.V.", in persona del direttore affari pubblici e legali dr.ssa
Bianca Maria Martinelli, quale procuratore speciale dell'amministratore
delegato.
Con i motivi di gravame viene eccepito:
- l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 259/2003 e del T.U. n. 380/2001;
- vizio di motivazione su un punto decisivo della questione, avendo il
Tribunale omesso di considerare che l'antenna radio base installata nel
territorio del Comune di Marcianise è di potenza inferiore ai 20 Watt;
- carenza assoluta di motivazione del provvedimento di sequestro
preventivo emesso dal G.I.P., che non consentirebbe il corretto esercizio del
potere-dovere di controllo da parte del Tribunale, il quale non potrebbe colmare
la lacuna adottando proprie ed originarie motivazioni.
I difensori della società ricorrente hanno depositato poi, in data 1
luglio 2005, ampia memoria, con annessa documentazione.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1. La fondamentale questione di diritto sottoposta all'esame del Collegio
attiene al rapporto tra le discipline poste:
a) dal D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni
elettroniche), che;
- all'art. 87, subordina l'installazione di stazioni radio base per reti
di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS al rilascio di apposita
autorizzazione dell'ente locale territorialmente interessato;
- all'art. 86, comma 3, assimila "le infrastrutture di reti pubbliche
di comunicazione dì cui agli artt. 87 e 88 ad ogni effetto alle opere di
urbanizzazione primaria", prevedendo che "ad esse si applica la
normativa vigente in materia";
b) dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico dell'edilizia), che,
all'art. 3, lett. e), ricomprende espressamente tra gli "interventi di
nuova costruzione", come tali assoggettati a permesso di costruire ai sensi
del successivo art. 10, "gli interventi dì urbanizzazione primaria e
secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune" (e. 2), nonché
"l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e
di ripetitori per i servizi di telecomunicazione" (e. 4).
Deve valutarsi, in particolare, se l'autorizzazione prescritta dal Codice
delle comunicazioni sia sufficiente a consentire, anche sotto il profilo
urbanistico-edilizio, l'installazione di stazioni radio base per reti di
comunicazioni elettroniche mobili, ovvero sussista la necessità di autonomo
titolo abilitativo, secondo le procedure previste e disciplinate dal T.U. n.
380/2001.
2. Sulla questione - che coinvolge problematiche che attengono sia
all'assetto ed allo sviluppo del territorio sia a fattori di inquinamento
ambientale riflettentisi sulla salvaguardia della salute e dell'integrità
fisica dei cittadini - sono state formulate, in giurisprudenza ed in dottrina,
tesi contrapposte.
La materia è stata in precedenza disciplinata dal D.Lgs. 4 settembre
2002, n. 198 (c.d. decreto Gasparri), il cui art. 3 conteneva una "clausola
di esclusività", laddove stabiliva, al 1° comma, che "le categorie
di infrastrutture di comunicazioni sono opere realizzabili esclusivamente sulla
base delle procedure definite dal presente decreto".
La stessa norma, del resto, stabiliva (al comma 2) che le installazioni in
questione dovessero ritenersi "compatibili con qualsiasi destinazione
urbanistica" (sicché non si poneva la necessità di alcuna verifica in
concreto della compatibilità) e fossero realizzabili anche "in
deroga" agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione
regolamentare, con eccezione prevista solo per alcuni manufatti di particolare
consistenza, quali torri e tralicci, relativi alle reti di televisione digitale
terrestre.
Questa Corte Suprema, pertanto, aveva affermato che, dopo l'entrata in
vigore del D.Lgs. n. 198/2002, l'installazione di impianti per telefonia
cellulare non necessitava più della preventiva concessione edilizia (così
Cass., Sez. III: 29 aprile 2003, n. 1979, P.M. in proc. Minervini; 6 maggio
2003, n. 20218, Cassisa).
