Cass. Sez. III n. 35134 del 10 settembre 2009 (Ud. 18 giu 2009)
Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Pennetta
Rifiuti. Veicoli fuori uso
I veicoli fuori uso sono classificati come rifiuti pericolosi (codice CER 160104) allorché non siano stati bonificati mediante la eliminazione dei materiali inquinanti. Peraltro, vanno qualificati come veicoli fuori uso, e pertanto rifiuti, ai sensi dell’ari. 3, primo comma lett. b), del D. Lgs 24.6.2003 n. 309 i veicoli a fine vita, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano ancora muniti di targa, di cui il detentore si sia disfatto, ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.
Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Pennetta
Rifiuti. Veicoli fuori uso
I veicoli fuori uso sono classificati come rifiuti pericolosi (codice CER 160104) allorché non siano stati bonificati mediante la eliminazione dei materiali inquinanti. Peraltro, vanno qualificati come veicoli fuori uso, e pertanto rifiuti, ai sensi dell’ari. 3, primo comma lett. b), del D. Lgs 24.6.2003 n. 309 i veicoli a fine vita, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano ancora muniti di targa, di cui il detentore si sia disfatto, ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Pennetta Antonio in ordine al reato di cui all’art. 51, comma primo, lett. b), del D.Lgs. n. 22/97, come sostituito dall’art. 256, comma primo, lett. b), del D.Lgs. n. 152/06, così essendo stata diversamente qualificata dal giudice di primo grado l’originaria imputazione di realizzazione e gestione di una discarica abusiva; reato a lui ascritto per avere abbandonato o comunque depositato in modo incontrollato rifiuti speciali pericolosi, costituiti da veicoli fuori uso e parti di essi.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva contestato che i veicoli di cui all’imputazione potessero qualificarsi rifiuti e, comunque, lo stato di irreversibile inservibilità degli stessi o il loro abbandono, nonché l’esistenza di danni al suolo, non essendo stato rilevato il versamento di oli nel terreno.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge.
Motivi della decisione
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 192 c.p.p.
Si deduce, in sintesi, che l’affermazione di colpevolezza dell’imputato in ordine all’abbandono di veicoli fuori uso e parti di essi risulta fondata su un impianto probatorio insufficiente, come riconosciuto nella stessa sentenza impugnata; che la presenza dei veicoli risulta giustificata dalla attività di meccanico esercitata dall’imputato e che l’affermazione di colpevolezza è stata fondata su un’inversione dell’onere della prova con riferimento alla mancata giustificazione della detenzione dei veicoli per ragioni di riparazione.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 51, comma primo lett. b), del D.Lgs. n. 22/97, in relazione all’art. 256, comma primo lett. b), del D.Lgs. n. 152/06 ed errata applicazione dell’art. 255 del predetto decreto legislativo.
Si deduce, in sintesi, che l’autoveicolo detenuto da un meccanico non può essere considerato rifiuto, trattandosi di un bene suscettibile di trasformazione e di rilevante valore economico, del quale il detentore non ha deciso affatto di disfarsi; che non possono pertanto ritenersi rifiuti i veicoli, due dei quali ancora muniti di targa, custoditi in un’area recintata.
Si osserva inoltre che nella specie non sono stati rilevati versamenti di oli, né la presenza di batterie o danni al suolo, sicché la situazione di fatto riscontrata non era tale da integrare la fattispecie della discarica, come già ritenuto dal giudice di primo grado, ma neppure l’ipotesi della gestione di rifiuti ovvero dell’abbandono, considerate le modalità con le quali i veicoli erano depositati, senza che vi fosse un accatastamento, né altre forme di inquinamento del terreno; che, pertanto, nella specie doveva ravvisarsi solo una attività di mero deposito controllato di veicoli, che la legge non configura come reato.
Si deduce, infine, che anche a voler ritenere illecita la condotta posta in essere dall’imputato la stessa doveva essere inquadrata nell’ipotesi di cui all’art. 255 del D.Lgs. n. 152/06, punita con la sola sanzione amministrativa.
Il ricorso non è fondato.
Osserva la Corte che i veicoli fuori uso sono classificati come rifiuti pericolosi (codice CER 160104), sia ai sensi del D.Lgs. n. 22/97 che del vigente D.Lgs. n. 152/06, allorché non siano stati bonificati mediante la eliminazione dei materiali inquinanti.
