LA RIFORMA DELLA CONFERENZA DEI SERVIZI INTRODOTTA CON LA LEGGE  30.7.2010 N. 122 ED IL RUOLO DELLE SOPRINTENDENZE

a cura di Ennio Moro

LA CONFERENZA DEI SERVIZI ISTRUTTORIA E DECISORIA

L’istituto della conferenza dei servizi è regolato oggi dagli art. 14 e segg. della legge 241/90 e s.m.i.

Come è noto questo istituto non è altro che la conferenza delle pubbliche amministrazioni in un tavolo comune, per poter meglio risolvere i problemi e confrontarsi su tematiche comuni, semplificando e razionalizzando così i procedimenti. L’utilità di una entità organizzativa come la conferenza di servizi assume, quindi, particolare importanza sia relativamente alle decisioni che coinvolgono una molteplicità di interessi e dunque una pluralità di organismi amministrativi, ciascuno dei quali ricollegabili a distinti centri di potere ed appartenenti a distinti apparati.

La conferenza di servizi è, dunque, uno strumento utile per favorire la contestualità delle decisioni, mediante l’apporto contemporaneo delle singole Amministrazioni, a distinti titoli competenti, senza superare peraltro la distribuzione delle competenze fra le stesse.

La legge 241/90 prevede, secondo una ormai consolidata distinzione dottrinale, due forme di conferenza di servizi, la “conferenza istruttoria” e la “conferenza decisoria”.

A mente dell’art. 14, commi 1 e 3 della legge 241/90, alla conferenza “istruttoria” si ricorre di regola qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo o in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati. In tale ultimo caso, la conferenza e' indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. L’indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta. A questa conferenza debbono essere convocate tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento necessario per l’adozione del provvedimento finale, e possono partecipare anche pubbliche amministrazioni non strettamente necessarie ma semplicemente “opportune” secondo il metro valutativo discrezionale della P.A. o delle pubbliche amministrazioni procedenti.

Diversamente per la conferenza dei servizi “decisoria” il legislatore ha posto l’accento sull’obbligatorietà della convocazione, sottraendola alla discrezionalità amministrativa, infatti l’art. 14, comma 2, recita: “..la conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione,  da parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate”, oppure deve essere convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale“... quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche...”.

La conferenza di servizi (istruttoria e decisoria), secondo la giurisprudenza, costituisce solo un modulo procedimentale (organizzativo) suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi procedurali e, nel contempo, un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti. Tale istituto di carattere generale, disciplinato dalla legge 241 del 1990, è precipuamente finalizzato all'assunzione concordata di determinazioni sostitutive, a tutti gli effetti, di concerti, intese, assensi, pareri, nulla osta, richiesti dal procedimento pluristrutturale specificatamente conformato dalla legge ed è uno strumento che non comporta modificazione o sottrazione delle competenze, né modificazione della natura o tipo d'espressione volitiva o di scienza che le amministrazioni sono tenute ad esprimere secondo la disciplina di più «procedimenti amministrativi connessi» o di un solo procedimento nel quale siano coinvolti «vari interessi pubblici». Ciascun rappresentante partecipante alla  conferenza  di  servizi imputa gli effetti giuridici degli atti che compie all'amministrazione rappresentata, competente in forza della normativa di settore (Consiglio Stato, Sez. V, 8 maggio 2007, n. 2107).

 

La giurisprudenza amministrativa ha anche precisato che l'utilizzo del modulo procedimentale della  conferenza  di  servizi decisoria non altera le regole che presiedono, in via ordinaria e generale, all'individuazione delle autorità emananti, con la conseguenza che il ricorso va notificato a tutte le amministrazioni che, nell'ambito della  conferenza , hanno espresso pareri o determinazioni che la parte ricorrente avrebbe avuto l'onere di impugnare autonomamente, se fossero stati emanati al di fuori del peculiare modulo procedimentale in esame (Consiglio Stato, Sez. IV, 2 maggio 2007, n. 1920).

