TAR Campania (NA) Sez. I n. 2135 del 14 aprile 2008
Ambiente in genere. V.i.a. (Piano regionale delle attività estrattive)
In materia di Piano regionale delle attività estrattive (PRAE) la chiave di lettura dell’obbligo di “sentire” i Comuni va rinvenuta nel complessivo quadro normativo. Tale obbligo della Regione (e del Commissario ad acta) consiste nel prendere in debita considerazione le osservazioni rese dai Comuni. Rientra ovviamente nella responsabile potestà dell’autorità regionale, non sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, di decidere la sorte di queste osservazioni, salvo che le determinazioni non si palesino manifestamente illogiche, o inique, o sproporzionate.
Ambiente in genere. V.i.a. (Piano regionale delle attività estrattive)
In materia di Piano regionale delle attività estrattive (PRAE) la chiave di lettura dell’obbligo di “sentire” i Comuni va rinvenuta nel complessivo quadro normativo. Tale obbligo della Regione (e del Commissario ad acta) consiste nel prendere in debita considerazione le osservazioni rese dai Comuni. Rientra ovviamente nella responsabile potestà dell’autorità regionale, non sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, di decidere la sorte di queste osservazioni, salvo che le determinazioni non si palesino manifestamente illogiche, o inique, o sproporzionate.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 2135 reg. sent.
anno 2008
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima,
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N. 5497 reg. gen.
anno 2006
sul ricorso n. 5497/06 reg. gen. proposto dal Comune di Tufino, in persona della Commissione straordinaria, Comune di Visciano e Co-mune di Casamarciano, in persona dei rispettivi Sindaci p.t., rappre-sentati e difesi dall’avv. Alessandro Biamonte, con lo stesso elettiva-mente domiciliati in Napoli alla via Duomo n. 348,
c o n t r o
- Regione Campania, in persona del Presidente p.t. della Giunta regio-nale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Rosaria Palma e Angelo Mar-zocchella, con gli stessi elettivamente domiciliata in Napoli alla via S. Lucia n. 81,
- Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro in carica, rappresentato difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domici-liato,
- Assessore ai rapporti con il Consiglio regionale, ai lavori pubblici, opere pubbliche, parcheggi e sport, nominato ex ordinanza T.a.r. Campania n. 719/05 Commissario ad acta per l’approvazione del Pia-no regionale delle attività estrattive, n. c.,
- ing. Eduardo Morrone, Coordinatore A.G.C. lavori pubblici, opere pubbliche, attuazione espropriazione, nella qualità di Commissario ad acta delegato dall’assessore LL.PP. con decreto n. 439 del 6/9/2005 per l’approvazione del PRAE, n. c.,
e nei confronti di
- Cementi Moccia s.p.a., in persona del Presidente legale rappresen-tante p.t. ing. Gennaro Moccia, rappresentata e difesa dall’avv. Anto-nio Lamberti, con lo stesso elettivamente domiciliata in Napoli alla via S. Pasquale a Chiaia n. 55,
- Edilcalcestruzzi s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante p.t. sig. Luca Marinelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vincenzina Salvatore e Claudio Preziosi, con lo stesso elettiva-mente domiciliata in Napoli al largo Donn’Anna n. 9 presso l’avv. O-lindo Paolo Preziosi,
- G. Apostolico & Tanagro s.n.c., n. c.,
e con l’intervento di
- Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana, soc. con-sortile per azioni, in persona del Presidente del Consiglio di ammini-strazione p.t. geom. Raffaele Spera, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Biamonte, con lo stesso elettivamente domiciliata in Na-poli alla via Duomo n. 348,
- Comune di Palma Campania, in persona del Sindaco p.t., rappresen-tato e difeso dall’avv. Alessandro Biamonte, con lo stesso elettiva-mente domiciliati in Napoli alla via Duomo n. 348,
per l'annullamento
dell’ordinanza n. 11 del 7/6/2006, pubblicata sul BURC n. 27 del 19/6/2006, recante l’approvazione del Piano regionale delle attività e-strattive (PRAE) della Regione Campania ad opera del Commissario ad acta nominato in forza dell’ordinanza T.a.r. Campnaia Napoli, sez. I, n. 719/05, unitamente agli atti che compongono il PRAE; di tutti gli atti concernenti la classificazione delle aree suscettibili di attività e-strattiva nei territori dei comuni ricorrenti e la perimentrazione delle medesime quali aree suscettibili di nuove estrazioni (Tufino) ai sensi dell’art. 25 delle norme di attuazione e aree di riserva (Visciano e Ca-samarciano) ai sensi dell’art. 26; degli allegati al PRAE ivi comprese la cartografia, la relazione integrativa del Commissario ad acta, la re-lazione illustrativa generale, le linee guida, le norme di attuazione; delle deliberazioni di Giunta regionale n. 7253 del 27/12/2001, n. 3093 del 31/10/2003, n. 1544 del 6/8/2004, qualificate dal Commissa-rio ad acta come parte integrante del Piano approvato; delle delibera-zioni di Giunta regionale n. 634 dell’ 8/2/2000, concernente la presa d’atto dell’elaborato predisposto dall’Università Federico II, e n. 7253 del 27/12/2001; di ogni altro atto connesso ivi compresi i pareri e-spressi dai Settori provinciali del Genio Civile e da ogni altro organo investito in ordine alle osservazioni al PRAE presentate dagli enti ri-correnti, nonché le eventuali determinazioni assunte in merito;
sui motivi aggiunti proposti dai Comuni ricorrenti
per l’annullamento
- dell’ordinanza commissariale n. 12 del 6/7/2006 e degli atti connes-si;
- della delibera di Giunta regionale n. 323 del 7/3/2007 pubblicata sul BURC n. 18 del 2/4/2007 concernente l’approvazione delle nuove a-ree suscettibili di estrazione e la perimetrazione dei comparti estrattivi; dell’allegato A della suddetta delibera nella parte in cui le nuove aree suscettibili di estrazione C07NA (Tufo grigio) nel Comune di Tufino e C06NA (Calcari) nel Comune di Casamarciano; dell’allegato B nella parte in cui perimetra i comparti C04NA-02 e C07NA-01 (Tufino) e C06NA-01 (Casamarciano); dell’allegato C contenente la cartografia nella parte in cui perimetra i territori dei Comuni ricorrenti; di ogni al-tro atto connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione e del Ministero dell’Ambiente, nonché delle società Cementi Moccia ed Edilcalce-struzzi;
visti i motivi aggiunti proposti dai Comuni ricorrenti;
visti gli atti di intervento del Comune di Palma Campania e dell’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana;
viste le memorie difensive ed i documenti prodotti dalle parti;
vista l’ordinanza collegiale n. 13 del 10/1/2008 di ricostruzione del fa-scicolo;
visti gli atti tutti di causa;
alla pubblica udienza del 19/3/2008, relatore il cons. Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza.
