TAR Campania (NA) Sez. II n. 5768 del 3 ottobre 2018
Urbanistica.Computo dell’altezza del sottotetto
Nella misurazione dell’altezza del sottotetto il computo di tale grandezza deve riferirsi, secondo appropriata regola tecnica, alle distanze tra gli elementi strutturali dell’edificio, quali solai e copertura, non assumendo alcun rilievo gli elementi architettonici di finitura, quali controsoffittatura, camera d’aria e massetto delle pendenze, che sono meramente eventuali e di dimensioni assolutamente non predeterminabili in ragione delle svariate esigenze della committenza
Pubblicato il 03/10/2018
N. 05768/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03659/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3659 del 2007, proposto da
VINCENZO CARRO e DOMENICA PUCA, rappresentati e difesi dall’Avv. Walter Vecchi, con il quale sono elettivamente domiciliati in Napoli alla Via Caracciolo n. 15 presso lo studio dell’Avv. Carlo Russo;
contro
COMUNE DI SANT’ANTIMO, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
a) dell’ordinanza del Comune di Sant’Antimo n. 41 del 28 marzo 2007, recante l’ingiunzione di demolizione di un sottotetto abusivo realizzato nel territorio comunale alla Via Cilea n. 1;
b) del verbale di sopralluogo della Polizia Municipale del 27 febbraio 2007, richiamato nella suddetta ordinanza;
c) di ogni atto presupposto, collegato, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2018 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il gravame in trattazione, i ricorrenti impugnano l’ordinanza del Comune di Sant’Antimo n. 41 del 28 marzo 2007, con la quale è stata loro ingiunta la demolizione di un sottotetto realizzato nel territorio comunale alla Via Cilea n. 1 su un fabbricato di cui sono comproprietari, perché posto in essere in totale difformità dal permesso di costruire n. 77/06 rilasciato il 4 ottobre 2006. Nello specifico, la difformità contestata è così descritta: “l’altezza al colmo della suddetta copertura risultava essere di circa ml. 3,10 ed alla gronda era di circa ml. 2,35 a fronte di una copertura a falde inclinate assentita con altezza al colmo pari a ml. 3,20 ed alla gronda pari a ml. 1,40. Allo stato il sottotetto risultava parzialmente tompagnato esternamente al grezzo.”.
L’impugnativa ricomprende il verbale meglio in epigrafe individuato.
Parte ricorrente insiste nelle proprie ragioni con ulteriore memoria difensiva depositata il 17 febbraio 2018, formulando anche una nuova censura.
L’intimata amministrazione comunale non si è costituita.
La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 5 giugno 2018.
2. In via preliminare, va chiarito che l’unico provvedimento passibile di cognizione è l’ordinanza di demolizione n. 41/2007, dal momento che sul rimanente atto gravato, ossia sul verbale di sopralluogo della Polizia Municipale del 27 febbraio 2007, non può intervenire alcuna pronuncia di merito, essendo la relativa impugnativa inammissibile per carenza di interesse. Invero, nella specie si tratta di mero atto endoprocedimentale destinato ad essere recepito nel provvedimento demolitorio finale e, quindi, di atto privo di autonoma lesività.
3. Perimetrato l’ambito del giudizio al suindicato provvedimento di demolizione, si può dare corso allo scrutinio delle censure articolate avverso quest’ultimo, le quali sono così riassumibili:
a) non è ravvisabile la sussistenza di alcun abuso edilizio, essendo le difformità di altezza del sottotetto state erroneamente calcolate al netto di alcune opere di rifinitura ancora da realizzare, quali la controsoffittatura, la camera d’aria per l’isolamento termico ed il massetto delle pendenze, Inoltre, l’altezza al colmo è stata indebitamente misurata “all’intradosso delle travi portanti, anziché al di sotto delle stesse così come previsto dal regolamento edilizio” ed è, comunque, inferiore di 10 cm. rispetto a quella autorizzata con il permesso di costruire;
b) il provvedimento demolitorio è affetto da difetto di motivazione non solo in relazione alla normativa urbanistico-edilizia concretamente violata e alla qualificazione giuridica dell’intervento posto in essere, ma anche con riguardo alla prevalenza dello specifico interesse pubblico alla demolizione sul contrapposto interesse privato, tenuto conto dello scarso rilievo urbanistico dell’opera realizzata;
c) l’amministrazione comunale è incorsa nella violazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, non avendo anteposto all’emissione dell’ordine demolitorio alcuna verifica in ordine all’eventuale sanabilità dell’intervento effettuato;
d) l’ordinanza di demolizione non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, in violazione delle prerogative partecipative garantite dall’art. 7 della legge n. 241/1990.
Tutte le prefate censure non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate.
4. Non emerge alcun palese errore di calcolo nella misurazione dell’altezza del sottotetto, dovendo il computo di tale grandezza riferirsi, come avvenuto nella specie secondo appropriata regola tecnica, alle distanze tra gli elementi strutturali dell’edificio, quali solai e copertura, non assumendo alcun rilievo gli elementi architettonici di finitura, quali controsoffittatura, camera d’aria e massetto delle pendenze, che sono meramente eventuali e di dimensioni assolutamente non predeterminabili in ragione delle svariate esigenze della committenza (cfr. in tal senso TAR Sardegna, Sez. II, 17 giugno 2015 n. 876).
