TAR Campania (NA) Sez. III n.5367 del 28 dicembre 2012
Beni Culturali.Pubblica e privata incolumità e discrezionalità tecnica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Il Codice dei beni culturali assicura, con una serie di norme (artt. 29 e ss.), la conservazione dei beni culturali, definendo gli ambiti possibili di intervento, ponendo obblighi conservativi a carico dei proprietari e riconoscendo, in capo all'Amministrazione, il potere di imporre la presentazione di un progetto delle opere da effettuarsi. Anche a seguito della imposizione di vincolo specifico sull'immobile, appartiene alla sfera di discrezionalità tecnica dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo la modulazione dell'intensità dei controlli sul bene interessato dagli interventi manutentivi.

N. 05367/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01463/2012 REG.RIC.

N. 01885/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui ricorsi riuniti n.1463/2012 R.G. proposto dalla CISER COMMERCIO Srl in persona del legale rappresentante pro tempore e dalla Sig.ra De Stefano Angela, rappresentate e difese dagli Avv. Federico Bergamo e Marco Bergamo ed elettivamente domiciliate presso il loro studio in Napoli, Piazza Matteotti n.7, e n.1885/2012 R.G. proposto dalla Sig.ra Angelina Petagna, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Parisi e con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via S. Aspreno N. 13;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Sopraintendenza per Napoli e Provincia - in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via Diaz n.11;
Comune di Casalnuovo di Napoli in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Valerio Barone ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli, Piazza Sannazzaro n.71;



per l'annullamento

Quanto al ricorso n.1463/2012:

previa sospensione dell’efficacia, delle ordinanze del Comune di Casalnuovo di Napoli nn.2 del 15/3/2012, 11 del 21/3/2012 e 12 del 26/3/2012, dell’ordinanza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Sopraintendenza per Napoli e Provincia - n.7592 del 16/3/2012, nonché di tutti gli atti presupposti.

Quanto al ricorso n.1885/2012:

previa sospensione dell’efficacia, delle ordinanze contingibili ed urgenti n. 11 del 21/03/2012 di demolizione opere, n.12 del 23/3/2012, n.2 del 15/3/2012, della diffida del 31/3/2012, della comunicazione del 7/4/2012, dell’ordinanza ministeriale del 16/3/2012.

 

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Viste le costituzioni con memoria del Comune di Casalnuovo;

Viste le costituzioni dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.575 del 2012, come resa nel ricorso n.1463/2012, di rigetto della domanda di sospensione e di disposizione di CTU;

Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.3050 del 2012, come resa nel ricorso n.1885/2012, di fissazione dell’udienza pubblica unitamente all’altro fascicolo n.1463/2012;

Vista la relazione di consulenza, con allegata richiesta di integrazione compenso, quale depositata in data 25 luglio 2012;

Vista l’ordinanza presidenziale n.18126 del 2012 con cui - premesso che da una valutazione sommaria di detta relazione di consulenza venivano evidenziate la grave condizione di rischio e di pericolo che interessa il fabbricato e l’area circostante, peraltro compiutamente riferita anche dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, e la avvenuta realizzazione su iniziativa di parte ricorrente di un sistema di controventatura che muoveva dall’esterno e giungeva al calpestio del secondo piano, ragion per cui si poteva ipotizzare che il Comune prevedesse una soluzione che comunque parzialmente modificasse od integrasse tale progetto, previo accollo di responsabilità in ragione della situazione di rischio e di pericolo da parte della Sopraintendenza per Napoli e Provincia che avrebbe dovuto anche assumere determinazioni definitive circa la possibile demolizione della parte superiore dell’immobile – si disponeva che ciascuna parte, per quanto di competenza, adottasse le determinazioni del caso, valutasse le iniziative più opportune e si provvedesse in definitiva, anche attraverso una Conferenza di servizi decisoria, alle deliberazioni del caso;

Visti i motivi aggiunti come proposti nel ricorso n.1885/2012 avverso il Decreto ministeriale n.1383 del 29/8/2012 di declaratoria di interesse particolarmente importante dell’immobile in questione e del provvedimento comunale di diniego alla richiesta di permesso di costruire avanzata il 20/2/2012, nonché avverso il provvedimento comunale n.19925 dell’8/5/2012 di diniego del permesso di costruire n.45993 del 26/10/2011;

Visti i motivi aggiunti come proposti nel ricorso n.1463/2012 avverso il Decreto ministeriale n.1383 del 29/8/2012 di declaratoria di interesse particolarmente importante dell’immobile in questione;

Vista la documentazione depositata da parte ricorrente nel ricorso n.1463/2012;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il Consigliere Gabriele Nunziata alla pubblica udienza del 13 dicembre 2012, ed ivi uditi gli Avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Quanto al ricorso n.1463/2012:

Si espone di essere succeduta alla EUROSERVILLO Srl e di essere come tale proprietaria per 1/3 dell’immobile sito in Casalnuovo di Napoli al Corso Umberto I n.199, che è stato oggetto di ordinanze di sgombero dopo il sisma del 1980 e di crolli delle strutture negli anni ’90; anche a causa della scossa sismica del novembre 2002 il quadro fessurativo si è maggiormente accentuato, tant’è che i Vigili del Fuoco nel 2002 accertavano la presenza di lesioni sulle murature verticali, la necessità di alleggerire le strutture orizzontali e la rotazione della cantonata interna lato sinistro. Conseguentemente il Comune di Casalnuovo ordinava ai proprietari l’esecuzione di indifferibili lavori, anche rimuovendo le parti murarie che presentavano evidente pericolo di crollo, lavori che la ricorrente aveva già cantierizzato ed iniziato quando sono sopravvenuti i provvedimenti impugnati a mezzo dei quali il Comune, anche sulla scorta dell’impugnata ordinanza ministeriale che ha ravvisato l’interesse artistico e storico del cd. Palazzo Petagna in questione, ha intimato di eseguire opere provvisionali ed urgenti di sostegno e ritegno delle strutture portanti onde garantire la salvaguardia del bene non modificando lo stato dei luoghi.

