TAR Emilia Romagna (PR) Sez. I n. del 25 gennaio 2012
Acque.Scarichi di acque reflue domestiche
L’art. 45 del d.lgs. n. 152 del 1999, con prescrizioni poi confluite nell’art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006, dispone che “tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati” (comma 1), ma che “in deroga al comma 1 gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato” (comma 4). Ciò comporta in capo al privato l’obbligo di attenersi scrupolosamente alle regole valide in ambito locale, accertandosi che gli scarichi delle acque reflue domestiche, sottratte ad un atto autorizzatorio, rispettino le prescrizioni stabilite dal gestore del servizio idrico integrato
N. 00049/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00118/2010 REG.RIC.
N. 00141/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi n. 118 del 2010 e n. 141 del 2010 proposti dal Condominio “Isola delle Viole” e dal Condominio “Isola delle Viole 2”, in persona dell’amministratore p.t. Rebecca Rizzoli, rappresentati e difesi dall’avv. Rosa Maria Ghirardini e dall’avv. Annamaria Calvi, e presso le stesse elettivamente domiciliati in Parma, via Camillo Rondani n. 8;
contro
il Comune di Parma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Marina Cristini, con domicilio eletto in Parma, via Repubblica n. 1, presso l’Avv.ra mun.le;
nei confronti di
(limitatamente al ricorso n. 141/2010) Intercasa S.r.l. ed Enia S.p.A., non costituite in giudizio;
per l'annullamento
- quanto al ricorso n. 118/2010 - del provvedimento prot. n. 22468 2008.VI/9/6.2/2 in data 9 febbraio 2010, con cui il Comune di Parma, Settore Benessere e Sostenibilità, ha diffidato l’Amministratore dei condomìni ricorrenti dal proseguire l’attività di scarico dei reflui, non depurati, nel Canale Naviglio e ha imposto la regolarizzazione degli scarichi realizzando l’allacciamento degli stessi al collettore fognario di via Savona;
- quanto al ricorso n. 141/2010 - del provvedimento prot. n. 106127 2008 VI/9/6.2/2 in data 16 giugno 2010, con cui il Comune di Parma, Settore Controlli - Servizio controllo abusi nel territorio, ha ordinato all’Amministratore dei condomìni ricorrenti di provvedere alla presentazione della d.i.a. per l’inizio dei lavori di allacciamento degli scarichi di acque reflue domestiche nere al collettore fognario di via Savona, e ha fissato in sessanta giorni il termine per la conclusione dei lavori medesimi;
…………………per la condanna………………..
dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza in data 11 gennaio 2012 i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Richiamata la circostanza che le acque reflue domestiche nere relative agli stabili ubicati ai civici n. 9, n. 11 e n. 13 di via Verona risultavano “recapitare” direttamente, senza depurazione, nel Canale Naviglio e che l’art. 21 del regolamento di pubblica fognatura impone ai proprietari di allacciare i propri scarichi al collettore fognario situato a meno di cento metri dall’immobile interessato, il Direttore del Settore Benessere e Sostenibilità del Comune di Parma diffidava l’Amministratore dei suindicati condomìni dal proseguire l’attività di scarico dei reflui, non depurati, nel Canale Naviglio, e ingiungeva l’allacciamento degli scarichi al collettore fognario di via Savona, entro sessanta giorni, previo conseguimento dei titoli abilitativi necessari (v. provvedimento prot. n. 22468 2008.VI/9/6.2/2 in data 9 febbraio 2010).
Avverso tale provvedimento hanno proposto impugnativa i condomìni “Isola delle Viole” e “Isola delle Viole 2” (ricorso n. 118/2010). Lamentano che all’adozione della misura, espressamente finalizzata a garantire il rispetto della normativa in materia di pubblica fognatura e la tutela dell’ambiente e della salute pubblica, abbia provveduto un dirigente comunale anziché il Sindaco – cui compete l’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti in caso di emergenza sanitaria o di pregiudizio per l’igiene pubblica a carattere locale (artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000) –, ed abbia comunque provveduto il Settore Benessere e Sostenibilità anziché il Settore Mobilità ed Ambiente; si dolgono, ancora, di dover subire gli effetti di accadimenti a loro non imputabili e dovuti essenzialmente alla carente istruttoria e alle omesse verifiche dell’Amministrazione comunale a sèguito della richiesta di autorizzazione allo scarico risalente all’anno 2005 e ai successivi atti intervenuti, risultati quindi ingannevoli sia per il costruttore sia per gli acquirenti degli immobili, evidentemente in buona fede a proposito delle irregolarità ora loro contestate; censurano, infine, l’assenza della previa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241 del 1990, nonché l’insufficienza e inadeguatezza della motivazione, fondata anche sul richiamo ad atto comunale in realtà già revocato. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato e di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Comune di Parma, resistendo al gravame.
