Cass. Sez. III n. 32117 del 7 agosto 2024 (UP 29 mag 2024)
Pres. Ramacci Rel. Mengoni Ric. Della Corte
Ecodelitti.Il delitto di omessa bonifica non si applica in caso di violazione dell'art. 255, comma 3, dlv 152-2006 

Gli artt. 452-terdecies cod. pen. e 255, comma 3, d. lgs. n. 152 del 2006 contengono disposizioni ispirate alla medesima ratio, tesa a sanzionare comportamenti omissivi tenuti in presenza di (e nonostante) un obbligo di natura pubblicistica di segno positivo, avente ad oggetto attività di recupero e di ripristino e, nel solo caso del delitto, anche di bonifica, a fronte di precedenti comportamenti lesivi – o potenzialmente lesivi - del bene tutelato, quale l’integrità dell’ambiente. Il contenuto  di questi obblighi, peraltro, sembra indicato in termini comuni proprio dal decreto n. 152  in esame, così che per ripristino e ripristino ambientale debbono intendersi gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici (art. 240, lett. q); per bonifica, invece, deve intendersi l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR) (art. 240, lett. p). Nonostante la comune identità ispiratrice, che si traduce in una evidente vicinanza di lessico, ciascuna delle due disposizioni mantiene tuttavia un proprio spazio operativo, che ne giustifica l’autonoma previsione normativa, anche con riguardo alla differente qualifica formale e, conseguentemente, al trattamento sanzionatorio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/1/2024, la Corte di appello di Napoli confermava la pronuncia emessa il 1°/12/2022 dal Tribunale di Napoli Nord, con la quale Giovanni Della Corte era stato giudicato colpevole del delitto di cui all’art. 452-terdecies cod. pen. e condannato alla pena di tre anni di reclusione e 50mila euro di multa.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
- violazione di legge e difetto di motivazione quanto alla individuazione del soggetto responsabile. La Corte di appello non avrebbe compiuto una adeguata valutazione circa l'effettivo gestore del terreno, limitandosi ad una conoscenza cartolare della proprietà e richiamando elementi approssimativi, di poco conto, e senza peraltro accertare che le relative forniture erano intestate a Paolo Della Corte; solo a quest’ultimo, pertanto, sarebbe stato possibile attribuire la responsabilità del fatto omissivo;
- la violazione di legge ed il vizio di motivazione sono poi dedotti in ordine alla mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 255, comma 3, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Di questa contravvenzione, infatti, ricorrerebbero gli elementi costitutivi, quali l'esistenza di un'ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti (emessa dal Comune di Villa Literno) ed una condotta di inottemperanza da parte del destinatario della stessa, ossia il citato Paolo Della Corte;
- infine, si contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, priva di motivazione quanto alla valutazione di elementi favorevoli, pur a fronte di una espressa richiesta in tal senso.  

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta fondato quanto al secondo motivo, con assorbimento del terzo.
4. Con riguardo alla prima censura, che lamenta il vizio di motivazione e la violazione di legge in ordine alla individuazione del soggetto responsabile della condotta, individuato dallo stesso atto nel padre del ricorrente, il defunto Paolo Della Corte, il Collegio ne rileva l'inammissibilità: il ricorso, infatti, si affida ad un evidente argomento di merito non ammesso in sede di legittimità, e peraltro del tutto generico, contestando l'omessa verifica dell'effettivo gestore del sito e l'utilizzo - nella sentenza - di valutazioni approssimative e di elementi “di poco conto”.
4.1. Questa doglianza – si ribadisce non consentita, perché sostenuta solo da indicazioni di puro fatto - non permette, dunque, di superare la più che adeguata e logica motivazione stesa dalla Corte di appello, con la quale la responsabilità dell'omissione è stata riferita al ricorrente in forza di solide ed oggettive emergenze dibattimentali. In particolare, è stato sottolineato che: a) l'ordinanza sindacale n. 22/2017, di cui alla contestazione, era stata notificata sia all'imputato che al padre Paolo, successivamente deceduto; b) il ricorrente aveva la disponibilità del terreno, nel quale svolgeva un'attività abusiva dal 2017; c) lo stesso imputato aveva stipulato con una società un contratto di appalto per la rimozione dei rifiuti e per la bonifica stessa, poi non eseguito a causa dell'inadempimento (mancato pagamento) da parte proprio del ricorrente; d) il Comune aveva sempre interloquito con quest'ultimo quando, con apposito contratto, la stessa Amministrazione aveva fatto rimuovere gli pneumatici allocati sul terreno.