Peraltro, vanno qualificati come veicoli fuori uso, e pertanto rifiuti, ai sensi dell’art. 3, primo comma, lett. b), del D.Lgs. 24.6.2003 n. 209 i veicoli a fine vita, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano ancora muniti di targa, di cui il detentore si sia disfatto, ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.
Orbene, è evidente che nel caso in esame i detentori dei predetti veicoli a fine vita si erano disfatti degli stessi, sicché la contestazione della loro qualificazione come rifiuti è destituita di fondamento, mentre il ricorrente non risulta avere mai dedotto nella sede di merito che si trattasse di veicoli a lui affidati dai proprietari per esclusive ragioni di riparazione.
In ogni caso, inoltre, l’attività di demolizione e recupero di parti di veicoli rientra nella nozione di gestione e smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 256, primo comma, del D.Lgs. n. 152/06 ed è specificamente disciplinata dal citato D.Lgs. 24.6.2003 n. 209.
Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la fattispecie dello smaltimento di rifiuti pericolosi, punito ai sensi dell’art. 51, comma primo lett. b), del D.Lgs. n., 22/97, in base al rilievo che le cinque autovetture, rinvenute nell’area in cui il Pennetta esercitava la propria attività, risultavano ancora integre e, pertanto, doveva escludersi che le componenti pericolose fossero state rimosse, a nulla rilevando il fatto che nella specie non è stata accertata l’esistenza di un ulteriore danno ambientale.
Anche le altre deduzioni del ricorrente sono infondate.
La fattispecie punita con sanzione amministrativa di cui all’art. 255 del D.Lgs. n. 152/06 riguarda l’abbandono occasionale di rifiuti, mentre è fatta salva l’ipotesi di reato di cui all’art. 256, comma secondo, che si riferisce all’abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte del titolare di impresa, quale quella artigianale esercitata dall’imputato.
La fattispecie del deposito controllato richiede, ai sensi dell’art. 183, comma primo lett. m), del D.Lgs. n. 152/06 che lo stesso avvenga nel luogo di produzione dei rifiuti, circostanza che nella specie, per le esposte ragioni, non è neppure configurabile.
La presenza, oltre ai veicoli fuori uso, di parti di essi ha formato oggetto di congruo accertamento, sulla base della deposizione del teste escusso e del verbale di sequestro, mentre la carenza di risultanze affermata in sentenza si riferisce al fatto che tali parti di autoveicoli non si rilevano dalle fotografie in atti e si palesa inconferente sul piano argomentativo, sicché non sussiste affatto il denunciato vizio di motivazione della sentenza impugnata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Pennetta Antonio in ordine al reato di cui all’art. 51, comma primo, lett. b), del D.Lgs. n. 22/97, come sostituito dall’art. 256, comma primo, lett. b), del D.Lgs. n. 152/06, così essendo stata diversamente qualificata dal giudice di primo grado l’originaria imputazione di realizzazione e gestione di una discarica abusiva; reato a lui ascritto per avere abbandonato o comunque depositato in modo incontrollato rifiuti speciali pericolosi, costituiti da veicoli fuori uso e parti di essi.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva contestato che i veicoli di cui all’imputazione potessero qualificarsi rifiuti e, comunque, lo stato di irreversibile inservibilità degli stessi o il loro abbandono, nonché l’esistenza di danni al suolo, non essendo stato rilevato il versamento di oli nel terreno.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge.
Motivi della decisione
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 192 c.p.p.
Si deduce, in sintesi, che l’affermazione di colpevolezza dell’imputato in ordine all’abbandono di veicoli fuori uso e parti di essi risulta fondata su un impianto probatorio insufficiente, come riconosciuto nella stessa sentenza impugnata; che la presenza dei veicoli risulta giustificata dalla attività di meccanico esercitata dall’imputato e che l’affermazione di colpevolezza è stata fondata su un’inversione dell’onere della prova con riferimento alla mancata giustificazione della detenzione dei veicoli per ragioni di riparazione.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 51, comma primo lett. b), del D.Lgs. n. 22/97, in relazione all’art. 256, comma primo lett. b), del D.Lgs. n. 152/06 ed errata applicazione dell’art. 255 del predetto decreto legislativo.
