Cass. Sez. III n.24096 del 13 giugno 2008 (Cc 7 mar. 2008)
Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. PM in proc. Desimine ed altri
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e modifica della destinazione d’uso (residenza turistico alberghiera)

Può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d\'uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso la vendita di singole unità immobiliari a privati, allorché (indipendentemente dal regime proprietario della struttura) non sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la loro originaria destinazione d\'uso alberghiera per assumere quella residenziale. Si ha lottizzazione abusiva allorquando il frazionamento anzidetto si ponga in contrasto con specifiche previsioni dello strumento urbanistico generale, come ad esempio nel caso in cui detto strumento, nella zona in cui è stato costruito l\'albergo, non preveda utilizzabilità diversa da quella turistico-alberghiera. Nel caso in cui lo strumento urbanistico generale consenta una utilizzabilità anche residenziale può configurarsi lottizzazione abusiva sia allorquando il complesso alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni derogatorie (ad esempio a divieti di edificabilità, limitazioni plano-volumetriche, distanze etc.) non estensibili ad immobili residenziali sia allorquando la destinazione d\'uso residenziale comporti un incremento degli standards richiesti per l\'edificazione alberghiera (con riferimento anche ai parcheggi privati di cui all\'art. 41 sexies della legge n. 1150-1942) e tali standards aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto.
Il problema della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva - allorquando il bene suddiviso consista non in un terreno inedificato, bensì in un immobile già regolarmente edificato - deve essere affrontato anche alla stregua della legislazione urbanistica regionale in materia di classificazione delle categorie funzionali della destinazione d\'uso e correlato precipuamente alle previsioni della pianificazione comunale, alle quali deve essere raffrontata, in termini di "compatibilità", la effettuata trasformazione del territorio. Può integrare il reato di lottizzazione abusiva, il mutamento della destinazione d\'uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, dovendosi considerare, quanto alla individuazione di siffatta "alterazione", che l\'organizzazione del territorio comunale si attua con il coordinamento delle varie destinazioni d\'uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l\'assegnazione ad ogni singola destinazione d\'uso di determinate qualità e quantità di servizi. L\'assetto territoriale, pertanto, può essere alterato anche allorché significativamente si incida sulle dotazioni degli standards di zona.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 07/03/2008
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 275
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 108/2008
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona;
nel procedimento penale instaurato nei confronti di:
1. DESIMINE Giancarlo, nato a Terlizzi il 9.7.1953;
2. BOGLIOLO Giacomo, nato a Laigueglia il 20.10.1949;
3. COCCO Bruno, nato a Boville Ernica il 27.10.1947;
4. SANTORIELLO Vincenzo, nato a Finale Ligure l\'8.6.1963;
5. NEGRONI Claudio, nato ad Alassio il 22.2.1968;
avverso la ordinanza 29.11.2007 del Tribunale per il riesame di Savona;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in camera di consiglio, la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo Fiale;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dr. MELONI Vittorio, il quale ha concluso chiedendo l\'annullamento con rinvio dell\'ordinanza impugnata;
Udito il difensore del Desimine, Avv.to Ricci Emilio, sostituto processuale dell\'Avv.to Mazzitelli Fausto, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Savona, con ordinanza del 29.11.2007 - in accoglimento dell\'istanza di riesame proposta nell\'interesse di Desimine Giancarlo (rappresentante legale della s.r.l. "LIRA") - annullava il decreto 31.10.2007 con cui il GIP. di quello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un complesso immobiliare denominato "Hotel Ideale" sito in Alassio e di proprietà della società anzidetta (adottato in relazione all\'ipotizzato reato di lottizzazione abusiva, D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, lett. c, compiuta mediante modificazione della originaria destinazione alberghiera dell\'immobile e conversione in quella residenziale mediante creazione di unità abitative autonome) e revocava il sequestro medesimo, ordinando la restituzione dei beni sequestrati agli aventi diritto.
Rilevava il Tribunale che la definizione di lottizzazione ricavabile dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 fa riferimento ad "interventi che determinano uno stravolgimento urbanistico importante del territorio" e che una situazione siffatta non era riscontrabile nel caso in esame.