La Corte Costituzionale, però, con la sentenza n. 303 dell'1 ottobre
2003, ha dichiarato l'incostituzionalità del D.Lgs. n. 198/2002, per eccesso di
delega in rapporto alla legge n. 443/2001.
Lo stesso Giudice delle leggi, inoltre, con la sentenza n. 307 del 7
ottobre 2003, ha ribadito i parametri del riparto delle competenze operanti
nella disciplina del settore, rilevando che rientra nella competenza esclusiva
dello Stato la determinazione degli standards di protezione dall'inquinamento
elettromagnetico, sotto il profilo della determinazione di valori-soglia non
derogabili dalle Regioni, mentre è materia di legislazione concorrente il
trasporto dell'energia e l'ordinamento della comunicazione. E' rimessa, infine,
alle Regioni ed agli enti territoriali minori la localizzazione degli impianti,
come questione attinente alla disciplina d'uso del territorio, purché le
relative previsioni di pianificazione non siano tali "da impedire o da
ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli impianti stessi".
Deve altresì ricordarsi, in proposito, che la legge 22 febbraio 2001, n.
36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici
ed elettromagnetici) affida agli enti locali minori la determinazione di criteri
di localizzazione ottimale degli impianti in oggetto, con finalità di massima
restrizione dell'inquinamento elettromagnetico ma anche di "corretto
insediamento urbanistico e territoriale" degli impianti stessi.
E' intervenuto, quindi, il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle
comunicazioni elettroniche), che - all'art. 87 - prevede il rilascio di
un'autorizzazione unitaria da parte dell'ente comunale con l'intervento, però,
anche delle Amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici coinvolti.
2.1 Secondo un orientamento interpretativo (condiviso dal T.a.r. Veneto,
sez. II, 8 gennaio 2004, n. 1), anche a fronte delle disposizioni introdotte dal
Codice delle comunicazioni elettroniche, persisterebbe la necessità di un
distinto ed autonomo titolo abilitativo edilizio e ciò essenzialmente perché;
- l'art. 86 del D.Lgs. n. 259/2003 assimila espressamente (come si è
detto dianzi) le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui ai
successivi artt. 87 e 88, alle opere di urbanizzazione primaria, alle quali deve
applicarsi "la normativa vigente in materia" e, quindi, anche l'art. 3
del T.U. n. 380/2001;
- lo stesso D.Lgs. n. 259/2003 (a differenza del D.Lgs. n. 198/2002) non
contiene una "clausola di esclusività", rivolta a consentire la
realizzabilità delle infrastrutture in esso contemplate sulla sola base delle
procedure definite dallo stesso Codice; esso non contiene, inoltre, previsioni
modificatrici del T.U. dell'edilizia.
2.2 Esclusa la teoria più radicale, secondo la quale la verifica edilizia
dovrebbe considerarsi superflua, stante la mancata menzione espressa dei profili
edilizi nel Codice delle comunicazioni, un altro orientamento, assolutamente
prevalente nella giurisprudenza amministrativa, riconosce invece (sia pure con
argomentazioni non sempre coincidenti) carattere omnicomprensivo
all’autorizzazione prevista dal D.Lgs. n, 259/2003, esteso a tutti i profili
connessi alla realizzazione ed all'attivazione degli impianti di telefonia
cellulare, inclusi quelli urbanistici ed edilizi (vedi, ad esempio, T.a.r.
Puglia, Bari, sez. III, 13 maggio 2005, n. 2143; T.a.r. Veneto, sez, II, 13
settembre 2004, n. 3295; T.a.r. Veneto, sez. II, 30 luglio 2004, n. 2579; T.a.r.
Puglia, Bari, sez. III, 22 luglio 2004, n. 3217; T.a.r. Piemonte, sez. I, 23
giugno 2004, a 1176; T.a.r. Lazio, Roma, sez. II/bis, 20 maggio 2004, n. 2794;
T.a.r. Lombardia, Milano, sez. I, 19 maggio 2004, n. 1353; T.a.r. Campania,
Napoli, sez. I, 5 aprile 2004, n. 4043; T.a.r. Lombardia, Brescia, sez. I, 30
gennaio 2004, n. 169).
