CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO
Servizio Penale - Relazione su novità normativa
Modifiche al codice penale in tema di incendio boschivo (art. 6 d.l. 8 settembre 2021 n. 120, conv., con modif., in l. 8 novembre 2021 n. 155)

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO

Servizio Penale

Relazione su novità normativa

Modifiche al codice penale in tema di incendio boschivo

(art. 6 d.l. 8 settembre 2021 n. 120, conv., con modif., in l. 8 novembre 2021 n. 155)

Rel.: n. 12022 Roma, 25 gennaio 2022

Sommario: 1. L’art. 6 del d.l. n. 155 del 2021, conv., con modif., in l. n. 155 del 2021. – 2. La nuova clausola di liceità della fattispecie-base. – 3. Il nuovo regime circostanziale aggravante ed attenuante. – 3.1 La soppressa aggravante dell’abuso delle funzioni o dei doveri connessi al servizio antincendio. – 3.2 L’ampliamento dell’aggravante dell’art. 423- bis, comma terzo, cod. pen. – 3.2.1 Le aree protette. – 3.2.2 Le specie animali o vegetali protette. – 3.2.3 Gli animali domestici o di allevamento. – 3.2.4 Assorbimento e concorso di reati secondo la prima dottrina. – 3.3 L’ampliamento dell’aggravante dell’art. 425 cod. pen. – 3.4 Le attenuanti premiali del ripristino dello stato dei luoghi e della collaborazione processuali. – 4. Pene accessorie: incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione ed estinzione del rapporto di lavoro o di impiego ed interdizione dall’assunzione di incarichi antincendio. – 5. Confisca obbligatoria anche per equivalente.

1. L’art. 6 del d.l. n. 155 del 2021, conv., con modif., in l. n. 155 del 2021.

Si segnala l’entrata in vigore, a far data dal9 novembre 2021, della legge8 novembre 2021 n. 1551, diconversione, con modificazioni, del decreto legge 8 settembre 2021 n. 120 (recante « Disposizioni per il contrasto agli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile », d’ora in poi anche d.l. incendi), entrato in vigore il 10 settembre 2021 2.

Di fronte all’eccezionale recrudescenza del fenomeno degli incendi boschivi 3 – l’estate 2021, secondo le statistiche ufficiali, è stata la peggiore in assoluto 4 – l’esecutivo, ad oltre vent’anni dalla legge-quadro 21 novembre 2000, n. 353, con intervento d’urgenza 5 ne ha aggiornato ed integrato l’approccio “globale” 6: col d.l. incendi, oltre a correggere le rilevate inefficienze nelle azioni di previsione, prevenzione, coordinamento e lotta attiva agli incendi boschivi 7, potenziando le tecnologie previsionali, le infrastrutture e l’organico dei vigili del fuoco, all’art. 6, intitolato « Modifiche al codice penale», è intervenuto, a vario titolo, sull’incriminazione di cui all’art. 423-bis cod. pen.

All’esito dell’iter di conversione del decreto, il Parlamento ha apportato talune interpolazioni – soppressive eaggiuntive – rispetto al testo originario, con conseguenti effetti successori da distinguere penalisticamente a seconda del loro contenuto, di favore o di sfavore (artt. 77 Cost. e 2, ultimo comma, cod. pen.), fermo il principio di irretroattività in malam partem (artt. 25, comma secondo, Cost. e 7 CEDU).

Tre le direttrici di intervento operate dall’art. 6 del d.l. incendi, come convertito, sul delitto di incendio boschivo:

  • nella fattispecie-base (art. 423-bis, comma primo, cod. pen.) è stata introdotta una clausola di esclusione della punibilità ove l’incendio sia causato dall’uso legittimo delle tecniche di controfuoco e di fuoco prescritto;

  • rispetto al regime circostanziale speciale, da un lato è stata ampliata la circostanza aggravante dell’art. 423-bis, comma terzo, d’ora in poi riguardante anche le specie animali o vegetali protette nonché gli animali domestici e di allevamento, dall’altro sono state introdotte attenuanti ad hoc in caso di ravvedimento sostanziale (comma quinto) e processuale (comma sesto);

  • sul versante sanzionatorio, sono state annesse nuove pene accessorie (art. 423-ter cod. pen.), anche mediante la modifica all’art. 32-quater cod. pen., ed è stata annessa una ipotesi di confisca obbligatoria, pure per equivalente, dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato di incendio boschivo e delle cose che servirono a commetterlo (art. 423-quater cod. pen.) 8.

2. La nuova clausola di liceità della fattispecie-base.

Muovendo dalle modifiche riguardanti la fattispecie-base di incendio boschivo doloso, la legge di conversione n. 155 del 2021 ha inserito, all’art. 6, comma 1, del d.l. la lett. a-bis) volta a modificare l’art. 423-bis, comma primo, cod. pen. mediante l’inserimento di un’espressa clausola di liceità.

Per effetto di questa interpolazione – che si deve all’approvazione in Senato, col parere favorevole del Governo, dell’emendamento n. 6.9, d’iniziativa della XIII Commissione di Palazzo Madama – la fattispecie-base è stata così riformulata:

«1. Chiunque cagioni, al di fuori dei casi di uso legittimo delle tecniche di controfuoco e di fuoco prescritto , un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni ».

Deve ritenersi anzitutto che la clausola di liceità in questione, benché innestata nella fattispecie-base che incrimina l’incendio boschivo doloso, ridondi anche rispetto alla fattispecie colposa, la quale è costruita sul medesimo fatto materiale cagionato dal soggetto agente (« Se l’incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa…»), potendosi ritenere che l’incendio di cui al primo comma, come ormai interpolato, sia quello non derivante dall’uso delle tecniche surrichiamate ovvero potendo fondarsi la colpa fondarsi proprio sulla violazione delle regole cautelari che ne regolano o ne consigliano la praticabilità.

L’espressione «uso legittimo» evoca quella contenuta, a fini scriminanti, in seno all’art. 53 (Uso legittimo di armi) cod. pen. 9 ed allude all’impiego per l’appunto autorizzato del “fuoco” in funzione selvicolturale e di gestione del territorio – secondo precise indicazioni e procedure operative da parte di personale appositamente addestrato – quando ciò si renda necessario per contrastare un incendio in atto (controfuoco) ovvero, in chiave preventiva o in funzione pianificatoria, quando serva per scongiurare la possibile propagazione di incendi di dimensione catastrofica (fuoco “prescritto”). Più in particolare:

- il “controfuoco” è una contromisura applicata in un caso di incendio, consistente nell’appiccare volontariamente il fuoco a un’area circoscritta e controllata, per eliminare il materiale combustibile che potrebbe alimentare l’incendio che si intende contrastare;

- il “fuoco prescritto” è quella tecnica di applicazione esperta, consapevole ed autorizzata del fuoco attuata “ su superfici pianificate, attraverso l’impiego di personale appositamente addestrato all’uso del fuoco e adottando prescrizioni e procedure operative preventivamente definite con apposite linee guida ” predisposte dal competente Comitato tecnico (così nuovo comma 2- bis dell’art. 4 della l. n. 353 del 2000, come introdotto, in esito alla legge di conversione, dall’art. 5 del d.l. in esame) 10.