F A T T O
Giova premettere che:
- con delibere di Giunta regionale n. 7253 del 27/12/2001, n. 3093 del 31/10/2003 e n. 1544 del 6/8/2004 la Giunta regionale della Campania adottava la proposta per il Consiglio regionale del Piano regionale del-le attività estrattive (PRAE) sulla base di un progetto elaborato dall’Università degli studi di Napoli Federico II, all’uopo incaricata dalla Regione e recepito con delibera di Giunta regionale n. 634 dell’8/2/2000;
- con delibera consiliare n. 14 del 24/4/2004, seguita dalla delibera consiliare n. 31 del 30/9/2004, il Comune di Casamarciano, nella qua-lità di capofila di una intesa con i Comuni di Tufino, Visciano e Co-miziano, formulava le osservazioni al PRAE relative ai territori dei comuni in questione, elaborate sulla base di un documento tecnico predisposto dall’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana, società consortile costituita tra i citati enti locali;
- con ordinanza n. 719 del 2/8/2005, dopo aver accolto il ricorso pro-posto ai sensi dell’art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971 dalla società Cementi Moccia, operante nel settore dell’attività estrattiva, il Tribu-nale amministrativo regionale della Campania disponeva la nomina di un Commissario ad acta in relazione alla perdurante inerzia dell’amministrazione regionale all’approvazione del PRAE;
- con delibera di Giunta n. 2 del 19/1/2006, seguita da delibera consi-liare n. 3 del 27/1/2006, il Comune di Casamarciano ribadiva le osser-vazioni al PRAE nei confronti del Commissario ad acta;
- con ordinanza n. 11 del 7/6/2006, il Commissario ad acta provvede-va all’approvazione del PRAE.
Con ricorso notificato il 5/8/2006, i Comuni di Tufino, Visciano e Ca-samarciano impugnavano gli atti in epigrafe.
Con atti notificati rispettivamente il 12/10/2006 ed il 27/12/2006 pro-ponevano intervento “ad adiuvandum” l’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana ed il Comune di Palma Campania.
Con atti notificati il 10/11/2006 ed il 25/5/2007, i Comuni ricorrenti estendevano l’impugnativa all’ordinanza commissariale n. 12 del 6/7/2006, recante modifiche e rettifiche al PRAE, ed alla delibera di Giunta regionale n. 323 del 7/3/2007 con la quale la Regione, in ese-cuzione del PRAE, ha approvato le nuove aree suscettibili di estrazio-ne e la perimetrazione dei comparti estrattivi.
Si costituivano in giudizio, per resistere al ricorso, la Regione ed il Ministero dell’ambiente, nonché le società Cementi Moccia e Edilcal-cestruzzi.
La domanda incidentale di sospensione non veniva trattata essendo cancellata dal ruolo cautelare.
D I R I T T O
1. La difesa erariale invoca preliminarmente l’estromissione dal giudi-zio per difetto di legittimazione passiva.
La richiesta va accolta in quanto nella controversia in esame l’amministrazione dello Stato non assume la veste formale di contrad-dittore necessario avuto riguardo agli atti impugnati.
2. Nel merito i Comuni ricorrenti deducono censure che possono esse-re così riassunte:
- le articolate e puntuali osservazioni presentate dai Comuni ricorrenti non risulterebbero debitamente valutate e comunque risulterebbero immotivatamente disattese; le comunità locali sarebbero state estro-messe dal processo decisionale; ciò sarebbe in contrasto con l’art. 2, co. 1, della legge regionale n. 54 del 1985, nella parte in cui prevede che i Comuni siano “sentiti”, con il principio di reale e leale collabo-razione posto dall’art. 114 della Costituzione, con gli artt. 1 e 4 della legge regionale n. 16 del 2004, che contempla il metodo della coope-razione e dell’intesa tra gli enti nelle scelte attinenti al governo del ter-ritorio, nonché con i principi desumibili dagli artt. 15 e 20 della stessa legge n. 16 del 2004, con la direttiva 2001/42/CE e l’art. 174 del Trat-tato UE che richiama il principio di precauzione e di sostenibilità dello sviluppo; l’estromissione degli enti locali dal processo decisionale sa-rebbe vieppiù grave in quanto l’art. 2, co. 10, della citata legge regio-nale n. 54 del 1985 impone ai Comuni di adeguare i propri strumenti urbanistici al PRAE;
- il PRAE conterrebbe previsioni preordinate alla devastazione del ter-ritorio che stravolgerebbero i piani regolatori vigenti, configgerebbero con la normativa del Piano territoriale di coordinamento provinciale e con il Piano di sviluppo socio economico della Comunità montana Montedonico-Tribucco e contrasterebbero con le finalità e le compati-bilità di difesa ambientale, di tutela della salute e di recupero architet-tonico e monumentale proclamate nell’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985, oltre che nella legge regionale n. 16 del 2004, e nell’art. 1 delle norme di attuazione dello stesso PRAE; la pianificazione regio-nale qualifica ampie porzioni del territorio dei Comuni ricorrenti come aree suscettibili di nuove estrazioni e come aree di riserva, senza con-siderare gli elementi di grave criticità che incidono negativamente sul territorio in questione, tanto da determinarne l’inclusione ad opera del decreto del Ministro dell’ambiente del 31/1/2006 tra gli interventi di bonifica di interesse nazionale e senza neppure considerare le valenze paesaggistiche, naturalistiche ed antropiche esistenti sul territorio; tale qualificazione comprende anche zone del centro abitato, aree culmina-li delle creste collinari, aree confinanti con siti di interesse archeologi-co (note della Soprintendenza Archelogica per le province di Napoli e Caserta prot. n. 514 del 9/2/1998 e n. 3682 del 18/2/1998) e con aree soggette all’uso civico (in conflitto con quanto previsto dallo stesso art. 7, co. 1, lett. b, delle norme tecniche), con aree boscate (cfr. punto c, dell’articolo sopra citato), in zona di tutela e di rispetto delle acque destinate al consumo umano (cfr. lett. f), oppure tra i siti di interesse comunitario nelle zone di protezione speciale (cfr. punto g), nelle aree oggetto di interventi finanziati con fondi comunitari, statali o regionali (cfr. lett. i), in aree di difesa del suolo di salvaguardia ambientale (artt. 10 e 11 del PTCP), in ambiti dei parchi territoriali (art. 13 PTCP), in contiguità con insediamenti storici (art. 16 PTCP), con la localizza-zione di parchi di attività integrate (art. 24 PTCP) nonché zone classi-ficate a rischio e assoggettate a vincolo dal Piano stralcio per l’assetto idrogeologico nord-occidentale della Campania, approvato con delibe-ra del Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino n. 11 del 10/5/2002, in applicazione dell’art. 12 del decreto legge n. 398 del 1993, che costituisce Piano territoriale di settore vincolante in base all’art. 17 della legge n. 183 del 1989 e dell’art. 9 della legge regiona-le n. 8 del 1994;
- mancherebbe il parere della Commissione consultiva regionale, ri-chiesto dall’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985;
- il procedimento risulterebbe altresì in contrasto con l’art. 5 della leg-ge regionale n. 16 del 2004 e con l’art. 9, co. 1, lett. b), della direttiva 2001/42/CE,
- mancherebbe il parere dell’Autorità di Bacino, secondo quanto pre-visto dall’art. 6, co. 1, lett. e), del Piano stralcio per l’assetto idrogeo-logico; mancherebbe inoltre lo studio di compatibilità idraulica e idro-geologica previsto dagli artt. 35 e seguenti del cennato Piano stralcio;
- mancherebbe l’attivazione del procedimento di valutazione ambien-tale strategica (VAS) disciplinato dalla direttiva comunitaria 2001/42/CE, recepita dalla legge regionale n. 16 del 2004 (art. 47);
- le scelte di piano sarebbero basate su una metodologia puramente empirica e non sorretta da valutazioni di sostenibilità ambientale; ino-tre sarebbe illogico ed irragionevole il calcolo su base provinciale del fabbisogno di materiale estrattivo, attesa la elevata densità demografi-ca della provincia di Napoli.