Quanto al ricorso n.1885/2012:

Richiamate le circostanze di cui al precedente ricorso, la sig.ra Petagna espone di essere comproprietaria con altri di detto immobile, ormai disabitato e diruto, soffermandosi sulla non praticabilità della riduzione in pristino che si tradurrebbe nella realizzazione ex novo delle strutture crollate con tecniche moderne.

Il Comune si è costituito per replicare ai motivi di ricorso e sostenere la necessità delle opere di ritegno e di sostegno; l’Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita in maniera formale.

Con ordinanza resa in fase cautelare nel ricorso n.1463/2012 il Tribunale, nel rigettare la domanda di sospensione, ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio che, con riguardo alle vicende in contestazione ed alle argomentazioni spiegate in sede ricorsuale anche a mezzo di relazione tecnica nella quale – tra l’altro – si afferma che “…trattasi di immobile urbano con destinazione prevalente ad uso abitativo di tipo ultrapopolare… privo di fregi particolari e intonaci esterni…diruto e pericolante…”, previa acquisizione di tutti gli atti presupposti, chiarisse la fondatezza dal punto di vista tecnico dell’operato dell’Amministrazione che – tra l’altro – sostiene che i proprietari avrebbero eseguito lavori di rimozione parziale del tetto di copertura e di demolizione delle murature portanti con ulteriore aggravio del dissesto delle strutture portanti dell’immobile, anche con riguardo all’impossibilità manifestata da parte ricorrente di eseguire opere di messa in sicurezza quali opere di ritegno, protezione, sostegno, collegamento, contrasto e concatenamento, risultando possibile portare l’altezza del fabbricato ad una quota più bassa solo dopo un taglio verticale alla muratura in tufo e, comunque, impossibile la riduzione in pristino atteso che le strutture crollate dovrebbero essere realizzate ex novo. A seguito del deposito di relazione tecnica, con ordinanza presidenziale n.18126 del 2012 - premesso che da una valutazione sommaria di detta relazione di consulenza venivano evidenziate la grave condizione di rischio e di pericolo che interessa il fabbricato e l’area circostante, peraltro compiutamente riferita anche dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, e la avvenuta realizzazione su iniziativa di parte ricorrente di un sistema di controventatura che muoveva dall’esterno e giungeva al calpestio del secondo piano, ragion per cui si poteva ipotizzare che il Comune prevedesse una soluzione che comunque parzialmente modificasse od integrasse tale progetto, previo accollo di responsabilità in ragione della situazione di rischio e di pericolo da parte della Sopraintendenza per Napoli e Provincia che avrebbe dovuto anche assumere determinazioni definitive circa la possibile demolizione della parte superiore dell’immobile – si è disposto che ciascuna parte, per quanto di competenza, adottasse le determinazioni del caso, valutasse le iniziative più opportune e si provvedesse in definitiva, anche attraverso una Conferenza di servizi decisoria, alle deliberazioni del caso.

Con successivi motivi aggiunti sono stati impugnati il Decreto ministeriale n.1383 del 29/8/2012 di declaratoria di interesse particolarmente importante dell’immobile in questione ed il provvedimento comunale di diniego alla richiesta di permesso di costruire avanzata il 26/10/2012, nonché il provvedimento comunale n.19925 dell’8/5/2012 di diniego del permesso di costruire n.45993 del 26/10/2011, mentre con nota n.18848 del 15/10/2012 la Soprintendenza ha autorizzato interventi di demolizione parziale della parte sommitale delle murature di perimetro e di spina al di sopra di almeno 1,0 ml rispetto al terzo calpestio di fabbrica, interventi che – come dichiarato a verbale di udienza dalla difesa di parte ricorrente – sono stati effettivamente realizzati.

All’udienza pubblica del 13 dicembre 2012 le cause sono state chiamate e trattenute per la decisione come da verbale.

DIRITTO

1.Con i ricorsi in esame parte ricorrente lamenta la violazione dell’art.28 del Decr. Legisl. n.42/2004, dell’art.3 della Legge n.241/1990, dell’art.97 Cost., nonché l’eccesso di potere per difetto dei presupposti, chiedendo altresì il risarcimento dei danni.

2. In via preliminare il Tribunale ritiene di disporre la riunione dei ricorsi, attesa la palese connessione oggettiva; trattasi, invero, di ricorsi che interessano le medesime parti e che riguardano un'unica vicenda amministrativa, afferente la messa in sicurezza e la realizzazione di interventi conservativi sull'edificio denominato "Palazzo Petagna" e la loro assentibilità sotto il profilo della tutela culturale e storico-architettonica.

3. Nello specifico il Collegio osserva che in simili problematiche, che afferiscono a pericoli per la salute pubblica, sovente si fa ricorso ad ordinanze contingibili ed urgenti adottate dal Sindaco quale Ufficiale di Governo al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, per la cui esecuzione è anche possibile richiedere al Prefetto l’assistenza della forza pubblica; detto potere di urgenza può essere esercitato solo per affrontare situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico in presenza di un preventivo accertamento della situazione che deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni (ex multis, T.A.R. Piemonte, II, 12.6.2009, n.1680), anche se l’obiettivo può essere di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini (T.A.R. Lazio, Roma, II, 17.6.2009, n.5726; Cons. Stato, V, 7.4.2003, n.1831; 2.4.2001, n.1904; Cass. Civ., SS.UU., 17.1.2002, n.490).