4.2. Ebbene, questa motivazione risulta priva di illogicità manifesta, e con la stessa la Corte di appello ha fornito una valutazione del tutto adeguata di elementi non solo indiziari, ma anche probatori, con riguardo alla responsabilità del ricorrente; la stessa motivazione, ancora, non appare carente né approssimativa, e non si affida ad elementi “di poco conto”, come si legge nel ricorso, emergendone, piuttosto, una struttura argomentativa del tutto affidabile e coerente nel senso della effettiva gestione del fondo da parte dell'imputato.
5. Il secondo motivo di censura, che lamenta il vizio di motivazione quanto all'omessa riqualificazione del delitto di cui all’art. 452-terdecies cod. pen. (Omessa bonifica) nella contravvenzione di cui all'art. 255, comma 3, d. lgs. n. 152 del 2006 (Abbandono di rifiuti), risulta, per contro, fondato.
5.1. In termini generali, occorre rilevare che la prima disposizione è stata introdotta nel codice penale (al pari dell’intero titolo dei delitti contro l’ambiente) dalla l. 22 maggio 2015, n. 68, e sanziona – salvo che il fatto costituisca più grave reato - chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un'autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi. 
5.2. L’art. 255, comma 3, d. lgs. n. 152 del 2006, invocato dal ricorrente, stabilisce invece che “chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3”. A sua volta, l’art. 192, comma 3, appena menzionato, prevede che, fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque “viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
5.3. Gli artt. 452-terdecies cod. pen. e 255, comma 3, d. lgs. n. 152 del 2006, dunque, contengono disposizioni ispirate alla medesima ratio, tesa a sanzionare comportamenti omissivi tenuti in presenza di (e nonostante) un obbligo di natura pubblicistica di segno positivo, avente ad oggetto attività di recupero e di ripristino e, nel solo caso del delitto, anche di bonifica, a fronte di precedenti comportamenti lesivi – o potenzialmente lesivi - del bene tutelato, quale l’integrità dell’ambiente. Il contenuto  di questi obblighi, peraltro, sembra indicato in termini comuni proprio dal decreto n. 152  in esame, così che per ripristino e ripristino ambientale debbono intendersi gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici (art. 240, lett. q); per bonifica, invece, deve intendersi l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR) (art. 240, lett. p).
5.4. Nonostante la comune identità ispiratrice, che si traduce in una evidente vicinanza di lessico, ciascuna delle due disposizioni mantiene tuttavia un proprio spazio operativo, che ne giustifica l’autonoma previsione normativa, anche con riguardo alla differente qualifica formale e, conseguentemente, al trattamento sanzionatorio.
5.5. L’elemento distintivo tra i due reati, in particolare, si riscontra nella condotta violativa a presupposto dell’ordine impartito, nonché negli effetti di questa, con particolare riguardo alla sua potenzialità inquinante.
5.6. L’art. 255, infatti, disciplina il solo caso di abbandono dei rifiuti (in esso compreso anche il deposito incontrollato e l’immissione nelle acque), che viene sanzionato in termini più severi qualora, dopo la condotta stessa, non si ottemperi all’ordinanza del sindaco che impone uno dei citati comportamenti positivi di segno contrario, ai sensi dell’art. 192, comma 3. Quest’ultima disposizione, del resto, concerne proprio (ed esclusivamente) il “divieto di abbandono”, come da relativa rubrica, con espressa previsione (comma 3) delle attività a vario titolo riparatorie che debbono seguire alla violazione medesima, nonché del potere/dovere del sindaco di disporre con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, la cui violazione – si ribadisce – è sanzionata come tale dall’art. 255, comma 3, già solo in termini formali. 
5.7. Il combinato degli artt. 192, comma 3, e 255, comma 3, citati, pertanto, presuppone una condotta di abbandono dei rifiuti (compresi – si ribadisce – il deposito incontrollato e l’immissione nelle acque), delineando - nonostante l'apparenza contraria indotta dal riferimento lessicale a "chiunque" - un reato proprio, che può essere commesso solo dai destinatari formali dell'ordinanza del sindaco, siano essi gli autori materiali della condotta o qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti, nocivi per la salvaguardia dell'ambiente (Sez. U, Sentenza n. 4472 del 25/2/2009, Rv. 606599; Sez. 3, n. 24724 del 15/05/2007, Grispo, Rv. 236954; Sez. 3, n. 31003 del 10/07/2002, P.M. in proc. Viti M ed altro, Rv. 222421; tra le non massimate, Sez. 3, n. 31310 del 4/6/2019, Gerli, che espressamente richiama l’ipotesi di abbandono “costituente presupposto per l'adozione dell'ordinanza ex art. 193 comma 3 del d. lgs n. 152 del 2006”).