LA RIFORMA DELLA CONFERENZA DEI SERVIZI

L’articolo 49 della legge 122/2010 modifica la legge 241/1990 relativamente agli articoli che disciplinano la  Conferenza dei Servizi,  in particolare:

1. Aumenta la discrezionalità della PA nel decidere la convocazione della Conferenza dei Servizi istruttoria, infatti nella nuova versione del comma 1 dell’articolo 14 della legge 241/1990 si prevede che l’amministrazione “può indire ” la conferenza e non come nella versione precedente “indice di regola ”. In tal modo la Conferenza dei servizi istruttoria, in coerenza con un certo indirizzo della giurisprudenza amministrativa, non diventando un modulo procedurale vincolante non potrà essere oggetto di sindacato del giudice amministrativo.

2. Si introduce una novità al comma 2 dell’articolo 14 della legge 241/1990 per cui la conferenza può essere indetta anche nei casi in cui é consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti. Il comma 2 dell’articolo 14 legge 241/1990 si riferisce invece alla conferenza dei servizi decisoria obbligatoria dopo l’inutile esperimento della procedura ordinaria. Secondo la Relazione al disegno di legge di modifica del suddetto comma 2 dell’articolo 14 della legge 241/1990 le ragioni della integrazione sopra riportata sono che in tal modo si chiarisce che, in talune fattispecie, l’assenza delle determinazioni delle amministrazioni chiamate a pronunciarsi, entro 30 gg. in via ordinaria, non obbliga la pubblica amministrazione procedente ad indire la conferenza di servizi, in tutti i casi in cui esistano espresse previsioni normative che consentano alla amministrazione procedente di prescinderne, introducendo una vera e propria ipotesi di sostituzione prevista, anche nel regolamento sullo sportello unico (articolo 4, d.p.r. 20 ottobre 1998, n. 447, dove si attribuisce, al Comune la possibilità di adottare direttamente gli atti autorizzativi, qualunque essi siano).

3. Viene integrato il comma 2 dell’articolo 14ter sulla disciplina dei lavori della conferenza dei servizi. Secondo la nuova versione, relativamente alla ipotesi in cui una amministrazione partecipante alla conferenza chiede una nuova data della riunione, la nuova data della riunione può essere fissata entro i quindici giorni successivi nel caso la richiesta provenga da un'autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale. I responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e per l'edilizia, ove costituiti, o i Comuni, o altre autorità competenti concordano con i Soprintendenti territorialmente competenti il calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali.

4. Viene introdotto un comma 3bis all’articolo 14ter della legge 241/1990. Secondo questo nuovo comma in caso di opera o attività sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice del Paesaggio).

In tal modo si pone sullo stesso piano la Soprintendenza con le altre Amministrazioni intervenienti, si veda la Relazione alla presente legge nella quale si afferma che il Soprintendente dovrà esprimersi un’unica volta e in via definitiva in seno alla conferenza di servizi, sulla base di un calendario almeno trimestrale delle riunioni delle conferenze concordato con lo sportello unico o con il comune. Come affermato da varia dottrina la novità introdotta con il nuovo comma resta non chiarito se la pronuncia del Soprintendente sostituisca quella del Ministro o del Direttore generale, soprattutto nel caso di opere di competenza dello Stato.

Se la Soprintendenza viene posta sullo stesso piano con le altre Amministrazioni nel modulo organizzativo delle conferenza dei servizi decisoria, pur sempre distinti rimangono i poteri ed il ruolo della stessa.

 

Secondo una consolidata giurisprudenza, il potere riconosciuto al Ministero per i beni Culturali è da intendersi quale espressione di un potere di annullamento per motivi di legittimità, riconducibile al più generale potere di vigilanza, che il legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni ed ai Comuni in materia di gestione del vincolo ambientale, fermo restando che il controllo di legittimità può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (TAR Campania (NA) Sez. VII n. 3672 del 2 luglio 2009).