La stessa Corte Costituzionale (7.4.2011, n.115), nel dichiarare la illegittimità costituzionale del comma 4 del citato art.54 quale introdotto dal D.L. n.92/2008 convertito in Legge n.125/2008 nella parte in cui comprende la locuzione “anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”, ha rimarcato che il Sindaco non può adottare provvedimenti a “contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato”, potendo derogare alla normativa primaria solo in maniera temporalmente delimitata e nei limiti della “concreta situazione di fatto che si intende fronteggiare” dovendosi infatti garantire il principio di legalità sostanziale posto alla base dello Stato di diritto; le ordinanze sindacali in questione incidono d’altra parte sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque restrizioni ai soggetti considerati.

3.1 Nella fattispecie, come evidenziato in sede di consulenza tecnica dalle cui conclusioni non sussistono ragioni per discostarsi, si ha riguardo ad un immobile - il Palazzo Petagna - edificato alla fine del XIX secolo e situato in Casalnuovo di Napoli lungo il corso Umberto I, asse di primaria importanza comunale coincidente con il tratto di strada statale che da Benevento conduce a Caserta. Originariamente l'edificio si componeva di tre piani fuori terra, con sovrastante sottotetto, caratterizzato dalla successione di aperture allineate verticalmente e poste simmetricamente rispetto all'androne di ingresso; quest'ulitmo interrompe la sequenza ritmica degli affacci ai piani terra e primo, attraverso un imponente, ma semplice, portale in pietra lavica e consente l'accesso al cortile ed ai fabbricati posteriori. I balconi del secondo piano sono realizzati con mensoloni monolitici in pietra lavica caratterizzati sul profilo esterno da una semplice modanatura, mentre la terna centrale degli aggetti è sorretta da una coppia di eleganti mensole lapidee terminanti con volute scanalate, mentre il corpo centrale del prospetto principale avanza verso la strada rispetto al profilo della restante facciata; anche in origine la restante parte del fabbricato doveva risultare incompleta in quanto scevra di ogni caratterizzazione estetica, tant'è che ancora oggi le aperture ed il cornicione lasciano apparire l'originario supporto tufaceo

Durante i sopralluoghi il CTU ha verificato che l'originario corpo di fabbrica appare demolito o parzialmente crollato in alcune sue parti, tant’è che per la accertata fatiscenza e pericolosità sono state montate sul marciapiede di corso Umberto I strutture di puntellamento tendenti a preservare l'incolumità dei terzi da possibili ed eventuali crolli del fabbricato. L'edificio si palesa parzialmente demolito nella zona nord-est, dove si riscontra la completa rimozione del sottotetto e la quasi intera eliminazione delle strutture verticali del secondo piano; di quest'ultimo livello si evidenzia solo il paramento di facciata sulla strada pubblica, che ancora si erge, seppure crollato in alcuni punti e libero ovvero senza alcuna controventatura muraria, per quasi tutta l'originaria altezza. L'ala sud-ovest presenta gli orizzontamenti parzialmente crollati ovvero prossimi al collasso, i pensili all'interno del cortile mostrano un avanzato stato di degrado; in seguito al crollo delle strutture orizzontali ai piani superiori, i locali al piano terra risultano interessati da materiali di risulta derivanti proprio dai ripetuti crolli (calcinacci, tufo, lapillo, legno) e le stesse murature sono diffusamente lesionate. Le aperture prospicienti sul corso, ai vari livelli, sono state chiuse con pannelli di lamiera ondulata bloccata al muro da assi di legno e chiodi; all'interno del cortile, a ridosso dell'androne, è stato riscontrato un cumulo di macerie provenienti dal crollo e dalla demolizione dell'intero vano scala che era ubicato alla sinistra dell'androne per chi lo osserva dall'interno del cortile.

3.2 Dalla documentazione acquisita è emerso che già il 14 luglio 1981 il Sindaco del Comune di Casalnuovo di Napoli ordinava ai proprietari di eseguire gli urgenti ed indifferibili lavori al fabbricato di corso Umberto I, consistenti nella demolizione delle strutture pericolanti e nel consolidamento di quelle residue, ordinando agli inquilini lo sgombero dell'immobile fino all'esecuzione dei lavori di cui innanzi. Nell’aprile 2002 i proprietari presentavano allo stesso Comune il progetto di consolidamento ed adeguamento antisismico del fabbricato Petagna ai sensi della Legge 219/81, mentre nel novembre dello stesso anno il Comune con ordinanza n°38 disponeva l'esecuzione di indifferibili ed urgenti lavori di puntellamento del solaio di copertura del piano terra, nonchè lo sgombero degli immobili occupati dai Sigg. D'Alise Giacomo e Gauditano Antonio. Ancora nel novembre 2009 il Comune emetteva nuova ordinanza n.43 per l'esecuzione di urgenti ed adeguati lavori di messa in sicurezza del fabbricato Petagna dopo che il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli aveva trasmesso un fono a seguito di crollo del tetto e di un solaio intermedio (2°-3° piano). Dopo che nel novembre 2010 i proprietari chiedevano al Sindaco del Comune di Casalnuovo di Napoli un incontro al fine di concordare i lavori di messa in sicurezza del fabbricato in quanto gli stessi avrebbero comportato l'occupazione di circa metà carreggiata stradale, nel febbraio di quest’anno in rapida successione i proprietari chiedevano l'autorizzazione a demolire parzialmente il fabbricato e ad occupare con opportuno transennamento parte della sede stradale di corso umberto I, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali comunicava l'inesistenza della dichiarazione di interesse storico-artistico del cd. Palazzo Petagna, il Dirigente del Servizio di Protezione Civile del Comune di Casalnuovo di Napoli emetteva nuova ordinanza nella quale si intimava di eseguire urgenti opere provvisionali di sostegno e di ritegno delle strutture portanti, il Ministero ordinava ai proprietari l'inibizione di tutti quegli interventi ed opere che avrebbero potuto arrecare pregiudizio alla conservazione dell'immobile stesso, per poi comunicare la proposta di dichiarazione dell'interesse particolarmente importante ai sensi degli artt. 13 e 14 del D. L.vo 42/2004 e l'avvio del procedimento di dichiarazione dell'interesse particolarmente importante ai sensi del D. L.vo 42/2004.

