L’ambiente
come valore: conseguenze.
Dopo
numerose vicissitudini politiche, dottrinali e
giurisprudenziali, l’ambiente sta per fare il suo ingresso fra i valori
costituzionalmente garantiti, prospettandosene una
collocazione diretta, all’interno del Testo italiano ed in quello
europeo nascente.
Ma cos’è
un valore dal punto di vista strettamente giuridico?
Cosa ci
consente di distinguere tra i valori presenti in Costituzione, i principi e le
norme?
Ed in
particolare, quali sono le conseguenze dell’inserimento dell’ambiente come
valore, nella Costituzione italiana ed in quella Europea?
Dalla
dottrina, emerge che il valore ha un carattere “totalizzante”, che è al di
fuori del dover essere giuridico, distinguendosi dalle norme (riferite a
fattispecie concrete) e dai principi ( riferibili anche all’esterno di
fattispecie concrete), ponendosi al di fuori del mondo del diritto.1
La
Costituzione, infatti, è un sistema di norme espressive di un certo equilibrio
di valori in un dato momento storico.
Affermare
però che i valori siano al di fuori del diritto, non vuol certo significare
l’inadeguatezza a prestarsi ad una loro positivizzazione, questi ,al
contrario, essendo espressione del sentire comune di un preciso momento storico,
doverosamente dovranno essere utilizzati per l’interpretazione giuridica.
Questo
rapporto tra diritto positivo e valori, si coglie anche sul versante della produzione
del diritto, non essendo contestabile che dietro ciascuna disposizione
normativa, via sia una scelta di valore compiuta dal legislatore.2
Qundi,
secondo chi scrive, un’altra considerazione di ordine logico s’impone a
fondamento dell’ingresso del “valore ambiente” in Costituzione: se, ad
esempio, poniamo attenzione ad una legge come la 349/1986 (su cui si concentra
maggiormente l’interesse degli operatori del diritto), istitutiva del
Ministero dell’ambiente e introducente norme in tema di danno ambientale, non
possiamo non renderci conto che la scelta compiuta dal legislatore, sia stata
quella di tutelare ciò che nel sentire comune e’il bene ambiente, bene che
per molti di noi è un valore al pari di altri.
Ragion
per cui, se già nel 1986 la scelta del legislatore è stata quella di far
emergere tal valore, ben si comprende il doveroso inserimento dello stesso,
oggi, in Costituzione.
Conseguenza
diretta, sarebbe porre un chiaro riferimento all’ambiente, recependo gli
orientamenti della giurisprudenza costituzionale, che andava a tutelarlo con
interpretazioni estensive di altri articoli del Testo.
Del
resto, anche se non ci si riferisce al “diritto alla salute” (art. 32
Cost.), o al “diritto di libertà
d’iniziativa economica compatibile con la liberta’, la sicurezza e la
dignita’umana”, ci si rende conto che l’ambiente rappresenta un
presupposto per lo svolgimento di tutte le attività umane e quindi per
l’esercizio di tutti i diritti fondamentali della persona.
A
sostegno dell’autonomia del “valore ambiente” e di come già da tempo in
tal modo veniva considerato, si può porre l’attenzione su due sentenze della
Corte costituzionale risalenti alla fine degli anni ’80 le quali affermavano
che “l’ambiente assurge a valore primario e assoluto, incidendo sulla
qualita’ della vita”( Corte cost. 30/12/1987, n.641 e 28/5/1987, n.210).
La Corte,
in tal modo, ha di fatto anticipato il legislatore comunitario, poichè con le
sue interpretazioni, già collocava l’ambiente in una posizione assoluta di
Super-principio o valore.3
Altre
considerazioni, emergono ponendo l’attenzione sul marasma normativo
caratterizzante questo ramo dell’ordinamento, in quanto la produzione
normativa ambientale, proviene da tutti i settori, dal diritto internazionale al
diritto interno, dai regolamenti delle autonomie locali fino ai reati del codice
penale.
Tutto
questo comporta ovviamente una mancanza di coordinamento con una conseguente
fragilità della materia.