6. L’art. 452-terdecies cod. pen., invece, richiede “a monte” una condotta che - qualificabile o meno come abbandono, nei termini appena richiamati - presenta comunque un elemento aggiuntivo e caratterizzante, che ne accresce il rilevo penale, ossia una potenzialità inquinante che impone l’adozione delle procedure di cui agli artt. 239 ss., d. lgs. n. 152 del 2006, ossia di una bonifica; ciò si ricava dalla specifica lettera della rubrica – Omessa bonifica – e dalla collocazione della norma tra i delitti contro l’ambiente, con l’effetto che il riferimento al “ripristino o al recupero dello stato dei luoghi”, come ulteriore oggetto dell’obbligo non ottemperato, potrà riguardare soltanto i casi in cui tali attività siano funzionali alla bonifica stessa. Con l’effetto che se in termini generali, ossia ai sensi del decreto n. 152 in esame, per “ripristino e ripristino ambientale” debbono intendersi gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente (a norma dell’art. 240, lett. q), citata), il riferimento al “ripristino o al recupero dello stato dei luoghi” contenuto nell’art. 452-terdecies cod. pen. deve intendersi misurato soltanto su quegli interventi che della bonifica costituiscono perfezionamento. 
 6.1. Questa norma, pertanto, impone il verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di inquinare il sito, come da lettera dell’art. 242, comma 1, stesso decreto, che disciplina le procedure operative ed amministrative in tema di bonifica; in evidente coerenza, del reato, con l’art. 240, lett. p), d. lgs. n. 152 del 2006, che – come già richiamato – riconduce al medesimo concetto gli interventi finalizzati ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio.
6.1. Soltanto il verificarsi di un evento di tale natura, evidentemente da accertare in fatto, e l’inottemperanza all'ordine pubblico volto all'eliminazione del conseguente pericolo di inquinamento, giustificano dunque l’ipotesi autonoma di reato e, ancor più, la natura delittuosa della medesima condotta omissiva, con il relativo trattamento sanzionatorio, così consentendo di definire adeguatamente i contorni del delitto rispetto alla fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 255, comma 3, d. lgs. n. 152 del 2006; il cui ambito di applicazione, infatti, risulta così definito dalle sole condotte di abbandono dalle quali non derivi un evento potenzialmente inquinante.
7. Tanto premesso in termini generali, la Corte ritiene allora che debba essere accolto il motivo di ricorso con il quale si censura la motivazione quanto all'omessa riqualificazione proprio nell’art. 255, comma 3, della condotta contestata.
7.1. Il Collegio ha riconosciuto il delitto di cui all’art. 452-terdecies cod. pen. sul presupposto al ricorrente fosse stato contestata un'omessa bonifica in violazione di un'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 192, comma 3, citato; la lettura del provvedimento, invece, sembra evidenziare che il Della Corte fosse risultato destinatario di un provvedimento (n. 22/2017) - a lui rivolto quale “conduttore del deposito incontrollato di rifiuti” - nel quale era esplicitata la necessità del ripristino dello stato dei luoghi, “liberando le aree da tutti i rifiuti presenti ed avviarli al recupero o allo smaltimento secondo la loro natura e nel rispetto della normativa vigente, e che tali operazioni vengano precedute da un piano preliminare di indagini chimiche del suolo e del sottosuolo, finalizzato alla ricerca di eventuali sostanze inquinanti nelle matrici ambientali”. Senza alcun riferimento, dunque, ad attività di bonifica. La stessa ordinanza, peraltro, era stata emessa proprio ai sensi dell'art. 192, d. lgs. n. 152 del 2006, con espresso richiamo anche all’art. 255, per il caso di sua violazione: il mancato riscontro, alla data del provvedimento, di un evento potenzialmente in grado di inquinare il sito, pertanto, parrebbe aver giustificato l’adozione di un’ordinanza priva di ogni riferimento alla bonifica (ed attività correlate), la cui riscontrata inottemperanza dovrebbe quindi esser sanzionata a norma dell'art. 255, comma 3, d. lgs. n. 152 del 2006 e non ai sensi della norma contestata.
8. Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio della sentenza, affinché la Corte di appello valuti correttamente gli obblighi imposti al ricorrente e le condotte ad essi precedenti, nell’ottica della corretta qualificazione giuridica. Con la precisazione, peraltro, che il reato di mancata ottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui all' art. 255, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ha natura di reato permanente, nel quale la scadenza del termine per l'adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l'inizio della fase di consumazione che si protrae sino all'ottemperanza all'ordine ricevuto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2024