Specificava, al riguardo, che "anche volendo intendere che il mero mutamento di destinazione d\'uso quale quello in esame possa in astratto costituire lottizzazione, occorrerebbe comunque che tale intervento venisse realizzato su un immobile ricompreso in zona dove la nuova destinazione fosse assolutamente vietata ovvero che il mutamento di destinazione avesse comportato una modifica importante tale da stravolgere l\'assetto territoriale, ambientale ed urbanistico".
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona, il quale ha eccepito:
violazione di legge per avere il Tribunale del riesame travalicato in modo abnorme i limiti del sindacato consentito dall\'art. 324 c.p.p., non essendosi limitato al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ed avendo operato, invece, valutazioni del quadro indiziario riservate esclusivamente al giudice del merito;
la inesistenza di qualsiasi motivazione riferita alla tipologia dell\'intervento edilizio effettuato;
la perfetta configurabilità dell\'ipotizzato reato di abusiva lottizzazione, poiché l\'intervenuta trasformazione edilizia si poneva in violazione degli standards urbanistici e di specifiche previsioni del piano urbanistico comunale vigente. Ha lamentato altresì il P.M ricorrente che il Tribunale aveva pure omesso di considerare "la possibilità di una derubricazione del reato" in quello meno grave di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) e di valutare, in ordine a tale diversa ipotesi di reato, la sussistenza dei presupposti per il sequestro preventivo. I difensori del Desimine hanno depositato memoria in data 20.2.2008, prospettando la inammissibilità del ricorso, poiché illegittimamente riferito a vizi di motivazione e non limitato alle consentite eccezioni per violazioni di legge, nonché la manifesta infondatezza dello stesso.
Sotto l\'aspetto procedurale è stata altresì eccepita la violazione dell\'art. 584 c.p.p., per la mancata notifica dell\'atto di impugnazione alle parti private.
Il ricorso del P.M. è fondato e merita accoglimento nei limiti di seguito indicati.
1. Le eccezioni di rito svolte nella memoria difensiva. Le eccezioni di rito svolte nella memoria difensiva sono prive di pregio.
1.1 In tema di ricorso avverso il provvedimento del Tribunale del riesame non trova applicazione - infatti - l\'art. 584 c.p.p. che prevede, peraltro senza comminare alcuna sanzione in caso di violazione dell\'obbligo, la notifica dell\'avvenuta impugnazione alle altre "parti private", poiché tale notifica è funzionale alla presentazione dell\'impugnazione incidentale, estranea alla natura ed alla struttura delle impugnazioni dei provvedimenti in tema di misure di cautela reale.
Nella specie, la richiesta di riesame accolta con il provvedimento impugnato era stata avanzata dal solo Desimine e nessuna automa impugnazione era stata proposta dagli altri indagati. 1.2 Nella nozione di "violazione di legge" - per cui può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell\'art. 325 c.p.p., comma 1, - rientrano la mancanza assoluta di motivazione e la presenza di motivazione soltanto apparente, in quanto correlate alla inosservanza di precise norme processuali (vedi Cass., Sez. Unite, 13.2.2004, n. 5876), e nella specie, il P.M. ricorrente denunzia proprio la carenza assoluta di motivazione in ordine alla configurabilità del "fumus delicti".
2. La ricostruzione della vicenda.
In relazione, poi, alle doglianze svolte dal P.M. ricorrente, appare necessaria, per la comprensione della vicenda, una ricostruzione, sia pure sommaria, dei fatti.
Nel procedimento in esame risultano indagati Desimine Giancarlo (legale rappresentante della s.r.l. "LIRA", committente dei lavori e proprietaria dell\'immobile già avente destinazione d\'uso ad attività alberghiera), Bogliolo Giacomo (direttore dei lavori), Cocco Bruno (titolare dell\'impresa esecutrice dei lavori), Santoriello Vincenzo (tecnico incaricato del frazionamento catastale e degli accatastamenti) e Negroni Claudio (tecnico del Comune di Alassio).