Anche per
questo, l’inserimento dell’ambiente in Costituzione, costituirebbe di certo
un punto di riferimento fondamentale, adatto a definire i contorni di un settore
dell’ordinamento, fino ad oggi troppo disordinato.
Ma
il risultato davvero innovativo, è rappresentato dalla considerazione che tale
inserimento, si rivela pienamente conforme con le peculiari caratteristiche del
bene in oggetto;
se
un problema è quello dell’impossibilità di fornire una definizione giuridica
dello stesso, configurandolo come valore, si supererebbe tale difficoltà.
I valori,
infatti, esprimendo un alto tasso di indeterminatezza, non sono traducibili in
una formulazione normativa che pretenda di definirli in astratto, ma svolgono un
ruolo importante nello sviluppo di un ordinamento giuridico.
Nello
specifico, fissano standard che orientano dapprima i titolari delle funzioni
legislative, successivamente le amministrazioni pubbliche, i giudici e tutti i
soggetti coinvolti nell’attuazione dei valori costituzionalmente protetti.
Trovando
l’ambiente, una collocazione come valore costituzionalmente protetto, sarà
poi il legislatore a definirne in concreto i contenuti relativamente alle
situazioni soggettive di diritto connesse ad un’efficace azione di tutela,
alla ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra i vari soggetti ed
organi pubblici, nonché tra questi e privati.
Si
potrebbe poi porre un problema di conflitto con altri valori presenti nel Testo
fondamentale, prospettandosi una questione di priorità fra questo,
l’ambiente, e gli altri in reciproca tensione.
Basta
soffermarsi sulle caratteristiche strutturali dei documenti costituzionali
contemporanei, per rendersi conto che, utilizzando un termine enfatico di Max
Weber, questi si contraddistinguono per un “politeismo di valori”.
Il
problema, è risolto a priori dalla stessa Costituzione, che procede
direttamente ad un bilanciamento dei valori in essa cristallizzati,
esistendo come “valore dei valori”, quello della “conciliazione” degli
stessi.
Quest’ultimo,
si esprime con il principio secondo cui la scelta di tutela e salvaguardia di
uno di questi, non può portare alla completa riduzione dell’altro, ragion per
cui, anche il valore ambiente, dovrà essere conciliato con gli altri come
l’uguaglianza, la dignità dell’uomo, la democrazia, il pluralismo, la
libertà, il lavoro, la famiglia, la maternità, l’unità nazionale…
Al
riconoscimento dell’ambiente come valore, consegue poi una certa difficoltà a
considerarlo al tempo stesso una “materia”.
La
questione sorge in realtà a seguito della riforma del titolo V, part II,
Cost., la quale, modificando l’art 117 della Carta costituzionale, ha
attribuito alla legislazione esclusiva dello Stato la “materia” tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema,
mentre ha affidato espressamente alla legislazione concorrente dello Stato e
delle Regioni una serie di materie connesse con la tutela degli equilibri
ecologici.
La
difficoltà, è quella di comprendere quali siano i limiti del potenziale
intervento statale sulla competenza regionale, in una materia talmente
intrecciata con gli svariati interessi umani e con gli altri valori
costituzionali, tanto da non poter essere considerata semplicemente come tale.
Valorizzazione
dei beni culturali e ambientali, tutela della salute, governo del territorio,
protezione civile, produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di
navigazione, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per
i settori produttivi, queste le materie affidate in concorrenza allo Stato e
alle Regioni, cui si aggiungano altri ambiti materiali che, non essendo
elencati, devono ritenersi attribuiti alla legislazione residuale e primaria
delle Regioni e che come le precedenti, sono connesse con la tutela degli
equilibri ecologici come, agricoltura e foreste, industria, commercio e
artiganato, turismo, produzione, trasporto e distribuzione regionale e locale
dell’enrgia, reti di trasporto e di navigazione regionali e locali, caccia,
pesca, miniere, cave e torbiere, acque minerali e termali.4
Soccorre
al riguardo la giurisprudenza della Corte costituzionale, che nella sentenza n.
