TAR Liguria, Sez. I, n. 737, del 30 aprile 2013
Beni culturali.Individuazione beni culturali appartenenti ad enti pubblici o privati senza fini di lucro, e beni appartenenti a soggetti privati diversi

Il codice dei beni culturali e del paesaggio D. Lgs. n. 42/2004, definisce “beni culturali”, e come tali soggetti ex lege a tutela, quelli appartenenti ad enti pubblici o privati senza fini di lucro che presentano interesse artistico (art. 10 comma 1). Con riguardo ai beni appartenenti a soggetti privati diversi (persone fisiche e/o società commerciali) il Codice richiede invece, un’apposita dichiarazione dell’interesse culturale (art. 13), che accerti, nel bene che ne forma oggetto, la sussistenza di un interesse artistico “particolarmente importante” (art. 10 comma 3 lettera a).
Dunque, nel caso di beni appartenenti a privati, ai fini dell’assoggettamento a tutela il codice dei beni culturali postula, all’evidente fine del contemperamento con il sacrificio imposto al privato, un grado più elevato (particolarmente importante) dell’interesse artistico, della cui prevalenza in concreto la dichiarazione ex art. 13 deve dare conto con specifica motivazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00737/2013 REG.PROV.COLL.

N. 0

012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 533 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Ileana Pareto Spinola, rappresentata e difesa dall'avv. Simone Porcu, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R;

contro

Ministero per i beni e le attivita' culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, v.le B. Partigiane, 2; 
- Comune di Rapallo;
- Regione Liguria; 
-Provincia di Genova;
- Asl n .4 – Chiavarese;
- Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco;

nei confronti di

- Società Idro Tigullio S.p.A.;
- Società Acque Potabili S.p.A.; 
- Società Ital Gas S.p.A.;
- Borgo Pomaro S.r.l.;

per l'annullamento

del decreto di revoca in autotutela del nulla osta paesaggistico ad un intervento edilizio di demolizione e ricostruzione di edificio.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita' culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 4.6.2012 la signora Ileana Pareto Spinola, comproprietaria di un fabbricato che versa in stato di abbandono e degrado in Rapallo, alla via San Michele di Pagana n. 68, espone: - di aver presentato, unitamente ad altri comproprietari, istanza di permesso di costruire per la demolizione dell’edificio, sito in fregio alla sede stradale, e la sua fedele ricostruzione in posizione più arretrata, con cessione al comune dell’area occorrente all’allargamento ed alla rettifica della sede stradale ed alla realizzazione del marciapiede; - che, con provvedimento 21.4.2011, prot. 12140, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria (d’ora innanzi, la Soprintendenza) esprimeva parere favorevole ai sensi dell’art. 146 comma 5 D. Lgs. 22.1.2004, n. 42; - che l’apposita conferenza di servizi in sede deliberante, nella seduta del 4.8.2011, dichiarava conclusi i lavori, esprimendo avviso favorevole all’approvazione del progetto e della variante urbanistica ad esso sottesa, demandando al comune di Rapallo l’adozione della determinazione di conclusione del procedimento ex art. 14-ter comma 6-bis L. n. 241/1990; che, con il provvedimento impugnato 4.4.2012, n. 18, la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Liguria avocava a sé la competenza nel procedimento in oggetto, e revocava in via di autotutela il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza con nota 21.4.2011.

Ricorre avverso tale ultimo atto, deducendo tre motivi di ricorso, rubricati come segue.

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 14 e 146 D. Lgs. 22.1.2004, n. 42 e dell’art. 17, comma 3 del D.P.R. 233/2007 s.m.i.. Eccesso di potere per incompetenza funzionale, per carenza di motivazione e presupposti, sviamento dall’interesse pubblico e illogicità manifesta.

2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 L. 241/1990 e s.m.i. e dell’art. 17, comma 3, lett. a) del D.P.R. 233/2007. Travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.

3. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21 octies e nonies L. n. 241/1990 e s.m.i. anche in relazione agli artt. 14 e seguenti L. 241/1990 e 59 L.R. 36/1997. Sviamento dalla causa tipica.

Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, controdeducendo ed instando per la reiezione del ricorso.

Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 22.10.2012 la ricorrente ha esteso l’impugnazione al decreto del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Liguria 2.8.2012 (doc. 12 delle produzioni 13.11.2012 di parte ricorrente), di dichiarazione dell’interesse culturale del fabbricato.

A sostegno del gravame aggiuntivo ha dedotto ulteriori tre motivi di ricorso, rubricati come segue (seguendo la numerazione precedente).

4. Sull’illegittimità derivata del provvedimento odiernamente impugnato. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e incompetenza funzionale derivata.

5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 14 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 7.8.1990, n. 241 ed erronea motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità manifesta. Sviamento dall’interesse tipico.

6. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, motivazione e sproporzione.

Previo scambio delle memorie conclusionali e di replica, alla pubblica udienza del 18 aprile 2013 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

Il ricorso introduttivo è fondato, sotto l’assorbente profilo, dedotto con il secondo motivo di ricorso - che riveste priorità logica - con il quale si lamenta la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e del principio del giusto procedimento, in quanto il provvedimento di revoca in autotutela del parere favorevole di compatibilità ambientale ex art. 146 comma 5 D. Lgs. n. 42/2004, espresso in data 21.4.2011 dalla Soprintendenza sul progetto di demolizione e ricostruzione del fabbricato, non è stato fatto precedere dalla comunicazione di avvio del procedimento.

In effetti, in materia di autotutela decisoria, stante la pacifica natura discrezionale dell'atto di annullamento d'ufficio, occorre dar corso alla comunicazione d'avvio del procedimento di ritiro, ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, trattandosi di attività di secondo grado incidente su situazioni giuridiche medio tempore consolidatesi, viepiù se l’annullamento incide su di un atto amministrativo favorevole, qual è certamente il parere - obbligatorio e vincolante - della Soprintendenza ex art. 146 comma 5 D. Lgs. n.42/2004.

In proposito, possono richiamarsi le illuminanti considerazioni contenute nella sentenza Cons. di St., VI, 19.1.2010, n. 187, resa su di una fattispecie per molti versi analoga a quella per cui è causa.

Non ricorreva del resto nessuna particolare urgenza qualificata – peraltro neppure invocata – tale da non consentire che fosse inviata all'interessato la suddetta comunicazione, senza che risultasse compromesso il soddisfacimento dell'interesse pubblico cui il provvedimento di autotutela era rivolto.

E poiché il potere di revoca ha natura eminentemente discrezionale (viepiù nel caso di specie, che involge una differente valutazione tecnica sulla compatibilità del progetto con il vincolo paesaggistico), non vi è alcuno spazio per la sanatoria giurisprudenziale di cui all’art. 21-octies comma 2 L. n. 241/1990.

Parimenti fondato è il ricorso per motivi aggiunti, proposto per l’annullamento del decreto del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Liguria 2.8.2012, di dichiarazione dell’interesse culturale del fabbricato.

In particolare, risultano fondati i motivi con i quali è dedotta la violazione degli artt. 13 D. Lgs. n. 42/2004 e 3 L. n. 241/1990, nonché eccesso di potere sotto i profili del difetto di motivazione, della violazione del principio di proporzionalità e dello sviamento dalla causa tipica del potere esercitato.

Giova premettere che il codice dei beni culturali e del paesaggio D. Lgs. n. 42/2004, mentre definisce senz’altro “beni culturali” – come tali soggetti ex lege a tutela - quelli appartenenti ad enti pubblici o privati senza fini di lucro “che presentano interesse artistico” (art. 10 comma 1), con riguardo ai beni appartenenti a soggetti privati diversi (persone fisiche e/o società commerciali) richiede invece un’apposita dichiarazione dell’interesse culturale (art. 13), che accerti, nel bene che ne forma oggetto, la sussistenza di un interesse artistico “particolarmente importante” (art. 10 comma 3 lettera a).

