TAR Emilia Romagna (BO) Sez. II n. 288 del 6 maggio 2020
Urbanistica.Ordinanza di demolizione
Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso.” tale principio non ammetta deroghe “neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino (segnalazione Ing. M. Federici)
Pubblicato il 06/05/2020
N. 00288/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00245/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 245 del 2019, proposto da
Sonia Cantarella, Giovanna Casadei, Barbara Casadei Mastacchi, Riccardo Minardi, Mario Mollica, Antonio Murino, Antonella Catalano, Condominio Mercurio, rappresentati e difesi dall'avvocato Lorenzo Ruggeri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Roberto Maria Plati in Bologna, via Caprarie 3;
contro
Comune di Morciano di Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Masi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Monica Ciotti, Andrea Bontempi, Pier Giovanni Piccioni, Impresa Edile di Marota Armando, Impresa Ferraro Vincenzo non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
dell'Ordinanza n. 17 del 21.12.2018, emessa dal Comune di Morciano di Romagna, a firma del Responsabile del Servizio Urbanistica – Edilizia Privata - Geom. Monica Galli, avente ad oggetto la demolizione di opere edilizie eseguite con varianti essenziali e ripristino dello stato dei luoghi nonché utilizzo del complesso edilizio sito in Via Panoramica n. 83;
nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, comunque lesivo per i ricorrenti, ancorché dai medesimi non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Morciano di Romagna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 la dott.ssa Maria Ada Russo e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell'art. 84 , comma 5 del DL n. 18/20.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso sono stati impugnati i seguenti atti per l'annullamento e/o la declaratoria di nullità, previa idonea misura cautelare:
• Ordinanza n. 17 del 21.12.2018, emessa dal Comune di Morciano di Romagna, a firma del Responsabile del Servizio Urbanistica – Edilizia Privata - Geom. Monica Galli, avente ad oggetto la demolizione di opere edilizie eseguite con varianti essenziali e ripristino dello stato dei luoghi nonché utilizzo del complesso edilizio sito in Via Panoramica n. 83;
• ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, comunque lesivo per i ricorrenti, ancorché dai medesimi non conosciuto.
Il ricorso è affidato ai seguenti 4 motivi di diritto:
1. OMESSA NOTIFICA DELL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO E DELL’ORDINANZA DI DEMOLIZIONE; VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 31, COMMA 2, D.P.R. N.380/2001 E ARTT. 7 E 8 L. N. 241/1990.
2. CARENZA DI MOTIVAZIONE “RAFFORZATA” SULL’INTERESSE PUBBLICO ALLA DEMOLIZIONE; VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 3 L. 241/90; ECCESSO DI POTERE.
3. DIFETTO DI ISTRUTTORIA, ILLOGICITÀ E CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE DELL’ORDINANZA DI DEMOLIZIONE; OMESSA VALUTAZIONE DEGLI ELEMENTI FORNITI DAL TECNICO DELLA PROPRIETÀ PRIVATA; ECCESSO DI POTERE SOTTO ALTRO PROFILO.
4. IN SUBORDINE: VIOLAZIONE DI LEGGE EX ARTT. 33, COMMA 2, E 34, COMMA 2, DEL DPR 380/2001; ECCESSO DI POTERE SOTTO ALTRO PROFILO E VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ.
In data 04.04.2019, si costituisce il Comune di Morciano di Romagna depositando memoria in cui chiede che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile, improcedibile e comunque venga rigettato unitamente all’istanza cautelare. Per l’udienza del 23.04.2020 deposita ulteriore memoria.
I). Giova richiamare le vicende in fatto:
a). In data 14.11.2018 veniva notificata ad alcuni proprietari delle unità immobiliari site all’interno del Condominio Mercurio in Via Panoramica 83 (Morciano di Romagna), la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 L. 241/1990 finalizzata all’emissione di ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 13 L.R. 23/2004 sulla base della documentazione acquisita dal Comune di Morciano inerente le operazioni peritali ad opera dell’Arch. Montebelli e dell’ausiliario Ing. Tasini, disposte dal Tribunale di Rimini nell’ambito del procedimento esecutivo immobiliare - n. RGE 253/2016.