536 del 2002, relativa ad un giudizio coinvolgente la regione Sardegna, il cui
Statuto speciale prevede una competenza primaria in materia di caccia, riconosce
la tutela dell’ambiente un “valore costituzionalmente protetto”,
distinguendosi da quella che puo’essere una materia in senso stretto.
In
conseguenza di ciò, il giudizio scaturente da questioni relative
all’ambiente, non può che avere ad oggetto una scelta di tipo assiologico
piuttosto che meramente definitoria tra materie costituzionalmente ripartite.
La stessa
sentenza, dispone al riguardo che: “ in funzione di quel valore
(l’ambiente), lo Stato può dettare standards di tutela uniformi sull’intero
territorio nazionale anche incidenti sulle competenze legislative regionali ex
art.117 della Costituzione. Già prima della riforma del titolo V della parte
seconda della Costituzione, la protezione dell’ambiente aveva assunto una
propria autonoma consistenza che, in ragione degli specifici ed unitari
obiettivi perseguiti, non si esauriva né rimaneva assorbita nelle competenze di
settore (sentenza n.356 del 1994), configurandosi l’ambiente come bene
unitario, che può risultare compromesso anche da interventi minori e che va
pertanto salvaguardato nella sua interezza (sentenza n.67 del 1992)”.
Nello
specifico della sentenza, la Corte, ha accolto un ricorso promosso in via
principale dal Governo, avverso una legge regionale della Sardegna, che
estendeva il periodo di svolgimento della caccia oltre il termine stabilito in
via generale dalla legge n. 157 del 1992.
La Corte
afferma che, “la disciplina statale che prevede come termine per l’attività
venatoria il 31 gennaio, si inserisce (…) in un contesto normativo comunitario
e internazionale rivolto alla tutela della fauna migratoria che si propone di garantire
il sistema ecologico nel suo complesso”, tale disciplina statale, “risponde
senz’altro a quelle esigenze di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema
demandate allo Stato e si propone come standard di tutela uniforme che deve
essere rispettato nell’intero territorio nazionale, ivi compreso quello delle
Regioni a statuto speciale”.
La
Consulta, basa le sue motivazioni sul fatto che, “la
legge della Regione Sardegna, privilegiando un preteso diritto di caccia
rispetto all’interesse della conservazione del patrimonio faunistico (…),
non rispetta il suddetto standard di tutela uniforme e lede, pertanto, i limiti
stabiliti dallo Statuto della Regione Sardegna (art.3, primo comma, legge
costituzionale 26 febbraio 1948,n.3)” secondo cui la regione puo’esercitare
la propria potesta’legislativa su una serie di materie, fra cui la caccia “in
armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della
Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi
nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali
della Repubblica”.
Riferendoci
poi al “valore ambiente” nella futura Costituzione europea, si notano
conseguenze davvero innovative, tanto da influire su principi e politiche
comunitarie.
Innanzitutto,
si può notare che, dal concetto di “valore”, discende come obbligazione
giuridica, che occorre passare dal concetto di tutela passiva al concetto di
“tutela attiva”, senza limitarsi solamente al dovere di bonifica delle
situazioni degradate.
In
secondo luogo, conseguenza senza dubbio ricca di risvolti pratici, è quella
della “trasversalità” del valore ambiente, cosi’ marcata da
impregnare l’intero impianto costituzionale europeo e ponendosi alla base di
tutte le politiche comunitarie.
Si supera
il semplice principio del “chi inquina paga”, ponendosi così il
valore ambiente, non solo “valore costituzionale da proteggere”, ma
soprattutto “valore costituzionale da perseguire”.
Queste
considerazioni, non possono che porsi alla base di un consolidamento degli
orientamenti giurisprudenziali, sia degli organi comunitari, quali la Corte di
Giustizia, che di quelli interni degli Stati membri, in un momento storico
fortemente bisognoso di interventi diretti alla tutela dell’ambiente,
* Dario
Simonelli
Dottore
in Giurisprudenza, praticante avvocato del Foro di Frosinone.
e.mail
:
Riferimenti bibliografici
1 Prof. A. D’Atena, dalle lezioni di diritto Costituzionale, anno 2002-2003, Universita’ di Roma Torvergata.