4. Ora il Collegio, muovendo dal dato incontestabile che i proprietari hanno sempre sostenuto che la messa in sicurezza del fabbricato potesse concretizzarsi "agendo" unicamente dall'esterno proponendo il puntellamento del manufatto attraverso l'occupazione dell'attiguo suolo pubblico, mentre il Comune - pur ordinando l'esecuzione di indifferibili ed urgenti lavori - ha imposto fin dall'inzio la limitazione del suolo pubblico da occupare, osserva che gli interventi che possono prevedersi in un progetto di messa in sicurezza vanno ponderati in funzione dello stato dei luoghi, del grado di obsolescenza del fabbricato, del degrado dei materiali che sono stati utilizzati e della particolare difficoltà e/o pericolosità che impedisce l'attuazione di una specifica misura di sicurezza. L’Ente persegue l’obiettivo della massima conservazione dell'edificio e della limitazione dell'occupazione di suolo pubblico, necessaria a preservare la fruizione pubblica della parte di strada antistante il manufatto in questione, però mentre con il provvedimento del 1981 consentiva interventi di demolizione e di consolidamento come ascrivibili a lavori di somma urgenza necessari ad eliminare il pericolo nella immediatezza, con l'ordinanza del 2002 intende prima far eseguire una struttura di puntellamento al fine di eliminare il pericolo, per poi far differire gli interventi sul fabbricato esercitando il necessario controllo sugli stessi.

4.1 Condividendo sul punto le conclusioni del CTU, questo Organo giudicante ritiene – con assorbimento degli ulteriori motivi di doglianza – di censurare la circostanza che la limitazione dell'area di sedime delle opere provvisionali sul marciapiede sia stata imposta dall'Autorità comunale senza che fosse stata preventivamente suffragata da una elaborazione specifica di calcolo che ne avesse determinato, con assoluta certezza, le opportune dimensioni. Nel corso degli anni l’attività amministrativa dell’Ente resistente, quale culminata da ultimo nei provvedimenti oggetto di impugnazione, ha ignorato la documentazione tecnica trasmessa dalla parte ricorrente che costituiva una base per gli interventi di messa in sicurezza dell'edificio e, solo a seguito di sopralluogo effettuato dai VV. FF., si intimava di “...eseguire urgenti ed adeguati interventi di messa in sicurezza dell'edificio, rimuovendo preventivamente le parti murarie che presentano evidente pericolo di crollo”, anche se, dopo aver disposto che l'esecuzione degli urgenti ed adeguati interventi di messa in sicurezza dell'edificio sarebbe dovuta avvenire demolendo preventivamente le parti murarie che presentavano evidente pericolo di crollo, si prescriveva che bisognava limitarsi alle sole opere provvisionali rinviando i successivi interventi edilizi alle modalità indicate dal DPR n.380/2001.

La stessa circostanza che il Comune abbia da un lato ordinato che le opere provvisionali non dovevano essere invasive degli spazi pubblici, dall'altro indicato di transennare l'edificio per interdire il passaggio pedonale e veicolare, evidenzia una volta di più la mancanza di argomentazioni tecniche certe e di reale conoscenza dello stato di pericolo da cui è risultato caratterizzato l’agere quale concretizzatosi, da ultimo, nei provvedimenti impugnati; anzi, in risposta alla richiesta dei ricorrenti di essere autorizzati alla demolizione parziale del fabbricato al fine di ridurne l'altezza e di transennare parte della sede stradale di corso Umberto I sì da garantire la pubblica e privata incolumità, con l’impugnata ordinanza n.2 PC/2012 si è intimato di «eseguire urgenti opere provvisionali, non invasive la sede stradale, di sostegno e ritegno delle strutture portanti, onde garantire anche la salvaguardia del bene stesso, non modificando lo stato dei luoghi salvo quanto strettamente necessario a preservare il bene e a salvaguardare la sicurezza pubblica», così chiedendosi ai proprietari di mettere in sicurezza il fabbricato in assenza di qualsiasi atto conoscitivo dello stato dei luoghi e di progetti o piani specifici della sicurezza che potessero dettagliamente e concretamente determinare l'efficacia tecnica di una ordinanza. In riscontro ad un progetto dei proprietari che prevedeva la demolizione dell'intera compagine muraria posta ad una altezza superiore a m 8,25 misurata dal marciapiede per evitare il crollo della parte superiore sulla sottostante strada, anche in considerazione della presenza di numerose lesioni sui paramenti murari, della rotazione di porzioni di muratura, dell'impoverimento della malta rinvenuta nel muro, della mancata ammorsatura dei setti murari, dell'inesistenza quasi totale dei solai e dell'impossibilità di raggiungere con le opere di presidio la sommità del prospetto, il Comune si è limitato ad ipotizzare in un primo progetto “preliminare” la realizzazione di due ponteggi, uno su corso Umberto I e l'altro sul cortile comune, addossati al fabbricato e collegati fra di loro da tiranti posti ad interasse di circa m 2,00, quasi mostrando di ignorare che non è praticabile addossare i ponteggi ai prospetti del fabbricato per l'esistenza degli aggetti (balconi), ma soprattutto non si possono collegare i due ponteggi (interno ed esterno) con i tiranti, giacchè la struttura – per l’assenza degli orizzontamenti di piano ovvero per la presenza di solai notevolmente incurvati e prossimi al crollo - non consentirebbe la messa in opera dei tiranti orizzontali. A mezzo di provvedimento anch’esso impugnato il Comune non ha poi disposto l'ordinanza concordata con i VV. FF., ma si è limitato ad inviare una semplice comunicazione nella quale riferiva ai proprietari di limitare l'area di insistenza della recinzione portandola fino a m 1,50 sulla sede stradale, ciò in netto contrasto con quanto disposto dai VV. FF. con il fonogramma del 12/04/2012, per tacere che, ancora una volta, si chiedeva ai proprietari di realizzare una recinzione di m 4,00 di altezza di «materiale idoneo tale cioè da costituire ostacolo al probabile rotolamento di materiale...» senza che tale intervento fosse suffragato da una previsione generale di opere provvisionali.

