Cass. Sez.
III sent. 33289 del 13 settembre 2005 (ud. 28 aprile 2005)
Pres. Postiglione Est. Fiale Ric. Maggiore
Urbanistica – Opere realizzate in zona vincolata – Pertinenze
Sulla nozione di pertinenza e la non condonabilità delle nuove opere realizzate in zona vincolata
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 28/04/2005
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 868
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 41058/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MAGGIORE Brigida, n. a Lampedusa il 31.12.1961;
avverso la sentenza 7.7.2003 della Corte di Appello di Palermo;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Aldo
Fiale;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. FAVALLI Mario che ha
concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Udito il
difensore, avv. TIRINNOCCHI Salvatore, il quale ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
sentenza del 7.7.2003 la Corte di Appello di Palermo confermava la
sentenza 2.7.2002 del Tribunale monocratico di Agrigento che aveva
affermato la penale responsabilità di Maggiore Brigida in
ordine ai
reati di cui:
- all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985 (per avere
realizzato in assenza della prescritta concessione edilizia, in zona
assoggettata a vincolo paesaggistico: la installazione di un manufatto
prefabbricato, con recinzione, in blocchetti cementizi, per una
lunghezza di circa mt. 450 ed un'altezza media pari a mt. 1,50 - acc.
in Lampedusa, l'11.12.2000);
- all'art. 163 legge n. 490/1999;
e, con le riconosciute circostanze attenuanti generiche, essendo stati
unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod.
pen., l'aveva condannata alla pena complessiva di giorni 20 di arresto
ed euro 12.000,00 di ammenda, con ordine di demolizione delle opere
abusive e concessione del beneficio della sospensione condizionale
subordinato all'esecuzione della demolizione e della rimessione in
pristino dello stato originario dei luoghi. Avverso tale sentenza ha
proposto ricorso la Maggiore, la quale ha eccepito che:
- sarebbe
stata erroneamente disconosciuta la natura pertinenziale delle opere
eseguite, anche alla stregua delle previsioni della legge n. 37/1985
della Regione Siciliana;
- non sarebbe configurabile la
contravvenzione di cui all'art. 163 della legge n. 490/1999,
poiché le
opere medesime non deturpano ne' danneggiano il paesaggio;
- la
contravvenzione edilizia contestata non sarebbe più prevista
dalla
legge come reato in seguito all'intervenuta abrogazione dell'art. 20
della legge n. 47/1985 ad opera dell'art. 163 del T.U. n 380/2001, non
esistendo alcuna continuità tra le disposizioni
già poste dallo stesso
art. 20 e quelle attualmente contenute nell'art. 44 del TU. n. 380/2001;
- immotivatamente il concesso beneficio della sospensione condizionale
sarebbe stato subordinato all'effettiva esecuzione della demolizione
delle opere e della rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
Il difensore ha depositato in udienza copia dell'istanza di condono
edilizio, presentata dall'imputata ai sensi dei D.L. n. 269/2003 e
riferita ad un "manufatto della superficie coperta di mq. 25,
realizzato in muratura di blocchi di calcestruzzo vibrocompresso", su
trave di fondazione con ferri di armatura, dotato di servizi igienici,
con relativa recinzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto tutte le doglianze in esso
articolate sono infondate.
1. Manifestamente infondata è la prospettazione di
inesistenza del
reato di cui all'art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985 in relazione
alla breve vigenza del T.U. n. 380/2001 dall'1 al 9 gennaio 2002
secondo le diffuse argomentazioni svolte, in proposito, da Cass., Sez.
3^; 23.1.2002, n. 8556, Busnelli; 15.3.2002, n. 19378, Catalano;
20,9.2002, Ameli ed altro; 3.12.2002, D'Ospina; 28.1.2003, De Masi;
27.3.2003, Sargentini, sicché: - non è seriamente
sostenibile la tesi
secondo la quale vi sarebbe stato un temporaneo vuoto normativo in
materia edilizia;
- dal 10 gennaio 2002 e fino alla definitiva
entrata in vigore del T.U. n. 380/2001 è rimasto vigente
l'art. 20
della legge n. 47/1985, con la conseguente perdurante
punibilità dei
fatti commessi sotto la sua vigenza;
- sussiste continuità ed
omogeneità normativa - a fronte della identità di
formulazione testuale
e per la palese omogeneità strutturale - tra le previgenti
fattispecie
penali di cui all'art. 20, 1^ comma, lett. b) e c), della legge n.