Con i motivi aggiunti, i Comuni ricorrenti, oltre a ribadire in via deri-vata le censure sopra esposte, contestano inoltre, contro la delibera re-gionale sopravvenuta in corso di giudizio, la individuazione di nuove aree suscettibili di estrazione, la mancanza di uno studio e/o ricerca e-strattiva secondo quanto previsto dall’art. 21, co. 4, delle norme di at-tuazione per la determinazione dei comparti nelle aree di riserva, la carenza di una adeguata istruttoria riconosciuta nella stessa delibera regionale impugnata facendo riferimento ad “accertamenti a farsi”, modificazioni al PRAE senza l’osservanza del procedimento e delle competenza prescritte per tale Piano, la violazione delle previsioni del Parco “Vallo di Lauro – Pizzo d’Alvano” incluso tra le aree naturali protette.
La difesa regionale obietta che:
- la normativa regolante il PRAE è contenuta nella legge regionale n. 54 del 1985, il che porta escludere ogni interferenza della legge regio-nale n. 16 del 2004 in generale e dell’art. 47 in particolare;
- è pure da escludere che la direttiva comunitaria 2001/42/CE abbia carattere “self executing”, per cui il PRAE non sarebbe soggetto a VAS;
- in ogni caso la pianificazione approvata sarebbe sostanzialmente conservativa e rivolta al massimo grado di tutela ambientale;
- i Comuni sarebbero stati ascoltati nella fase della elaborazione della proposta della Giunta regionale, poi tradotta senza stravolgimenti nel Piano approvato dal Commissario ad acta;
- con le osservazioni formulate, i Comuni ricorrenti pretenderebbero di assoggettare la pianificazione regionale alle proprie esigenze urba-nistiche;
- l’obbligo di “sentire” i Comuni dovrebbe intendersi nel senso di un mero simulacro della partecipazione in funzione meramente consulta-tiva;
- l’obbligo di acquisire il parere dell’Autorità di Bacino non sarebbe contemplato in una norma di legge; il PRAE non intaccherebbe le previsioni del Piano stralcio e dei vincoli idrogeologici; né la pianifi-cazione di settore di altre autorità potrebbero incidere sulle potestà in materia urbanistica spettanti alla competenza regionale.;
- il Commissario ad acta avrebbe amplissimi poteri di sostituzione dell’amministrazione inadempiente, assorbendo in sé ogni competenza ed ogni funzione per superare l’impasse determinata dall’inerzia della Regione;
- la materia delle cave e miniere esulerebbe dalla pianificazione urba-nistico-edilizia; le scelte in materia sarebbero latamente discrezionali, non richiederebbero una motivazione particolare oltre quella desumi-bile dai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano, costitui-rebbero apprezzamenti di merito sottratti al sindacato del giudice am-ministrativo salvo che per vizi di manifesta irrazionalità o di travisa-mento dei fatti;
- il Commissario ad acta, nei brevi termini concessi, avvalendosi della struttura di supporto, avrebbe compiuto una adeguata attività istrutto-ria mediante l’integrazione del progetto di PRAE già adottato dalla Giunta regionale.
2.1. E’ opportuno premettere una ricognizione del quadro normativo che disciplina la materia.
Il Piano regionale delle attività estrattive è originariamente contempla-to e regolato dall’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985 (come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995): tale norma prevede, al primo comma, che “il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, previo parere della Commissione consultiva regionale di cui all'art. 3 della presente legge sentiti i Comuni, le Comunità montane ed i comprensori interessati e le Province, approva il piano regionale del settore estrattivo, nel quadro delle esigenze generali di difesa del-l'ambiente, del diritto alla salute dei cittadini, di recupero del patrimo-nio architettonico e monumentale dei borghi e dei centri storici della Campania, di sviluppo economico regionale ed in linea con le politi-che comunitarie in materia, per attuare una politica organica di ap-provvigionamento e di razionale utilizzazione delle risorse delle mate-rie di cava”.
Successivamente è sopravvenuta la legge regionale n. 16 del 2004, a-vente ad oggetto il “governo del territorio”, con la quale è stata com-plessivamente riformata la normativa riguardante non solo, ovviamen-te, la materia urbanistica, ma più in generale tutta la disciplina relativa all'uso, all’assetto, alla tutela ed alla trasformazione del territorio, at-traverso una pianificazione comprendente “tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che comportano una trasformazione significa-tiva del territorio” (cfr. artt. 1, 2 e 3).
La nuova legge regionale è entrata in vigore il 29 dicembre 2004; per i piani in itinere, disposizioni transitorie sono previste unicamente per gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale (art. 45).
La normativa del 1985 non è stata abrogata, ma continua a restare in vigore “per quanto non previsto” dalla legge regionale del 2004 (art. 49), e cioè nella misura in cui sia compatibile con i principi e le dispo-sizioni dettate dalla legge fondamentale che la Regione si è data per regolare il governo del proprio territorio.
Alla luce di tali considerazioni, la nuova normativa trova applicazione al PRAE impugnato, che rientra a pieno titolo tra i piani settoriali re-gionali di cui all’art. 14 della legge in questione.
1.2. Orbene, l’art. 47 della ripetuta legge regionale n. 16 prevede che i piani territoriali di settore siano accompagnati dalla valutazione am-bientale di cui alla direttiva 42/2001/CE del 27 giugno 2001, da effet-tuarsi durante la fase di redazione dei piani.
Con tale disposizione la Regione Campania ha adempiuto, per quanto di propria competenza, all’obbligo di dare attuazione alla cennata di-rettiva comunitaria, per la quale l’art. 13 prevedeva, come termine di adeguamento, la scadenza del 21/7/2004. Inoltre lo stesso art. 13 pre-vede che la valutazione ambientale trova applicazione “ai piani ed ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla da-ta” indicata del 21/7/2004, nonché a quelli che, pur essendo avviati prima di quella data, vengano approvati dopo il 21/7/2006. Quindi re-stano sottratti all’obbligo di effettuare la VAS i piani ed i programmi iniziati prima del 21/7/2004 e conclusi nel biennio successivo a quella data.
Il PRAE impugnato è stato approvato il 7/6/2006 e il suo primo atto preparatorio risale ad una data anteriore al 21/7/2004. Infatti l’avvio del procedimento in questione non può identificarsi con un atto del giudizio che ha dato luogo alla nomina del Commissario ad acta, poi-ché l’intervento di quest’ultimo è stato disposto per sopperire ad un arresto procedimentale verificatosi dopo che la Giunta regionale aveva già adottato una proposta di pianificazione. Tant’è che l’attività dell’organo commissariale è consistita di fatto nel riprendere la propo-sta elaborata dalla Giunta regionale e nel continuare lo stesso proce-dimento, già avviato, per condurlo a conclusione.