Nei confronti degli stessi escluso il Negroni è stato ipotizzato il reato di cui all\'art. 110 c.p. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), per avere eseguito un intervento di lottizzazione abusiva attraverso il frazionamento del complesso immobiliare alberghiero "Hotel Ideale" e l\'avvio delle opere destinate alla creazione di n. 23 appartamenti indipendenti, n. 3 attività commerciali indipendenti al piano terra, n. 1 locale a uso magazzino e n. 1 tettoia nel cortile, al posto delle n. 62 camere di albergo esistenti, con modificazione dell\'originaria destinazione d\'uso alberghiera in quella residenziale.
Secondo la contestazione:
nell\'immobile in oggetto (avente consistenza di otto piani uno dei quali seminterrato), tra il 10 aprile ed il 4 novembre del 2003, erano stati eseguiti lavori interni di redistribuzione degli spazi, con demolizioni di solai, diminuzione dei servizi igienici, demolizione e spostamento di scale e corridoi;
il Desimine (quale legale rappresentante della proprietaria s.r.l. "LIRA") aveva presentato, in data 10.4.2003, comunicazione di inizio lavori riferita all\'esecuzione di opere interne, L. n. 47 del 1985, ex art. 26 che avrebbero comportato la diminuzione delle camere di albergo da 62 a 61;
in data 25.11.2003 lo stesso Desimine aveva presentato n. 24 domande di condono edilizio, ai sensi della L. 326 del 2003, per il mutamento della destinazione d\'uso dell\'intero immobile da alberghiera a residenziale e frazionamento con creazione di n. 22 appartamenti e n. 2 attività commerciali indipendenti, ed in tali domande veniva indicato (falsamente) che le opere erano state ultimate entro il 30.3.2003;
in data 24.3.2004 erano state presentate ancora 4 istanze di condono edilizio, ai sensi della L. n. 326 del 2003, relative alla creazione di un\'altra unità commerciale, un altro appartamento, un magazzino e una tettoia nel cortile;
in data 15.3.2004 era stato eseguito il frazionamento catastale (presentato poi presso gli uffici comunali il 19.12.2005), con cui si dichiarava l\'avvenuta realizzazione di n. 30 unità immobiliari autonome, di cui n. 23 appartamenti, n. 2 unità commerciali, n. 1 magazzino-garage e n. 4 beni comuni non censibili;
a decorrere dal 12.8.2005 erano stati effettuati ulteriori lavori finalizzati al mutamento della destinazione d\'uso dell\'immobile, con rimozione dei pavimenti, degli infissi e di impianti. Nei confronti del Desimine e del Santoriello sono stati ipotizzati altresì delitti di falso correlati alla presentazione delle istanze di condono edilizio e per falsità ideologica in atti formati nell\'esercizio delle sue funzioni pubbliche risulta pure indagato il tecnico comunale Negroni.
3. Il reato di lottizzazione abusiva.
A norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 1, "si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali, o senza la prescritta autorizzazione, nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l\'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte Suprema, il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi (vedi Cass., Sez. Unite, 28.11.2001, Salvini ed altri, nonché Sez. 3^, 11.5.2005, Stiffi ed altri; 1.7.2004, Lamedica ed altri; 29.1.2001, Matarrese ed altri; 30.12.1996, n. 11249, rie. P.M. in proc. Urtis):
in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell\'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell\'intervento di nuova realizzazione;
ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi.
La lottizzazione è configurabile anche in relazione ad un solo edificio allorquando si configuri un\'esigenza di raccordo con il preesistente aggregato urbano e di potenziamento delle opere di urbanizzazione (vedi Cons. Stato, Sez. 5^, 15.2.2001, n. 790 e 25.10.1997, n. 1189).
Nei casi, però, in cui si agisca sul territorio con modalità non consentibili neppure attraverso la predisposizione di un piano attuativo, ponendo in essere un\'attività finalizzata ed idonea a snaturare la programmazione dell\'uso del territorio stesso delineata nello strumento urbanistico generale, inconferente deve ritenersi ogni riferimento all\'incidenza del nuovo insediamento sullo stato di urbanizzazione esistente.
Il problema, allora, è quello di verificare se l\'attività complessiva posta in essere costituisca mera edificazione illecita, punibile ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) ovvero lottizzazione abusiva, penalmente sanzionata dalla lett. c) dello stesso art. 44.