Dalla perizia del CTU si evincevano alcune anomalie che rendono il progetto non conforme a quanto previsto dalla normativa tecnica.
b). Con l’ordinanza n. 17 , datata 21/12/2018, il Comune di Morciano di Romagna ordinava la demolizione delle opere edilizie con varianti essenziali e ripristino dello stato dei luoghi nonché il non utilizzo del complesso edilizio.
c). In data 06.05.2019 – il Condominio presentava ricorso ex art 696 bis cpc - r.g. 1854/2019 - nei confronti della società committente (Ce. Ber. snc), delle imprese costruttrici e dei vari tecnici (progettisti, direttori dei lavori, collaudatore) coinvolti nella realizzazione dell’immobile.
II). Il ricorso è infondato e va respinto.
1). Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti contestano l’omessa notifica della nota prot. n.12755 del 13.11.2018 di avvio del procedimento sulla cui base è stata poi adottata l’Ordinanza del Responsabile n. 17 de 21.12.2018 anche essa non notificata ai Sig.ri Zuppa Roberta e Ciavatta Elena, Galluzzi Alessandro, Prugni Erica e alla Società Ce.Ber Costruzioni, violando in questo modo l’art. 31, comma 2, D.P.R. n.380/2001 e gli artt. 7 e 8 L. n. 241/1990.
Il Comune, una volta accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso avrebbe dovuto ingiungere al proprietario e al responsabile dell’abuso l’ordinanza di demolizione. Non avendolo fatto, ha determinato l’annullabilità dell’ordinanza stessa.
In replica il Comune sostiene di aver correttamente notificato in data 16.11.2018 l’avvio del procedimento ai soggetti Bernardi Giorgio, Bernardi Paolo, Ceccolini Augusta e Ce. Ber. Costruzioni snc,i quali hanno partecipato al procedimento, inviando le proprie osservazioni a mezzo PEC in data 24/11/2018.
Anche i sig.ri Zuppa Roberta, Prugni Erica, Ciavatta Elena e il sig. Galluzzi Alessandro hanno partecipato al procedimento inviando proprie osservazioni, trasmesse a mezzo PEC in data 27/11/2018. La presentazione di osservazioni documenta in modo inequivocabile come i soggetti indicati abbiano avuto piena conoscenza dell’avvio del procedimento stesso.
Ad avviso del Collegio, in base agli atti depositati e all repliche, la censura non e’ condivisibile.
Risulta provato infatti quanto sostenuto dal Comune:
A). il 16/11/2018 e’ stato notificato l’avvio del procedimento a Bernardi Giorgio e Bernardi Paolo con avviso ritirato personalmente da Ceccolini Augusta, legale rappresentante e soci della Ce. Ber. Costruzioni snc.
B). Gli stessi soggetti, Bernardi Giorgio, Bernardi Paolo, Ceccolini Augusta e Ce. Ber. Costruzioni snc, hanno poi partecipato al procedimento, inviando le proprie osservazioni a mezzo PEC in data 24/11/2018.
C). Anche le sig.re Zuppa Roberta, Prugni Erica, Ciavatta Elena e il sig. Galluzzi Alessandro hanno partecipato al procedimento inviando proprie osservazioni, trasmesse a mezzo PEC in data 27/11/2018; tali osservazioni sono state redatte dall’Avv. Stefano Mariani per conto di vari condomini, tra i quali espressamente anche per conto di Zuppa Roberta, Prugni Erica, Ciavatta Elena e Galluzzi Alessandro.
Dunque non sussiste il lamentato vizio.
