Cass. Sez. III sent.29495 del 4 agosto
2005 (C.c.. 16-6-2005)
Pres. Vitalone Est. Sarno Ric. MIRAGLIUOLO
Beni ambientali - autorizzazione paesaggistica
E' tuttora vigente il disposto dell'art.16 R.D. 1357-40 che prevede un termine di decadenza quinquennale dell'autorizzazione paesaggistica. Il termine di decadenza inizia a decorrere con la comunicazione del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 16/06/2005
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00778
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giuseppe - Consigliere - N. 013939/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) MIRAGLIUOLO LUIGI, N. IL 21/04/1932;
avverso ORDINANZA del 11/01/2005 TRIB. LIBERTÀ di NAPOLI;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO GIULIO;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. FAVALLI Mario: rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv. MOLINARO LAMPO B.A. (Barano d'Ischia). OSSERVA
Luigi Miragliuolo, ha proposto ricorso per Cassazione per l'annullamento
dell'ordinanza con la quale il Tribunale di Napoli, ha rigettato l'istanza di
riesame del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del medesimo
Tribunale in data 28.12.2004 in relazione ai reati di cui agli artt.:
a) 81 cpv, 110 c.p., 44 D.P.R n. 380/2001, per avere in qualità di gestore del
distributore Agip" di Forio, in concorso con Giannino procuratore della società
"Agip Petroli s.p.a., assegnatala della concessione edilizia n. 1 del
20.12.2000, inesistente in quanto adottata in mancanza del nulla osta
paesistico, realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, su di una
superficie di circa 700 mq, un impianto distributore di carburante Agip, posto a
livello stradale prospiciente la via Provinciale Lacco, località Chiaia,
costituito: da un'area posta a livello strada e da un'altra area posta a livello
inferiore di m 3,50 circa, alla quale si accede tramite due rampe laterali,
composto, inoltre, nell'area a quota strada da un manufatto adibito ad uffici e
servizi occupante una superficie di 14 mq circa con terrazzo di pertinenza di
circa mq 80, da una pensilina a copertura dell'area in cui sono posizionati gli
erogatori nonché da un'insegna pubblicitaria posta a confine con la strada; la
pensilina occupa una superficie di circa 170 mq sorretta da una struttura in
ferro alta circa 5 mt., l'area a quota inferiore è adibita a parcheggio, nonché
ad accesso ai locali seminterrati adibiti a servizio dell'attività, con
copertura fungente da terrazzo di pertinenza del manufatto soprastante; il
tutto, ad eccezione del lato a confine strada, recintato da un muretto in c.a.
dell'altezza media, misurata dal lato interno, di m 1,00 circa, sormontato da
una ringhiera in ferro zincato alta mt. 1,50 circa;
d) art. 44, lett. c) del D.P.R. n. 380/01, in relazione all'art. 163 del dlgs.
n. 490/99, per avere eseguito le opere di cui al capo a) in area o su bene
sottoposto a vincolo paesaggistico-ambientale in assenza dell'autorizzazione
prescritta dall'art. 151 d.lgs. n. 490/99, ed ha eccepito i seguenti motivi:
1) - Violazione degli artt. 162 e 157, comma 7, c.p.p. - Nullità dell'avviso di
fissazione dell'udienza camerale innanzi al Tribunale del Riesame, notificato in
luogo diverso dal domicilio eletto e a persona diversa dal domiciliatario -
Errore nei presupposti e nella motivazione.
2) - Violazione dell'art. 321 c.p.p.. Carenza assoluta del requisito del "fumus
commissi delicti" - Violazione e falsa applicazione dell'art. 16 del R.D. n.
1357/40 e degli artt. 161, 163 e 166 del d.lgs. n. 490/99 - Manifesta illogicità
della motivazione - Travisamento di fatto.
3) - Violazione dell'art. 321 c.p.p. sotto altro profilo Inesistenza delle
esigenze cautelari che il sequestro mira a soddisfare. Il ricorso è infondato.