Ne consegue che, al momento dell’approvazione del piano impugnato, l’applicazione della VAS era ancora transitoriamente sospesa.
2.3. E’ appena il caso di soggiungere che il richiamo operato dalla di-fesa dei Comuni ricorrenti alla VIA non è pertinente, atteso che tale strumento si riferisce ai processi di formazione delle decisioni relativi alla realizzazione di “progetti”, mentre la VAS riguarda appunto l’attività di pianificazione e programmazione.
2.4. Detto ciò, è da esaminare se, sul piano procedimentale, rileva in alcun modo che l’approvazione del piano sia avvenuta ad opera di un Commissario ad acta nominato per disposizione del giudice ammini-strativo, che ha sostituito gli organi ordinariamente competenti.
L’intervento dell’organo commissariale trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di superare l’inerzia dell’amministrazione inadempiente all’obbligo di provvedere in ordine ad una determinata materia di pro-pria competenza istituzionale.
In coerenza con tale funzione l’attività del Commissario ad acta è di-retta al compimento di tutti e soli quegli adempimenti rientranti nelle attribuzioni dell’amministrazione che sia stata giudicata inerte.
Con riferimento al caso qui in esame, quindi, il Commissario ad acta si sostituisce non solo al Consiglio regionale, che è competente all’emanazione dell’atto conclusivo del procedimento, ma può e deve (se necessario) attivarsi nelle competenze di tutti gli organi e gli uffici che fanno capo all’ente regionale per ovviare a quella condizione di arresto procedimentale che si vuole superare mediante lo speciale ri-medio del ricorso contro il silenzio ex art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971 (cfr. l’ordinanza T.a.r. Campania, sez. I, n. 1015 del 13/12/2005, resa appunto nei confronti della Regione per la vicenda in esame).
Non è da escludere, ad esempio, che il Commissario ad acta si sosti-tuisca anche alla Commissione consultiva regionale di cui all'art. 3 della legge n. 54 del 1985, poiché non sarebbe ammissibile che un ri-tardo dell’organo regionale nell’emanazione del parere di competenza paralizzi il sollecito corso dell’iter di formazione del piano.
2.5. Ma il Commissario ad acta non ha, ovviamente, il potere di elude-re o ingerirsi in funzioni che spettano ad amministrazioni estranee al giudizio contro il silenzio e che conservano intatte le proprie attribu-zioni.
Orbene, l’art. 14 della legge regionale n. 8 del 1994, prevede che “al fine di consentire il necessario coordinamento e la razionalizzazione delle competenze amministrative, il Comitato istituzionale delle Auto-rità di bacino regionale fino all'approvazione del Piano di bacino, e-sprime un parere obbligatorio sugli atti di rilievo, di competenza degli Enti rappresentati nel Comitato istituzionale” (tra i quali è compresa la Regione).
Inoltre l’obbligo di acquisire un parere dall’Autorità di bacino è riba-dito dal Piano stralcio, approvato ai sensi dell’art. 12 del decreto legge n. 398 del 1993.
La pianificazione in questione, che comprende anche aspetti attinenti all’attività estrattiva (cfr. art. 9 della legge regionale n. 8 del 1994; art. 17 della legge n. 183 del 1989, ed ora art. 65 del d. lgs. n. 152 del 2006), rientra tra i piani territoriali settoriali previsti dall’art. 14 della legge regionale n. 16 del 2004 (cfr. articoli sopra citati) ed è soggetta all’approvazione dell’autorità regionale (cfr. art. 5 della ripetuta legge regionale n. 8).
E’ appena il caso di notare che il piano di stralcio è efficace e vinco-lante, anche nei confronti della stessa Regione, a prescindere da que-stioni semmai attinenti alla sua legittimità che andrebbero comunque apprezzate nelle forme e nelle sedi previste dall’ordinamento.
2.6. Inoltre, secondo quanto prescritto dalla legge n. 54 del 1985, gli enti locali devono essere “sentiti”.
Pertanto, né gli organi della Regione, né il Commissario ad acta che li sostituisce, possano sottrarsi al dovere di ascoltare quanto hanno da osservare i Comuni interessati.
In proposito, per comprendere come intendere questo adempimento è da sottolineare che i Comuni sono gli enti esponenziali delle comunità locali ed hanno la (con)titolarità di potestà fondamentali nella deter-minazione dell’assetto urbanistico del territorio.
Su tale assetto va ad incidere la pianificazione delle attività estrattive, secondo quanto previsto dall’art. 2, co. 8, 9 e 10, della citata legge re-gionale n. 54 del 1985.
Già, in base a questa semplice constatazione si deve ritenere che le amministrazioni locali sono invitate a partecipare al procedimento non tanto con meri apporti collaborativi (come è il caso delle osservazioni proposte da privati nel procedimento di formazione di uno strumento urbanistico), quanto piuttosto con interventi appropriati e consequen-ziali rispetto alle funzioni che sono demandate all’autorità comunale.
Autorità che non è in un rapporto di subordinazione-soggezione ri-spetto a quella regionale, per quanto riguarda l’esercizio dei propri compiti istituzionali.
In questa prospettiva il rapporto tra gli enti territoriali è piuttosto rego-lato dal principio di leale cooperazione, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (cfr. Corte cost., 28/7/1993, n. 348), che ha con-creta ed espressa applicazione in materia nell’art. 4 della legge regio-nale n. 16 del 2004 (“tutti i soggetti istituzionali titolari di funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica informano la propria attività ai metodi della cooperazione e dell'intesa”).
Nel delineato quadro normativo va trovata la chiave di lettura dell’obbligo di “sentire” i Comuni. Tale obbligo della Regione (e del Commissario ad acta) consiste nel prendere in debita considerazione le osservazioni rese dai Comuni.
Rientra ovviamente nella responsabile potestà dell’autorità regionale, non sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, di decidere la sorte di queste osservazioni, salvo che le determinazioni non si palesino manifestamente illogiche, o inique, o sproporzionate.
Ma, in base ai principi ed alle regole che governano in generale l’attività amministrativa, anche per poter apprezzare questa logicità, equità e proporzione, occorre che tali decisioni siano, in primo luogo, adeguatamente ponderate tenendo conto degli interessi pubblici, col-lettivi e privati coinvolti ed, in secondo luogo, sufficientemente moti-vate.
Sennonché nella specie non solo non risultano le ragioni per le quali sono state disattese le osservazioni presentate per iniziativa dei Co-muni ricorrenti; ma neppure risulta che né la Giunta regionale, nella fase anteriore all’intervento dell’organo commissariale, né lo stesso Commissario ad acta, abbiano preso in considerazione tali osservazio-ni.
Sotto questi profili le doglianze proposte con il ricorso in esame si ri-velano pertanto fondate.
2.7. Sono invece inammissibili in questa sede tutte le censure che ri-guardano il contenuto del piano impugnato, essendo evidente che su questi aspetti dovrà principalmente focalizzarsi l’attenzione della Re-gione in sede procedimentale, quando esaminerà nel merito le osser-vazioni in questione.