In relazione alla mancata comunicazione di avvio ex art. 7 L. 241/90 in ogni caso, la giurisprudenza ha chiarito che :
a). i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atti dovuti e rigorosamente vincolati, con riferimento ai quali non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario ed il cui presupposto è costituito unicamente dalla mancanza del necessario permesso di costruire (cfr. (cfr. C.d.S., Sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4279; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 06 aprile 2011, n. 1945; T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 21 giugno 2013, n. 3203).
b). l'omessa comunicazione di avvio del procedimento preclude, ai sensi dell'articolo 21 octies, secondo comma, prima parte, della legge n. 241/1990, l'annullamento del provvedimento sanzionatorio di un'opera abusiva, stante sia il carattere vincolato del provvedimento stesso, che l’evidenza della inidoneità della partecipazione della parte interessata al procedimento, con la conseguenza che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. C.d.S., Sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5049; C.d.S., Sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2227; Cass. SS.UU., 25 giugno 2009, n. 14878).
2). Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti sostengono l’illegittimità dell’impugnata ordinanza per carenza di idonea ed esaustiva motivazione poiché in violazione dell’art.3 L.241/1990. Peraltro trattandosi di provvedimenti di demolizione che intervengono a distanza di un notevole periodo di tempo dalla realizzazione dell’abuso, l’Amministrazione avrebbe dovuto addurre una motivazione “rafforzata”.
Inoltre gli stessi precisano che risultano regolarmente depositati gli atti: Attestazione di Conformità, Certificato di Collaudo Statico, Comunicazione di fine lavori da cui risulta che l’edificio in questione è immune da vizi per i quali può essere emessa sanzione o per i quali debba richiedersi concessione o autorizzazione in sanatoria.
3). Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano che il provvedimento impugnato è caratterizzato da carenza assoluta di istruttoria in contraddittorio tra le parti. L’ordinanza di demolizione trae fondamento dalla relazione peritale redatta dal tecnico incaricato Arch. Claudia Montebelli e dall’ausiliario Ing. Tasini, nella procedura esecutiva immobiliare n. 253/2016 R.G.E. – Tribunale di Rimini, ove né gli odierni ricorrenti, né l’Amministrazione in questione sono parti processuali con evidente violazione delle basilari garanzie partecipative.
Il Comune replica che le ordinanze di demolizione di abusi edilizi sono provvedimenti tipici e vincolati emessi all'esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime pertanto il provvedimento di cui trattasi deve intendersi sufficientemente motivato. La ponderazione dei sottesi interessi è compiuta “a monte” dal legislatore, che ha sancito l’indefettibile onere di demolizione al comma 2 dell’art. 31 D.P.R. 380/2001.
I motivi 2 e 3 vanno trattati insieme per connessione.
Le censure sono infondate in base alle seguenti considerazioni :
a). emerge chiaramente in atti che è’ stata compiuta una adeguata e completa istruttoria e che il provvedimento impugnato reca una adeguata motivazione.
In data 30/10/2018, l’Amministratore del Condominio, ha trasmesso al Comune una relazione avente ad oggetto le operazioni peritali effettuate sull’edificio nell’ambito di un procedimento giurisdizionale celebrato innanzi il Tribunale di Rimini R.G.E. 255/2016, e redatta dal CTU arch. Claudia Montebelli.
Il Comune ha conosciuto le gravi criticità strutturali dell’edificio in base alle comunicazioni ricevute dalla stessa Amministrazione del Condominio Mercurio.
Risulta in atti depositati che - dalla perizia del CTU- si possono evincere alcune anomalie che rendono il progetto non conforme a quanto previsto dalla normativa tecnica, oltre alla presenza di gravi criticità strutturali dovute ad errori progettuali e esecutivi: tali difetti rendono l’edificio non conforme alla normativa tecnica per le costruzioni vigente all’epoca del deposito del progetto.
In buona sostanza, l’edificio <non> ha ottenuto il certificato di conformità edilizia e agibilità.