4.1.1 Il Collegio in definitiva osserva che i provvedimenti resi dalla Amministrazione comunale hanno denotato un carattere sommario, senza costituire uno strumento idoneo necessario a superare la condizione di rischio e pericolo che interessa il fabbricato e l'area ad esso adiacente, senza dimenticare che alcuni provvedimenti risultano fra di loro contraddittori sì da rendere l’eventuale ottemperanza da parte dei ricorrenti difficile se non addirittura impraticabile. Il secondo progetto presentato dal CTP dell'Amministrazione comunale si è rivelato un’ulteriore specificazione del precedente progetto di messa in sicurezza, che contempla la realizzazione di travi reticolari in sommità all'edificio, ma anche l'inevitabile, parziale demolizione del fabbricato relativamente al sottotetto ed al cornicione.

4.2 Quanto al Decreto ministeriale n.1383 del 29/8/2012 di declaratoria di interesse particolarmente importante dell’immobile in questione come oggetto di impugnazione attraverso motivi aggiunti, ciò dopo che con nota n.18848 del 15/10/2012 la Soprintendenza aveva autorizzato interventi di demolizione parziale della parte sommitale delle murature di perimetro e di spina al di sopra di almeno 1,0 ml rispetto al terzo calpestio di fabbrica, occorre premettere che il Decreto Legislativo n. 42 del 22.1.2004 recante "Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio" prevede, all'art.20, che "i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da arrecare pregiudizio per la loro conservazione". Il successivo art.21 elenca, invece, gli interventi soggetti ad autorizzazione del Ministero, disponendo, in particolare, che "... l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente" (comma 4) e che "l'autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni..." (comma 5). L'art.28 regolamenta, poi, i poteri cautelari e preventivi riconosciuti all'Amministrazione, chiarendo che "il Soprintendente può ordinare la sospensione di interventi iniziati contro il disposto degli articoli 20, 21, 25, 26 e 27 ovvero condotti in difformità dell'autorizzazione" (comma 1), nonché ordinare l'inibizione o la sospensione di interventi anche quando non siano ancora intervenute la verifica o la dichiarazione di interesse culturale, con la precisazione che in quest'ultimo caso l'ordine si intende revocato qualora non sia intervenuta, entro trenta giorni dalla sua ricezione, comunicazione dell'avvio del procedimento di verifica o di dichiarazione ( commi 2 e 3 ).

4.2.1 Di particolare interesse è, poi, la disciplina relativa alla "conservazione" dei beni culturali (artt. 29 e ss.): questa si realizza attraverso una "coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro" (art. 29, comma 1), definendosi la "prevenzione" come "il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto" (comma 2), la "manutenzione" come " il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell'integrità, efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti" (comma 3) e il "restauro" come "l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali" (comma 4).

Il Codice, dopo avere sancito l'obbligo di conservazione dei beni culturali di loro appartenenza in capo allo Stato, agli enti pubblici e privati nonché a carico dei privati, possessori o detentori (art. 30), distingue tra interventi conservativi volontari ed interventi conservativi imposti. I primi, disciplinati dall'art. 31, sono quelli ad iniziativa del proprietario, possessore o detentore e seguono la procedura di autorizzazione ai sensi dell'articolo 21; i secondi, invece, sono previsti dall'art.32, il quale dispone che "il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali ovvero provvedervi direttamente". Il relativo procedimento nasce con la redazione, da parte del Soprintendente, di una relazione tecnica e con la dichiarazione di necessità degli interventi da eseguire; spetta a tale Organo scegliere se procedere immediatamente alla esecuzione diretta degli interventi ovvero chiedere al privato la presentazione di un progetto esecutivo (da redigersi conformemente alla citata relazione tecnica e soggetto ad approvazione), procedendosi invece alla esecuzione diretta solo in caso di inadempimento all'obbligo di presentazione del progetto, di mancata effettuazione delle modifiche richieste dal Soprintendente o di reiezione dello stesso (art. 33).

L'esistenza di un vincolo storico- architettonico giustifica una tutela più intensa del bene e dunque, nell'esercizio della discrezionalità che è propria dell'Amministrazione preposta alla sua tutela, la necessità di un vero e proprio progetto di restauro che conservi e recuperi l'identità originaria del bene in luogo di un mero intervento di manutenzione straordinaria dell'esistente. Il sopravvenuto vincolo costituisce, pertanto, esigenza di interesse pubblico che giustifica più incisivi interventi di conservazione dell'edificio.