2.8. Gli atti impugnati con i motivi aggiunti cadono per illegittimità derivata, con assorbimento delle doglianze dedotte per vizi propri.
3. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di causa.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, previa estromissione del Ministero dell’ambiente, in accoglimento del ricorso n. 5497/06, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate, fatto salvo il rimborso del contributo unificato, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrati-va.
Così deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del 19 marzo 2008, con l'intervento dei signori:
Antonio Guida Presidente
Fabio Donadono consigliere estensore
Carlo Dell’Olio referendario
Il Presidente
L’estensore
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 2135 reg. sent.
anno 2008
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima,
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N. 5497 reg. gen.
anno 2006
sul ricorso n. 5497/06 reg. gen. proposto dal Comune di Tufino, in persona della Commissione straordinaria, Comune di Visciano e Co-mune di Casamarciano, in persona dei rispettivi Sindaci p.t., rappre-sentati e difesi dall’avv. Alessandro Biamonte, con lo stesso elettiva-mente domiciliati in Napoli alla via Duomo n. 348,
c o n t r o
- Regione Campania, in persona del Presidente p.t. della Giunta regio-nale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Rosaria Palma e Angelo Mar-zocchella, con gli stessi elettivamente domiciliata in Napoli alla via S. Lucia n. 81,
- Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro in carica, rappresentato difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domici-liato,
- Assessore ai rapporti con il Consiglio regionale, ai lavori pubblici, opere pubbliche, parcheggi e sport, nominato ex ordinanza T.a.r. Campania n. 719/05 Commissario ad acta per l’approvazione del Pia-no regionale delle attività estrattive, n. c.,
- ing. Eduardo Morrone, Coordinatore A.G.C. lavori pubblici, opere pubbliche, attuazione espropriazione, nella qualità di Commissario ad acta delegato dall’assessore LL.PP. con decreto n. 439 del 6/9/2005 per l’approvazione del PRAE, n. c.,
e nei confronti di
- Cementi Moccia s.p.a., in persona del Presidente legale rappresen-tante p.t. ing. Gennaro Moccia, rappresentata e difesa dall’avv. Anto-nio Lamberti, con lo stesso elettivamente domiciliata in Napoli alla via S. Pasquale a Chiaia n. 55,
- Edilcalcestruzzi s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante p.t. sig. Luca Marinelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vincenzina Salvatore e Claudio Preziosi, con lo stesso elettiva-mente domiciliata in Napoli al largo Donn’Anna n. 9 presso l’avv. O-lindo Paolo Preziosi,
- G. Apostolico & Tanagro s.n.c., n. c.,
e con l’intervento di
- Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana, soc. con-sortile per azioni, in persona del Presidente del Consiglio di ammini-strazione p.t. geom. Raffaele Spera, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Biamonte, con lo stesso elettivamente domiciliata in Na-poli alla via Duomo n. 348,
- Comune di Palma Campania, in persona del Sindaco p.t., rappresen-tato e difeso dall’avv. Alessandro Biamonte, con lo stesso elettiva-mente domiciliati in Napoli alla via Duomo n. 348,
per l'annullamento
dell’ordinanza n. 11 del 7/6/2006, pubblicata sul BURC n. 27 del 19/6/2006, recante l’approvazione del Piano regionale delle attività e-strattive (PRAE) della Regione Campania ad opera del Commissario ad acta nominato in forza dell’ordinanza T.a.r. Campnaia Napoli, sez. I, n. 719/05, unitamente agli atti che compongono il PRAE; di tutti gli atti concernenti la classificazione delle aree suscettibili di attività e-strattiva nei territori dei comuni ricorrenti e la perimentrazione delle medesime quali aree suscettibili di nuove estrazioni (Tufino) ai sensi dell’art. 25 delle norme di attuazione e aree di riserva (Visciano e Ca-samarciano) ai sensi dell’art. 26; degli allegati al PRAE ivi comprese la cartografia, la relazione integrativa del Commissario ad acta, la re-lazione illustrativa generale, le linee guida, le norme di attuazione; delle deliberazioni di Giunta regionale n. 7253 del 27/12/2001, n. 3093 del 31/10/2003, n. 1544 del 6/8/2004, qualificate dal Commissa-rio ad acta come parte integrante del Piano approvato; delle delibera-zioni di Giunta regionale n. 634 dell’ 8/2/2000, concernente la presa d’atto dell’elaborato predisposto dall’Università Federico II, e n. 7253 del 27/12/2001; di ogni altro atto connesso ivi compresi i pareri e-spressi dai Settori provinciali del Genio Civile e da ogni altro organo investito in ordine alle osservazioni al PRAE presentate dagli enti ri-correnti, nonché le eventuali determinazioni assunte in merito;
sui motivi aggiunti proposti dai Comuni ricorrenti
per l’annullamento
- dell’ordinanza commissariale n. 12 del 6/7/2006 e degli atti connes-si;
- della delibera di Giunta regionale n. 323 del 7/3/2007 pubblicata sul BURC n. 18 del 2/4/2007 concernente l’approvazione delle nuove a-ree suscettibili di estrazione e la perimetrazione dei comparti estrattivi; dell’allegato A della suddetta delibera nella parte in cui le nuove aree suscettibili di estrazione C07NA (Tufo grigio) nel Comune di Tufino e C06NA (Calcari) nel Comune di Casamarciano; dell’allegato B nella parte in cui perimetra i comparti C04NA-02 e C07NA-01 (Tufino) e C06NA-01 (Casamarciano); dell’allegato C contenente la cartografia nella parte in cui perimetra i territori dei Comuni ricorrenti; di ogni al-tro atto connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione e del Ministero dell’Ambiente, nonché delle società Cementi Moccia ed Edilcalce-struzzi;
visti i motivi aggiunti proposti dai Comuni ricorrenti;
visti gli atti di intervento del Comune di Palma Campania e dell’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana;
viste le memorie difensive ed i documenti prodotti dalle parti;
vista l’ordinanza collegiale n. 13 del 10/1/2008 di ricostruzione del fa-scicolo;
visti gli atti tutti di causa;
alla pubblica udienza del 19/3/2008, relatore il cons. Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza.
F A T T O
Giova premettere che:
- con delibere di Giunta regionale n. 7253 del 27/12/2001, n. 3093 del 31/10/2003 e n. 1544 del 6/8/2004 la Giunta regionale della Campania adottava la proposta per il Consiglio regionale del Piano regionale del-le attività estrattive (PRAE) sulla base di un progetto elaborato dall’Università degli studi di Napoli Federico II, all’uopo incaricata dalla Regione e recepito con delibera di Giunta regionale n. 634 dell’8/2/2000;
- con delibera consiliare n. 14 del 24/4/2004, seguita dalla delibera consiliare n. 31 del 30/9/2004, il Comune di Casamarciano, nella qua-lità di capofila di una intesa con i Comuni di Tufino, Visciano e Co-miziano, formulava le osservazioni al PRAE relative ai territori dei comuni in questione, elaborate sulla base di un documento tecnico predisposto dall’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana, società consortile costituita tra i citati enti locali;
- con ordinanza n. 719 del 2/8/2005, dopo aver accolto il ricorso pro-posto ai sensi dell’art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971 dalla società Cementi Moccia, operante nel settore dell’attività estrattiva, il Tribu-nale amministrativo regionale della Campania disponeva la nomina di un Commissario ad acta in relazione alla perdurante inerzia dell’amministrazione regionale all’approvazione del PRAE;
- con delibera di Giunta n. 2 del 19/1/2006, seguita da delibera consi-liare n. 3 del 27/1/2006, il Comune di Casamarciano ribadiva le osser-vazioni al PRAE nei confronti del Commissario ad acta;
- con ordinanza n. 11 del 7/6/2006, il Commissario ad acta provvede-va all’approvazione del PRAE.