In relazione al primo motivo, correttamente il Tribunale del Riesame, sulla scia
di un consolidato orientamento di legittimità, ha respinto l'eccezione di
nullità della notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale sul
presupposto che l'elezione di domicilio contenuta nell'atto di nomina del
difensore allegata all'istanza di riesame e depositata, unitamente a questa,
dallo stesso difensore presso la cancelleria del Tribunale del Riesame, fosse
priva di efficacia non essendo stata fatta dal ricorrente nelle forme
obbligatoriamente previste dal codice di rito (art. 162 c.p.p.).
È assolutamente prevalente, infatti, l'indirizzo di questa Corte che ritiene
l'elezione di domicilio essere un atto personale a forma vincolata, da compiersi
esclusivamente secondo le modalità indicate nell'art. 162 cod. proc. pen. Per
conseguenza non può riconoscersi validità ed efficacia alla elezione di
domicilio fatta presso il difensore e da questi depositata in cancelleria,
anziché dichiarata a verbale dall'imputato o da questi trasmessa all'autorità
procedente mediante telegramma o lettera raccomandata, con sottoscrizione
autenticata. (Sez. 3, Sentenza n. 1199 del 27/11/1998 Rv. 212826; Sez. 6,
Sentenza n. 33085 del 12/06/2003 Rv. 226665). E, dunque, è valida la consegna
dell'atto effettuata a mani della moglie del ricorrente, tanto più che quest'ultima
non risulta avere in alcun modo evidenziato ragioni impeditive alla ricezione
dell'atto ai carabinieri che presso la Stazione CC di Forio d'Ischia avevano
eseguito la notifica.
Venendo ora al secondo motivo, occorre anzitutto premettere che il ricorso per
Cassazione, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., è ammesso unicamente per violazione
di legge.
Rimangono fuori dal sindacato di questa Corte, pertanto, asseriti profili di
travisamento del fatto o vizi della motivazione attinenti alla lamentata
contraddittorietà della stessa.
Il giudizio di riesame, inoltre, come noto, mantiene autonoma funzione rispetto
al giudizio di merito e in nessun caso può essere a quest'ultimo sovrapposto.
Fatta la premessa di cui sopra, osserva il collegio che il tribunale,
nell'ambito e per gli effetti propri del giudizio del riesame, correttamente ha
ritenuto ricorrere quantomeno l'ipotesi contestata al capo d).
La motivazione di merito si fonda sulla premessa che il mancato rilascio del
nulla osta paesaggistico, nel caso in cui esso sia richiesto, comporta
l'inefficacia del titolo concessorio per la realizzazione di un'opera.
Sul principio dell'inefficacia della concessione in assenza del nulla osta
ambientale, non sembrano esservi obiezioni di fondo. Il ricorrente appunta,
invece, l'attenzione sulla validità del nulla osta paesaggistico, rispetto al
quale pone due ordini di questioni. Anzitutto ritiene che per effetto della
successione delle disposizioni normative succedutesi in materia il nulla osta
paesaggistico non potrebbe più ritenersi assoggettato al limite di cinque anni
indicato dall'art. 16 del R.D. n. 1357/40, trattandosi di disposizione oramai
abrogata.
In ogni caso assume che il termine del quinquennio di cui all'art. 16 del R.D.
n. 1357/40 non era affatto spirato all'epoca dei lavori, decorrendo lo stesso
dalla data di rilascio della concessione edilizia (20.12.2000) o, quantomeno,
dalla data della sua comunicazione (del nulla osta, n.d.r.) ed, inoltre, che,
come si evidenzia dalla relazione di perizia del consulente, poiché al momento
del sequestro, i lavori già si trovavano comunque in avanzato stato di
esecuzione ed avevano già comportato una apprezzabile ed oramai irreversibile
mutazione del territorio, diventa comunque irrilevante, nella specie, la perdita
di efficacia del nulla osta paesaggistico.
Affrontando le questioni nell'ordine logico, ritiene il collegio di doversi
soffermare anzitutto sulla vigenza del termine quinquennale di efficacia del
nulla osta paesaggistico.
Rileva il ricorrente che l'art. 166 del Testo Unico approvato con d.lgs n. 490
del 1999 ha sancito l'abrogazione della legge 29.6.1939, n. 1497.