Il Parlamento ha dunque conferito dignità liceizzante a queste tecniche operative di pianificazione esperta e pianificata del fuoco alla vegetazione, il cui impiego selvicolturale era già noto a livello internazionale 11 e, finora, poteva trovare riconoscimento (extra-penalistico) soltanto nei piani (o in fonti) regionali 12. Proprio perché trattasi di condotte volontarie, astrattamente integranti l’ipotesi incriminatrice in esame, il legislatore del 2021 ha inteso precisarne la loro liceità, anche se, a ben vedere, sarebbe soccorsa comunque la scriminante dell’art. 51 cod. pen. in termini di esercizio del diritto se non addirittura di adempimento di un dovere, nel caso di loro realizzazione nel contesto di operazioni antincendio 13. Trattasi, invero, di ipotesi riconducibili allo schema dellecause di giustificazione 14.

La clausola di liceità di novella introduzione, al di là della sua affermata superfluità 15, va letta in combinato disposto con il coevo intervento extrapenale operato dall’art. 5 del decreto, nel testo consolidato, in seno all’art. 4 della l. n. 353 cit., ove si annovera (anche) la tecnica del fuoco prescritto tra gli interventi selvicolturali 16 di trattamento dei combustibili previsti nell’ambito dell’attività di prevenzione degli incendi boschivi.

Trattandosi di innesto di favore, esso è (almeno in astratto) applicabile retroattivamente anche a fatti-reato commessi prima dell’entrata in vigore della l. n. 155 del 2021, ove (nel singolo caso in concreto) fossero state già praticate (sia pure in assenza della disciplina extra-penale di nuovo conio, che richiede interventi amministrativi attuativi) queste tecniche operative, sempreché siano state rispettate le procedure operative – a carattere prescrittivo-pianificatorio – eventualmente previste dalle (previgenti) fonti o piani regionali (cfr. ad es. l.r. Campania n. 20 del 2016) 17.

3. Il nuovo regime circostanziale aggravante ed attenuante.

Il secondo gruppo di modifiche apportate dall’art. 6, comma 1, lett. b), del d.l. n. 120 del 2021, conv., con modif., in l. n. 155 del 2021, concerne lo speciale regime circostanziale annesso all’incendio boschivo (doloso e colposo).

Inizialmente, nel testo approntato dal legislatore urgente, erano stati aggiunti tre nuovi commi all’art. 423-bis cod. pen. contenenti altrettante circostanze ad effetto speciale: una aggravante (già comma quinto) e due attenuanti (già commi sesto e settimo).

Il Parlamento, in sede di conversione in legge del d.l. incendi, ha operato talune significative modifiche: ha eliminato, da un lato, l’aggravante ad hoc che era stata (provvisoriamente) innestata nel (nuovo) comma quinto; dall’altro, ha esteso il raggio di operatività della fattispecie aggravante speciale del comma terzo; ha invece mantenuto, previo “adattamento” formale e topografico, le due attenuanti premiali che, conseguentemente al soppresso capoverso, hanno assunto la definitiva collocazione in seno ai nuovi commi quinto e sesto dell’art. 423-bis cod. pen.:

«[capoverso soppresso dalla l. 155 del 2021]

[5] […]18 Le pene previste dal presente articolo sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi .

[6] Le pene previste dal presente articolo sono diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti ».

3.1 La soppressa aggravante dell’abuso delle funzioni o dei doveri connessi al servizio antiincendio .

Il novello comma 5 inizialmente aggiunto all’art. 423-bis cod. pen. dall’art. 6 del d.l. incendi prevedeva che «[q]uando il delitto [di incendio boschivo doloso] di cui al comma 1 è commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo svolgimento di servizi nell’ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incedi boschivi, si applica la pena della reclusione da sette a dodici anni ».

A livello politico-criminale, il legislatore urgente sembrava aver preso le mosse dalla preoccupata constatazione – tratta dalle recenti statistiche giudiziarie degli arresti e delle custodie applicate per fatti di incendio boschivo doloso – che spesso gli autori appartengono, a vario titolo (quali volontari, stagionali), ai corpi forestali addetti alle stesse attività di spegnimento; di qui il conio “emergenziale” dell’inedita aggravante de qua destinata a “stigmatizzare” l’ipotesi – avvertita come particolarmente odiosa – in cui ad appiccare l’incendio sia proprio chi rivestirebbe il compito di tutelare il territorio.

Attingendo al lessico dell’aggravante comune prevista dall’ art. 61, n. 9, cod. pen., il legislatore urgente del 2021 aveva qui riproposto, a fini di tipicità circostanziale rilevante sul piano delle modalità dell’azione, la medesima espressione « abuso dei poteri o violazione dei doveri».

Ma il Parlamento – come anticipato – in sede di conversione del d.l. incendi ha definitivamente soppresso questa inedita circostanza aggravante, considerando evidentemente bastevole la specifica pena accessoria incapacitante pure annessa ex art. 32-quater cod. pen. (vedi postea § 4).

L’iniziativa abolitiva si deve all’approvazione, in Senato, dell’emendamento soppressivo n. 6.15 (testo 2) al d.d.l. di conversione n. 2381, presentato dalla XIII Commissione in sede referente19. La ratio dell’espungimento si deve al recepimento parlamentare del “grido d’aiuto degli operatori della protezione civile e dei sindaci”, essendosi ritenuto “il riferimento alle attività di prevenzione… sproporzionato rispetto all’ambito di applicazione riferito alle responsabilità pubbliche, che già soggiacciono a precise sanzioni previste dalla normativa vigente per i casi di omissione o di colpa grave, per i quali l’interpretazione di questa norma [avrebbe potuto] essere molto ampia, causando il proliferare di azioni penali ingiustificate nei confronti di funzionari pubblici e, di conseguenza, anche dei sindaci – soprattutto di piccole comunità, di Comuni interni oppure di montagna – e degli operatori di protezione civile” 20.

Dal punto di vista intertemporale, l’eliminazione di questa aggravante ad effetto speciale – ove, in ipotesi, fosse stata contestata (ed applicata) in sua (precaria) vigenza rispetto a fatti-reato successivi al 10 settembre 2021 – va “governata” alla stregua di quanto dispongono gli artt. 77 Cost. e 2, ult. comma, cod. pen., versandosi in ipotesi, in parte qua, didecreto legge non convertito, con conseguente efficacia ex tunc della modifica soppressiva, ridondante a favore del reo.

Rispetto ad eventuali fatti concomitanti commessi a partire dal 10 settembre 2021 eventualmente già definiti (si pensi all’ipotesi di giudizio direttissimo per incendio boschivo aggravato commesso da un forestale o da un volontario in servizio antincendio, sentenziato con pena patteggiata, divenuta già irrevocabile per mancata impugnazione), essendo quella caducata norma sfavorevole, va applicata la disciplina più favorevole preesistente (che non la prevedeva esplicitamente, a meno di non ricondurla all’ipotesi generale dell’art. 61, n. 9, cod. pen.), travolgendosi in parte qua l’eventuale aumento di pena, se applicato.

Per i fatti futuri, in luogo della soppressa fattispecie aggravatrice speciale, va semmai valutata l’eventuale contestabilità, sussistendone le condizioni, della circostanza comune dell’ art. 61, n. 9, cod. pen. – volta a tutelare l’interesse al corretto svolgimento di una pubblica funzione – ravvisabile pure se la commissione del fatto (nella specie incendiario) è stata anche soltanto agevolata dalle qualità soggettive dell’agente, non essendo necessaria l’esistenza di un vero e proprio nesso funzionale tra i poteri oggetto dell’abuso o i doveri violati ed il compimento del reato: Sez. 5, n. 9102 del 16/10/2019, dep. 2020, Davì, Rv. 278662-01; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, P.G. in proc. F, Rv. 273531-01; Sez. 2, n. 20870 del 30/4/2009, Bazzicalupo e altro, Rv. 244738-01; nel senso che non è richiesta l’attualità dell’esercizio della funzione o del servizio, sussistendo la circostanza in esame anche quando la qualità dell’agente, in relazione alla tipicità della sua posizione, può facilitare la condotta del reato, v. già Sez. 6, n. 4062 del 7/1/1999, Pizzicaroli, Rv. 214142-01).