Ed il parametro di riferimento è dato appunto dall\'art. 30, comma 1, e si incentra sul concetto di "opere o atti giuridici che comportino trasformazione edilizia od urbanistica dei terreni". In tale nozione la trasformazione dei terreni va interpretata nel senso del conferimento di un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale.
4. La destinazione d\'uso degli immobili.
La destinazione d\'uso è un elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione. Essa individua il bene sotto l\'aspetto funzionale, specificando le singole destinazioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici. Lo strumento urbanistico rappresenta l\'atto di destinazione generica ed esso trova attuazione nelle prescrizioni imposte dal permesso di costruire, quale atto di destinazione specifica che vincola il titolare ed i suoi aventi causa.
Possono conseguentemente distinguersi:
una destinazione d\'uso urbanistico, riferita alle categorie specificate dalla legge e dal D.M. n. 1444 del 1968;
una destinazione d\'uso edilizio, che attiene al singolo edificio ed alle sue capacità funzionali.
Deve ritenersi inammissibile il mutamento della destinazione d\'uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, tenuto conto che l\'organizzazione del territorio comunale si attua con il coordinamento delle varie destinazioni d\'uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l\'assegnazione ad ogni singola destinazione d\'uso di determinate qualità e quantità di servizi. Il mutamento di destinazione d\'uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto conto che nell\'ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico- contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell\'ambito della medesima categoria. Il Consiglio di Stato (sez. 5^, 3.1.1998, n. 24) ha affermato, al riguardo, che "la richiesta di cambio della destinazione d\'uso di un fabbricato, qualora non inerisca all\'ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto difforme da quelli ammessi, si pone in insanabile contrasto con lo strumento urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal piano, bensì in un\'alternazione idonea ad incidere significativamente sulla destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare gli equilibri prefigurati in quella sede" (nella specie è stato affermato che legittimamente un Comune aveva respinto l\'istanza per il cambio di destinazione d\'uso di un complesso immobiliare, relativamente ad uso esclusivamente residenziale, del tutto incompatibile con la destinazione di zona). Quanto al mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie, deve ricordarsi che, qualora esso venga realizzato dopo l\'ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza (ipotesi ricorrente nella vicenda in esame), si configura in ogni caso un\'ipotesi di ristrutturazione edilizia secondo la definizione fornita dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), del in quanto l\'esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di "un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente". L\'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione.
Non ha rilievo l\'entità delle opere eseguite, allorché si consideri che la necessità del permesso di costruire permane per gli interventi:
di manutenzione straordinaria, qualora comportino modifiche delle destinazioni d\'uso (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. b);
di restauro e risanamento conservativo, qualora comportino il mutamento degli "elementi tipologici" dell\'edificio, cioè di quei caratteri non soltanto architettonici ma anche funzionali che ne consentano la qualificazione in base alle tipologie edilizie (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. c).
Gli interventi anzidetti, invero, devono considerarsi "di nuova costruzione", ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. e.
Ove il necessario permesso di costruire non sia stato rilasciato, sono applicabili le sanzioni amministrative di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 e quella penale di cui all\'art. 44, lett. b). 4.1 Un delicato problema di coordinamento interpretativo si correla alla disposizione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), secondo la quale sono subordinati a permesso di costruire "gli interventi di ristrutturazione edilizia che ..., limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d\'uso".