Di conseguenza, la disposizione contenuta nell'art. 16 del regolamento approvato
col regio decreto n. 1357/40, secondo cui l'autorizzazione vale per un periodo
di cinque anni, non può più ritenersi in vigore perché automaticamente caducata
dalla abrogazione della normativa madre (legge n. 1497/39) ad opera del c.d.
Testo Unico.
Trattasi, peraltro, secondo il ricorrente, di fonte di normazione secondaria
incompatibile con la normativa sopravvenuta anche in ragione dei nuovi
meccanismi procedimentali introdotti dalla legge n. 431/85 in relazione al
d.P.R. n. 616/77.
E, peraltro, il successivo d.lgs n. 42/04 (c.d. "Codice Urbani") non menziona
all'art. 146 la durata dell'autorizzazione paesistica ed anzi, all'art. 184,
abroga l'intero decreto legislativo n. 490/99 e successive modificazioni..
Sul punto, osserva tuttavia il collegio, ha già correttamente evidenziato il
Tribunale che l'art. 161 del d.lgs. n. 490/99, sancisce la perdurante vigenza
delle disposizioni del regolamento. Per l'attuazione delle disposizioni del
Testo Unico restano, infatti, in vigore "in quanto applicabili", le disposizioni
del regolamento approvato con regio decreto 3 giugno 1940 n. 1357".
Nè vi può essere dubbio sulla circostanza che l'art. 16 citato rientri tra le
disposizioni compatibili.
Esso prevede, infatti, una speciale forma di decadenza preordinata a consentire
una nuova valutazione della compatibilità dell'opera con la protezione dei beni
ambientali quando il decorso del tempo può, per qualsiasi causa, aver mutato le
condizioni originariamente esistenti al momento del rilascio.
E, oltre che opportuna, tale forma di decadenza appare anche necessaria in
quanto, secondo autorevoli orientamenti, l'autorizzazione, una volta rilasciata,
non sarebbe neanche suscettibile di essere revocata per motivi attinenti al
merito rientrando tra quegli atti con la cui esecuzione l'ergano definitivamente
esaurisce la sua funzione di amministrazione attiva e la sua potestà in materia
creando o rendendo comunque esercitabili diritti soggettivi.
Quanto al problema, pure sollevato dal ricorrente, circa il momento iniziale di
decorrenza del termine del quinquennio, si può convenire che esso decorra dalla
comunicazione del provvedimento. Indipendentemente dall'affermazione di
principio, si deve, tuttavia osservare che il tribunale ritiene che, in punto di
fatto, il ricorrente abbia comunque ricevuto tempestiva conoscenza del
provvedimento attraverso la nota del 28.7.1997 con la quale la Soprintendenza di
Napoli aveva ritenuto il progetto di realizzazione dell'impianto compatibile con
il paesaggio.
Quest'ultima, infatti, risulta indirizzata oltre che al Comune di Forio anche
all'AGIP petroli. E del resto lo stesso ricorrente afferma di avere eseguito i
lavori nel rispetto dei provvedimenti autorizzatori.
Nè i limiti propri del giudizio del riesame rendono evidentemente possibile
affrontare in dettaglio le questioni pure poste dal ricorrente sui limiti
formali del contenuto della nota del 28.7.1997, o sul suo atteggiarsi rispetto
alla autorizzazione paesistica, trattandosi evidentemente di aspetti che, per la
loro natura, non possono che essere eventualmente riservati alla fase del
giudizio di merito.
Anche il terzo motivo appare evidentemente infondato. Richiamate le
argomentazioni sin qui sviluppate in ordine al fumus, ritiene il collegio che
anche le motivazioni in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari siano
state adeguatamente sviluppate e motivate dal tribunale.
