Cass. Sez. III n. 9453 del 8 marzo 2016 (Ud 23 ott 2015)
Pres. Mannino Est. De Masi Ric. Capurso ed altri
Beni ambientali. Pratica di motocross all'interno di un parco nazionale
La colpevolezza resta esclusa dalla verificazione di un elemento estraneo all'agente, idoneo a condizionarne la condotta, che, quindi, risulta comunque ispirata a buona fede. Tale elemento tuttavia non può essere costituito dall'errore di diritto dipendente da ignoranza non inevitabile della legge penale e, quindi, dal mero errore di interpretazione, che diviene scusabile quando è determinato da un atto della pubblica amministrazione o da un orientamento giurisprudenziale univoco e costante, da cui l'agente tragga la convinzione della correttezza dell'interpretazione normativa e, di conseguenza, della liceità della sua condotta (fattispecie relativa alla pratica di motocross all'interno di un parco nazionale)
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Trani, con sentenza del 17/10/2013, ha condannato gli imputati, per il reato di cui all'art. 110 c.p. e L. n. 394 del 1991, art. 30, comma 1, concesse le attenuanti generiche, alla pena di Euro 100,00 di ammenda ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali.
I fatti contestati ai prevenuti consistono nell'aver praticato "motocross" su un viale parafuoco perimetrale, ricadente in zona 1 del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, in violazione dei divieti generali previsti dall'allegato A, art. 3 D.P.R. 10 marzo 2001 istitutivo dell'Ente Parco Nazionale dell'Alta Murgia, in modo da compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati (in (OMISSIS)).
Gli imputati hanno proposto, tramite i difensori, impugnazione e l'adita Corte di Appello di Bari, ai sensi dell'art. 593 c.p.p. e art. 568 c.p.p., comma 5, essendo stata applicata la sola pena dell'ammenda, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte Suprema di Cassazione, quale giudice competente.
Il difensore di C.A., G.R. e M. F. ha chiesto l'assoluzione degli imputati perchè il fatto non sussiste o perchè il fatto non costituisce reato, invocando l'errore scusabile di cui all'art. 5 c.p., avuto riguardo ai contatti interorsi tra gli imputati del il Presidente dell'Ente Parco, la rideterminazione della pena, previa concessione delle circostanze attenuati generiche prevalenti alla contestata aggravante, la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, negato dal giudice di prime cure sul mero rilievo dell'intensità dell'elemento psicologico; i predetti, in data 21/10/2015, hanno fatto pervenire dichiarazioni di rinuncia al ricorso per cassazione.
Il difensore di L.A., con il primo motivo di impugnazione, ha denunciato la nullità della sentenza per mancanza di motivazione in ordine ad un punto decisivo e segnatamente circa le ragioni della presenza dell'imputato, esponente dell'associazione sportiva "Enduro & Ambiente", nel luogo del commesso reato, ed ha chiesto l'assoluzione dell'imputato dal reato ascritto perchè il fatto non sussiste o perchè non costituisce reato o comunque perchè manca, è insufficiente o contraddittoria la prova che il fatto sussiste o che costituisce reato.
Con il secondo motivo, ha chiesto la rideterminazione della pena, previa concessione delle circostanze attenuati generiche in via autonoma o con il criterio della prevalenza, nonchè la concessione della sospensione condizionale della pena e dei benefici di legge erroneamente negati dal giudice di prime cure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi proposti da C., G. e M. sono inammissibili in quanto ciascuno dei predetti imputati, in data 21/10/2015, ha fatto pervenire dichiarazioni di rinuncia all'impugnazione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per rinuncia all'impugnazione, consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l'art. 616 c.p.p. non prevede distinzioni tra le ipotesi di inammissibilità previste dall'art. 606 c.p.p., comma 3 e quelle contemplate dall'art. 591 c.p.p. (Sez. 6, n. 26255 del 17/06/2015, Rv. 263921).
Il ricorso proposto dal L. è fondato nei limiti di seguito precisati.
Con il primo motivo di impugnazione si lamenta che il Tribunale di Trani non avrebbe esaminato, dandone conto in motivazione, le prospettazioni difensive relative all'intento, manifestato dal predetto imputato in qualità di appartenente all'associazione sportiva "Enduro & Ambiente", di individuare un itinerario per motociclisti all'interno dell'area protetta del Parco dell'Alta Murgia con i dirigenti dell'ente, non a caso previamente contattati e dichiaratisi nel corso degli incontri all'uopo tenuti, disponibili ad una soluzione positiva. Si insiste inoltre, da parte della difesa, sull'obiettiva impossibilità di effettuare un' ispezione dei luoghi procedendo "a piedi", come invece indicato nella nota del 4/3-/2011, data l'ampiezza del territorio da attraversare.
La doglianza si appalesa infondata atteso che il principio di diritto al quale si ispira la sentenza impugnata è assolutamente corretto e rispecchia l'indirizzo giurisprudenziale per cui, anche nelle contravvenzioni, non basta la semplice volontarietà dell'azione, ma occorre almeno la colpevolezza, sia pure intesa in senso naturalistico, restando escluse situazioni soggettive puramente psicologiche come la consapevolezza dell'antigiuridicità della condotta o l'intenzione di violare la legge.
