Aria. Disciplina dettata dal d.P.R. n. 203 del 1988 - Ambito di applicazione - Impianti produttivi di emissioni in atmosfera - Reato di esercizio di impianto senza autorizzazione - Configurabilità - Superamento dei valori limite di emissione - Necessità - Esclusione - Ragioni.
In tema di inquinamento atmosferico, il reato di cui all'art. 25 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (oggi abrogato e sostituito dall'art. 279 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) che punisce l'esercizio di un impianto esistente in difetto di autorizzazione, è configurabile indipendentemente dalla circostanza che le emissioni superino i valori limite stabiliti, in quanto non si tratta di un reato di danno ma di un reato formale o di condotta che tende a garantire un controllo preventivo da parte della P.A.. (In motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che il bene tutelato dalla norma penale è l'interesse dell'amministrazione competente a controllare preventivamente la funzionalità e potenzialità inquinante degli impianti esistenti o nuovi).
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Vicenza, con sentenza del 23
ottobre
Lo ha, quindi,
condannato, ritenute le attenuanti generiche, ad euro 300,00 di
ammenda, quanto
al capo A), ed alla pena di euro 600,00, quanto al capo B), oltre al
pagamento
delle spese processuali. Avverso detta decisione propone ricorso per
cassazione
il difensore del prevenuto, con i seguenti motivi:
-inosservanza o
erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di
cui si
deve tener conto nella applicazione della legge penale, in relazione
alla
fattispecie criminosa di cui agli artt. 15 e 25, co.
6°, DPR 203/88 - art 606 lett. b) c.p.p. -
nonché mancanza e/o
manifesta illogicità della motivazione che risulta dal testo del
provvedimento
impugnato e/o dagli atti del procedimento;
- inosservanza o
erronea applicazione della legge penale in relazione alla fattispecie
criminosa
di cui all’art. 25 co. 2°, DPR 203/88 - art 606, lett. b) c.p.p.-.
Il ricorrente
eccepisce la insussistenza del reato in quanto la installazione della
quarta
spazzolatrice non avrebbe mutato in quantità il pericolo di
inquinamento;
eccepisce, altresì, che la omessa tenuta del registro di produzione, di
cui
all’art. 2 punto H comporterebbe la applicazione di una sanzione
amministrativa.
Motivi della decisione
La sentenza
impugnata appare motivata correttamente e logicamente ed in essa non si
ravvisano vizi di implausibilità.
Di contro le
doglianze mosse con il ricorso appaiono manifestamente infondate e
vanno,
pertanto, dichiarate inammissibili.
Infatti la
disciplina dettata dal DPR del 24
maggio 1988 n. 203 si applica
a tutti gli impianti che possono dare luogo ad
emissioni nell’atmosfera, i quali sono sottoposti a specifiche
autorizzazioni
preventive, indipendentemente dalla circostanza che le emissioni
superino i
valori limite stabiliti. Esercitare un impianto esistente senza avere
domandato
la autorizzazione, ovvero trasferirlo in altra sede, senza avere
ottenuto la
autorizzazione prescritta, integrano un reato formale o di condotta,
non già un
reato di danno, rilevato che il bene tutelato dalla norma penale è
l’interesse
della amministrazione competente a controllare preventivamente la
funzionalità
e la potenzialità inquinante degli impianti esistenti o nuovi, proprio
al fine
di prevenire immissioni inquinanti superiori ai valori limite. Ma
appunto
perché trattasi di un reato formale che tende a garantire un controllo
preventivo da parte della amministrazione, esso è integrato anche nel
caso in
cui l’impianto non superi i valori limite suddetti (Cass. 28 gennaio
2005 n.173).
Ne consegue che il
Tribunale non era tenuto, come sostiene il ricorrente, a verificare in
concreto
la esistenza di variazioni relative alla natura e quantità delle
emissioni
inquinanti.
Nel caso di specie,
peraltro, il prevenuto non ha contestato che la conceria fosse un
impianto che
potesse dare luogo ad emissioni nell’atmosfera, né di avere provveduto
all’acquisto di una nuova spazzolatrice, nell’anno 2002, senza darne
comunicazione; di poi, anche in ordine alla rilevata mancanza del
registro di
produzione, non trovava giustificazione alcuna la eccezione mossa dal
prevenuto, il quale aveva sostenuto di avere richiesto l’esonero dalla
tenuta
di detto registro, visto che non era venuto meno il relativo obbligo
essendo
stata rigettata l’istanza de qua.
Non appare del pari
corretto il richiamo fatto dal prevenuto all’art. 10 del DPR n. 203/88,
in
quanto la citata disposizione regola e sanziona la inosservanza delle
prescrizioni autorizzatorie e non la omessa presentazione della istanza
per
ottenere l’autorizzazione.
Quanto alla
doglianza mossa col secondo motivo del ricorso si rileva che il giudice
di
merito ha applicato la contravvenzione e non la sanzione
amministrativa, in
dipendenza della valutata gravità del reato di cui al capo A),
nell’esercizio
del potere discrezionale conferitogli ex lege.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue, a carico del ricorrente, l’onere delle spese del procedimento, nonché del pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende, non versandosi in ipotesi di carenza di colpa della parte ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.