Dunque, nel caso di beni appartenenti a privati, ai fini dell’assoggettamento a tutela il codice dei beni culturali postula – all’evidente fine del contemperamento con il sacrificio imposto al privato - un grado più elevato (“particolarmente importante”) dell’interesse artistico, della cui prevalenza in concreto la dichiarazione ex art. 13 deve dare conto con specifica motivazione.

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, devono allora condividersi le censure di parte ricorrente.

La motivazione del provvedimento di assoggettamento a vincolo culturale si sostanza infatti in una asettica descrizione dell’immobile, e nella considerazione conclusiva che “in sintesi l’edificio, rappresentante un esempio di architettura ottocentesca, in riviera, di stile classicheggiante-eclettico, moderato e “di buon gusto”, che sembra evitare volutamente espliciti riferimenti al Liberty e al florealismo, semmai occhieggiando nella direzione di Charles Garnier e dei suoi rappresentativi edifici borghesi, costituisce un bene architettonico di interesse storico artistico particolarmente importante. Inoltre con il suo prospetto allungato con torretta costituisce un elemento nobilitante e caratterizzante che identifica nella sua unicità il borgo marinaro di San Michele nella percezione che si ha di esso sia da terra che da mare”.

Ora, sebbene la valutazione in ordine all’esistenza dell’interesse storico-artistico sia espressione di un potere ampiamente discrezionale, nondimeno essa è sindacabile in sede giurisdizionale in presenza di profili di incongruità ed illogicità tali da farne emergere l’inattendibilità.

Nel caso di specie – come giustamente lamentato dalla ricorrente - si tratta di una motivazione che da un lato è generica, non indicando affatto gli elementi architettonici di particolare pregio artistico (la particolare importanza di cui all’art. 10 comma 3 lett. a del codice dei beni culturali), dall’altro si pone in aperta contraddizione con le valutazioni – queste sì, specifiche - della Soprintendenza (organo parimenti tecnicamente qualificato ed istituzionalmente competente), la quale, in esito a sopralluogo, aveva invece sottolineato lo scarso interesse culturale dell’immobile, per: la mancanza di elementi tipologici significativi; la presenza di materiali in latero-cemento altamente degradati per decenni di abbandono, il cui recupero si presenta complesso e costoso; la “assoluta” mancanza di elementi decorativi ed architettonici pregevoli all’interno dell’edificio; la presenza di decorazioni architettoniche ripetitive, limitate alla sola facciata prospiciente la pubblica strada, peraltro eseguite a stampo e ricorrenti nell’edilizia delle riviere liguri dell’epoca e nella produzione giovanile dell’architetto Riccardo Haupt, progettista dell’opera (così la nota 22.7.2011, doc. 7 delle produzioni 29.6.2012 di parte resistente).

La genericità ed inconguenza della motivazione integra altresì violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, posto che - come detto – la normativa consente il sacrificio dell’interesse privato soltanto a fronte di un interesse pubblico “particolarmente importante”, della cui prevalenza in concreto dev’essere dato conto in motivazione.

Sussiste altresì il denunciato sviamento, poiché la valenza paesaggistica dell’edificio (che, in tesi, costituirebbe “un elemento nobilitante e caratterizzante che identifica nella sua unicità il borgo marinaro di San Michele nella percezione che si ha di esso sia da terra che da mare”) assume rilevanza – semmai – in sede di gestione del pertinente vincolo, ed è tutelabile anche mediante la sua fedele ricostruzione (seppure in posizione leggermente arretrata), ma non integra un intrinseco interesse dell’edificio di natura “artistica”, l’unico tutelato dagli artt. 10 e 13 del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Accoglie il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Ministero per i beni e le attività culturali al pagamento in favore della ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in € 5.000,00 (cinquemila), oltre I.V.A. e C.P.A., oltre al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Santo Balba, Presidente

Davide Ponte, Consigliere

Angelo Vitali, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)