Ad avviso del Collegio non si ravvisa alcuna contraddizione in quanto - se pure l’Amministrazione da’ atto del fatto di essere stata “ estranea “ rispetto al procedimento di esecuzione immobiliare - poi la medesima ha ritenuto di poter utilizzare le risultanze della CTU ivi eseguita ( ciò in base al principio di economia procedimentale che impone di evitare duplicazioni di attività).
b). Risulta espressamente assolto l’obbligo motivazionale.
Nel corpo della motivazione viene fatto riferimento a :
-le “risultanze delle operazioni peritali redatte dal CTU e disposte dal Tribunale di Rimini, seppur nell’ambito di altro procedimento (procedimento civile)”.
-le asseverazioni sotto la penale responsabilità dei loro autori ;
-l’accertamento che l’immobile di cui trattasi è stato costruito in difformità dal progetto depositato e in difformità dalle norme tecniche in materia di costruzioni in zona sismica;
- per effetto di tali risultanze, non possono ritenersi validi nè l’attestazione di conformità nè il collaudo statico redatti e depositati dai professionisti incaricati, in considerazione delle violazioni sismiche rilevate nelle perizie sopra richiamate.
Come noto, la giurisprudenza amministrativa in materia di repressione delle violazioni della disciplina urbanistica è ferma nel considerare l’attività di vigilanza della Pubblica Amministrazione, rispetto agli abusi edilizi, strettamente vincolata e non soggetta ad alcun termine di prescrizione o decadenza, potendo questa intervenire anche a notevole distanza dall’epoca della commissione dell’abuso, senza che il mero decorso del tempo comporti un obbligo di motivazione rafforzato del provvedimento.
Peraltro, l’Adunanza Plenaria n. 9 del 17.10.2017 del Consiglio di Stato ha pronunciato il principio in base al quale “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso.” tale principio non ammetta deroghe “neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.”
c). Infine, risulta in atti che i rogiti di acquisto, citati dai ricorrenti, riportano espressamente il fatto che “le porzioni di fabbricato acquistate non hanno ancora conseguito il certificato di agibilità”.
Su questo aspetto il ricorso ex art. 696 cpc precisa che tra i vizi riscontrati dall’ Ing. Carlotti, consulente dei ricorrenti, vi è anche la “assenza di certificazione di conformità edilizia e di certificato di agibilità”.
d). In ultimo, risulta in atti (e non contestato dai ricorrenti ):
-che le fondazioni, così come argomentato dal provvedimento impugnato, violano le norme antisismiche.
In presenza di una violazione della norma tecnica non è possibile addurre misurazioni sullo stato di fatto dell’edificio: la mancata conformità dell’immobile alle norme edilizie rende lo stesso di per sé abusivo.
L’istruttoria condotta dal Comune di Morciano risulta pertanto esaustiva, in quanto ha considerato le osservazioni degli interessati, richiamando ampiamente il testo della perizia inviata al Comune dal Condominio medesimo e che evidenzia, come ritenuto dagli stessi ricorrenti, gravi vizi, difetti e difformità costruttive e progettuali, tale da far venir meno la sicurezza e stabilità dell’edificio.
In ultimo il Comune di Morciano di Romagna ricorda che, secondo l’All. A della Delibera di Giunta Regionale dell’Emilia Romagna del 23/07/2018 n. 1164 recante la classificazione sismica dei comuni dell’Emilia Romagna si trova in zona sismica di livello 2, ovvero zona dove possono verificarsi forti terremoti.
Le zone sismiche sono 4:
1 Indica la zona più pericolosa, dove possono verificarsi fortissimi terremoti.
2 Zona dove possono verificarsi forti terremoti.
3 Zona che può essere soggetta a forti terremoti ma rari.
4 E' la zona meno pericolosa, dove i terremoti sono rari.
In particolare, l’elemento che più di altri risulta critico alla luce della zona di alto pericolo sismico in cui si trova il Comune, è la condizione del palo di fondazione.