Afferma il ricorrente che le esigenze cautelari sono oggettivamente
insussistenti sia perché la richiesta del P.M., che adombrava "un pericolo di
lesione degli interessi tutelati reso ancora più concreto dell'avvicinarsi della
bella stagione e dunque dalla maggiore affluenza di turisti e villeggianti",
risale al 16.7.2004, nel mentre il decreto di sequestro preventivo risulta
adottato addirittura il 28.12.2004, a distanza di oltre cinque mesi (e ad
inverno inoltrato), sia perché l'impianto di distribuzione è ultimato e
funzionante da anni.
Si aggiunge, inoltre, che nel caso in esame si controverte sulla "abusività di
un impianto di distribuzione di carburanti, opera di pubblica utilità - come
riconosciuto dal Consiglio comunale di Forio e dallo stesso giudice
amministrativo - che non può essere assimilato agli insediamenti abitativi
suscettibili, per loro natura, di incidere sul carico urbanistico, trattandosi
di impianto catalogabile tra le opere di mera urbanizzazione secondaria. Ciò
premesso, ritiene ancora una volta il collegio di dovere ribadire la correttezza
della motivazione del provvedimento impugnato anche in relazione agli aspetti
testè citati.
Evidenzia, infatti, il giudice del riesame al riguardo che l'utilizzo
dell'impianto secondo una destinazione d'uso più ampia di quella pregressa,
trattandosi di opera che a seguito di delocalizzazione si compone di nuovi
manufatti, incide in modo significativo sull'assetto paesaggistico - ambientale
della zona, con particolare riferimento all'impatto ambientale conseguente al
transito di automezzi nell'area di parcheggio (si pensi alle emissioni di gas
inquinanti ed al rumore), e comporta maggiore aggravio sulle infrastrutture
(fognature, servizio idrico, elettrificazione, ecc.) connesso all'uso
dell'officina.
Motiva, dunque, il tribunale specificamente sia sull'impatto ambientale
dell'opera che, ha direttamente determinato l'intervento della Soprintendenza, e
sia sull'aggravio del carico urbanistico, all'evidenza oggettivamente
interessato dall'impianto in esame, e ciò indipendentemente dall'aspetto della
pubblica utilità dell'opera che non rileva in alcun modo sull'aspetto specifico.
Bastano evidentemente le ragioni indicate per disattendere anche quest'ultimo
motivo di ricorso.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2005
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio Dott. VITALONE
Claudio - Presidente - del 16/06/2005 Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere -
SENTENZA Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00778 Dott. MANCINI Franco -
Consigliere - REGISTRO GENERALE Dott. SARNO Giuseppe - Consigliere - N.
013939/2005 ha pronunciato la seguente: SENTENZA/ORDINANZA sul ricorso proposto
da: 1) MIRAGLIUOLO LUIGI, N. IL 21/04/1932; avverso ORDINANZA del 11/01/2005
TRIB. LIBERTÀ di NAPOLI; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO
GIULIO; sentite le conclusioni del P.G. Dr. FAVALLI Mario: rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv. MOLINARO LAMPO B.A. (Barano d'Ischia). OSSERVA Luigi
Miragliuolo, ha proposto ricorso per Cassazione per l'annullamento
dell'ordinanza con la quale il Tribunale di Napoli, ha rigettato l'istanza di
riesame del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del medesimo
Tribunale in data 28.12.2004 in relazione ai reati di cui agli artt.: a) 81 cpv,
110 c.p., 44 D.P.R n. 380/2001, per avere in qualità di gestore del distributore
Agip" di Forio, in concorso con Giannino procuratore della società "Agip Petroli
s.p.a., assegnatala della concessione edilizia n. 1 del 20.12.2000, inesistente
in quanto adottata in mancanza del nulla osta paesistico, realizzato in zona
sottoposta a vincolo paesaggistico, su di una superficie di circa 700 mq, un
impianto distributore di carburante Agip, posto a livello stradale prospiciente
la via Provinciale Lacco, località Chiaia, costituito: da un'area posta a
livello strada e da un'altra area posta a livello inferiore di m 3,50 circa,
alla quale si accede tramite due rampe laterali, composto, inoltre, nell'area a