 

Quanto al ruolo, è opportuno qui richiamare alcuni argomenti chiarificatori espressi dalla Corte Cost. con la Sentenza n. 367 del  7 novembre 2007:  “…Come si è venuto progressivamente chiarendo già prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l'ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l'art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della "tutela del paesaggio" senza alcun'altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale. Si tratta peraltro di un valore "primario", come ha già da tempo precisato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche "assoluto", se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987). L'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle "bellezze naturali", ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico. Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle regioni. Si tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti…

5. Viene integrato il comma 4 dell’ articolo 14ter della legge 241/1990. Secondo il nuovo comma 4 per assicurare il rispetto dei tempi, l'amministrazione competente al rilascio dei provvedimenti in materia ambientale (compreso il giudizio di VIA di cui tratta la prima parte del comma 4) può far eseguire anche da altri organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari tutte le attività tecnico-istruttorie non ancora eseguite. In tal caso gli oneri economici diretti o indiretti sono posti a esclusivo carico del soggetto committente il progetto, secondo le tabelle approvate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

6. I tempi e le modalità delle conclusioni del procedimento di VIA come degli altri provvedimenti ambientali all’interno della conferenza dei servizi come definiti dal comma 4 devono comunque rispettare quanto stabilito dal nuovo comma 4bis dell’articolo 14ter della legge 241/1990 secondo il quale nei casi in cui l'intervento oggetto della conferenza di servizi é stato sottoposto positivamente a valutazione ambientale strategica (VAS), i relativi risultati e prescrizioni, ivi compresi gli adempimenti relativi alla verifica di assoggettabilità alla VIA (da effettuarsi all’interno della VAS) come pure le conclusioni di VAS devono essere utilizzati, senza modificazioni, ai fini della VIA, qualora effettuata nella medesima sede, statale o regionale, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Secondo la relazione alla legge questa modifica: "può funzionare solo laddove ci sia coincidenza tra l’autorità competente ad effettuare la VAS e l’autorità competente ad effettuare la VIA; una tale specificazione è in linea con i rilievi formulati dalla Commissione VIII (Ambiente) della Camera dei deputati in sede di parere sul testo del disegno di legge n. 3209-bis".

7. Viene sostituito il comma 6bis dell’articolo 14ter della legge 241/1990. Secondo questo nuovo comma se non viene rispettato il termine ordinario di conclusione della conferenza dei servizi (ex comma 3 articolo 14ter legge 241/1990) e il termine per la conclusione del procedimento di VIA (ex comma 4 articolo 14ter legge 241/1990) l'amministrazione procedente, in caso di VIA statale, può adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 2006, n.152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.

Questa modifica appare coerente con il comma 5 dell’articolo 14ter legge 241/1990 che invece non viene modificato dalla presente legge, secondo questo comma 5: “5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute del patrimonio storico e della pubblica incolumità “. Da ciò si desume che nei casi in cui il provvedimento di VIA negativo espresso prima della Conferenza non possa in alcun modo essere superato salva la sua impugnazione davanti al giudice amministrativo o il rinvio al Consiglio dei Ministri se è VIA statale, se c’è VIA Regionale dovranno essere la legislazione regionale a definire come concludere il procedimento di VIA. Per il rinvio al Consiglio dei Ministri si veda all’art. 5, comma 1, lettera c-bis), legge 23 agosto 1988, n. 400 "Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri" che attribuisce al "…Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti".

Il Consiglio di Stato (sezione VI, 18 gennaio 2006 n.129) ha attribuito alla suddetta decisione del Consiglio dei Ministri la natura giuridica di "atto di alta amministrazione" e, in quanto tale, impugnabile solo per motivi di legittimità formale.

8. L’ultima parte del nuovo comma 6 bis dell’articolo 14ter prevede che la mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di risultato. Resta salvo il diritto del privato di dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento.

9. Viene sostituito il comma 7 dell’articolo 14ter della legge 241/1990. Secondo il nuovo comma 7 si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela paesaggistico - territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata.

La novità rispetto alla versione precedente del comma 7 è che prima la suddetta acquisizione dell’assenso non poteva sostituirsi all’assenso delle amministrazioni con competenza paesaggistica e ambientale.

LA DISCIPLINA DELLA CONFERENZA DEI SERVIZI RIENTRA NELLA COMPETENZA ESCLUSIVA DELLO STATO

Il comma 4 dell’articolo 49 della legge n. 122/2010 modifica il comma 2ter dell’articolo 29 della legge 241/1990 stabilendo che la disciplina sulla conferenza dei servizi rientra nei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili di competenza esclusiva della legislazione statale (ex lettera m) comma 2 articolo 117 della Costituzione).