Con ricorso notificato il 5/8/2006, i Comuni di Tufino, Visciano e Ca-samarciano impugnavano gli atti in epigrafe.
Con atti notificati rispettivamente il 12/10/2006 ed il 27/12/2006 pro-ponevano intervento “ad adiuvandum” l’Agenzia Locale di Sviluppo dei Comuni dell’Area Nolana ed il Comune di Palma Campania.
Con atti notificati il 10/11/2006 ed il 25/5/2007, i Comuni ricorrenti estendevano l’impugnativa all’ordinanza commissariale n. 12 del 6/7/2006, recante modifiche e rettifiche al PRAE, ed alla delibera di Giunta regionale n. 323 del 7/3/2007 con la quale la Regione, in ese-cuzione del PRAE, ha approvato le nuove aree suscettibili di estrazio-ne e la perimetrazione dei comparti estrattivi.
Si costituivano in giudizio, per resistere al ricorso, la Regione ed il Ministero dell’ambiente, nonché le società Cementi Moccia e Edilcal-cestruzzi.
La domanda incidentale di sospensione non veniva trattata essendo cancellata dal ruolo cautelare.
D I R I T T O
1. La difesa erariale invoca preliminarmente l’estromissione dal giudi-zio per difetto di legittimazione passiva.
La richiesta va accolta in quanto nella controversia in esame l’amministrazione dello Stato non assume la veste formale di contrad-dittore necessario avuto riguardo agli atti impugnati.
2. Nel merito i Comuni ricorrenti deducono censure che possono esse-re così riassunte:
- le articolate e puntuali osservazioni presentate dai Comuni ricorrenti non risulterebbero debitamente valutate e comunque risulterebbero immotivatamente disattese; le comunità locali sarebbero state estro-messe dal processo decisionale; ciò sarebbe in contrasto con l’art. 2, co. 1, della legge regionale n. 54 del 1985, nella parte in cui prevede che i Comuni siano “sentiti”, con il principio di reale e leale collabo-razione posto dall’art. 114 della Costituzione, con gli artt. 1 e 4 della legge regionale n. 16 del 2004, che contempla il metodo della coope-razione e dell’intesa tra gli enti nelle scelte attinenti al governo del ter-ritorio, nonché con i principi desumibili dagli artt. 15 e 20 della stessa legge n. 16 del 2004, con la direttiva 2001/42/CE e l’art. 174 del Trat-tato UE che richiama il principio di precauzione e di sostenibilità dello sviluppo; l’estromissione degli enti locali dal processo decisionale sa-rebbe vieppiù grave in quanto l’art. 2, co. 10, della citata legge regio-nale n. 54 del 1985 impone ai Comuni di adeguare i propri strumenti urbanistici al PRAE;
- il PRAE conterrebbe previsioni preordinate alla devastazione del ter-ritorio che stravolgerebbero i piani regolatori vigenti, configgerebbero con la normativa del Piano territoriale di coordinamento provinciale e con il Piano di sviluppo socio economico della Comunità montana Montedonico-Tribucco e contrasterebbero con le finalità e le compati-bilità di difesa ambientale, di tutela della salute e di recupero architet-tonico e monumentale proclamate nell’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985, oltre che nella legge regionale n. 16 del 2004, e nell’art. 1 delle norme di attuazione dello stesso PRAE; la pianificazione regio-nale qualifica ampie porzioni del territorio dei Comuni ricorrenti come aree suscettibili di nuove estrazioni e come aree di riserva, senza con-siderare gli elementi di grave criticità che incidono negativamente sul territorio in questione, tanto da determinarne l’inclusione ad opera del decreto del Ministro dell’ambiente del 31/1/2006 tra gli interventi di bonifica di interesse nazionale e senza neppure considerare le valenze paesaggistiche, naturalistiche ed antropiche esistenti sul territorio; tale qualificazione comprende anche zone del centro abitato, aree culmina-li delle creste collinari, aree confinanti con siti di interesse archeologi-co (note della Soprintendenza Archelogica per le province di Napoli e Caserta prot. n. 514 del 9/2/1998 e n. 3682 del 18/2/1998) e con aree soggette all’uso civico (in conflitto con quanto previsto dallo stesso art. 7, co. 1, lett. b, delle norme tecniche), con aree boscate (cfr. punto c, dell’articolo sopra citato), in zona di tutela e di rispetto delle acque destinate al consumo umano (cfr. lett. f), oppure tra i siti di interesse comunitario nelle zone di protezione speciale (cfr. punto g), nelle aree oggetto di interventi finanziati con fondi comunitari, statali o regionali (cfr. lett. i), in aree di difesa del suolo di salvaguardia ambientale (artt. 10 e 11 del PTCP), in ambiti dei parchi territoriali (art. 13 PTCP), in contiguità con insediamenti storici (art. 16 PTCP), con la localizza-zione di parchi di attività integrate (art. 24 PTCP) nonché zone classi-ficate a rischio e assoggettate a vincolo dal Piano stralcio per l’assetto idrogeologico nord-occidentale della Campania, approvato con delibe-ra del Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino n. 11 del 10/5/2002, in applicazione dell’art. 12 del decreto legge n. 398 del 1993, che costituisce Piano territoriale di settore vincolante in base all’art. 17 della legge n. 183 del 1989 e dell’art. 9 della legge regiona-le n. 8 del 1994;
- mancherebbe il parere della Commissione consultiva regionale, ri-chiesto dall’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985;
- il procedimento risulterebbe altresì in contrasto con l’art. 5 della leg-ge regionale n. 16 del 2004 e con l’art. 9, co. 1, lett. b), della direttiva 2001/42/CE,
- mancherebbe il parere dell’Autorità di Bacino, secondo quanto pre-visto dall’art. 6, co. 1, lett. e), del Piano stralcio per l’assetto idrogeo-logico; mancherebbe inoltre lo studio di compatibilità idraulica e idro-geologica previsto dagli artt. 35 e seguenti del cennato Piano stralcio;
- mancherebbe l’attivazione del procedimento di valutazione ambien-tale strategica (VAS) disciplinato dalla direttiva comunitaria 2001/42/CE, recepita dalla legge regionale n. 16 del 2004 (art. 47);
- le scelte di piano sarebbero basate su una metodologia puramente empirica e non sorretta da valutazioni di sostenibilità ambientale; ino-tre sarebbe illogico ed irragionevole il calcolo su base provinciale del fabbisogno di materiale estrattivo, attesa la elevata densità demografi-ca della provincia di Napoli.