3.2 L’ampliamento dell’aggravante dell’art. 423- bis , comma terzo, cod. pen.

La legge di conversione n. 155 del 2021, con la lett. a-bis) aggiunta all’art. 6 del d.l. incendi, ha poi integrato il contenuto dell’art. 423-bis, comma terzo, cod. pen. – che non era stato oggetto di intervento da parte del legislatore urgente – riguardante le circostanze aggravanti speciali del reato di incendio boschivo (applicabili sia rispetto all’ipotesi dolosa che a quella colposa 21 ).

Il capoverso, all’esito degli odierni innesti, è stato così riformulato:

«[3] Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall’incendio deriva pericolo per gli edifici o danno su aree o specie animali o vegetali protette o su animali domestici o di allevamento ».

L’ampliamento del raggio di operatività dell’aggravante speciale in esame si deve all’approvazione, da parte dell’assemblea del Senato, dell’emendamento n. 6.4 (testo 3) al d.d.l. di conversione n. 2381, proposto dalla XIII Commissione permanente 22.

Schematizzando, per effetto delle operate interpolazioni – introdotte in sede di conversione e quindi applicabili per fatti-reato commessi a partire dal 9 novembre 2021 – trovano d’ora in poi una specifica tutela penale rafforzata:

1) le aree protette;

2) le specie animali o vegetali protette;

3) gli animali domestici o di allevamento.

Attesa la formulazione testuale della previsione circostanziale, a fattor comune va evidenziato che, così come per le già tipizzate aree protette è richiesta, ai fini della sussistenza dell’aggravante in esame, l’effettiva causazione di un danno (mentre per gli edifici è sufficiente la sola presenza del pericolo) 23, ciò varrà pure per le ulteriori ipotesi di nuova introduzione, le quali sono state inserite subito dopo il lemma «aree», quindi sono anch’esse “attratte” dal viciniore requisito del danno.

A prima lettura si è ritenuto – condivisibilmente – che l’estensione della tutela apprestata dall’aggravante in parola anche ad animali e vegetali produca effetti sull’interpretazione sistematica della successiva aggravante del comma quarto – laddove si prevede un ulteriore aumento di pena in caso di «danno grave, esteso e persistente all’ambiente» 24 – nel senso che il concetto di ambiente ivi tipizzato andrà d’ora in poi inteso come “ecosistema, come habitat comprensivo di flora e fauna, e non solo come insieme di piante” 25.

3.2.1 Le aree protette.

Onde comprendere meglio il significato degli innesti aggravatori di nuovo conio, pare opportuno prendere le mosse dal (primigenio e non modificato) riferimento circostanziale alle «aree protette», la cui stessa esegesi potrebbe essere da rivedere, quale indiretto effetto sistematico delle odierne aggiunte.

Il comma terzo dell’art. 423-bis cod. pen., oltre agli edifici, dà specifico rilievo aggravante a tutti quei territori sottoposti a particolare regime di tutela e protezione (extrapenale) e per la cui definizione normativa deve operarsi il rinvio alla legge quadro 6 dicembre 1991 n. 394 (ove si prevedono parchi nazionali gestiti dallo Stato, parchi naturali regionali e riserve naturali, statali o regionali: cfr. Sez. 3, n. 14488 del 28/9/2016, P.M. in proc. Orlandini, Rv. 269324-01 26) e, più in generale, a tutte quelle vigenti disposizioni di legge, anche regionali, che qualificano come protetta un’area, sia essa nazionale o regionale 27.

Peraltro, poiché la ragione di una tutela penale rafforzata di questi siti è da rinvenirsi tradizionalmente nella qualificazione del patrimonio naturale protetto come « formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico o ambientale » (art. 1, comma 2, l. n. 394 del 1991), per il tramite del (previgente) riferimento sintetico alle suddette aree protette, poteva ritenersi invero già tutelata implicitamente (anche) la flora e la fauna ivi esistente, cioè tutte quelle “ specie animali o vegetali” [che sono state subito dopo aggiunte expressis verbis dal novellatore del 2021] naturalisticamente viventi in questi territori, la cui conservazione (unitamente alla conservazioni delle “ associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici ”) rientra esplicitamente nelle finalità della stessa legge quadro 28.

3.2.2 Le specie animali o vegetali protette.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il riferimento alle « specie animali o vegetali [protette]» introdotto dalla legge di conversione in seno al comma terzo dell’art. 423-bis cod. pen. potrebbe essere considerato la mera esplicitazione – per aggiunta – di un contenuto circostanziale aggravatore invero già estraibile dal previgente riferimento (sintetico ma omnicomprensivo) alle sole «aree protette».

Ma se così fosse, l’intervento novellistico, in parte qua, subirebbe una svalutazione quanto a portata innovativa.

Sembra preferibile, allora, una lettura esegetica che, valorizzando il dato testuale, le intenzioni del legislatore storico ed il principio di conservazione del dato giuridico, valorizzi anzitutto la disgiuntiva «o» che precede il riferimento alle « specie animali e vegetali protette» (quindi in termini alternativi rispetto alle aree protette) ed in secondo luogo reperisca fonti extrapenali ulteriori e diverse rispetto alla legge quadro n. 394 del 1991 che possano “riempire” di (nuovo) contenuto protettivo l’inedito richiamo, preceduto dalla disgiuntiva « o», alle «specie animali e vegetali protette», da qualificarsi, in forza di quest’ultimo aggettivo, come elemento normativo della fattispecie (circostanziale).

Un sicuro riferimento sovranazionale può senz’altro rinvenirsi nella direttiva 93/43/Ce del Consiglio del 21 maggio 1992 (cd. Direttiva Habitat), relativa alla conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica 29, il cui Allegato IV contiene un elenco delle specie animali o vegetali selvatiche protette. Peraltro, a tale elenco ed a quello di cui all’Allegato I della direttiva 2009/147/Ce (cd. direttiva Uccelli) fa rinvio anche l’art. 1, comma 3, del d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121 ai fini dell’applicazione della contravvenzione di cui all’art.727-bis cod. pen. ( Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette ), con riguardo all’oggetto materiale costituito dalle «specie animali o vegetali selvatiche protette».

Data, dunque, la rilevanza sistematica, anche infracodicistica, di tale fonte unionale, potrebbe ipotizzarsi che l’aggettivo «selvatiche» sia rimasto nella “penna” del legislatore del 2021: come si è sostenuto a prima lettura, l’omissione sembra dovuta “a (discutibili) esigenze di economia del testo, nel senso che la parola «aree» si abbinava a «protette» ma non a «selvatiche»” 30.

Più in generale, l’individuazione delle specie animali e vegetali normativamente protette può avvenire per il tramite di quel coacervo legislativo unionale, nazionale o anche regionale che prevede a vario titolo – o che dovesse prevedere pro futuro – speciali forme di “protezione” della flora e della fauna (per esempio, i regolamenti degli enti parco possono prevedere uno speciale statuto per determinate specie vegetali, tenuto conto delle caratteristiche geografiche e della loro rilevanza; analogamente la disciplina nazionale sui beni culturali ovvero le leggi regionali in materia possono prevedere tutele specifiche per determinati alberi monumentali).