4.2.1.1 In definitiva il Codice dei beni culturali assicura, con una serie di norme (artt. 29 e ss.), la conservazione dei beni culturali, definendo gli ambiti possibili di intervento, ponendo obblighi conservativi a carico dei proprietari e riconoscendo, in capo all'Amministrazione, il potere di imporre la presentazione di un progetto delle opere da effettuarsi (T.A.R. Campania, Salerno, I, 7.9.2011, n.1487); come ancora chiarito dal Giudice di appello (Cons. Stato, VI, ord. n. 3647/2008) , anche a seguito della imposizione di vincolo specifico sull'immobile, appartiene alla sfera di discrezionalità tecnica dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo la modulazione dell'intensità dei controlli sul bene interessato dagli interventi manutentivi.

4.2.2 Ora, con riguardo al caso specifico è emerso che l'edificio in questione è sicuramente caratterizzato da una particolare tipologia architettonica ottocentesca, incompiuta e qualificata, sul prospetto principale, da una composizione simmetrica e da una successione ritmica delle aperture allineate verticalmente; inoltre si evince la presenza di un imponente, ma semplice, portale in pietra lavica ed al secondo piano di sette balconi in pietra lapidea terminanti sul profilo esterno con una semplice modanatura, mentre i tre aggetti centrali sono sorretti da una coppia di eleganti mensole lapidee con volute scanalate. Tuttavia il prospetto principale non mostra ulteriori rilevanze architettoniche ed artistiche, soprattutto ove si consideri che lo stesso si presenta scevro di ogni caratterizzazione estetica in quanto ancora oggi lascia apparire l'originario supporto tufaceo; lo stesso prospetto interno, poi, assume una configurazione perfino meno aulica di quello di corso Umberto, giacchè non conformato al registro della composizione simmetrica, mentre le aperture non sono sempre allineate verticalmente e si evidenziano lunghe balconate aventi la funzione distributiva dei vari alloggi e l'intero prospetto è mancante di qualsiasi elemento decorativo.

A parere del Collegio non appare, dunque, condivisibile l'assunto introdotto nella relazione storico artistica, redatta dalla Soprintendenza per i BAPPSAE di Napoli e Provincia senza peraltro riferire degli strumenti di indagine e dei parametri valutativi obiettivi come utilizzati, allorquando si riconduce la «... ferma compostezza della fabbrica sulla strada ...» all'«impiego di una simmetria perfettamente assiale nella composizione delle luci di facciata e forse di quell'apparato decorativo mai realizzato (il fabbricato è sprovvisto di intonaco) ma certamente pensato e progettato ...», nonchè quando successivamente si ipotizza una delle tanti probabili definizioni estetiche del fabbricato paventando l'introduzione di «una possibile scansione» del prospetto, «ritmata da paraste e lesene secondo il gusto dell'epoca».

4.2.3 D’altra parte non può trascurarsi che un’eventuale operazione di restauro di un qualsiasi fabbricato sottoposto a vincolo di tutela si fonda sul recupero di un significativo apparato decorativo esistente e/o sulla eventuale integrazione di piccole parti che nel corso degli anni siano venuti a mancare, in modo da restituire l'integrità stilistica del manufatto preesistente. Nella fattispecie l'orientamento della Sopraintendenza si basa su deduzioni analogico-comparative nemmeno suffragate dalla sussistenza di una elaborazione progettuale storica di Palazzo Petagna; d'altra parte la paventata ricostruzione del fabbricato, anche con la riproposizione di elementi stilistici documentati dalla citata fonte, configurerebbe un falso storico, in contrasto con i dettami dei recenti orientamenti di restauro.

Non bisogna poi dimenticare che la violazione che giustifica la inibizione alla prosecuzione dei lavori deve, invero, essere tale da recare concreto ed immediato pregiudizio all'interesse culturale oggetto di tutela, sicché, in relazione alle opere concretamente in corso di esecuzione, la sospensione dei lavori non sia in alcun modo procrastinabile; deve, dunque, trattarsi di violazioni qualitativamente e quantitativamente rilevanti, pregiudizievoli in via immediata per l'interesse culturale e tali da non consentire una loro regolarizzazione nelle more della esecuzione di altre opere afferenti l'intervento. Orbene, rileva il Tribunale che tale situazione non è ravvisabile nella fattispecie di cui ai presenti ricorsi, tanto più ove si abbia riguardo alla esegesi dell'art.21 del Codice e all’importanza e alla necessaria completezza degli elaborati progettuali; risultando finalità del procedimento autorizzativo quella di valutare la compatibilità dell'intervento con l'interesse culturale oggetto di tutela, la norma pone l'obbligo di presentazione di un progetto che deve contenere una fedele rappresentazione dello stato di fatto, atteso che solo essa consente di valutare compiutamente l'incidenza delle opere che si intendono realizzare in termini di pregiudizio ovvero di salvaguardia dello specifico interesse pubblico e di compatibilità con esso.