Con i motivi aggiunti, i Comuni ricorrenti, oltre a ribadire in via deri-vata le censure sopra esposte, contestano inoltre, contro la delibera re-gionale sopravvenuta in corso di giudizio, la individuazione di nuove aree suscettibili di estrazione, la mancanza di uno studio e/o ricerca e-strattiva secondo quanto previsto dall’art. 21, co. 4, delle norme di at-tuazione per la determinazione dei comparti nelle aree di riserva, la carenza di una adeguata istruttoria riconosciuta nella stessa delibera regionale impugnata facendo riferimento ad “accertamenti a farsi”, modificazioni al PRAE senza l’osservanza del procedimento e delle competenza prescritte per tale Piano, la violazione delle previsioni del Parco “Vallo di Lauro – Pizzo d’Alvano” incluso tra le aree naturali protette.
La difesa regionale obietta che:
- la normativa regolante il PRAE è contenuta nella legge regionale n. 54 del 1985, il che porta escludere ogni interferenza della legge regio-nale n. 16 del 2004 in generale e dell’art. 47 in particolare;
- è pure da escludere che la direttiva comunitaria 2001/42/CE abbia carattere “self executing”, per cui il PRAE non sarebbe soggetto a VAS;
- in ogni caso la pianificazione approvata sarebbe sostanzialmente conservativa e rivolta al massimo grado di tutela ambientale;
- i Comuni sarebbero stati ascoltati nella fase della elaborazione della proposta della Giunta regionale, poi tradotta senza stravolgimenti nel Piano approvato dal Commissario ad acta;
- con le osservazioni formulate, i Comuni ricorrenti pretenderebbero di assoggettare la pianificazione regionale alle proprie esigenze urba-nistiche;
- l’obbligo di “sentire” i Comuni dovrebbe intendersi nel senso di un mero simulacro della partecipazione in funzione meramente consulta-tiva;
- l’obbligo di acquisire il parere dell’Autorità di Bacino non sarebbe contemplato in una norma di legge; il PRAE non intaccherebbe le previsioni del Piano stralcio e dei vincoli idrogeologici; né la pianifi-cazione di settore di altre autorità potrebbero incidere sulle potestà in materia urbanistica spettanti alla competenza regionale.;
- il Commissario ad acta avrebbe amplissimi poteri di sostituzione dell’amministrazione inadempiente, assorbendo in sé ogni competenza ed ogni funzione per superare l’impasse determinata dall’inerzia della Regione;
- la materia delle cave e miniere esulerebbe dalla pianificazione urba-nistico-edilizia; le scelte in materia sarebbero latamente discrezionali, non richiederebbero una motivazione particolare oltre quella desumi-bile dai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano, costitui-rebbero apprezzamenti di merito sottratti al sindacato del giudice am-ministrativo salvo che per vizi di manifesta irrazionalità o di travisa-mento dei fatti;
- il Commissario ad acta, nei brevi termini concessi, avvalendosi della struttura di supporto, avrebbe compiuto una adeguata attività istrutto-ria mediante l’integrazione del progetto di PRAE già adottato dalla Giunta regionale.
2.1. E’ opportuno premettere una ricognizione del quadro normativo che disciplina la materia.
Il Piano regionale delle attività estrattive è originariamente contempla-to e regolato dall’art. 2 della legge regionale n. 54 del 1985 (come modificata dalla legge regionale n. 17 del 1995): tale norma prevede, al primo comma, che “il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, previo parere della Commissione consultiva regionale di cui all'art. 3 della presente legge sentiti i Comuni, le Comunità montane ed i comprensori interessati e le Province, approva il piano regionale del settore estrattivo, nel quadro delle esigenze generali di difesa del-l'ambiente, del diritto alla salute dei cittadini, di recupero del patrimo-nio architettonico e monumentale dei borghi e dei centri storici della Campania, di sviluppo economico regionale ed in linea con le politi-che comunitarie in materia, per attuare una politica organica di ap-provvigionamento e di razionale utilizzazione delle risorse delle mate-rie di cava”.
Successivamente è sopravvenuta la legge regionale n. 16 del 2004, a-vente ad oggetto il “governo del territorio”, con la quale è stata com-plessivamente riformata la normativa riguardante non solo, ovviamen-te, la materia urbanistica, ma più in generale tutta la disciplina relativa all'uso, all’assetto, alla tutela ed alla trasformazione del territorio, at-traverso una pianificazione comprendente “tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che comportano una trasformazione significa-tiva del territorio” (cfr. artt. 1, 2 e 3).
La nuova legge regionale è entrata in vigore il 29 dicembre 2004; per i piani in itinere, disposizioni transitorie sono previste unicamente per gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale (art. 45).
La normativa del 1985 non è stata abrogata, ma continua a restare in vigore “per quanto non previsto” dalla legge regionale del 2004 (art. 49), e cioè nella misura in cui sia compatibile con i principi e le dispo-sizioni dettate dalla legge fondamentale che la Regione si è data per regolare il governo del proprio territorio.
Alla luce di tali considerazioni, la nuova normativa trova applicazione al PRAE impugnato, che rientra a pieno titolo tra i piani settoriali re-gionali di cui all’art. 14 della legge in questione.
1.2. Orbene, l’art. 47 della ripetuta legge regionale n. 16 prevede che i piani territoriali di settore siano accompagnati dalla valutazione am-bientale di cui alla direttiva 42/2001/CE del 27 giugno 2001, da effet-tuarsi durante la fase di redazione dei piani.
Con tale disposizione la Regione Campania ha adempiuto, per quanto di propria competenza, all’obbligo di dare attuazione alla cennata di-rettiva comunitaria, per la quale l’art. 13 prevedeva, come termine di adeguamento, la scadenza del 21/7/2004. Inoltre lo stesso art. 13 pre-vede che la valutazione ambientale trova applicazione “ai piani ed ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla da-ta” indicata del 21/7/2004, nonché a quelli che, pur essendo avviati prima di quella data, vengano approvati dopo il 21/7/2006. Quindi re-stano sottratti all’obbligo di effettuare la VAS i piani ed i programmi iniziati prima del 21/7/2004 e conclusi nel biennio successivo a quella data.
Il PRAE impugnato è stato approvato il 7/6/2006 e il suo primo atto preparatorio risale ad una data anteriore al 21/7/2004. Infatti l’avvio del procedimento in questione non può identificarsi con un atto del giudizio che ha dato luogo alla nomina del Commissario ad acta, poi-ché l’intervento di quest’ultimo è stato disposto per sopperire ad un arresto procedimentale verificatosi dopo che la Giunta regionale aveva già adottato una proposta di pianificazione. Tant’è che l’attività dell’organo commissariale è consistita di fatto nel riprendere la propo-sta elaborata dalla Giunta regionale e nel continuare lo stesso proce-dimento, già avviato, per condurlo a conclusione.
Ne consegue che, al momento dell’approvazione del piano impugnato, l’applicazione della VAS era ancora transitoriamente sospesa.
2.3. E’ appena il caso di soggiungere che il richiamo operato dalla di-fesa dei Comuni ricorrenti alla VIA non è pertinente, atteso che tale strumento si riferisce ai processi di formazione delle decisioni relativi alla realizzazione di “progetti”, mentre la VAS riguarda appunto l’attività di pianificazione e programmazione.