3. Tale orientamento - fatto proprio dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con
le recenti decisioni 11 gennaio 2005, n. 100 e 22 ottobre 2004, n. 6910 (dopo le
contrarie decisioni 26 settembre 2003, n. 5502 e 18 maggio 2004, n. 3193) -
viene condiviso da questo Collegio sulla base delle seguenti considerazioni (in
senso contrario vedi Cass., Sez. III, 1 dicembre 2003, n. 46172, Gro, ove si
omette, però, di valutare la normativa introdotta dal D.Lgs. n. 259/2003).
3.1 Il procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003
risulta finalizzato all'esigenza di semplificazione e concentrazione dei
procedimenti amministrativi, per la salvaguardia della tempestività degli
stessi, in attuazione dei principi comunitari imposti dalle direttive
2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, recepite e ribadite
nell'ordinamento italiano dall'art. 41 della legge 1 ottobre 2002, n. 166, che
è la legge delega in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 259/2003.
Detto art. 41 richiama espressamente, ove compatibili, anche "i
principi della legge 21 dicembre 2001, n. 443", tra i quali è ricompresa
la "definizione delle procedure da seguire in sostituzione di quelle
previste per il rilascio dei provvedimenti concessori o autorizzatori di ogni
specie".
Tutti i principi anzidetti ed i criteri di delega fissati dalla legge n.
166/2002 (previsione di procedure tempestive per la concessione del diritto di
installazione, riduzione dei termini per la conclusione dei relativi
procedimenti amministrativi; regolazione uniforme dei medesimi procedimenti) -
ribaditi dall'art. 4 del D.Lgs n. 259/2003 - resterebbero vanificati qualora al
procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003 dovesse
aggiungersi quello previsto dal T.U. dell'edilizia, peraltro non coordinato
sotto il profilo temporale.
3.2 La procedura delineata dall'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 ben si
concilia con la vantazione anche della compatibilità urbanistico-edilizia
dell'intervento, in quanto:
- può essere finalizzata ad approfondire tali aspetti la previsione del 5°
comma, secondo la quale il responsabile del procedimento può richiedere, per
una sola volta, entro 15 giorni dalla ricezione dell'istanza, l'integrazione
della documentazione prodotta;
- i commi 6 e 7 prevedono il ricorso ad una "conferenza di
servizi", che deve essere convocata dal responsabile del procedimento in
caso di motivato dissenso espresso da un'Amministrazione interessata e
l'approvazione intervenuta all'esito della conferenza, adottata a maggioranza
dei presenti, "sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza delle
singole Amministrazioni e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità ed urgenza dei lavori".
L'individuazione di un'autorizzazione unitaria, rilasciata dal Comune con
l'intervento delle Amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici
coinvolti, porta razionalmente a ritenere che nei procedimento di autorizzazione
debbano confluire tutti i procedimenti, in precedenza autonomi, necessari per la
compiuta valutazione degli interessi sottesi all'atto che autorizza già la
"installazione", e non la sola attivazione, dell'impianto (una
particolare disciplina è comunque prevista nel caso di motivato dissenso
espresso da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela
della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico).
Le singole valutazioni, che in precedenza erano autonome, non sono
eliminate ma unificate sul piano procedimentale e di esse deve essere dato conto
in sede di motivazione del provvedimento finale.
Giova evidenziare, inoltre, che il comma 10 dell'art. 87 del D.Lgs. n.
259/2003 dispone che "le opere debbono essere realizzate, a pena di
decadenza, nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del
provvedimento autorizzatelo espresso ovvero dalla formazione del silenzio
assenso".
