Cass. Sez. III sent. n. 32969 del 7
settembre 2005 (c.c. 8 luglio 2005)
Pres. Vitalone Est. Franco Ric.Amadori
Urbanistica - Condono edilizio
Sulle condizioni ed i termini per il completamento delle opere in pendenza della domanda di condono. Ammissibilità del sequestro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 08/07/2005
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 903
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - N. 18377/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AMADORI Attilio, nato a Verghereto il 10.12.1958;
avverso l'ordinanza emessa il 18 aprile 2005 dal tribunale di Forlì, quale
giudice del riesame;
udita nella udienza in Camera di consiglio dell'8 luglio 2005 la relazione fatta
dal Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MELONI Vittorio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. MONTELEONE Alessandro, in sostituzione dell'avv. Fontana
Elliott Giovanni;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Forlì confermò il
decreto di sequestro preventivo di un manufatto abusivo emesso dal giudice per
le indagini preliminari del tribunale di Forlì il 2 aprile 2005 in relazione ai
reati di cui agli artt. 44, lett. b), e 95 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per i
quali erano indagati Ranucci Elio, quale committente, Amadori Attilio, quale
direttore del lavori e Domeniconi Luigi, quale esecutore delle opere abusive.
Osservò, tra l'altro, il tribunale del riesame che nessun valore poteva avere la
domanda di condono avanzata dal Ranucci perché questa riguardava un manufatto
con caratteristiche del tutto dissimili da quello sequestrato sicché sarebbe
stato comunque irrilevante un eventuale effetto estintivo derivante dalla
sanatoria richiesta; che in ogni caso la presentazione della domanda di condono
edilizio non impedisce l'adozione di provvedimenti urgenti, quali il sequestro
probatorio o preventivo; che sussisteva il periculum in mora perché i vigili
urbani avevano constatato il costante procedere delle opere abusive, che
comunque non erano state ultimate, di modo che vi era il pericolo di un
ulteriore aggravio del reato commesso;
che del resto il sequestro preventivo può essere emesso anche nei confronti di
un manufatto già ultimato.
L'Amadori propone ricorso per cassazione deducendo:
a) mancanza assoluta di motivazione o motivazione meramente apparente in
relazione alla pretesa irrilevanza della domanda di condono edilizio ed in
particolare della procedura di completamento delle opere nell'ambito della
valutazione delle esigenze cautelari;
inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 32, co. 46, d.l. 269/03, 35
legge 28 febbraio 1985, n. 47, e 39 legge 23 dicembre 1994, n. 724, come
richiamati dall'art. 32, co. 25, d.l. 269/03 e dall'art. 37, co. 4, legge reg.
Emilia-Romagna 23/04. Lamenta in particolare che erroneamente l'ordinanza
impugnata ha ritenuto irrilevante l'effetto estintivo derivante dalla sanatoria
per la pretesa difformità tra l'oggetto della domanda di condono e l'immobile
sequestrato, senza considerare che il titolare dell'abuso è legittimato a
provvedere al completamento delle opere oggetto della domanda di sanatoria e
che, a tal fine, il Ranucci aveva allegato alla pratica l'atto unilaterale
d'obbligo. Inoltre, il tribunale del riesame ha erroneamente ritenuto che vi
fosse la suddetta divergenza tra l'oggetto della domanda di condono e l'immobile
sequestrato, e ciò perché non vi era la prova che l'immobile fosse stato
demolito e poi ricostruito e perché, anche qualora lo fosse stato, tale
intervento sarebbe stato comunque consentito, così come non vi era la prova di
una diversa collocazione interna dei vani. Era infine irrilevante la mancata
presentazione di idonea documentazione fotografica perché ciò era consentito
dalla legislazione regionale in tema di condono edilizio. Poiché quindi non vi
era alcuna differenza tra quanto realizzato e quanto rappresentato con la
domanda di condono edilizio, la motivazione sulla pretesa irrilevanza della
domanda di condono risulta meramente apparente, mentre l'indagato aveva comunque
attivato la procedura prevista dall'art. 35 legge 28 febbraio 1985, n. 47, per
il completamento delle opere sotto la propria responsabilità.
b) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 321 cod. proc. pen. sotto il
profilo della mancata concretezza del periculum a fronte di un immobile ultimato
nonché mancanza assoluta di motivazione sul punto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è infondato ed in parte inammissibile. Sono infatti
inammissibili, trattandosi di ricorso avverso provvedimento cautelare reale,
quei profili di ricorso che si risolvono, in sostanza, in una denuncia di
manifesta illogicità o di insufficienza di motivazione circa la difformità fra
il manufatto indicato nella domanda di condono edilizio e quello oggetto di
accertamento da parte dei vigili urbani che hanno proceduto al sequestro. Non
può infatti certamente ritenersi che la motivazione sul punto sia assolutamente
mancante o meramente apparente, avendo anzi il tribunale del riesame
adeguatamente e congruamente motivato sulle ragioni per le quali doveva
ritenersi che l'opera eseguita fosse diversa da quella oggetto della domanda di
condono edilizio presentata dal Ranucci (in quanto, tra l'altro, non si era
trattato di semplice ristrutturazione con conservazione di alcune parti delle
murature interne e semplice rafforzamento delle murature esterne, bensì di
demolizione dell'intero edificio e ricostruzione di un nuovo fabbricato su nuova
platea di fondazione in cemento armato e con diversa disposizione dei vani
interni, senza nemmeno che fosse possibile stabilire, in mancanza di qualsiasi
prova anche fotografica fornita fagli indagati, che vi fosse stata una
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma) e doveva di
conseguenza ritenersi che una eventuale condono concesso in relazione alla
domanda presentata sarebbe stato del tutto irrilevante e privo di qualsiasi
effetto sanante rispetto al diverso manufatto realizzato e sequestrato. Queste
considerazioni valgono di per se stesse ad escludere ogni possibilità di
applicazione nella specie delle disposizioni invocate dal ricorrente relative
alla possibilità per chi presenta domanda di condono edilizio di completare le
opere abusive sotto la propria responsabilità.
In ogni caso, in relazione a quest'ultimo motivo, ossia motivo secondo cui,
essendo stata presentata domanda di condono, vi sarebbe stato il diritto di
completare le opere abusive il che impedirebbe la possibilità di un sequestro
preventivo, può osservarsi che nella specie tale diritto non sarebbe ravvisabile
nemmeno qualora vi fossero in ipotesi tutte le condizioni per la applicazione
del condono edilizio (condizioni invece escluse dal giudice del merito per la
difformità tra il fabbricato realizzato e quello oggetto della domanda di
condono). E difatti, anche qualora l'immobile sia condonabile, la costruzione
può essere legittimamente proseguita soltanto quando sia puntualmente rispettata
la procedura prevista dall'art. 35, comma 14, legge 28 febbraio 1985, n. 47, e
quindi soltanto quando: a) siano decorsi 120 giorni dalla presentazione della
domanda di condono e vi sia stato il versamento della seconda rata della
oblazione; b) si tratti delle opere di cui all'art. 31 non comprese tra quelle
indicate dall'art. 33; c) l'interessato abbia notificato al comune il proprio
intendimento di completare le opere consentite, allegando perizia giurata ovvero
documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi; d) i
lavori inizino non prima di trenta giorni dalla data della notificazione. È per
questo motivo che la giurisprudenza di questa Corte ha sempre affermato che "il
fatto che, a norma del quattordicesimo comma dell'art. 35 legge 28 febbraio
1985, n. 47, il presentatore dell'istanza di sanatoria possa completare sotto la
propria responsabilità, le opere edilizie abusive suscettibili di sanatoria non
significa di per sè che vengano meno le esigenze preventive che legittimano il
sequestro cautelare a norma dell'art. 321 cod. proc. pen. (nella specie la S.C.
ha osservato che non risultava si fossero già realizzate le condizioni richieste
dalla norma per il completamento delle opere, vale a dire oltre al decorso di
centoventi giorni dalla presentazione della domanda di sanatoria, il versamento
della seconda rata dell'oblazione, nonché la notifica al comune
dell'intendimento di completare le opere, con l'allegazione di perizia giurata,
ovvero di documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori
abusivi: in assenza di queste condizioni il completamento delle opere nella
prospettiva della sanatoria era evento solo futuro e incerto, sicché permanevano
le esigenze cautelari che presiedevano all'istituto del sequestro preventivo)"
(Sez. 3^, 2.5.96, Prestigiacomo, m. 205.253) e che "l'ambito di applicabilità
della disciplina contemplata dall'art. 35, quattordicesimo comma, della legge n.
47 del 1985 prevede tutta una serie di adempimenti con prestabilite scansioni
temporali, il cui verificarsi deve essere rigorosamente dimostrato, e non
esclude la possibilità del sequestro penale, attese le differenze proprie della
materia penale e di quella amministrativa. Ed invero permarrebbe sempre in capo
al giudice la possibilità di accertare se la prosecuzione dei lavori per il loro
completamento sia legittima o meno, giacché il presentatore dell'istanza di
condono esegue gli stessi sotto la propria responsabilità, sicché occorre sempre
effettuare una valutazione, necessariamente sommaria in sede di riesame, sulla
sussistenza della causa di estinzione prevista dalle leggi n. 47 del 1985 e n.