47/1985 e quelle, oggi in vigore, previste dall'art. 44, 1^ comma,
lett. b) e c), del D.P.R. n. 380/2001.
2. Correttamente i giudici
del merito hanno escluso che le opere realizzate costituiscano
"pertinenze", sottratte in quanto tale al regime concessorio (oggi del
permesso di costruire). La nozione di "pertinenza urbanistica" (vedi
Cass., Sez. 3^;
27.11.1997, ric. Spanò; 24.10.1997, ric. Mirabile;
30.6.1995, ric. Iocca) ha peculiarità sue proprie, che la
distinguono
da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata
ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, sfornita di un
autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o
comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in
relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua
destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui
accede.
La relazione con la costruzione preesistente deve essere,
in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più
agevole e
funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale),
mentre non
può ricondursi alla nozione di "pertinenza urbanistica" la
realizzazione di un manufatto dei quale si prospetti un durevole
rapporto di subordinazione non con una costruzione preesistente ma con
un fondo (vedi Cass., Sez. 3^; 10.9.1993, n. 1795, Sebastiani;
28.3.1990, n. 4286, Cordisco; 24.11.1988, n. 11377, Vecoli).
Nella
specie, dunque, la costruzione prefabbricata e la recinzione non
possono considerarsi pertinenziali al fondo agricolo; ne' la recinzione
può considerarsi pertinenziale al prefabbricato abusivo
contestualmente
installato, in quanto la pertinenza urbanistica deve accedere ad un
edificio preesistente edificato legittimamente, poiché il
bene
accessorio ripete le sue caratteristiche dall'opera principale a cui
è
intimamente connesso (vedi Cass., Sez. 3^;
5.11.2002, Cipolla; 22,2.2001, Capocci).
Non trovano applicazione, pertanto, gli artt. 5 (che assoggetta a mera
autorizzazione "la costruzione di recinzioni, con esclusione di quelle
dei fondi rustici") e 6 (che esclude la necessità di
qualsiasi titolo
abilitativo per la "recinzione di fondi rustici") della legge
10.8,1985, n. 37 della Regione Siciliana. L'imputata ha realizzato
abusivamente un manufatto residenziale recintato, non sottratto in
quanto tale al regime della concessione edilizia e del permesso di
costruire.
3. In ordine alla violazione paesaggistica, devono
ribadirsi i principi già enunciati da questa Corte Suprema
(vedi, tra
le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^, 27.11.1997, ric. Zauli ed
altri; 7.5,1998, ric. Vassallo; 13.1.2000, ric. Mazzocco ed altro;
5.10.2000, ric. Lorenzi; 29.11.2001, ric. Zecca ed altro; 15.4.2002,
ric. P.G. in proc. Negri; 14,5.2002, ric. Migliore; 4.10.2002, ric.
Debertol) secondo i quali il reato di cui all'art. 163 del D.LGS. n.
490/1999 (attualmente art. 181 del D.LGS. 22.1,2004, a 42) è
reato di
pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito,
non è
necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi
dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si
prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del
paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici. Nelle zone
paesisticamente vincolate è inibita - in assenza
dell'autorizzazione
già prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, le
cui procedure
di rilascio sono state innovate dalla legge n. 431/1985 e sono
attualmente disciplinate dall'art. 146 del D.LGS. n. 42/2004 - ogni
modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi
opera non soltanto edilizia ma "di qualunque genere" (ad eccezione
degli interventi consistenti: nella manutenzione, ordinaria e
straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo,
purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto
esteriore degli
edifici; nell'esercizio dell'attività agro- silvo-pasiorale,
che non
comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni
edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di
attività ed
opere che non alterino l'assetto idrogeologico; nel taglio colturale,
forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di
conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste,
purché previsti
ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia).