Il che potrebbe portare ad affermare che, fuori dei centri storici, la ristrutturazione edilizia (purché non comporti aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici) sarebbe sottratta al regime del permesso di costruire e realizzabile mediante denuncia di inizio dell\'attività anche se si accompagni alla modifica della destinazione d\'uso. Una conclusione siffatta, però, si porrebbe in contrasto con l\'assoggettamento (di cui si è detto dianzi) al permesso di costruire, anche fuori dei centri storici, delle opere di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo (interventi di minore portata rispetto alla ristrutturazione edilizia) qualora comportino modifiche delle destinazione d\'uso. Un\'interpretazione coerente della disposizione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), conseguentemente, può aversi soltanto allorché si ritenga che in essa il legislatore si è riferito alle "destinazioni d\'uso compatibili" già considerate dall\'art. 3, comma 1, lett. c) dello stesso D.P.R. (nella descrizione della tipologia del restauro e risanamento conservativo). Gli interventi di ristrutturazione edilizia, in sostanza, alla stessa stregua degli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo:
necessitano sempre di permesso di costruire, qualora comportino mutamento di destinazione d\'uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico;
fuori dei centri storici sono realizzabili mediante denunzia di attività qualora comportino il mutamento della destinazione d\'uso all\'interno di una stessa categoria omogenea;
nei centri storici non possono essere realizzati mediante denunzia di attività neppure qualora comportino il mero mutamento della destinazione d\'uso all\'interno di una stessa categoria omogenea. Soltanto un\'interpretazione siffatta consente di mantenere coerenza al sistema (vedi Cass., Sez. 3^, 21.10.2002, n. 35177, Cinquegrani). Una diversa conclusione, nel senso della generalizzata esclusione, fuori dei centri storici, del limite dell\'immodificabilità delle destinazioni d\'uso, si porrebbe infatti in incoerente contrasto con tutta la disciplina degli interventi specificati dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 (ove finanche la manutenzione straordinaria, come già si è detto, non può comportare "modifiche della destinazione d\'uso").
5. La legislazione della Regione Liguria in materia di destinazione d\'uso.
Nella Regione Liguria, la L.R. 7 aprile 1995, n. 25, art. 7 prevede che: "Ai fini della determinazione del contributo (concessorio n.d.r.), gli immobili oggetto di concessione edilizia sono assegnati a una o più delle seguenti categorie funzionali:
a) residenza;
b) ospitalità ricettività alberghiera, all\'aria aperta, nonché extralberghiera ai sensi della vigente legislazione in materia;
c) distribuzione al dettaglio;
d) uffici;
e) edifici per l\'industria, l\'artigianato, la movimentazione e la distribuzione all\'ingrosso di merci;
f) autorimesse, rimessaggi, depositi e simili;
g) servizi di uso privato".
Nettamente distinta risulta pertanto, in tale norma, la categoria funzionale residenziale da quella turistico-alberghiera. 6. Le prescrizioni del piano urbanistico comunale del Comune di Alassio.
Le Norme di attuazione del PUC del Comune di Alassio (approvato con D.P.G.R. n. 81 del 22 maggio 2001) prevedono:
All\'art. 6, che "Le tipologie funzionali delle destinazioni d\'uso, su cui si basa la verifica delle eventuali trasformazioni comportanti modifica di destinazione d\'uso sono le seguenti":
RP) Residenza;
RT) Casa per vacanze;
TA) Albergo;
TV) Residenza turistico alberghiera;
TC) Aziende ricettive all\'aria aperta;
CO) Commercio;
UD) Uffici e direzionalità;
AI) Artigianato piccola industria depositi;
RA) Destinazione agricola e casa rurale;
PL) Plessi polifunzionali di servizi pubblici o privati;
AU) Autorimesse private o miste.
All\'art. 26, comma 3, che "Le trasformazioni alberghiere sono consentite soltanto con il regime della concessione edilizia convenzionata" e solo in presenza di determinate condizioni. "Le trasformazioni alberghiere sono assimilate, sotto il profilo degli oneri di concessione, agli interventi di nuova costruzione. Il progetto di trasformazione dovrà avere i seguenti ulteriori requisiti:
Divieto di incremento di volume e di SLA, anche per motivi tecnologici e igienico-edilizi.
Non più del 80% della SLA totale esistente potrà avere destinazione di casa per vacanze o residenziale (RP).
Possibilità di destinare a uso abitativo con progetti di trasformazione più del 80% della SLA totale esistente solo se venga inserita una quota di edilizia convenzionata destinata alla prima casa, non superiore al 20% del totale della SLA così come risultante dal progetto di trasformazione.
In caso di destinazione residenziale RP, la tipologia dell\'alloggio, per almeno 1/2 del numero degli alloggi, dovrà avere una superficie utile netta superiore ai 60 mq. Non sono comunque ammessi alloggi di superficie inferiore a mq. 38.
Le destinazioni accessorie ammesse sono quelle previste per la zona urbanistica di appartenenza".