724 del 1994" (Sez. 3^, 2.7.96, De Santis, m. 206.050).
D'altra parte, anche nell'ipotesi di condonabilità delle opere abusive, la
prosecuzione dei lavori di integrale completamento dello stabile senza
l'osservanza della procedura di cui all'art. 35, comma 14, legge 28 febbraio
1985, n. 47, determina l'applicabilità delle sanzioni penali, escluse quelle
amministrative (art. 38, comma 4), giacché se la detta procedura non sia stata
rispettata o non sussistano i presupposti richiesti o se i lavori siano posti in
essere prima del momento in cui la legge consente la loro esecuzione, il reato
edilizio, che ha natura permanente, è del pari configurabile, pur se l'immobile
non debba essere demolito (Sez. 3^, 10.5.1999, Cimini, m. 214.368), tanto che,
nel caso in cui un immobile sequestrato e poi oggetto di condono sia stato
restituito al proprietario a seguito di dissequestro, la prosecuzione della
costruzione senza il rispetto della procedura stabilita dall'art. 35, comma 14,
legge 28 febbraio 1985, n. 47, configura un nuovo ed autonomo reato urbanistico
(Sez. 3^, 8.11.2000, Martino, m. 218.001). In definitiva, attese le differenze
proprie della materia penale e di quella amministrativa, la possibilità, per il
presentatore dell'istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria, di
completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all'art. 31 legge 28
febbraio 1985, n. 47, prevista dal successivo art. 35, quattordicesimo comma,
non può escludere la possibilità del sequestro penale, ne' può far venir meno
automaticamente il sequestro preventivo, che potrà essere caducato solo quando
il giudice penale, nell'ambito delle sue attribuzioni, riterrà che sia cessata
la funzione cautelare o quando, al verificarsi di tutte le condizioni
occorrenti, dichiarerà che il reato è estinto (Sez. 3^, 15 dicembre 1995, Russo,
m. 204.315).
Nella specie il ricorrente non solo non ha dato nessuna prova ma non ha nemmeno
allegato di avere iniziato la procedura di cui all'art. 35, co. 14, legge 28
febbraio 1985, n. 47, sicché non può vantare, sotto nessun profilo, alcun
diritto alla prosecuzione della costruzione abusiva.
È ugualmente infondato anche il secondo motivo. A prescindere infatti dalla
possibilità di sottoporre a sequestro preventivo anche i manufatti abusivi
ultimati quando vi sia pericolo di ulteriore pregiudizio per gli interessi
tutelati dalla norma penale, nel caso di specie il tribunale del riesame ha
accertato in punto di fatto, con adeguata motivazione, che l'edificio abusivo
non era stato ancora ultimato e che era stato constatato il costante incedere
delle opere edilizie abusive, sicché esattamente è stato ritenuto sussistente il
concreto pericolo che la disponibilità della costruzione abusiva potesse
aggravare ulteriormente le conseguenze del reato commesso. Del resto, lo stesso
ricorrente parla di manufatto "sostanzialmente" ultimato, il che significa che
appunto non era ancora completamente ultimato e si limita a porre in evidenza il
fatto che l'edificio appariva privo di qualsivoglia impalcatura, mentre, secondo
la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, la cessazione della
permanenza nella contravvenzione di costruzione abusiva oltre che dall'esistenza
di un provvedimento autoritativo, amministrativo, civile o penale, o dalla cd.
desistenza volontaria, deriva dalla ultimazione dell'opera, ivi comprese le
rifiniture esterne ed interne (Sez. 3^, 3 giugno 2003, Sorrentino, m. 225.553;
Sez. 3^, 8 marzo 2001, Tavella, m. 219.382; Sez. 3^, 21 novembre 1997, Di
Pietro, m. 209.549; Sez. 3^, 12 luglio 1999, Farad, m. 215.035; Sez. 3^, 8 marzo
2001, Tavella, m. 219.382; Sez. 3^, 16 marzo 1994, Imperato, m. 199.125; Sez.
3^, 22 settembre 1995, Di Giovanni, m. 203.019). Il ricorso deve pertanto essere
rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali. PER QUESTI MOTIVI
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 8 luglio
2005.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2005