Infine, quanto agli animali protetti, vanno poi considerate agli speciali fini circostanziali le leggi nazionali in materia di caccia (legge 11 febbraio 1992, n. 157) e sullaC.I.T.E.S. (Convention on International Trade in Endangered Species: legge n. 150 del 1992, di recepimento della Convenzione di Washington del 3 marzo 1973, che vieta la detenzione e il commercio di esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica in via di estinzione).

3.2.3 Gli animali domestici o di allevamento.

L’ultimo segmento normativo avente ad oggetto gli animali domestici o di allevamento annovera per la prima volta tale categoria di animali, aventi valore sentimentale e, rispettivamente, economico per l’uomo, quali possibili vittime del fatto di incendio boschivo.

Con questa espressione il legislatore del 2021 ha sintetizzato le molte proposte emendative che erano state avanzate in sede referente dalla XIII Commissione permanente del Senato, volte a dare specifico rilievo ai fatti incendiari commessi in danno (anche) degli animali, anche con proposte emendative che esorbitavano la sedes materiae 31.

I termini, di nuova introduzione, «animali domestici e di allevamento» potrebbero essere intesi in senso naturalistico anche se – a ben vedere – esistono definizioni normative (extrapenali) rilevanti a fini definitori.

Quanto alla nozione di «animali domestici», la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 (ratificata dall’Italia con legge 4 novembre 2010, n. 201), offre la nozione, più tecnica, di «animale da compagnia»; analogamente, il regolamento n. 998/2003/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003 (e successive modificazioni), reca una norma definitoria facente rinvio all’apposito elenco degli animali da compagnia di cui all’Allegato I che comprende i cani e i gatti (parte A), i furetti (parte B), gli invertebrati (escluse api e crostacei, pesci tropicali, anfibi e rettili), gli uccelli (escluse talune specie) e, tra i mammiferi, i roditori e i conigli domestici (parte C) 32.

Quanto, poi, alla nozione di animale “da allevamento”, si può far riferimento a fini definitori alla corrispondente – e più puntuale – definizione normativa di «animali da reddito», che sono definiti dall’art. 1, comma 2, lett. a), del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 146 come “ qualsiasi animale, inclusi pesci, rettili e anfibi, allevato o custodito per la produzione di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce o per altri scopi agricoli”. Rientrano in questa categoria, quindi, i suini, gli ovini, i bovini e gli avicoli.

3.2.4 Profili di disciplina. Assorbimento e concorso di reati secondo la prima dottrina.

L’aggravante di cui all’art. 423-bis, comma terzo, cod. pen., come oggi riformulata, è imputabile all’autore del fatto di incendio boschivo ex art. 59 cod. pen. anche a titolo di colpa.

Secondo i primi commentatori 33, nel caso di danni a specie animali o vegetali protette l’aggravante in questione assorbirebbe la contravvenzione prevista dall’art. 727- bis cod. pen. ( Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette) , concernente le specie animali selvatiche protette, così come assorbirebbe i delitti di uccisione (art. 544-bis cod. pen.) e di lesioni (art. 544-ter cod. pen.) di animali, limitatamente a quelli domestici o di allevamento specificamente considerati a fini circostanziali. Tale assunto, non meglio argomentato in dottrina, sembrerebbe giustificabile in ragione del disposto di cui all’art. 84 cod. pen.

Sempre a prima lettura 34 ci si è posti il quesito – invero più teorico che pratico – se detto assorbimento valga anche per animali non rientranti nelle tre categorie menzionate (selvatici protetti, domestici o di allevamento), come nel caso di talpe, topi, formiche, farfalle, lucertole, et similia.

Da ultimo va precisato che il legislatore del 2021 sembrerebbe non aver inteso offrire tutela penale ad animali, pur rimasti vittime dell’incendio, verosimilmente ritenuti di minore valore, o perché non soggetti a speciale protezione, o perché privi di valore sentimentale (non domestici) o economico (non di allevamento) per l’uomo, nel rilievo che applicare “l’aggravante a categorie di animali non ricompresi espressamente nella lettera della legge comporterebbe una inammissibile applicazione analogica in malam partem di norma (aggravante), la quale comporta aumenti di pena da un minimo di un giorno ad un massimo di un terzo da parametrare alla pena massima di dieci anni di reclusione” 35.

Se si accogliesse la tesi – minoritaria in dottrina – della cd. omnicomprensività, secondo cui tutti gli animali (indistintamente) godrebbero della tutela penale offerta dal Titolo IX-bis cod. pen., compresi i cd. animali ripugnanti 36, si porrebbe la questione dell’eventuale concorso tra l’incendio boschivo (non aggravato) e l’uccisione di animali appartenenti a tipologie non menzionate nel riformulato art. 423-bis, comma terzo, cod. pen., naturalmente nel caso in cui il piromane avesse agito quanto meno con dolo eventuale rispetto all’uccisione di animali non protetti, né domestici né di allevamento.

La prima dottrina in proposito afferma che l’incendio boschivo (diverso da quello realizzato con le tecniche di controfuoco o di fuoco prescritto) come causa di morte o lesione di animali quali topolini di campagna, talpe, formiche non sarebbe affatto necessitato, e dunque, in questa prospettiva, l’uccisione col fuoco dei suddetti animali costituirebbe [salvo porsi il problema della prova della loro previa esistenza, che non può essere presuntiva, NdR] reato autonomo econcorrente con quello di incendio boschivo 37, con conseguente (astratta) applicabilità della disciplina del concorso formale di reati (art. 81 cod. pen.).

Senonché – si è concluso – questa soluzione del concorso di reati “sarebbe palesemente irragionevole proprio sul piano sistematico, perché finirebbe potenzialmente col punire più severamente l’incendio boschivo con morte o lesioni di animali non protetti, non domestici e non di allevamento rispetto all’incendio boschivo che causi gli stessi eventi alle categorie di animali descritte dall’art. 423-bis, comma terzo, cod. pen., reputate (a torto o a ragione) meritevoli di maggior tutela dal legislatore della novella” 38.

3.3 L’ampliamento dell’aggravante dell’art. 425 cod. pen.

Infine, la lett. c-bis) aggiunta dalla l. n. 155 del 2021 all’art. 6 del d.l. incendi integra il contenuto dell’art. 425, comma 2, cod. pen., recante circostanze aggravanti degli artt. 423 (incendio) e 424 (danneggiamento a seguito di incendio) cod. pen. (e non anche dell’art. 423-bis, le cui aggravanti speciali sono quelle interne al medesimo articolo).

Per effetto dell’approvazione dell’emendamento n. 6.31 al d.d.l. di conversione n. 2381, d’iniziativa della XIII Commissione del Senato, il Parlamento ha qui implementato il catalogo dei luoghi particolari o dei beni (dagli edifici pubblici, alle navi aerei o scali ferroviari o depositi di materie esplodenti) che, se oggetto di incendio, determinano l’aggravamento della pena fino ad un terzo.

Al n. 2, ha aggiunto il riferimento alle “ aziende agricole”, sicché la fattispecie aggravante si applica al fatto commesso (successivamente all’8 novembre 2021):

«2) suedifici abitati o destinati a uso di abitazione, suimpianti industriali o cantieri,su aziende agricole, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque ».

3.4 Le attenuanti premiali del ripristino dello stato dei luoghi e della collaborazione processuale.

Nel solco di un trend legislativo ormai consolidato, il legislatore ha innestato anche nuove circostanze premiali volte a stimolare la reintegrazione dell’offesa e l’individuazione dei correi.