Tale disposizione risulterebbe del tutto incompatibile con l'affermazione
della necessità del permesso di costruire, che potrebbe intervenire in un tempo
successivo ed al quale la legge (art. 15 del T.U. n. 380/2001) connette la
previsione di un termine diverso per la conclusione dei lavori.
Deve ancora precisarsi che la denunzia di inizio dell'attività, prevista
dall'art. 87, 3° comma - ultima parte, del D.Lgs. n. 259/2003 per la
realizzazione di impianti "con potenza in singola antenna uguale od
inferiore ai 20 Watt", non è quella disciplinata dagli artt. 22 e 23 del
T.U. n. 380/2001, ma va ricondotta al modello generale di cui all'art 19 della
legge n. 241/1990, come modificato, da ultimo, dall'art. 3, comma 1, del D.L. 14
marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80.
Nel relativo procedimento, tuttavia, dovranno essere pur sempre valutati i
profili urbanistico-edilizi del realizzando intervento.
3.3 In una situazione siffatta non può riconoscersi, allora, rilevanza
assorbente alla mancata riproduzione, nel testo del D.Lgs. n. 259/2003, di una
"clausola di esclusività".
E' vero, altresì, che l'art. 41, comma 2, lett. d) della legge delega n.
166/2002 impone formalmente la "abrogazione espressa" di tutte le
norme incompatibili.
L'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003, però, non esclude che gli impianti in
esso previsti debbano considerarsi "nuova costruzione", ai sensi
dell'art. 3 (lettere e.2 ed e.4) del T.U. n. 380/2001 e pone una deroga
esclusivamente procedimentale alle generali previsioni dell'art. 10 dello stesso
T.U, in quanto non mette in discussione la necessità di una valutazione
dell'intervento alla stregua della vigente normativa urbanistico-edilizia e
delle prescrizioni degli strumenti di pianificazione.
3.4 Non appaiono così violati i principi fondamentali in materia
urbanistico-edilizia secondo i quali (vedi la sentenza n. 303/2003 della Corte
Costituzionale):
- la legislazione regionale e le funzioni amministrative, in detta
materia, non devono risultare inutilmente gravose per gli amministrati e devono
essere dirette a semplificare le procedure e ad evitare la duplicazione di
valutazioni sostanzialmente già effettuate dalla pubblica Amministrazione;
- nella disciplina dei titoli abilitativi per l'edificazione deve
ritenersi necessaria la compresenza di titoli abilitativi preventivi ed espressi
(la concessione, il permesso di costruire, l'autorizzazione) e di procedure di
semplificazione, quale è la D.I.A. (configurata quest'ultima come mera denuncia
legittimante per interventi edilizi puntualmente identificati dalla legge),
libero il legislatore regionale di ampliarne o ridurne l'ambito applicativo.
Né la sostituibilità del permesso di costruire con la decisione finale
assunta in sede di conferenza di servizi è principio nuovo nel nostro
ordinamento, allorché si consideri che il 9° comma dell'art. 14 ter della
legge a 241/1990, dopo le modifiche apportate dalla legge n. 340/2000, disponeva
espressamente - con previsione generale - che "il provvedimento finale
conforme alla determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi
sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla-osta o
atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni
partecipanti, o comunque invitate a partecipare, alla predetta conferenza".
[La disposizione, attualmente, dopo le più recenti modifiche apportate dalla
legge 11 febbraio 2005, n. 15, è formulata nel senso che "il provvedimento
finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6 bis,
sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla-osta o
atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni
partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla
predetta conferenza"].
Qualche perplessità può derivare dalla previsione dell’assentimento
per silenzio, di cui al comma 9 dell'art. 87 (ed al comma 7 dell'art. 88) del
D.Lgs. n. 259/2003; trattasi comunque dì istituto procedimentale non
definitivamente espunto dalla normativa edilizia, dal momento che l'abrogazione
del silenzio-assenso (connessa alle disposizioni della legge n. 662/1996 e del
T.U. n. 380/2001) non ha comportato l'abrogazione automatica delle vigenti
normative che disciplinano tale istituto nelle Regioni a statuto ordinario (per
quelle a statuto speciale e per le Province autonome non sussiste obbligo di
adeguamento: vedi Corte Cosi sentenza n. 241/1997) e che la legislazione statale
tuttora lo prevede nella disciplina dei provvedimenti di c.d.