quota strada da un manufatto adibito ad uffici e servizi occupante una
superficie di 14 mq circa con terrazzo di pertinenza di circa mq 80, da una
pensilina a copertura dell'area in cui sono posizionati gli erogatori nonché da
un'insegna pubblicitaria posta a confine con la strada; la pensilina occupa una
superficie di circa 170 mq sorretta da una struttura in ferro alta circa 5 mt.,
l'area a quota inferiore è adibita a parcheggio, nonché ad accesso ai locali
seminterrati adibiti a servizio dell'attività, con copertura fungente da
terrazzo di pertinenza del manufatto soprastante; il tutto, ad eccezione del
lato a confine strada, recintato da un muretto in c.a. dell'altezza media,
misurata dal lato interno, di m 1,00 circa, sormontato da una ringhiera in ferro
zincato alta mt. 1,50 circa; d) art. 44, lett. c) del D.P.R. n. 380/01, in
relazione all'art. 163 del dlgs. n. 490/99, per avere eseguito le opere di cui
al capo a) in area o su bene sottoposto a vincolo paesaggistico-ambientale in
assenza dell'autorizzazione prescritta dall'art. 151 d.lgs. n. 490/99, ed ha
eccepito i seguenti motivi: 1) - Violazione degli artt. 162 e 157, comma 7,
c.p.p. - Nullità dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale innanzi al
Tribunale del Riesame, notificato in luogo diverso dal domicilio eletto e a
persona diversa dal domiciliatario - Errore nei presupposti e nella motivazione.
2) - Violazione dell'art. 321 c.p.p.. Carenza assoluta del requisito del "fumus
commissi delicti" - Violazione e falsa applicazione dell'art. 16 del R.D. n.
1357/40 e degli artt. 161, 163 e 166 del d.lgs. n. 490/99 - Manifesta illogicità
della motivazione - Travisamento di fatto. 3) - Violazione dell'art. 321 c.p.p.
sotto altro profilo Inesistenza delle esigenze cautelari che il sequestro mira a
soddisfare. Il ricorso è infondato. In relazione al primo motivo, correttamente
il Tribunale del Riesame, sulla scia di un consolidato orientamento di
legittimità, ha respinto l'eccezione di nullità della notifica dell'avviso di
fissazione dell'udienza camerale sul presupposto che l'elezione di domicilio
contenuta nell'atto di nomina del difensore allegata all'istanza di riesame e
depositata, unitamente a questa, dallo stesso difensore presso la cancelleria
del Tribunale del Riesame, fosse priva di efficacia non essendo stata fatta dal
ricorrente nelle forme obbligatoriamente previste dal codice di rito (art. 162
c.p.p.). È assolutamente prevalente, infatti, l'indirizzo di questa Corte che
ritiene l'elezione di domicilio essere un atto personale a forma vincolata, da
compiersi esclusivamente secondo le modalità indicate nell'art. 162 cod. proc.
pen. Per conseguenza non può riconoscersi validità ed efficacia alla elezione di
domicilio fatta presso il difensore e da questi depositata in cancelleria,
anziché dichiarata a verbale dall'imputato o da questi trasmessa all'autorità
procedente mediante telegramma o lettera raccomandata, con sottoscrizione
autenticata. (Sez. 3, Sentenza n. 1199 del 27/11/1998 Rv. 212826; Sez. 6,
Sentenza n. 33085 del 12/06/2003 Rv. 226665). E, dunque, è valida la consegna
dell'atto effettuata a mani della moglie del ricorrente, tanto più che
quest'ultima non risulta avere in alcun modo evidenziato ragioni impeditive alla
ricezione dell'atto ai carabinieri che presso la Stazione CC di Forio d'Ischia
avevano eseguito la notifica. Venendo ora al secondo motivo, occorre anzitutto
premettere che il ricorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., è
ammesso unicamente per violazione di legge. Rimangono fuori dal sindacato di
questa Corte, pertanto, asseriti profili di travisamento del fatto o vizi della
motivazione attinenti alla lamentata contraddittorietà della stessa. Il giudizio
di riesame, inoltre, come noto, mantiene autonoma funzione rispetto al giudizio
di merito e in nessun caso può essere a quest'ultimo sovrapposto. Fatta la
premessa di cui sopra, osserva il collegio che il tribunale, nell'ambito e per
gli effetti propri del giudizio del riesame, correttamente ha ritenuto ricorrere