Già nel testo d’urgenza erano stati innestati due nuovi commi – divenuti, nel testo consolidato, gli attuali commi quinto e sesto dell’art. 423-bis cod. pen. – recanti due attenuanti ad effetto speciale volte a favorire – come si legge nella Relazione ministeriale, avendo “dato buona prova in altri settori del diritto penale” – la messa in sicurezza e il ripristino dei luoghi nonché, rispettivamente, la collaborazione ai fini dell’accertamento del reato e delle responsabilità, sul modello del «ravvedimento operoso» previsto per i reati ambientali dall’art. 452-decies cod. pen. 39. Come si è osservato a prima lettura, il disegno del legislatore è chiaro: inasprire le pene (principali e accessorie ed anche le misure ablative) al contempo promettendo forti sconti di pena per chi tenga contro-condotte inquadrabili negli schemi del ravvedimento operoso o della collaborazione processuale 40.

Ai sensi del neo-introdotto comma quinto sono diminuite dalla metà a due terzi le pene stabilite dall’art. 423-bis cod. pen. (quindi anche quelle previste per la fattispecie colposa del comma secondo) « nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi ».

Se la prima formula – adoperarsi « per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori » è parsa a prima lettura sufficientemente chiara, mirando a sventare la persistenza dell’incendio e la portata dei suoi effetti 41, non altrettanto può dirsi per quella successiva – facente riferimento alla concreta messa in sicurezza 42 – poiché, se riferita agli effetti del fuoco, potrebbe significare lo spegnimento definitivo del fuoco, la pulizia delle sterpaglie residue, ceneri o di altro materiale combustibile; se riferita alla sicurezza complessiva dei luoghi, potrebbe alludere a opere ulteriori (ad es. riparazioni di opere di irreggimentazione delle acque danneggiate dal fuoco o di sentieri di accesso ai luoghi percorsi dal fuoco) 43 difficilmente esigibili in capo al singolo autore del reato, anche per ragioni economiche 44, tanto più che la concreta messa in sicurezza deve accompagnarsi, come si desume dalla congiunzione «e», al ripristino, sia pure «ove possibile» 45, il quale richiede normalmente tempi molto lunghi, incompatibili con la durata delle indagini preliminari 46.

Il successivo nuovo comma sesto dell’art. 423-bis cod. pen. contempla poi la diminuzione da un terzo alla metà nei confronti di colui che « aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti ».

Si tratta di una formula ormai “classica” di ravvedimento processuale identica a quella contenuta nella seconda parte dell’art. 452- decies cod. pen. che, a sua volta, riprende con qualche variante premiali già presenti nell’ordinamento 47 peraltro coniate per fenomeni (criminologicamente) assai diversi dal fenomeno degli incendi boschivi 48. Ciò premesso, la collaborazione può avvenire sia in sede di indagini preliminari che in fase giurisdizionale e l’apporto informativo può riguardare il fatto di reato sia rispetto alle responsabilità dell’autore-collaboratore di giustizia sia rispetto alle responsabilità di eventuali concorrenti. Deve però trattarsi di aiuto concreto, dunque effettivo, non solo potenzialmente idoneo alla ricostruzione del fatto o all’individuazione degli autori 49.

4. Pene accessorie: incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, estinzione del rapporto di lavoro o di impiego ed interdizione dall’assunzione di incarichi antincendio.

In punto di pene accessorie, la lett. a) dell’art. 6, comma 1, del d.l incendi, sul punto convertito senza modifiche, ha inserito all’art. 32-quater cod. pen., tra le ipotesi delittuose alla cui condanna consegue l’ incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, la fattispecie di cui all’art. 423-bis, comma primo, cod. pen.

Per effetto di questo innesto, d’ora in poi la condanna per il reato di incendio boschivo doloso, qualora commesso in danno o a vantaggio di un’attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa, comporta l’applicazione della pena accessoria di cui all’art. 32- quater cod. pen., la quale è irrogabile non solo nei confronti del privato autore di uno dei reati presupposto, ma anche nei confronti del pubblico ufficiale e dell’incaricato di pubblico esercizio (così Sez. 6, n. 30730 del 28/3/2018, C., Rv. 274055-01; nel senso che la pena accessoria non può essere mantenuta se, in appello, lo specifico reato presupposto venga dichiarato estinto per intervenuta prescrizione, v. Sez. F, n. 35476 dell’8/9/2009, L’Abbate e altri, Rv. 244456-01).

Come spiega la Relazione illustrativa al d.l., l’interpolazione de qua assume particolare rilievo in relazione alla cosiddetta « fida di pascolo» con la quale gli enti territoriali dispongono, dietro pagamento di un corrispettivo, il godimento in natura di terreni demaniali per il pascolo. L’inclusione dell’art. 423-bis cod. pen. nella lista, vieppiù ampliatasi nel tempo, dei reati presupposto compresi nell’art. 32-quater ha, quindi, tra i suoi effetti, quello di escludere dalle procedure di concessione dei terreni pubblici i soggetti resisi responsabili di incendi boschivi dolosi.

In tale ipotesi, la comminatoria della pena incapacitante in esame sembra svolgere – in concreto – una funzione special-preventiva: funzione che, in astratto, il titolo di reato oggi aggiunto in realtà non sembrerebbe rivelare poiché non suppone, strutturalmente, una precedente attività negoziale con la P.A. dalla quale tragga fondamento (come, ad es., nei reati di frode in pubbliche forniture o di inadempimento di contratti di pubbliche forniture). Più plausibilmente sembra che, nella generalità dei casi, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione rappresenti una patente di indegnità del condannato a stringere rapporti contrattuali con la PA.: come a dire che il legislatore urgente del 2021 ha inteso allontanare l’“incendiario” dalla pubblica amministrazione, giudicandolo – al pari del corrotto, del concusso o del mafioso – quale (possibile) interlocutore inaffidabile.

Sempre in tema di pene accessorie, la lett. c) dall’art. 6 del d.l. incendi ha altresì inserito nel codice penale, dopo l’art. 423-bis, l’inedito art. 423-ter (intitolato «Pene accessorie»), composto di due commi.

Ai sensi del primo comma, la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a due anni per il delitto di incendio boschivo doloso importa – fermo quanto previsto dagli artt. 29 e 31 cod. pen. (quindi l’applicabilità dell’interdizione dei pubblici uffici e dell’interdizione temporanea) e dal successivo comma secondo – l’ estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica .

Il secondo comma aggiunge, sempre nell’ipotesi di condanna per il reato di incendio boschivo doloso – ma, in questo caso, senza individuazione di pena minima, quindi sempre – l’ulteriore pena accessoria dell’ interdizione da cinque a dieci anni dall’assunzione di incarichi o dallo svolgimento di servizi nell’ambito della lotta attiva contro gli incendi boschivi .

A fattor comune può rilevarsi che le pene accessorie di nuovo conio intendono colpire i dipendenti pubblici o comunque coloro che prestano servizio anche a tempo determinato (si pensi ai lavoratori stagionali forestali), non necessariamente, in questo secondo caso, presso enti pubblici50 , nei confronti dei quali il Parlamento ha soppresso la specifica circostanza aggravante che era stata allestita dal legislatore urgente in funzione stigmatizzante rispetto a condotte ritenute particolarmente riprovevoli (v. retro § 3.1).

5. Confisca obbligatoria anche per equivalente.

Infine l’art. 423-quater cod. pen., aggiunto dalla lett.c) dell’art. 6 del d.l. incendi, prevede la confisca obbligatoria in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., per il delitto previsto dall’art. 423-bis, comma primo (dunque per la sola ipotesi dolosa), cod. pen., dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato e delle cose che servirono a commettere il reato, salva l’appartenenza a persone estranee al reato (come nel caso del mezzo di proprietà di un terzo non correo).