7. Il mutamento della destinazione d\'uso alberghiera ed il reato di lottizzazione abusiva nella giurisprudenza di questa Corte Suprema. 7.1 Questa 3^ Sezione - con la sentenza 15.2.2007, n. 6396, ric. Cieri - ha affermato che configura il reato di lottizzazione abusiva "la modifica di una destinazione d\'uso di una residenza turistico- alberghiera realizzata attraverso la vendita di singole unità a privati allorché non sussista un\'organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la originaria destinazione d\'uso alberghiera per assumere quella residenziale, in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione". Nel caso di specie, riguardante il Comune di Golfo Aranci, la realizzazione di un nuovo complesso (che prevedeva la costruzione ulteriore di 280 unità immobiliari, per complessivi 34.839 mc, con destinazione produttiva-alberghiera) era stata consentita in virtù di due deroghe:
quella al divieto di edificabilità posto dalla L.R. n. 45 del 1939;
quella alle limitazioni plano-volumetriche imposte dallo strumento urbanistico comunale.
Si era verificata però, successivamente, una "utilizzazione surrettizia del regime derogatorio per realizzare utilità immobiliari residenziali in zona urbanistica ove le stesse non erano consentite".
Quanto alla individuazione della destinazione della struttura immobiliare (alberghiera o abitativa), la Suprema Corte ha escluso che si debba tener conto della titolarità della proprietà della stessa, che indifferentemente può appartenere ad un solo soggetto proprietario oppure ad una pluralità di soggetti.
Ciò che rileva, invece, è la configurazione della struttura (anche se appartenente a più proprietari) come albergo ed una configurazione siffatta deve essere caratterizzata dalla "concessione in locazione delle unità immobiliari ad una generalità indistinta ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo predeterminati. Se manca questa destinazione dei locali ad un pubblico generalizzato, ma si destinano parte dei locali costruiti esclusivamente all\'utilizzazione dei soggetti proprietari, non si ha più utilizzazione alberghiera, bensì abitativa.
Nella vicenda in oggetto, i giudici del merito avevano dimostrato proprio la inesistenza di una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni al contratto di albergo.
Questa 3^Sezione, inoltre:
con la sentenza 4.5.2004, n. 20661, ric. Repino, ha già configurato (sia pure con motivazione assai scarna) quale attività di lottizzazione materiale la modificazione di destinazione d\'uso, senza concessione, delle unità immobiliari facenti parte di un complesso alberghiero e la vendita parcellizzata di alcune di esse;
con la sentenza 21.3.2005, n. 10889, ric. Garbari, ha ribadito la configurabilità della lottizzazione abusiva anche in relazione ad un complesso immobiliare già edificato, attraverso il cambio di destinazione d\'uso rilevabile dalla stipula di contratti preliminari di compravendita aventi ad oggetto unità abitative destinate a residenza privata e facenti parte di un complesso originariamente autorizzato per lo svolgimento di attività alberghiera;
con la sentenza 24.2.2006, n. 6990, ric. Ambrosioni, ha affermato che "configura il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d\'uso di immobili oggetto di un piano di lottizzazione attraverso il frazionamento di un complesso immobiliare di modo che le singole unità perdano la originaria destinazione d\'uso alberghiera per assumere quella residenziale, atteso che tale modificazione si pone in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dall\'assentito piano di lottizzazione convenzionata". Le argomentazioni svolte nella sentenza Ambrosioni, n. 6990/2006 sono state poi condivise dalla sentenza 3.4.2007, n. 13687, Signori, ove l\'insediamento alberghiero poi frazionato era stato assentito (in territorio di Grosseto) in base a "variante di piano" adottata sul presupposto della gestione alberghiera della struttura. In una pronuncia ormai remota, invece, sempre questa Sezione (Sez. 3^, 8 maggio 1991, Ligresti ed altri) aveva affermato che il mutamento di destinazione d\'uso non è idoneo ad integrare il reato di lottizzazione abusiva, poiché "una corretta interpretazione della L. 47 del 1985, art. 18 non consente di intravedere il reato di lottizzazione se non quando siano modificati i terreni e non gli edifici".