quantomeno l'ipotesi contestata al capo d). La motivazione di merito si fonda
sulla premessa che il mancato rilascio del nulla osta paesaggistico, nel caso in
cui esso sia richiesto, comporta l'inefficacia del titolo concessorio per la
realizzazione di un'opera. Sul principio dell'inefficacia della concessione in
assenza del nulla osta ambientale, non sembrano esservi obiezioni di fondo. Il
ricorrente appunta, invece, l'attenzione sulla validità del nulla osta
paesaggistico, rispetto al quale pone due ordini di questioni. Anzitutto ritiene
che per effetto della successione delle disposizioni normative succedutesi in
materia il nulla osta paesaggistico non potrebbe più ritenersi assoggettato al
limite di cinque anni indicato dall'art. 16 del R.D. n. 1357/40, trattandosi di
disposizione oramai abrogata. In ogni caso assume che il termine del quinquennio
di cui all'art. 16 del R.D. n. 1357/40 non era affatto spirato all'epoca dei
lavori, decorrendo lo stesso dalla data di rilascio della concessione edilizia
(20.12.2000) o, quantomeno, dalla data della sua comunicazione (del nulla osta,
n.d.r.) ed, inoltre, che, come si evidenzia dalla relazione di perizia del
consulente, poiché al momento del sequestro, i lavori già si trovavano comunque
in avanzato stato di esecuzione ed avevano già comportato una apprezzabile ed
oramai irreversibile mutazione del territorio, diventa comunque irrilevante,
nella specie, la perdita di efficacia del nulla osta paesaggistico. Affrontando
le questioni nell'ordine logico, ritiene il collegio di doversi soffermare
anzitutto sulla vigenza del termine quinquennale di efficacia del nulla osta
paesaggistico. Rileva il ricorrente che l'art. 166 del Testo Unico approvato con
d.lgs n. 490 del 1999 ha sancito l'abrogazione della legge 29.6.1939, n. 1497.
Di conseguenza, la disposizione contenuta nell'art. 16 del regolamento approvato
col regio decreto n. 1357/40, secondo cui l'autorizzazione vale per un periodo
di cinque anni, non può più ritenersi in vigore perché automaticamente caducata
dalla abrogazione della normativa madre (legge n. 1497/39) ad opera del c.d.
Testo Unico. Trattasi, peraltro, secondo il ricorrente, di fonte di normazione
secondaria incompatibile con la normativa sopravvenuta anche in ragione dei
nuovi meccanismi procedimentali introdotti dalla legge n. 431/85 in relazione al
d.P.R. n. 616/77. E, peraltro, il successivo d.lgs n. 42/04 (c.d. "Codice
Urbani") non menziona all'art. 146 la durata dell'autorizzazione paesistica ed
anzi, all'art. 184, abroga l'intero decreto legislativo n. 490/99 e successive
modificazioni.. Sul punto, osserva tuttavia il collegio, ha già correttamente
evidenziato il Tribunale che l'art. 161 del d.lgs. n. 490/99, sancisce la
perdurante vigenza delle disposizioni del regolamento. Per l'attuazione delle
disposizioni del Testo Unico restano, infatti, in vigore "in quanto
applicabili", le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto 3
giugno 1940 n. 1357". Nè vi può essere dubbio sulla circostanza che l'art. 16
citato rientri tra le disposizioni compatibili. Esso prevede, infatti, una
speciale forma di decadenza preordinata a consentire una nuova valutazione della
compatibilità dell'opera con la protezione dei beni ambientali quando il decorso
del tempo può, per qualsiasi causa, aver mutato le condizioni originariamente
esistenti al momento del rilascio. E, oltre che opportuna, tale forma di
decadenza appare anche necessaria in quanto, secondo autorevoli orientamenti,
l'autorizzazione, una volta rilasciata, non sarebbe neanche suscettibile di
essere revocata per motivi attinenti al merito rientrando tra quegli atti con la
cui esecuzione l'ergano definitivamente esaurisce la sua funzione di
amministrazione attiva e la sua potestà in materia creando o rendendo comunque
esercitabili diritti soggettivi. Quanto al problema, pure sollevato dal
ricorrente, circa il momento iniziale di decorrenza del termine del quinquennio,
si può convenire che esso decorra dalla comunicazione del provvedimento.