2.4. Detto ciò, è da esaminare se, sul piano procedimentale, rileva in alcun modo che l’approvazione del piano sia avvenuta ad opera di un Commissario ad acta nominato per disposizione del giudice ammini-strativo, che ha sostituito gli organi ordinariamente competenti.
L’intervento dell’organo commissariale trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di superare l’inerzia dell’amministrazione inadempiente all’obbligo di provvedere in ordine ad una determinata materia di pro-pria competenza istituzionale.
In coerenza con tale funzione l’attività del Commissario ad acta è di-retta al compimento di tutti e soli quegli adempimenti rientranti nelle attribuzioni dell’amministrazione che sia stata giudicata inerte.
Con riferimento al caso qui in esame, quindi, il Commissario ad acta si sostituisce non solo al Consiglio regionale, che è competente all’emanazione dell’atto conclusivo del procedimento, ma può e deve (se necessario) attivarsi nelle competenze di tutti gli organi e gli uffici che fanno capo all’ente regionale per ovviare a quella condizione di arresto procedimentale che si vuole superare mediante lo speciale ri-medio del ricorso contro il silenzio ex art. 21-bis della legge n. 1034 del 1971 (cfr. l’ordinanza T.a.r. Campania, sez. I, n. 1015 del 13/12/2005, resa appunto nei confronti della Regione per la vicenda in esame).
Non è da escludere, ad esempio, che il Commissario ad acta si sosti-tuisca anche alla Commissione consultiva regionale di cui all'art. 3 della legge n. 54 del 1985, poiché non sarebbe ammissibile che un ri-tardo dell’organo regionale nell’emanazione del parere di competenza paralizzi il sollecito corso dell’iter di formazione del piano.
2.5. Ma il Commissario ad acta non ha, ovviamente, il potere di elude-re o ingerirsi in funzioni che spettano ad amministrazioni estranee al giudizio contro il silenzio e che conservano intatte le proprie attribu-zioni.
Orbene, l’art. 14 della legge regionale n. 8 del 1994, prevede che “al fine di consentire il necessario coordinamento e la razionalizzazione delle competenze amministrative, il Comitato istituzionale delle Auto-rità di bacino regionale fino all'approvazione del Piano di bacino, e-sprime un parere obbligatorio sugli atti di rilievo, di competenza degli Enti rappresentati nel Comitato istituzionale” (tra i quali è compresa la Regione).
Inoltre l’obbligo di acquisire un parere dall’Autorità di bacino è riba-dito dal Piano stralcio, approvato ai sensi dell’art. 12 del decreto legge n. 398 del 1993.
La pianificazione in questione, che comprende anche aspetti attinenti all’attività estrattiva (cfr. art. 9 della legge regionale n. 8 del 1994; art. 17 della legge n. 183 del 1989, ed ora art. 65 del d. lgs. n. 152 del 2006), rientra tra i piani territoriali settoriali previsti dall’art. 14 della legge regionale n. 16 del 2004 (cfr. articoli sopra citati) ed è soggetta all’approvazione dell’autorità regionale (cfr. art. 5 della ripetuta legge regionale n. 8).
E’ appena il caso di notare che il piano di stralcio è efficace e vinco-lante, anche nei confronti della stessa Regione, a prescindere da que-stioni semmai attinenti alla sua legittimità che andrebbero comunque apprezzate nelle forme e nelle sedi previste dall’ordinamento.
2.6. Inoltre, secondo quanto prescritto dalla legge n. 54 del 1985, gli enti locali devono essere “sentiti”.
Pertanto, né gli organi della Regione, né il Commissario ad acta che li sostituisce, possano sottrarsi al dovere di ascoltare quanto hanno da osservare i Comuni interessati.
In proposito, per comprendere come intendere questo adempimento è da sottolineare che i Comuni sono gli enti esponenziali delle comunità locali ed hanno la (con)titolarità di potestà fondamentali nella deter-minazione dell’assetto urbanistico del territorio.
Su tale assetto va ad incidere la pianificazione delle attività estrattive, secondo quanto previsto dall’art. 2, co. 8, 9 e 10, della citata legge re-gionale n. 54 del 1985.
Già, in base a questa semplice constatazione si deve ritenere che le amministrazioni locali sono invitate a partecipare al procedimento non tanto con meri apporti collaborativi (come è il caso delle osservazioni proposte da privati nel procedimento di formazione di uno strumento urbanistico), quanto piuttosto con interventi appropriati e consequen-ziali rispetto alle funzioni che sono demandate all’autorità comunale.
Autorità che non è in un rapporto di subordinazione-soggezione ri-spetto a quella regionale, per quanto riguarda l’esercizio dei propri compiti istituzionali.
In questa prospettiva il rapporto tra gli enti territoriali è piuttosto rego-lato dal principio di leale cooperazione, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (cfr. Corte cost., 28/7/1993, n. 348), che ha con-creta ed espressa applicazione in materia nell’art. 4 della legge regio-nale n. 16 del 2004 (“tutti i soggetti istituzionali titolari di funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica informano la propria attività ai metodi della cooperazione e dell'intesa”).
Nel delineato quadro normativo va trovata la chiave di lettura dell’obbligo di “sentire” i Comuni. Tale obbligo della Regione (e del Commissario ad acta) consiste nel prendere in debita considerazione le osservazioni rese dai Comuni.
Rientra ovviamente nella responsabile potestà dell’autorità regionale, non sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, di decidere la sorte di queste osservazioni, salvo che le determinazioni non si palesino manifestamente illogiche, o inique, o sproporzionate.
Ma, in base ai principi ed alle regole che governano in generale l’attività amministrativa, anche per poter apprezzare questa logicità, equità e proporzione, occorre che tali decisioni siano, in primo luogo, adeguatamente ponderate tenendo conto degli interessi pubblici, col-lettivi e privati coinvolti ed, in secondo luogo, sufficientemente moti-vate.
Sennonché nella specie non solo non risultano le ragioni per le quali sono state disattese le osservazioni presentate per iniziativa dei Co-muni ricorrenti; ma neppure risulta che né la Giunta regionale, nella fase anteriore all’intervento dell’organo commissariale, né lo stesso Commissario ad acta, abbiano preso in considerazione tali osservazio-ni.
Sotto questi profili le doglianze proposte con il ricorso in esame si ri-velano pertanto fondate.
2.7. Sono invece inammissibili in questa sede tutte le censure che ri-guardano il contenuto del piano impugnato, essendo evidente che su questi aspetti dovrà principalmente focalizzarsi l’attenzione della Re-gione in sede procedimentale, quando esaminerà nel merito le osser-vazioni in questione.
2.8. Gli atti impugnati con i motivi aggiunti cadono per illegittimità derivata, con assorbimento delle doglianze dedotte per vizi propri.
3. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di causa.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, previa estromissione del Ministero dell’ambiente, in accoglimento del ricorso n. 5497/06, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate, fatto salvo il rimborso del contributo unificato, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrati-va.
Così deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del 19 marzo 2008, con l'intervento dei signori:
Antonio Guida Presidente
Fabio Donadono consigliere estensore
Carlo Dell’Olio referendario
Il Presidente
L’estensore