La misura ablatoria cade dunque su cose utilizzate per commettere il reato (si pensi all’automezzo utilizzato per raggiungere il bosco) o che ne costituiscono il prodotto (si pensi al legname o al carbone eventualmente vendibili a seguito dello spegnimento dell’incendio) o il profitto; in quest’ultima ipotesi si pensi agli edifici o al denaro del terreno oggetto di vendita o dei proventi delle attività (agricole, commerciali, industriali) realizzate in violazione dei divieti previsti dall’art. 10 della legge n. 353 del 2000 51.

Il novellatore ha previsto, altresì, in via subordinata, la confisca per equivalente: « [q]uando, a seguito di condanna per il delitto di cui all’art. previsto dall’art. 423-bis, primo comma, è stata disposta la confisca dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato ed essa non è possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche in direttamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca ».

I beni confiscati e i loro eventuali proventi « sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente » – non meglio individuata – e vincolati all’uso per il ripristino dei luoghi.

La confisca non si applica – per espressa esclusione normativa, in funzione ulteriormente premiale – nel caso in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto al ripristino dello stato dei luoghi (v. retro § 3.4).

Anche l’art. 423-quater cod. pen. trova un preciso antecedente nell’art. 452-undecies cod. pen. in tema di eco-delitti, così trovando conferma – secondo la prima dottrina – la volontà del legislatore di considerare il delitto di incendio boschivo quale “parte effettiva del sistema di tutela penale dell’ambiente, nonostante la differente collocazione all’interno del codice” 52.

Il redattore: Aldo Natalini

Il Vice Direttore Il Direttore

Gastone Andreazza Maria Acierno

2 Pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 216 del 9 settembre 2021.

3 Fatti per lo più dolosi commessi da piromani o incendiari mossi da movente economico-speculativo - rinnovazione del pascolo, recupero di terreni agricoli, creazione/conservazione dei posti di lavoro, bracconaggio - ovvero da appartenenti alla criminalità organizzata.

4 Secondo i dati del ministero dell’interno, nel corso della campagna antincendi boschivi 2021, conclusasi il 30 settembre 2021, sono stati registrati 24.842 interventi in più dei vigili del fuoco su tutto il territorio nazionale (cfr. <www.interno.it>, 1° ottobre 2021). Dai dati del Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (EFFIS), gestito dal Centro comune di ricerca (JRC), si calcola che, nel corso dell’estate 2021, in Italia sono andati distrutti boschi, macchia mediterranea, terreni agricoli e pascoli per circa 160 mila ettari (quattro volte più della media storica 2008-2020), con una crescita dei grandi incendi – secondo una stima della Federazione italiana delle Comunità forestali (cfr. <www.federforeste.it>) – del 256% e con un costo per opere di spegnimento, bonifica e ricostruzione quantificato in un miliardo di euro (cfr. <coldiretti.it> del 17 agosto 2021 ed il report Incendi e desertificazioni, a cura dell’Ufficio comunicazioni di Europa verde, in <www.europaverde.it> secondo cui milioni sono stati gli animali selvatici arsi vivi).

5 La decretazione d’urgenza è giustificata ex art. 77 Cost., nel preambolo del d.l. n. 120 del 2021, in ragione dell’« eccezionalità del numero e dell’estensione degli incendi boschivi e di interfaccia che hanno colpito, a partire dall’ultima decade del mese di luglio, ampie porzioni del territorio nazionale, anche in conseguenza di condizioni meteoclimatiche eccezionali, provocando la perdita di vite umane, gravi pericoli per le popolazioni interessate, la distruzione di decine di migliaia di ettari di superfici boscate, anche ricadenti in aree protette nazionali e regionali, gravissimi danni ai territori e alle attività economiche colpiti », donde la necessità di una «straordinaria mobilitazione delle strutture statali, regionali e del volontariato specializzato preposte alle azioni di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, nell’ambito del coordinamento assicurato dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri ».

6 Così Ruga Riva, Fuoco, bosco, animali: prime osservazioni sul novellato delitto di incendio boschivo (art. 423-bis cp) , in Legislazione penale, 14 dicembre 2021, pag. 1.

7 Tra le misure operative di maggiore impatto, l’art. 3 del d.l. n. 120 del 2021, integrando quanto disposto dall’art. 10 della l. n. 353 del 2000, ha introdotto disposizioni volte ad accelerare l’ aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco nel quinquennio precedente; ciò al fine di rendere effettivi i vincoli temporali (quindicennali, decennali, quinquennali o triennali) e gli abbinati divieti (di pascolo, di attività venatoria, di trasformazione urbanistica ovvero di realizzazione di edifici nelle aree percorse dal fuoco), cui sono correlate diverse sanzioniamministrative (cfr. il dossier Incendi e desertificazioni, a cura dell’Ufficio comunicazioni di Europa verde, in <www.europaverde.it>, secondo il quale nel 2020 addirittura il 44% dei Comuni non ha presentato alcuna richiesta di aggiornamento del catasto degli incendi, il che significa che, dei 53.000 ettari di territorio incendiati in quell’anno, quasi 25.000 non hanno ricevuto alcuna tutela). Particolarmente incisiva è la disposizione di cui all’art. 3, comma 1, del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, secondo la quale sui nuovi soprassuoli percorsi dal fuoco rilevati annualmente trovano applicazionein via immediata e provvisoria i vincoli, i divieti e le sanzioni amministrative di cui all’art. 10 della l. n. 353 cit.: dunque, d’ora in poi le tempistiche per l’aggiornamento periodico del Catasto Incendi a cura dei Comuni (individuazione degli elenchi provvisori dei soprassuoli percorsi dal fuoco, pubblicazione per trenta giorni all’albo pretorio del Comune, valutazione delle eventuali osservazioni nei successivi sessanta giorni, approvazione definitiva degli elenchi definitivi e delle relative perimetrazioni) non incideranno più sulle misure vincolistiche previste in funzione deterrente di eventuali azioni incendiarie. Nel periodo di provvisoria applicazione di queste misure, inoltre, sono immediatamente contestabili le violazioni amministrative (pecuniarie ed interdittive) connesse all’inosservanza dei divieti di:

  • pascolo e caccia nelle aree percorse dal fuoco (art. 10, comma 3);

  • compimento di azioni determinanti anche solo potenzialmente l’innesco di incendio (art. 10, commi 5 e 6), con le previste aggravanti a carico di soggetti qualificati (volontari e personale stagionale utilizzati per compiti antincendio ed esercenti attività turistiche, per i quali è prevista la revoca della licenza).

È previsto altresì un potere sostitutivo delle Regioni in caso di inerzia dei Comuni nell’aggiornamento del Catasto Incendi, con una disposizione-ponte finalizzata a stimolare l’attività degli enti preposti: ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, qualora i Comuni non approvino, entro il termine di novanta giorni complessivamente previsti dall’approvazione della revisione annuale dell’apposito Piano regionale contro gli incendi boschivi, gli elenchi definitivi dei soprassuoli percorsi dal fuoco sono adottati in via sostitutiva dalle Regioni. A tal fine, i Carabinieri forestali e i Corpi forestali delle regioni a statuto speciale curano il monitoraggio degli adempimenti comunicando gli esiti alle Regioni ai fini della tempestiva attivazione dei previsti poteri sostitutivi regionali e dandone altresì comunicazione ai prefetti territorialmente competenti. In argomento, volendo, cfr. A. Natalini, Immediato l’aggiornamento del Catasto dei territori bruciati, in Guida al diritto, 2021, n. 37, pagg. 33 ss.