Infatti, nella perizia richiamata dal provvedimento impugnato, si indica che “a circa 7 metri dalla testa del palo è possibile che sia presente una porzione di palo con calcestruzzo a bassa densità, dovuta, molto probabilmente, ad una possibile interruzione di getto provocata dal franamento del terreno della parete del foro durante la fase di getto del palo. (...) Il palo è inferiore ai 14 metri previsti dal progetto ed è notevolmente indebolito dalle intrusioni di materiale argilloso intorno ai 7 metri, dovute ad una c attiva esecuzione da parte della ditta costruttrice. Queste due circostanze determinano una notevole diminuzione della capacità portante del palo, anche in condizioni statiche”.
4). Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente lamenta che, in violazione degli articoli 33, comma 2, e 34, comma 2, del DPR 380/2001, l’Amministrazione non ha considerato la possibilità di demolire la porzione abusiva senza compromettere la stabilità dell’intero fabbricato ai fini dell’irrogazione della sanzione. Il Comune in violazione del principio di proporzionalità, posto alla base dell’agire dell’Amministrazione, ritiene ragionevole demolire un intero Condominio in “presenza anche di un solo elemento strutturale eseguito in contrasto con le norme tecniche per le costruzioni”. Piuttosto che la sanzione di demolizione, avrebbe dovuto comminare una sanzione pecuniaria a carico dell’autore dell’abuso ex artt. 33, comma 2, o 34, comma 2, del DPR 380/2001, la demolizione infatti non può avvenire senza arrecare pregiudizio anche alla parte eventualmente eseguita in conformità, trattandosi di pilastri aventi la funzione di sorreggere l’immobile de quo.
Il Comune in replica precisa che in materia di abusi edilizi deve operare secondo una discrezionalità vincolata, poiché deve applicare pedissequamente quanto previsto a monte dalla norma di legge. Gli artt. 13 e 14 della legge regionale n.23/2004 e gli artt. 31 e 32 del DPR 380/2001, sostengono che la violazione della norma antisismica comporta una variazione essenziale del titolo abilitativo, con conseguente obbligo di demolizione delle opere realizzate.
Il richiamo dei ricorrenti all’art. 33 D.P.R. 380/2001 risulta del tutto inconferente, dal momento che lo stesso è applicabile esclusivamente con riferimento agli interventi di ristrutturazione edilizia, mentre la violazione accertata dal Comune rientra nella fattispecie di cui agli artt. 31-32 D.P.R. 380/2001.
Anche questa ultima censura e’ destituita di fondamento.
Come noto, la giurisprudenza ha affermato che :
a). Deve ricordarsi che in materia di abusivismo edilizio, l'ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico- ricognitivo dell'abuso commesso.
b). il giudizio sintetico-valutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell'abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria (disciplinato dall'art. 33 comma 2, e 34 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 - T.U. Edilizia) può essere effettuato soltanto in un secondo momento, cioè quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione e l'organo competente emana l'ordine di esecuzione in danno delle ristrutturazioni realizzate in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire o delle opere edili costruite in parziale difformità dallo stesso.
c). soltanto nella predetta seconda fase non può ritenersi legittima l'ingiunzione a demolire sprovvista di qualsiasi valutazione intorno all'entità degli abusi commessi e alla possibile sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria, così come previsto dagli artt. 33 comma 2, e 34 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001. Valutazione che deve essere effettuata mediante apposito accertamento da parte dell'Ufficio Tecnico Comunale, d'ufficio o su richiesta dell'interessato (cfr., T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 4 aprile 2012, n. 3105)”.
Nel caso di specie si ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 32, co. 1, lett. e) D.P.R. 380/2001 che riporta tra le definizioni delle variazioni essenziali le “violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica”.
Gli interventi eseguiti secondo le condizioni del citato articolo 32, devono essere demoliti come espressamente previsto dall’art. 31 co. 2 D.P.R. 380/2001.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, Respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna i soccombenti al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore delle controparti costituite nella misura di € 3000,00 oltre accessori di legge, per ciascuna di esse.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2020 tenutasi mediante collegamento da remoto in audioconferenza, con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Stefano Tenca, Consigliere