Il che significa che i principi generali in materia di conferenza dei servizi affermati dalla legge 241/1990 rientrano nella competenza esclusiva dello stato e non possono essere derogati “in peius” da parte delle Regioni che potranno invece sviluppare e ampliare ulteriori livelli di accelerazione nella procedura della conferenza (nelle materie di loro competenza), ma non ridurre le semplificazioni della legge nazionale.

LA NUOVA DISCIPLINA DELLA CONFERENZA DEI SERVIZI IN CASO DI DISSENSO DI AMMINISTRAZIONI PREPOSTE ALLA TUTELA AMBIENTALE E PAESAGGISTICA

Secondo il nuovo comma 1 dell’articolo 14quater della legge 241/1990 anche il dissenso dei rappresentanti delle amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente e dei beni paesaggistici o della tutela della salute, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.

Vengono comunque esclusi da questo obbligo le amministrazioni preposte ai giudizi di VIA e VAS nonché al rilascio dell’AIA (si veda l’articolo 26 del d.lgs. 152/2006, c.d. TU ambiente).

Il nuovo comma 3 dell’articolo 14quater della legge 241/1990 disciplina il caso del dissenso, espresso in conferenza dei servizi, di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. In questi casi, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, é rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Si tratta di una modifica significativa rispetto al testo precedente dell’articolo 14quater della legge 241/1990. Infatti nel nuovo testo la questione del dissenso di un’amministrazione preposte a tutela di interessi ambientali e/o paesaggistici viene rinviata sempre al Consiglio dei Ministri, nella vecchia versione invece la questione era così rimessa: a) al Consiglio dei ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; b) alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; c) alla Conferenza unificata Stati Regioni Città in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Sulla natura giuridica ed efficacia giuridica delle Intese Stato Regioni si ricorda che la Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare, con riferimento agli impianti energetici, che: “Appare evidente che quest’ultima va considerata come un'intesa forte, nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento - come, del resto, ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato – a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.” (sentenza n. 6/2004 che riprende la n. 303 del 2004).

Sempre secondo il nuovo comma 3 dell’articolo 14quater della legge 241/1990 se l'intesa non é raggiunta nei successivi trenta giorni (allo scadere dei 60 giorni di cui sopra), la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso é espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

L’ulteriore novità è che nel caso di non raggiungimento dell’Intesa Stato- Regione nel caso di un motivato dissenso espresso da una Regione in una materia di propria competenza il Consiglio dei Ministri delibera con potere sostitutivo sia pure con la partecipazione non vincolante della Regione interessata, mentre nel vecchio testo invece la decisione era provvisoriamente inviata alla competente Giunta regionale che doveva assumere la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; solo qualora la Giunta regionale non provvedeva entro il termine predetto, la decisione era rimessa al Consiglio dei ministri, che deliberava con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate.

Il riferimento costituzionale del potere sostitutivo di cui sopra è nel comma 2 dell’articolo 120 della Costituzione, che recita: “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.

Quindi si viene a determinare uno spostamento della titolarità della competenza in tutti quei casi in cui occorreranno interventi legislativi non disponibili da parte del Governo se non nella forma limitata del decreto legge. Il nuovo potere sostitutivo si presenta come un grimaldello capace di aprire qualsiasi varco e di consegnare nelle mani del Governo nazionale la disponibilità della linea di distinzione tra le competenze nazionali e locali, finendo così per svalutare quella che viene presentata come la novità più spiccatamente federalista della riforma in esame, il rovesciamento del criterio dell’enumerazione delle competenze.

Rispetto a questa procedura ulteriormente accelerata (dal potere sostitutivo del Governo) sulla disciplina del dissenso ambientale in Conferenza dei servizi restano ferme le procedure speciali già previste relativamente a:

a) infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.i.m.

b) localizzazione delle opere di interesse statale ex D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383.

 

Avv. Ennio Moro Specialista in diritto amministrativo

(Febbraio 2011)