8 A prima lettura, in dottrina, sulle modifiche penalistiche v. Ruga Riva, op. cit., pagg. 1 ss.; Bernardi, Il nuovo assetto del reato di incendio boschivo dopo li “decreto incendi” (d.l. 8 settembre 2021, n. 120, convertito con l. 8 novembre 2021, n. 155) , in <www.sistemapenale.it> del 10 gennaio 2022.

9 Secondo Ruga Riva, op. cit., pag. 2 e nt. 3, la clausola evoca almeno parzialmente, nel linguaggio, l’uso legittimo delle armi: in effetti il fuoco “controllato” assomiglia ad un’“arma” per prevenire o mitigare incendi già in corso, anche se, ovviamente, non si tratta di un’arma in senso proprio né di un mezzo di coazione fisica.

10 Quella del “fuoco prescritto” – detto anche “fuoco guidato” o “controllato” – è una pratica con presupposti selvicolturali, molto diffusa ad esempio negli Stati Uniti dove, peraltro, un gruppo consistente di ecologi e forestali ritiene persino utile – ed anzi necessario – il verificarsi degli incendi, considerati né più né meno che un fattore ecologico. Tale tecnica viene praticata in particolare nella macchia californiana, nello “Chaparral” (assimilabile alla nostra macchia mediterranea), nell’assunto che se essa viene fatta bruciare con il fuoco “controllato” o “guidato” non è più soggetta ai furiosi incendi “selvaggi” ed assolve meglio alle proprie funzioni che sono tutelari, ricreative, paesaggistiche e venatorie. Il principio base che giustifica negli USA l’adozione di questa tecnica si fonda su una duplice considerazione: da un lato, l’ecosistema “Chaparral” è piuttosto povero di elementi della fertilità (e in particolare di azoto), sicché l’incendio “guidato” potrebbe migliorare tale condizione; dall’altro, riducendo ragionatamente la “biomassa” vegetale secondo un preciso disegno, si possono evitare incendi di catastrofiche dimensioni. Finora nel nostro Paese l’impiego della tecnica del fuoco prescritto, seppure ritenuta interessante, era stato accennato ma sconsigliato per le difficoltà frappostesi in termini selvicolturali, tanto più che la maggior parte dei tecnici forestali italiani considerano il fuoco un evento sempre dannoso negli ecosistemi, anche per gli altri organismi (vegetali e non) che del bosco hanno fatto il loro habitat.

Quanto alla tecnica del “controfuoco”, essa consiste nell’abbruciamento della vegetazione presente tra una linea di difesa preesistente (strada, fosso, ostacoli naturali o artificiali) o opportunamente ricavata con l’eliminazione della vegetazione e il fronte del fuoco che avanza La sua funzione, in pratica, è quella di rafforzare la validità della linea di difesa, approntata distruggendo scientemente il combustibile vegetale che, dunque, l’incendio che avanza non troverà più sulla propria direttrice, così da frenarne la propria furia devastatrice. Secondo la manualistica operativa, la domanda che il direttore delle operazioni antincendio deve porsi velocemente nell’autorizzare l’impiego di tale tecnica è quanto debba essere larga la fascia da bruciare tra la linea di difesa e il fronte del fuoco che avanza. Al riguardo, non viene offerta una risposta unica, poiché il criterio di scelta dipende da vari fattori; la velocità di avanzamento dell’incendio; le caratteristiche del fuoco; la velocità e la direzione del vento; la forza schierata a presidio della linea di difesa per contrastare l’avanzata del fuoco; le caratteristiche della vegetazione presente; i mezzi e le attrezzature a disposizione.

La tecnica del controfuoco è attuabile con diverse modalità:

1) “controfuoco controvento” o “controfuoco di coda” che, acceso verso il fronte dell’incendio, avanzerà piuttosto lentamente, circostanza di cui bisognerà tenere conto nella pratica;

2) “controfuoco di testa”, che, attuato nella direzione della coda dell’incendio, avanzerà piuttosto rapidamente;

3) “controfuoco di fianco”, predisposto sui lati dell’incendio.

Cfr. in argomento Landi, Organizzazione e tecnica della lotta contro gli incendi boschivi , Edizioni Laurus, Roma, pagg. 80, 81 e 181.

11 Cfr. nota 10 che precede.

12 Lo stesso comma 2-bis aggiunto dall’odierna novella all’art. 4 della l. n. 353 del 2000 precisa che fino alla data di entrata in vigore delle linee-guida restano valide le procedure e le prescrizioni eventualmente già definite in materia dai piani regionali di cui all’art. 3.

13 In termini Ruga Riva, op. cit., pag. 2. È di questo avviso anche Bernardi, op. cit., pag. 3, secondo la quale l’intervento non restringe effettivamente l’area del penalmente rilevante, ma esclude dalla tipicità del fatto condotte che, comunque, sarebbero state lecite ai sensi dell’art. 51 cod. pen.

14 Così Ruga Riva, op. cit., pag. 2.

15 Ruga Riva, loc. ult. cit.; Bernardi, loc. ult. cit.

16 Ai sensi dell’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 34 del 2018 (Testo unico in materia di foreste e filiere forestali).

17 Secondo la l.r. Campania n. 20 del 2016, cit., il fuoco prescritto prevede un progetto che valuta gli aspetti strutturali, funzionali ed ecologici della copertura forestale, arbustiva ed erbacea, definisce il comportamento del fronte di fiamma e gli effetti desiderati, le prescrizioni e le procedure operative per ottenere con il fuoco questi effetti, al fine di conseguire obiettivi gestionali stabiliti dagli strumenti pianificatori.

18 La legge di conversione n. 155 del 2021, conseguentemente alla soppressione del capoverso già allocato in seno al quinto comma, ha espunto l’incipit di questo (ora divenuto) quinto comma, che recava la seguente clausola di riserva: « Salvo che ricorra l’aggravante del quinto comma».

19 Nel testo che era stato modificato dalla sen. Gallone su suggerimento del relatore Quarto, con il parere favorevole del governo: vedi Senato della Repubblica, XIII Commissione permanente, resoconto sommario n. 249 del 19 ottobre 2021; Aula, resoconto stenografico della seduta n. 372 del 28 ottobre 2021.

20 Così l’intervento della sen. Gallone: cfr. Senato della Repubblica, Aula, resoconto stenografico della seduta n. 372 del 28 ottobre 2021.

21 Così Corbetta, sub Art. 423-bis c.p., in Codice penale commentato, diretto da Dolcini-Gatta, Milano, 2021, pag. 2365.

22 Nel testo che, in recepimento di una proposta del relatore sen. Quarto, era stato riformulato dal sen. Buccarella: vedi Senato della Repubblica, XVIII Legislatura, XIII Commissione permanente, sede referente, resoconto sommario n. 249 del 19 ottobre 2021; Aula, resoconto stenografico della seduta n. 372 del 28 ottobre 2021.

23 Con riguardo alla natura di circostanza aggravante della disposizione in esame v. Benini, Sub art. 423-bis c.p., in Codice penale, diretto da Padovani, Milano, 2014, pag. 3165, Gargani, I reati contro l’incolumità pubblica, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, diretto da Grosso-Padovani-Pagliaro, tomo II, Milano, 2013, pag. 262.