Il
legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha
inteso
assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione, da
parte della pubblica Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel
caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre
attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare
modificazioni
ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la stessa P. A,
sia posta di fronte al fatto compiuto. La fattispecie incriminatrice
è
rivolta a tutelare sia l'ambiente sia, strumentalmente e mediatamente,
l'interesse a che la P.A. preposta al controllo venga posta in
condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta
funzione; la salvaguardia del bene ambientale, in tal modo, viene
anticipata mediante la previsione di adempimenti formati finalizzati
alla protezione finale del bene sostanziale ed anche a tali adempimenti
è apprestata tutela penale. Ne consegue che
l'offensività del fatto, in
una situazione di astratta idoneità lesiva della condotta
inosservante
rispetto al bene finale, deve essere anzitutto correlata al rispetto
del bene intermedio (o "funzione").
La vicenda in esame è
caratterizzata ad evidenza dall'esecuzione di opere oggettivamente non
irrilevanti ed astrattamente idonee a compromettere l'ambiente,
sussiste, pertanto, un'effettiva messa in pericolo del paesaggio,
oggettivamente insita nella minaccia ad esso portata e valutabile come
tale ex ante, nonché una violazione dell'interesse dalla
P.A. ad una
corretta informazione preventiva ed all'esercizio di un efficace e
sollecito controllo. 4. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con
la sentenza 3.2.1997, n. 714, ric. Luongo - hanno affermato la
legittimità della subordinazione della sospensione
condizionale della
pena alla demolizione dell'opera abusiva e tale principio, a maggior
ragione, deve applicarsi all'ordine di rimessione in pristino
(già
previsto dall'art. 1 sexies della legge n. 431/1985 e dall'art. 164 del
D.LGS. 29.10.1999, n. 490 ed attualmente dall'art. 181, 2^ comma, del
D.LGS. 22.1.2004, n. 42), allorché si consideri che:
- la sanzione
specifica della rimessione ha una funzione direttamente ripristinatoria
del bene offeso e quindi si riconnette al preminente interesse di
giustizia sotteso all'esercizio stesso dell'azione penale;
- è
sicuramente possibile l'utilizzazione del disposto dell'art. 165 cod.
pen., rivolto a rafforzare il ravvedimento del condannato,
poiché la
non autorizzata immutazione dello stato dei luoghi, in zona
assoggettata a vincolo paesaggistico" ben può comportare
"conseguenze
dannose o pericolose";
Nella specie, la subordinazione del
beneficio risulta legittimamente rivolta a rafforzare il ravvedimento
della condannata. 5. Non può essere applicata la sospensione
del
procedimento, ex art. 38 della legge n. 47/1985, in relazione alla
domanda di sanatoria (cd. condono edilizio) presentata ai sensi
dell'art. 32 del D.L. 30.9.2003, n 269, convertito con modificazioni
dalla legge 24.11.2003, n. 326, che fa espresso richiamo (commi 25 e
28), per quanto in esso non previsto, alle "disposizioni compatibili
dei capi 4^ e 5^ della stessa legge n. 47/1985 e dell'art. 39 della
legge 23.12.1994, n. 724.
Nella vicenda che ci occupa, infatti, si
verte in ipotesi di opere abusive non suscettibili di sanatoria, ai
sensi dell'art. 32 del D.L. n. 269/2003, poiché si tratta di
nuove
costruzioni realizzate, in assenza del titolo abilitativo edilizio, in
area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici
(ipotesi esclusa dal condono dal comma 26^, lett. a).
Nelle aree
sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a
tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici la norma
anzidetta ammette, infatti, la possibilità di ottenere la
sanatoria
soltanto per gli interventi edilizi di minore rilevanza (corrispondenti
alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1:
restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria),
previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta
alla tutela
del vincolo.
In proposito, appare opportuno ricordare che la
Relazione governativa al D.L. n. 269/2003 si esprime nel senso che "...
è fissata la tipologia di opere assolutamente insanabili tra
le quali
si evidenziano ... quelle realizzate in assenza o in
difformità del
titolo abilitativo edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti
sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi
idrogeologici, ambientali e paesistici... Per gli interventi di minore
rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la
possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili
soggetti a
vincolo previo parere favorevole da parte dell'autorità
preposta alla
tutela. Per i medesimi interventi, nelle aree diverse da quelle
soggetto a vincolo, l'ammissibilità alla sanatoria
è rimessa ad uno
specifico provvedimento regionale". 6. Al rigetto del ricorso segue, a
norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione;
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.;
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2005.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2005