"condono" (anche in relazione a tale profilo il T.a.r. Lazio, con
ordinanza del 16 dicembre 2004, ha rimesso al vaglio della Corte Costituzionale
la questione di legittimità degli artt. 87 e 88).
4. Deve concludersi, allora, che il provvedimento autorizzatorio e la
procedura di denunzia di inizio dell'attività previsti dall'art. 87 del D.Lgs.
1.8.2003, n. 259, per l'autorizzazione all'installazione di infrastrutture di
comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, hanno come contenuto
imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia
dell'intervento e non è richiesta, pertanto, la necessità di un distinto
titolo abilitativo a fini edilizi.
Alla stregua del principio appena enunciato la Presidenza del Consiglio
dei Ministri ha presentato, in data 4 maggio 2005, ricorso nei confronti della
Regione Veneto, per la dichiarazione (tra l'altro) dell'illegittimità
costituzionale dell'art. 14 della legge regionale n. 8 del 25 febbraio 2005, che
disciplina il procedimento di autorizzazione all'installazione, modifica ed
adeguamento degli impianti di telefonia mobile, prevedendo che, per
l'autorizzazione di detti impianti, il richiedente debba aggiungere al
provvedimento previsto dall'art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche
anche l'ulteriore rilascio del permesso di costruire ai sensi degli artt. 3 e 10
del TU dell'edilizia.
Secondo la Presidenza dei Consiglio tale disposizione, determinando un
aggravio delle procedure per l'installazione dei citati impianti fissi di
telefonia mobile, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali in
materia di "ordinamento della comunicazione", in violazione dell'art.
117, comma 3, della Costituzione, dovendo considerarsi principi fondamentali di
tate materia, come tali vincolanti la potestà legislativa regionale, le norme
contenute nell'art. 41 della legge delega n. 166/2002 e nell'art. 4 dello stesso
Codice delle comunicazioni, che promuovono la semplificazione e la tempestività
dei provvedimenti autorizzatori e considerato anche che la disciplina delle
comunicazioni avrebbe assorbito a tutti gli effetti la precedente disciplina
edilizia interferente sulla materia (art. 3, comma 1, lett. e, del T.U.
sull'edilizia}.
5. Non resta influenzato, in ogni caso, il regime sanzionatorio penale di
cui all'art. 44 del T.U. n. 380/2001 e le infrastrutture di comunicazione
elettronica specificate al comma 1 dell'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 restano
sottoposte, pur sempre, alle sanzioni penali specifiche delle opere soggette a
permesso di costruire.
Le disposizioni dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001 si applicano altresì
agli impianti "con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20
Watt" (di cui al comma 3, ultima parte, del medesimo art. 87) -
suscettibili di realizzazione mediante denunzia di inizio attività ai sensi
dell'art. 19 della legge n. 241/1990, come successivamente modificato - allorché
questi siano eseguiti in assenza o in difformità dalla denunzia medesima.
Il mutamento della disciplina per l'abilitazione all'intervento edilizio
non incide, infatti, sulla disciplina sanzionatoria penale, che non viene
correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza
concreta dell'intervento.
6. L'ordinanza impugnata, per tutte le argomentazioni dianzi svolte, deve
essere annullata, con rinvio al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, il quale -
nella nuova delibazione - si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati,
previa individuazione delle effettive caratteristiche tecniche della stazione
radio base in oggetto, che, secondo l'assunto difensivo, avrebbe (come da
progetto depositato) potenza inferiore ai 2O Watt.