24 Cfr. Sub art. 423-bis c.p. , in Codice penale, diretto da Beltrani, Milano, 2020, pag. 1702, § 7.1.

25 Ruga Riva, op. cit., pag. 3; Bernardi, op. cit., pag. 3.

26 Così massimata da questo Ufficio: «La nozione di “aree naturali protette” ex art. 733-bis cod. pen. è più ampia di quella comprendente le categorie dei parchi nazionali, riserve naturali statali, parchi naturali interregionali, parchi naturali regionali e riserve naturali regionali, in quanto ricomprende anche le zone umide, le zone di protezione speciale, le zone speciali di conservazione ed altre aree naturali protette. (Fattispecie di terreno agricolo rientrante in Sito di Interesse Comunitario, sottoposto a sequestro preventivo in relazione al reato di cui all'art. 733-bis cod. pen., perchè permanentemente alterato a seguito dell’esecuzione di lavori non autorizzati di aratura e della conseguente eliminazione della vegetazione protetta)».

27 Cfr. altresì l’art. 8 della l. n. 353 del 2000 in tema di incendi boschivi.

28 Cfr. art. 1, comma 3, lett. a), della l. n. 394 del 1991.

29 Recepita nel nostro ordinamento dal d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (in Gazzetta ufficiale n. 248 del 23 ottobre 1997), poi aggiornato col d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120 (in Gazzetta ufficiale n. 124 del 30 maggio 2003). Con D.M. 3 aprile 2000 (in Gazzetta ufficiale n. 95 del 22 aprile 2000) è stato approvato l’elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/Cee e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/42/Cee (cd. S.I.C.).

30 Ruga Riva, op. cit., pagg. 2 s.

31 Per questo giudicate improponibili: vedi, ad esempio, le proposte di introduzione del reato di “strage di animali” o “l’uccisione o il maltrattamento colposo di animali” in seno al Titolo IX-bis del libro secondo del Codice penale.

32 La Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 all’art. 1, riporta le seguenti nozioni, di possibile impiego a fini definitori della novella in esame, come quella di “animali di compagnia” e quella di “allevamento” degli stessi animali da compagnia, rispettivamente cosi definiti:

-per “ animale di compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia ” (art. 1, comma 1, Convenzione), mentre, di contro, per “ animale randagio si intende ogni animale da compagnia senza alloggio domestico o che si trova all’esterno dei limiti dell’alloggio domestico del suo proprietario o custode e che non è sotto il controllo o la diretta sorveglianza di alcun proprietario e custode ” (art. 1, comma 5);

- per “ allevamento e custodia di animali da compagnia a fini commerciali si intende l’allevamento e la custodia praticati principalmente a fini di lucro per quantitativi rilevanti ”.

L’art. 4 della legge n. 201 del 2010, di ratifica della predetta Convenzione, nell’incriminare il traffico illecito di animali da compagnia, fa riferimento all’elenco degli stessi di cui all’Allegato I, parte A, del regolamento n. 998/2003/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia. In effetti, la materia degli animali da compagnia, oltre ad essere oggetto di protezione convenzionale, è stata “comunitarizzata”: il suddetto regolamento, ripetutamente modificato ed integrato, reca, all’art. 3, lett. a), la seguente definizione:

a) «per “animali da compagnia” si intendono gli animali della specie elencate nell’allegato I accompagnati dal loro proprietario o da una persona fisica che ne assume la responsabilità per conto del proprietario durante il movimento e non destinati alla vendita o al trasferimento di proprietà».

L’elenco di cui al suddetto Allegato I si divide in tre parti ove sono elencati: i cani e i gatti (parte A), i furetti (parte B), gli invertebrati (escluse api e crostacei, pesci tropicali, anfibi e rettili), gli uccelli (escluse talune specie) e, tra i mammiferi, i roditori e i conigli domestici (parte C).

33 Ruga Riva, op. cit., pag. 3.

34 Ruga Riva, loc. ult. cit..

35 Ruga Riva, loc. ult. cit.

36 Cfr. Fasani, La nozione di “animale” nel diritto penale, in disCrimen, 15 aprile 2021; Ruga Riva, Il “sentimento per gli animali”: critica di un bene giuridico (troppo) umano e (comunque) inutile, in Legislazione penale, 13 maggio 2021; contra Gatta,sub Art. 544-bis, inCodice penale commentato, cit., pag. 590 s.; D’Alessandro,sub Nota introduttiva al Titolo IX-bis, in Commentario breve al codice penale, diretto da Forti-Seminara-Zuccalà, Padova, 2017, pag. 1772.

37 Secondo Ruga Riva, Fuoco, bosco, animali, cit., pag. 4 e nt. 7, in tal senso militerebbe il noto criterio giurisprudenziale della diversità del bene giuridico: patrimonio boschivo nel caso dell’incendio boschivo; vita e integrità fisica nelle ipotesi di uccisione e maltrattamento di animali.

38 In termini, Ruga Riva, op. ult. cit., pag. 4.

39 Bernardi, op. cit., pag. 3.

40 Ruga Riva, Fuoco, bosco, animali, cit., pag. 5.

41 Ruga Riva, loc. ult. cit., che reca l’esempio (verosimile nell’ipotesi colposa, meno in quella dolosa) in cui l’autore dell’incendio chiami tempestivamente i vigili del fuoco consentendo loro di circoscriverne la portata e la durata.

42 Come rammenta Ruga Riva, loc. ult. cit., il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 contiene, all’art. 240, lett. m), n) e o) tre distinte definizioni – peraltro valevoli (solo) per detto Testo unico ambientale – rispettivamente di messa in sicurezza d’emergenza, operativa e permanente, che non paiono attagliarsi ai danni da incendio boschivo.

43 Ruga Riva, loc. ult. cit.

44 Secondo Ruga Riva, op. ult. cit., pag. 6, sembra più coerente con la funzione ripristinatoria della disposizione premiale darne una lettura oggettiva, che prescinda dalle capacità economiche del reo, trattandosi di premio per la reintegrazione del danno, e non di pena per un comportamento inesigibile, sicché il criterio di uguaglianza non pare vulnerato.

45 Ruga Riva, op. ult. cit., pagg. 5 s. secondo il quale, stante la generosità dell’attenuante, occorre che il ripristino intervenga effettivamente; d’altra parte, stante il generale favor reparationis perseguito dal legislatore, sembra opportuno interpretarlo cum grano salis; laddove – come di regola – l’incendio abbia danneggiato molte piante di alto fusto, si dovrebbe ritenere sufficiente la piantumazione di un numero di alberi idoneo a sostituire i precedenti, in un arco di tempo anche medio-lungo (poniamo dieci o venti anni), senza pretendere che abbiamo da subito dimensioni e funzionalità ecologica equivalenti a quelli briciati.

46 Il ripristino va infatti effettuato prima dell’apertura del dibattimento.

47 Cfr. l’attenuante ora confluita nell’art. 416-bis-1 cod. pen. (già contenuta nell’art. 8 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv., in legge n. 12 luglio 1991, n. 203) ovvero quella di cui all’art. 630, comma quinto, cod. pen. In dottrina, in argomento, Ruga Riva, Il premio per la collaborazione processuale, Milano, 2002, pagg. 369 ss.

48 Basti pensare alla formula «sottrazione di risorse rilevanti» che – come annota opportunamente Ruga Riva, Fuoco, bosco, animali, cit., pag. 5è probabilmente “copiata” da attenuanti premiali pensate su altri fenomeni (si pensi al traffico di stupefacenti o alla criminalità organizzata) ma, rispetto al reato di specie, risulta difficile pensare a riserve di benzina o ad altre risorse pronte per realizzare futuri incendi boschivi (ibidem, pag. 7).

49 Ruga Riva, op. ult. cit., pag. 6.

50 Ruga Riva, op. cit., pag. 7.

51 In termini, Ruga Riva, loc. ult. cit.

52 In termini Bernardi, op. cit., pag. 5.