Indipendentemente dall'affermazione di principio, si deve, tuttavia osservare
che il tribunale ritiene che, in punto di fatto, il ricorrente abbia comunque
ricevuto tempestiva conoscenza del provvedimento attraverso la nota del
28.7.1997 con la quale la Soprintendenza di Napoli aveva ritenuto il progetto di
realizzazione dell'impianto compatibile con il paesaggio. Quest'ultima, infatti,
risulta indirizzata oltre che al Comune di Forio anche all'AGIP petroli. E del
resto lo stesso ricorrente afferma di avere eseguito i lavori nel rispetto dei
provvedimenti autorizzatori. Nè i limiti propri del giudizio del riesame rendono
evidentemente possibile affrontare in dettaglio le questioni pure poste dal
ricorrente sui limiti formali del contenuto della nota del 28.7.1997, o sul suo
atteggiarsi rispetto alla autorizzazione paesistica, trattandosi evidentemente
di aspetti che, per la loro natura, non possono che essere eventualmente
riservati alla fase del giudizio di merito. Anche il terzo motivo appare
evidentemente infondato. Richiamate le argomentazioni sin qui sviluppate in
ordine al fumus, ritiene il collegio che anche le motivazioni in ordine alla
sussistenza delle esigenze cautelari siano state adeguatamente sviluppate e
motivate dal tribunale. Afferma il ricorrente che le esigenze cautelari sono
oggettivamente insussistenti sia perché la richiesta del P.M., che adombrava "un
pericolo di lesione degli interessi tutelati reso ancora più concreto
dell'avvicinarsi della bella stagione e dunque dalla maggiore affluenza di
turisti e villeggianti", risale al 16.7.2004, nel mentre il decreto di sequestro
preventivo risulta adottato addirittura il 28.12.2004, a distanza di oltre
cinque mesi (e ad inverno inoltrato), sia perché l'impianto di distribuzione è
ultimato e funzionante da anni. Si aggiunge, inoltre, che nel caso in esame si
controverte sulla "abusività di un impianto di distribuzione di carburanti,
opera di pubblica utilità - come riconosciuto dal Consiglio comunale di Forio e
dallo stesso giudice amministrativo - che non può essere assimilato agli
insediamenti abitativi suscettibili, per loro natura, di incidere sul carico
urbanistico, trattandosi di impianto catalogabile tra le opere di mera
urbanizzazione secondaria. Ciò premesso, ritiene ancora una volta il collegio di
dovere ribadire la correttezza della motivazione del provvedimento impugnato
anche in relazione agli aspetti testè citati. Evidenzia, infatti, il giudice del
riesame al riguardo che l'utilizzo dell'impianto secondo una destinazione d'uso
più ampia di quella pregressa, trattandosi di opera che a seguito di
delocalizzazione si compone di nuovi manufatti, incide in modo significativo
sull'assetto paesaggistico - ambientale della zona, con particolare riferimento
all'impatto ambientale conseguente al transito di automezzi nell'area di
parcheggio (si pensi alle emissioni di gas inquinanti ed al rumore), e comporta
maggiore aggravio sulle infrastrutture (fognature, servizio idrico,
elettrificazione, ecc.) connesso all'uso dell'officina. Motiva, dunque, il
tribunale specificamente sia sull'impatto ambientale dell'opera che, ha
direttamente determinato l'intervento della Soprintendenza, e sia sull'aggravio
del carico urbanistico, all'evidenza oggettivamente interessato dall'impianto in
esame, e ciò indipendentemente dall'aspetto della pubblica utilità dell'opera
che non rileva in alcun modo sull'aspetto specifico. Bastano evidentemente le
ragioni indicate per disattendere anche quest'ultimo motivo di ricorso. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 16 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2005