Trattasi però di una sentenza ampiamente superata, quanto ai principi in essa enunciati, dalla più recente giurisprudenza di legittimità ed essa, comunque, trascura di considerare che:
anche il mutamento di destinazione d\'uso di edifici già esistenti può influire sull\'assetto urbanistico dei terreni sui quali essi insistono e può altresì comportare la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione;
esistono differenze quantitative e qualitative delle opere di urbanizzazione nelle differenti zone e per le diverse destinazioni d\'uso, tanto che pure i giudici amministrativi hanno ritenuto necessaria una variante allo strumento urbanistico generale per poter concedere l\'autorizzazione ad eseguire una lottizzazione con cui venga attuato un mutamento della destinazione di zona. 7.2 L\'orientamento attuale di questa Corte Suprema, dunque, si pone nel senso che:
Può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d\'uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso la vendita di singole unità immobiliari a privati, allorché (indipendentemente dal regime proprietario della struttura) non sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la loro originaria destinazione d\'uso alberghiera per assumere quella residenziale.
Si ha lottizzazione abusiva allorquando il frazionamento anzidetto si ponga in contrasto con specifiche previsioni dello strumento urbanistico generale, come ad esempio nel caso in cui detto strumento, nella zona in cui è stato costruito l\'albergo, non preveda utilizzabilità diversa da quella turistico-alberghiera. Nel caso in cui lo strumento urbanistico generale consenta una utilizzabilità anche residenziale può configurarsi lottizzazione abusiva sia allorquando il complesso alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni derogatorie (ad esempio a divieti di edificabilità, limitazioni plano-volumetriche, distanze etc.) non estensibili ad immobili residenziali sia allorquando la destinazione d\'uso residenziale comporti un incremento degli standards richiesti per l\'edificazione alberghiera (con riferimento anche ai parcheggi privati di cui alla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies) e tali standards aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto.
8. Il mutamento della destinazione d\'uso nella fattispecie in esame. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, con le specificazioni indicate dalle Sezioni Unite con la sentenza 29.1.1997, ric. P.M. in proc. Bassi, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "piena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell\'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l\'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell\'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale.
Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all\'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae", così da determinare una non-consentita preventiva verifica della fondatezza dell\'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell\'ambito di un medesimo procedimento.
L\'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che, pur non potendo essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, vanno valutati cosi come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l\'ipotesi formulata in quella tipica.
Il Tribunale del riesame, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l\'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull\'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l\'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro.
Nella fattispecie in esame il Tribunale di Savona ha operato in senso negativo l\'anzidetta valutazione prospettica di "ragionevole probabilità" della configurazione del reato, facendo generico riferimento alla ritenuta assenza di "uno stravolgimento urbanistico importante del territorio" ed alla circostanza che l\'immobile oggetto di trasformazione insiste "in un contesto già fortemente urbanizzato e dove la destinazione stessa non è preclusa ex lege" (zonaB1). Non ha tenuto conto, però, che:
il problema della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva - allorquando il bene suddiviso consista non in un terreno inedificato, bensì in un immobile già regolarmente edificato - deve essere affrontato anche alla stregua della legislazione urbanistica regionale in materia di classificazione delle categorie funzionali della destinazione d\'uso e correlato precipuamente alle previsioni della pianificazione comunale, alle quali deve essere raffrontata, in termini di "compatibilità", la effettuata trasformazione del territorio;
può integrare il reato di lottizzazione abusiva, il mutamento della destinazione d\'uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, dovendosi considerare, quanto alla individuazione di siffatta "alterazione", che l\'organizzazione del territorio comunale si attua con il coordinamento delle varie destinazioni d\'uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l\'assegnazione ad ogni singola destinazione d\'uso di determinate qualità e quantità di servizi. L\'assetto territoriale, pertanto, può essere alterato anche allorché significativamente si incida sulle dotazioni degli standards di zona.
Ha omesso di valutare, infine, se sia comunque configurabile il "fumus" della contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (edificazione realizzata in assenza del prescritto titolo abilitativo edilizio) e se in ordine ad essa si ravvisi eventualmente il pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato.
9. l\'ordinanza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio allo stesso Tribunale di Savona, per un nuovo esame della vicenda alla stregua dei principi di diritto dianzi enunciati. P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 127 e 325 c.p.p., annulla l\'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Savona. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2008. Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2008