4.2.4 In altri termini, l'esercizio del potere deve essere finalizzato alla salvaguardia dello specifico interesse pubblico svolgendosi nel rispetto dei prefati limiti della logicità, ragionevolezza e dell'obbligo di motivazione; viceversa il provvedimento ministeriale impugnato con motivi aggiunti è affetto dal lamentato vizio di carenza motivazionale, atteso che esso si limita ad affermare che la Soprintendenza ritiene “gli immobili denominati Fabbricato al Corso Umberto I ex n.199 e Fabbricato interno cortile al Corso Umberto I ex civ. 263” di interesse particolarmente importante senza specificarne affatto le ragioni sostanziali in uno alle esigenze di immediata esecuzione, peraltro sottoponendo a vincolo corpi di fabbrica - ormai allo stato di ruderi - all’indomani dell’avvio di lavori di demolizione come ordinati e dopo che per lungo tempo “il palazzo signorile” era stato ritenuto privo di pregio storico ed artistico. Il censurato vizio della motivazione si presenta anche sotto altro e rilevante aspetto: il Tribunale ha ben chiaro che i poteri riconosciuti all'Amministrazione per la tutela di beni vincolati, risultando finalizzati alla cura dell'interesse pubblico, sono connotati da profili di discrezionalità amministrativa e di discrezionalità tecnica. Le scelte in ordine alle modalità di cura e di salvaguardia dell'interesse culturale e storico- artistico ed architettonico si esprimono in un'ampia gamma di possibilità, riservate alla scelta dell'autorità amministrativa, salvi i limiti, sindacabili dal giudice amministrativo, della logicità, ragionevolezza, non contraddizione e dell'obbligo di motivazione. Ecco che il potere impositivo di prescrizioni in sede di autorizzazione alla esecuzione dei lavori costituisce un potere generale riconosciuto all'amministrazione, come emerge, ad esempio, dai sopra citati articoli 21, comma 5, e 33, comma 4, che prevedono espressamente la possibilità di porre prescrizioni in sede di approvazione del progetto.

Ora, essendo relative alla ipotesi progettuale presentata dal privato, le prescrizioni attengono ordinariamente ai lavori oggetto di autorizzazione e, dunque, agli interventi che il privato chiede di realizzare; tuttavia nella fattispecie, in disparte la considerazione che l’Amministrazione ha operato la valutazione di interesse in astratto e su uno stato di fatto non più corrispondente alla realtà attuale a seguito delle opere di demolizione e dei crolli, la prescrizione oggetto di impugnativa costituisce sostanzialmente imposizione di un intervento di restauro sul bene vincolato con negazione dell’applicabilità dell’art.5 della Legge regionale n.19/2009 e della possibilità dell’abbattimento, dunque configura una fattispecie di "intervento conservativo imposto" espressamente disciplinato dagli artt. 32 e ss. del Codice, i quali prevedono all'uopo uno specifico procedimento (di competenza del Soprintendente), caratterizzato dalla preliminare redazione di una relazione tecnica e di una dichiarazione di necessità degli interventi (evidentemente finalizzate a dar conto delle ragioni fondanti tale necessità), nonché dalla comunicazione di avvio del procedimento.

4.3 Quanto ai provvedimenti di diniego di permesso di costruire pure essi oggetto di impugnativa con motivi aggiunti, occorre preliminarmente riaffermare – anche a seguito delle modifiche legislative - il limite fondamentale della natura vincolata dell’atto di consenso sostituito dalla dichiarazione di inizio attività (d.i.a.) - oggi segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) per effetto dell'entrata in vigore del D.L. 31 maggio 2010 n. 78: anche il nuovo art. 19 della Legge n.241/1990 chiarisce sul punto che l’atto di consenso può essere sostituito dalla d.i.a. solo quando “il rilascio dell’atto dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo”; in sostanza il Legislatore ha ritenuto che il modello della autoresponsabilità del privato non può arrivare a consentire la sostituzione dello stesso privato all’Amministrazione nella funzione di apprezzamento e di comparazione degli interessi pubblici, ovvero nell’ubi consistam della discrezionalità amministrativa.

Sul punto la giurisprudenza (Cons. Stato, A.P. 29.7.2011, n.15), a seguito di un'attenta ricostruzione delle diverse posizioni sostenute raffrontate al quadro normativo in evoluzione, è ormai dell’avviso che "la denuncia di inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge". Tale lettura in senso non provvedimentale è stata peraltro immediatamente fatta propria dal Legislatore il quale, introducendo il comma 6-ter dell'art.19 della Legge n.241/1990 tramite l'art.6, comma 1, lettera c), del D.L. n.138/2011, ha espressamente disposto che tali atti "non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili".

4.3.1 In questo senso appare consequenziale e condivisibile la ricostruzione della natura del silenzio tenuto dall'Amministrazione per cui "il passaggio del tempo non produce un titolo costitutivo avente valore di assenso ma impedisce l'inibizione di un'attività già intrapresa in un momento anteriore". In tal modo appare chiaro che l'efficacia del titolo formatosi in base all'atto del privato (rectius, la modalità abilitativa alla realizzazione dell'intervento edilizio) si determina indipendentemente dal mancato esercizio del potere di interdizione da parte della Pubblica Amministrazione, trattandosi di fattispecie che operano su piani giuridici diversi. La d.i.a. non dà vita ad una fattispecie provvedimentale di assenso tacito, bensì "riflette un atto del privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge", e tale controversa qualificazione della d.i.a./s.c.i.a. è stata avallata dal Legislatore con la citata novella di cui al D.L. n.138/2011 quantomeno per le d.i.a./s.c.i.a. presentate dopo la relativa entrata in vigore, pur potendosi invero ipotizzarne l'efficacia retroattiva propria delle norme di interpretazione autentica.

4.3.2 Con riferimento alle d.i.a. sia nell'edilizia sia di cui al modello generale ex art.19 della Legge n.241/1990, la giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 9.12.2008, n.5737; T.A.R. Emilia – Romagna, Bologna, II, 17.7.2006, n.142; Cons. Stato, IV, 24.5.2010, n.3263; T.A.R. Lazio, Roma, I, 2.12.2010, n.35023) ritiene che presupposti indefettibili perché esse possano essere produttive di effetti siano la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'autocertificazione; infatti il decorso del termine di trenta giorni non può avere alcun effetto di legittimazione dell'intervento rispetto ad una dichiarazione inesatta o incompleta, con la conseguenza che l'Amministrazione ha la facoltà ed il potere di inibire l'attività o di sospendere i lavori.