Avendo accertato, poi, che la suindicata diffida era rimasta inottemperata, il Dirigente del Servizio controllo abusi nel territorio (Settore Controlli del Comune di Parma) ingiungeva all’Amministratore dei due condomìni di provvedere, entro quindici giorni, alla presentazione della d.i.a. necessaria all’inizio dei lavori di allacciamento degli scarichi di acque reflue domestiche nere al collettore fognario di via Savona e di concludere i relativi lavori entro sessanta giorni (v. provvedimento prot. n. 106127 2008 VI/9/6.2/2 in data 16 giugno 2010).
Avverso tale atto hanno proposto una nuova impugnativa i condomìni interessati (ricorso n. 141/2010). Si oppongono all’applicabilità al caso di specie dell’art. 21 del regolamento dell’ATO, perché valido solo dal 1° giugno 2008 e non riferibile agli scarichi precedenti; denunciano, poi, l’insufficiente istruttoria, per non essersi tenuto conto della situazione di grave criticità del collettore fognario di via Savona; lamentano, inoltre, l’insufficienza e l’iniquità del termine di sessanta giorni per la conclusione dei lavori, a fronte degli adempimenti formali imposti in tali casi dal regolamento ATO; ripropongono, ancora, la questione della grave responsabilità dell’Amministrazione comunale nell’avere indotto a confidare gli interessati nella regolarità degli scarichi in essere, con condotte ingannevoli e per questo fonte di affidamento meritevole di tutela; deducono, infine, l’insufficienza e inadeguatezza della motivazione, fondata anche sul richiamo ad atto comunale in realtà già revocato. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato e di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Comune di Parma, resistendo al gravame.
Le due istanze cautelari dei ricorrenti venivano respinte dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 6 luglio 2010 (ordd. n. 132/2010 e n. 135/2010).
All’udienza in data 11 gennaio 2012, ascoltati i rappresentanti delle parti, i due ricorsi sono passati in decisione.
Osserva preliminarmente il Collegio che, per evidenti motivi di connessione, si può provvedere alla riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 70 cod.proc.amm.
Muovendo dall’esame del ricorso n. 118/2010, viene innanzi tutto in rilievo la questione del presunto esercizio da parte di un dirigente comunale di funzioni attribuite dalla legge alla competenza sindacale, con la forma dell’ordinanza contingibile e urgente, per le ipotesi di emergenze sanitarie e di tutela dell’igiene pubblica o di grave pericolo per l’incolumità dei cittadini, ai sensi degli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, o in ogni caso dell’indebita assunzione della decisione da parte di settore amministrativo diverso da quello a ciò tenuto nell’ambito del Comune di Parma.
La questione è infondata, sotto entrambi i profili.
Quanto alla natura dell’atto oggetto della controversia, si tratta di provvedimento riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 130 del d.lgs. n. 152 del 2006, norma che, secondo la gravità dell’infrazione, prevede una graduazione degli interventi, limitati alla diffida ad eliminare entro un dato termine le irregolarità rilevate o estesi al divieto medio tempore di esercizio dell’attività di scarico in presenza di situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente; nella fattispecie, pertanto, non si rendeva necessario provvedere con ordinanza contingibile ed urgente, che è notorio essere strumento riservato a situazioni cui sia impossibile far fronte con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento. Quanto, poi, alla denunciata alterazione delle competenze interne all’Amministrazione comunale, osserva il Collegio come la difesa dell’ente locale abbia documentato l’ascrivibilità alle attribuzioni del Settore Benessere e Sostenibilità degli interventi di tutela ambientale attraverso la “…attività di controllo sullo stato del territorio … e conseguente attivazione degli interventi necessari al superamento delle criticità rilevate … nonché alla repressione di fenomeni di abusivismo ed illegalità …” (così il «funzionigramma di microstruttura» approvato dal Direttore generale del Comune di Parma con determina n. 9/2009 del 23 ottobre 2009); risulta, quindi, esercitata dalla struttura competente la funzione di repressione degli scarichi abusivi in questione.
Con altro capo di doglianze si imputa all’Amministrazione comunale di avere fin dall’anno 2005 omesso gli accertamenti di propria competenza e di avere adottato atti che in vario modo avrebbero indotto nell’originario proprietario degli immobili e nei successivi acquirenti il legittimo affidamento circa la regolarità degli scarichi delle acque reflue domestiche. Dal che l’asserita necessità che sia la stessa Amministrazione comunale a sostenere l’onere di regolarizzazione degli scarichi, allacciandoli alla rete fognaria.
La questione è priva di fondamento.