4.1 Si profila inattendibile, per la sua genericità, anche la doglianza di cattiva misurazione dell’altezza al colmo, dal momento che non è stata citata, né riportata, la disposizione di regolamento edilizio che prescriverebbe l’effettuazione di tale operazione tenendo conto della parte sottostante alle travi portanti, anziché dell’intradosso.
Inoltre, la diminuzione di 10 cm. dell’altezza al colmo è ampiamente controbilanciata dal notevole incremento di altezza della falda bassa, con aumento della quota di gronda di circa un metro e con conseguente lievitazione della consistenza volumetrica del sottotetto rispetto a quanto assentito con il permesso di costruire del 2006.
Peraltro, è assorbente notare che l’abusività dell’intervento edilizio in questione trova conforto nella stessa relazione tecnica depositata in atti dalla difesa attorea, laddove si afferma testualmente (pag. 12, paragrafo delle conclusioni) che “E’ confermato che i coniugi Carro Vincenzo e Puca Domenica hanno realizzato il sottotetto in difformità con il Permesso a Costruire n. 77/2006 rilasciato dal Comune di Sant’Antimo, e che hanno violato i sigilli allo scopo di consentire il completamento dei lavori”.
5. La gravata ordinanza indica in motivazione, in maniera sufficientemente chiara e precisa, sia la normativa edilizia ritenuta violata, facilmente individuabile anche in base alla sanzione comminata (art. 31 del d.P.R. n. 380/2001), sia la tipologia dell’illecito commesso (costruzione di sottotetto in totale difformità dal permesso costruire); ne consegue che, trattandosi nella specie di attività vincolata tesa alla repressione di illeciti, il corredo motivazionale appare sicuramente adeguato nonché conforme al consolidato principio secondo il quale gli atti vincolati devono intendersi congruamente motivati con la mera giustificazione del potere esercitato, mediante la sola indicazione dei presupposti normativi e fattuali (cfr. TAR Lazio Roma, Sez. II bis, 23 aprile 2008 n. 3498).
5.1 Più in generale, va detto che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi sono atti dovuti con carattere essenzialmente vincolato e privi di margini discrezionali, per cui è da escludere la necessità di una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale o di una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati; ne discende che essi sono sufficientemente motivati con riguardo all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime dei titoli abilitativi edilizi e del corrispondente trattamento sanzionatorio, non rivelandosi necessario alcun ulteriore obbligo motivazionale (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 17 ottobre 2017 n. 9; Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 marzo 2017 n. 1386 e 28 febbraio 2017 n. 908; Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 ottobre 2016 n. 4205 e 31 agosto 2016 n. 3750).
6. Inoltre, va rimarcato che, una volta accertata l’esecuzione di opere in assenza di permesso di costruire, non costituisce onere dell’amministrazione comunale verificare la sanabilità delle stesse in sede di vigilanza sull’attività edilizia, essendo per legge rimessa ogni iniziativa in merito all’impulso del privato interessato; pertanto, l’ordine di demolizione può ritenersi validamente supportato, come nella specie, dalla mera descrizione dell’abuso accertato, la quale costituisce presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. VI, 3 agosto 2015 n. 4190; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 24 settembre 2002 n. 5556).
7. Infine, giova osservare che la comunicazione di avvio del procedimento deve ritenersi superflua ai fini dell’adozione degli atti di repressione degli illeciti edilizi; invero, tali procedimenti essendo tipizzati, in quanto compiutamente disciplinati da legge speciale e caratterizzati dal compimento di meri accertamenti tecnici sulla consistenza e sul carattere abusivo delle opere realizzate, non richiedono l’apporto partecipativo del destinatario, e ciò anche a prescindere dall’applicabilità dell’art. 21-octies della legge n. 241/1990 (orientamento consolidato: cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 maggio 2014 n. 2568 e 25 giugno 2013 n. 3471; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 9 maggio 2016 n. 2338; TAR Lazio Roma, Sez. I, 22 aprile 2016 n. 4720).
8. Nella memoria difensiva depositata il 17 febbraio 2018, parte ricorrente muove una nuova doglianza avverso l’ordinanza di demolizione, stigmatizzando l’erronea classificazione urbanistica dell’area di insistenza del fabbricato oggetto di intervento.
La prefata censura, a prescindere dal rilievo che l’ordinanza in parola non contiene alcun riferimento alla destinazione urbanistica dei terreni, è inammissibile essendo stata introdotta con un mero atto difensivo non notificato alla controparte, in dispregio delle regole del contraddittorio processuale.
Invero, nel processo amministrativo sono inammissibili le censure dedotte in memoria non notificata alla controparte sia nell’ipotesi in cui risultino completamente nuove e non ricollegabili ad argomentazioni espresse nel corpo del ricorso sia quando, pur richiamandosi ad un motivo già ritualmente dedotto, introducano elementi sostanzialmente nuovi, ovvero in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio, essendo affidato alla memoria difensiva il solo compito di una mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame, senza possibilità di ampliare il thema decidendum (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 marzo 2013 n. 1715).
9. In conclusione, resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso deve essere respinto siccome infondato.
Non vi è luogo a pronuncia in ordine alle spese processuali, attesa la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 5 giugno 2018 e 25 settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Pennetti, Presidente
Carlo Dell'Olio, Consigliere, Estensore
Germana Lo Sapio, Primo Referendario