Ciò, però, basta al Collegio – con riguardo alla fattispecie in esame - per far ritenere fondati i motivi aggiunti come proposti avverso il provvedimento n.19925 dell’8/5/2012 di diniego di permesso d costruire: i ricorrenti infatti, dopo l’istanza in tal senso inoltrata n.45993 del 26/10/2011 avente ad oggetto la ricostruzione in sito del fabbricato Petagna in applicazione della Legge regionale n°19 del 2009 – è innegabile che il fabbricato nel vigente Piano Regolatore Generale del Comune di Casalnuovo di Napoli ricade in zona A di conservazione nella quale sono ammessi gli interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, avevano presentato una s.c.i.a. n.46185 in data 27/10/2011 riguardante lavori da effettuare sempre per gli stessi immobili; ora è evidente che la nuova istanza aveva sostituito la precedente richiesta di permesso di costruire e, non essendoci alcun provvedimento su cui intervenire, attivato il potere del Comune di "verifica della non formazione della d.i.a." con eventuale, conseguente ordine di interruzione dei lavori entro il termine perentorio, sempre che la d.i.a. fosse completa nei suoi elementi essenziali (ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 9.12.2008, n. 5737). Viceversa, con palese sviamento dell’attività amministrativa nel momento in cui si pongono a fondamento del diniego i presupposti di fatto che avevano dato origine alle ordinanze contingibili in epigrafe e pure oggetto di impugnazione, si fornisce prova della avvenuta adozione di queste ultime proprio per non rilasciare il permesso di costruire, laddove, si ripete, più correttamente poteva essere attivato il potere-dovere di disporre un’integrazione documentale ai fini istruttori.

Peraltro l’operato del Comune appare viziato anche con riguardo alle ulteriori censure sviluppate sul punto da parte ricorrente, atteso che l'intero complesso immobiliare presenta evidenti segni di degrado e di obsolescenza e si rientra, pertanto, nella casistica per cui è possibile richiedere un Permesso di Costruire invocando l'applicazione dell'art. 7, comma 8 bis della L.R. 19/2009 - che sarebbe peraltro l’unico riferimento normativo invocabile – dal momento che tale norma, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, consente il recupero edilizio di edifici diruti e ruderi mediante intervento di ricostruzione in sito, purchè ne sia comprovata la preesistenza alla stessa data di entrata in vigore della citata legge, nonchè la consistenza e l'autonomia funzionale, con obbligo di destinazione del manufatto ad edilizia residenziale e secondo le disposizioni di cui all'art. 5 della medesima legge regionale.

5. Quanto all’ulteriore prodfilo della richiesta di risarcimento dei danni formulata da parte ricorrente, è ben vero che il Tribunale ha riconosciuto l'illegittimità dei provvedimenti impugnati disponendone l'annullamento; tuttavia, a fondamento della esclusione di un obbligo risarcitorio va considerato quanto segue.

5.1 Le prescrizioni contestate da parte ricorrente sono inserite, almeno in parte, in un'autorizzazione alla esecuzione di lavori prima ordinati dall’Amministrazione e, poi, richiesti dagli stessi privati; l'azione della Pubblica Amministrazione censurata nei presenti giudizi, dunque, incide su di un interesse pretensivo del privato, ragion per cui la sussistenza dell'illecito aquiliano ed il conseguente riconoscimento dell'obbligo risarcitorio passano necessariamente per la verifica della spettanza del bene della vita negato dall'Amministrazione. Orbene, il riconoscimento della illegittimità degli atti impugnati contenuto nella presente pronunzia (ed il conseguente loro annullamento) non contiene un accertamento di tipo sostanziale sulla spettanza del bene della vita.

Rinviando a quanto sopra detto in sede di giudizio demolitorio, la riconosciuta illegittimità della prescrizione imposta dalla Soprintendenza e, dunque, del mancato integrale soddisfacimento dell'interesse pretensivo azionato è, invero, avvenuta per difetto di motivazione, senza accertamento di tipo sostanziale; per l'effettuazione di quest'ultimo, sia pure nei limiti consentiti dall'ordinamento alla cognizione del giudice amministrativo in ambiti connotati dall'esercizio di discrezionalità tecnica ed amministrativa, è necessaria l'eventuale rinnovazione della determinazione amministrativa.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, pertanto, le richieste risarcitorie avanzate devono essere allo stato respinte.

6. Per tutti questi motivi, previa riunione, i ricorsi devono essere accolti nei termini di cui in motivazione con conseguente annullamento dei provvedimenti come oggetto di impugnazione anche attraverso motivi aggiunti.

Le spese, anche relative alla CTU come definitivamente liquidate, seguono la soccombenza e sono liquidate da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sui ricorsi come in epigrafe proposti, previa riunione li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti come oggetto di impugnazione anche attraverso motivi aggiunti.

Condanna il Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Sopraintendenza per Napoli e Provincia – ed il Comune di Casalnuovo in maniera solidale al pagamento delle spese dei presenti giudizi, liquidate complessivamente in € 7.000,00 , nonché delle spese di consulenza, definitivamente liquidate in € 7.000,00 oltre IVA e CPA ed anticipate da parte ricorrente quanto ad € 3.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 13 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Cernese, Presidente FF

Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore

Carlo Buonauro, Consigliere





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/12/2012