E la colpevolezza resta esclusa dalla verificazione di un elemento estraneo all'agente, idoneo a condizionarne la condotta, che, quindi, risulta comunque ispirata a buona fede.
Tale elemento tuttavia non può essere costituito dall'errore di diritto dipendente da ignoranza non inevitabile della legge penale e, quindi, dal mero errore di interpretazione, che diviene scusabile quando è determinato da un atto della pubblica amministrazione o da un orientamento giurisprudenziale univoco e costante, da cui l'agente tragga la convinzione della correttezza dell'interpretazione normativa e, di conseguenza, della liceità della sua condotta (Cass. Sez. U, n. 8154 del 18/7/1994, ric. P.G. in proc. Calzetta e altro., Rv. 197885; Sez. 3, n. 4951 del 17/12/1999, Rv. 216561).
Nella specie, il Tribunale di Trani ha motivatamente disatteso la tesi della scusabilità dell'errore di diritto, così adeguandosi alla soluzione negativa data dalla giurisprudenza di legittimità, escludendo (pagg. 3 e 4 della impugnata sentenza) la sussistenza di circostanze idonee a determinare uno scusabile convincimento circa la liceità della condotta posta in essere dall'imputato, stante il chiaro tenore della nota del 3/4/2011 a firma del direttore del Parco, prodotta in giudizio dalla stessa difesa degli imputati.
E' appena il caso di ricordare che, secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, nelle fattispecie contravvenzionali, la buona fede può acquistare giuridica rilevanza solo a condizione che si traduca ìn mancanza di coscienza dell'illiceità del fatto e derivi da un elemento positivo estraneo all'agente, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto; e che la prova della sussistenza di un siffatto elemento sia fornita dall'imputato, unitamente alla dimostrazione di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma (Sez. 4, n. 9165 del 05/02/2015, Rv. 262443, Sez. 3, n. 42021 del 18/07/2014, Rv. 260657, Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004, Rv. 230889).
Ebbene, nessuna prova ha fornito al riguardo il L., mentre le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, analiticamente richiamate nell'impugnata sentenza, hanno confermato la presenza dell'imputato a bordo di una motocicletta (enduro) nell'area protetta - situazione quest'ultima segnalata dalla cartellonistica presente in loco, come riferito dall'agente del Corpo Forestale escusso quale teste - e la concreta possibilità di compromissione degli ambienti naturali con particolare riguardo alla flora e alla fauna e ai rispettivi habitat.
Quanto al secondo motivo di doglianza, formulato con riferimento alla concessione delle attenuanti generiche "equivalenti alla contestata aggravante", la censura è fondata in quanto il giudice di primo grado ha considerato ai fini della quantificazione della pena un'ipotesi criminosa circostanziata insussistente ed ha perciò erroneamente ritenuto il concorso di circostanze (art. 69 c.p.), omettendo di operare la riduzione di cui all'art. 62 bis. c.p.. E poichè tale provvedimento è affidato ai poteri discrezionali del giudice di merito, non ricorrono le condizioni per farvi luogo, ai sensi dell'art. 620 c.p., comma 1, lett. I), direttamente nel giudizio di legittimità e, di conseguenza, la sentenza impugnata dev'essere annullata sul punto, con rinvio.
Il ricorrente, fondatamente, si duole anche della mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena atteso che il Tribunale non ha indicato concreti elementi di valutazione sui quali poter basare, logicamente e motivatamente, un negativo giudizio prognostico ostativo ai benefici richiesti in prime cure.
Al riguardo, non può ritenersi esaustivo il solo riferimento alla "particolare intensità dell'elemento psicologico" laddove, contraddittoriamente, è stata esclusa la gravità del reato pur sempre contravvenzionale - in relazione al quale il primo giudice ha ritenuto congrua la pena pecuniaria, in luogo di quella detentiva, ma si richiedeva una motivazione ancor più approfondita e connotata da stringente logicità, trattandosi di elemento positivo di significativa valenza.
Infatti, così come più volte precisato da questa Corte, il giudice, per pervenire correttamente al diniego del beneficio, deve individuare nella fattispecie sottoposta al suo esame (riguardata nei profili oggettivi e soggettivi) uno o più elementi di segno contrario, idonei a neutralizzarlo (Sez. 5, n. 10494 del 22/10/1997, Rv. 209024; Sez. 1, n. 9693 del 18/06/1992, Rv. 191875).
Anche su questo punto l'impugnata sentenza deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Trani, per nuovo esame in ordine al trattamento sanzionatorio, quanto alla concessione delle attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., ed alla richiesta dell'imputato di concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Resta ovviamente coperta da giudicato la statuizione concernente l'affermazione di colpevolezza, con conseguente irrilevanza della decorrenza del termine di prescrizione successivamente alla presente sentenza (art. 624 c.p.p.).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi del C., del G. e del M. e condanna i ricorrenti al pagamento della spese processuali e della somma di Euro 500,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e ai benefici di legge nei confronti del L. e rinvia al Tribunale di Trani. Rigetta nel resto il ricorso del L..
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2015.