Si deduce, in sintesi, che l’autoveicolo detenuto da un meccanico non può essere considerato rifiuto, trattandosi di un bene suscettibile di trasformazione e di rilevante valore economico, del quale il detentore non ha deciso affatto di disfarsi; che non possono pertanto ritenersi rifiuti i veicoli, due dei quali ancora muniti di targa, custoditi in un’area recintata.
Si osserva inoltre che nella specie non sono stati rilevati versamenti di oli, né la presenza di batterie o danni al suolo, sicché la situazione di fatto riscontrata non era tale da integrare la fattispecie della discarica, come già ritenuto dal giudice di primo grado, ma neppure l’ipotesi della gestione di rifiuti ovvero dell’abbandono, considerate le modalità con le quali i veicoli erano depositati, senza che vi fosse un accatastamento, né altre forme di inquinamento del terreno; che, pertanto, nella specie doveva ravvisarsi solo una attività di mero deposito controllato di veicoli, che la legge non configura come reato.
Si deduce, infine, che anche a voler ritenere illecita la condotta posta in essere dall’imputato la stessa doveva essere inquadrata nell’ipotesi di cui all’art. 255 del D.Lgs. n. 152/06, punita con la sola sanzione amministrativa.
Il ricorso non è fondato.
Osserva la Corte che i veicoli fuori uso sono classificati come rifiuti pericolosi (codice CER 160104), sia ai sensi del D.Lgs. n. 22/97 che del vigente D.Lgs. n. 152/06, allorché non siano stati bonificati mediante la eliminazione dei materiali inquinanti.
Peraltro, vanno qualificati come veicoli fuori uso, e pertanto rifiuti, ai sensi dell’art. 3, primo comma, lett. b), del D.Lgs. 24.6.2003 n. 209 i veicoli a fine vita, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano ancora muniti di targa, di cui il detentore si sia disfatto, ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.
Orbene, è evidente che nel caso in esame i detentori dei predetti veicoli a fine vita si erano disfatti degli stessi, sicché la contestazione della loro qualificazione come rifiuti è destituita di fondamento, mentre il ricorrente non risulta avere mai dedotto nella sede di merito che si trattasse di veicoli a lui affidati dai proprietari per esclusive ragioni di riparazione.
In ogni caso, inoltre, l’attività di demolizione e recupero di parti di veicoli rientra nella nozione di gestione e smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 256, primo comma, del D.Lgs. n. 152/06 ed è specificamente disciplinata dal citato D.Lgs. 24.6.2003 n. 209.
Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la fattispecie dello smaltimento di rifiuti pericolosi, punito ai sensi dell’art. 51, comma primo lett. b), del D.Lgs. n., 22/97, in base al rilievo che le cinque autovetture, rinvenute nell’area in cui il Pennetta esercitava la propria attività, risultavano ancora integre e, pertanto, doveva escludersi che le componenti pericolose fossero state rimosse, a nulla rilevando il fatto che nella specie non è stata accertata l’esistenza di un ulteriore danno ambientale.
Anche le altre deduzioni del ricorrente sono infondate.
La fattispecie punita con sanzione amministrativa di cui all’art. 255 del D.Lgs. n. 152/06 riguarda l’abbandono occasionale di rifiuti, mentre è fatta salva l’ipotesi di reato di cui all’art. 256, comma secondo, che si riferisce all’abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte del titolare di impresa, quale quella artigianale esercitata dall’imputato.
La fattispecie del deposito controllato richiede, ai sensi dell’art. 183, comma primo lett. m), del D.Lgs. n. 152/06 che lo stesso avvenga nel luogo di produzione dei rifiuti, circostanza che nella specie, per le esposte ragioni, non è neppure configurabile.
La presenza, oltre ai veicoli fuori uso, di parti di essi ha formato oggetto di congruo accertamento, sulla base della deposizione del teste escusso e del verbale di sequestro, mentre la carenza di risultanze affermata in sentenza si riferisce al fatto che tali parti di autoveicoli non si rilevano dalle fotografie in atti e si palesa inconferente sul piano argomentativo, sicché non sussiste affatto il denunciato vizio di motivazione della sentenza impugnata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.