L’art. 45 del d.lgs. n. 152 del 1999, con prescrizioni poi confluite nell’art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006, dispone che “tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati” (comma 1), ma che “in deroga al comma 1 gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato” (comma 4). Ciò comporta in capo al privato l’obbligo di attenersi scrupolosamente alle regole valide in ambito locale, accertandosi che gli scarichi delle acque reflue domestiche, sottratte ad un atto autorizzatorio, rispettino le prescrizioni stabilite dal gestore del servizio idrico integrato; chi fruisce degli scarichi, insomma, non può confidare nei successivi controlli delle Autorità preposte al settore per ritenersi esonerato dal dovere di ricercare responsabilmente le norme che disciplinano in quel territorio la materia, con la conseguenza che, per non essere in proposito previsto dalla legge un titolo abilitativo, la scelta di far “recapitare” nel canale Naviglio le acque nere provenienti dagli immobili dei ricorrenti, a suo tempo operata dalla ditta costruttrice degli edifici – che qualificava erroneamente il corso d’acqua come collettore fognario comunale (v. dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 2 marzo 2005; doc. n. 6 di parte ricorrente), nonostante tale caratteristica fosse medio tempore venuta meno, – evidenzia in sé una condotta censurabile, indipendentemente dalla buona o mala fede di chi vi ha dato corso, e impone all’Autorità competente (nella fattispecie il Comune di Parma) l’adozione delle misure conseguenti, che non possono che ricadere su chi a quell’allacciamento ha provveduto o sugli aventi causa, se questi ultimi fruiscono dell’attività di scarico irregolare. Irrilevante, quindi, è la circostanza che successive determinazioni dell’Amministrazione comunale abbiano ignorato l’irregolarità degli scarichi in essere presso i condomìni “Isola delle Viole” e “Isola delle Viole 2” o abbiano lasciato intendere che non sussistessero contrasti con la normativa locale, neppure potendovisi ravvisare invalidanti profili di contraddittorietà con l’atto impugnato, in ragione della natura vincolata di questo e della conseguente inconfigurabilità di un vizio di eccesso di potere di tale tipo (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2011 n. 1623).
Le restanti censure denunciano la carenza della comunicazione ex art. 7 della legge n. 241 del 1990 e l’omessa partecipazione dei ricorrenti al procedimento, nonché l’erronea e insufficiente motivazione del provvedimento, che sarebbe stato assunto senza tenere conto della sostanziale riconducibilità alla condotta dell’Amministrazione delle ragioni del consolidarsi della situazione di irregolarità che ora si vuole rimuovere. Sennonché – osserva il Collegio – l’atto impugnato si risolve nella riproposizione di un’ingiunzione di regolarizzazione degli scarichi già adottata con un provvedimento comunale del 31 agosto 2009, a sua volta preceduta da comunicazione di avvio del procedimento all’amministratore condominiale, la cui reiterazione si sarebbe quindi concretizzata in una superflua attività ripetitiva della precedente; la circostanza, poi, che l’Amministrazione comunale avrebbe del tutto ignorato le osservazioni a suo tempo presentate dai ricorrenti risulta frutto di conclusioni ingiustificate, se è vero che, per costante giurisprudenza, non ha rilievo invalidante la mancanza di una confutazione analitica delle ragioni addotte dalle osservazioni del privato, sempreché il provvedimento conclusivo rechi una motivazione complessivamente idonea a sorreggerlo, anche per gli aspetti evidenziati dal privato. Non è poi corrispondente al vero che la precedente ingiunzione del 31 agosto 2009 fosse stata revocata, risultando invero ciò avvenuto solo nei confronti della ditta che aveva costruito gli edifici, mentre per la parte relativa ai condomìni ricorrenti la preannunciata revoca (v. nota comunale prot. n. 207964 del 27 novembre 2009) non emerge sia stata seguìta da un definitivo atto di autotutela e quindi deve qualificarsi come una mera determinazione interlocutoria, evidentemente oggetto di un successivo ripensamento. La natura vincolata del provvedimento impugnato, infine, consentiva all’Amministrazione di limitarsi al riscontro dei presupposti previsti dalla legge per la sua adozione, secondo quanto ripetutamente riconosciuto dalla giurisprudenza; né, del resto, occorreva approfondire gli aspetti legati all’affidamento che si sarebbe ingenerato nei ricorrenti circa la regolarità degli scarichi – in virtù della condotta asseritamente ingannevole del Comune di Parma –, dovendosi escludere, per le ragioni che si è detto, che un affidamento incolpevole sia configurabile nel privato che erroneamente individua il collettore fognario cui allacciare gli scarichi delle acque reflue domestiche, così come si evince nella fattispecie dal provvedimento di diffida che ha puntualmente richiamato le norme che regolano la materia.
Quanto, infine, alla pretesa risarcitoria/indennitaria azionata dai ricorrenti anche per l’ipotesi di accertata legittimità dell’atto impugnato e motivata con la necessità di tutelarne l’incolpevole affidamento, il Collegio rileva da un lato come la domanda introduca surrettiziamente una figura di responsabilità da atto legittimo al di fuori dei casi tassativi previsti dalla legge, e ribadisce dall’altro lato come di affidamento incolpevole non si possa in realtà parlare – per non derivare dall’eventuale inconsapevolezza (buona fede) della situazione di irregolarità degli scarichi la carenza di responsabilità di chi con l’ordinaria diligenza avrebbe potuto accertarsi delle corrette modalità di allacciamento alla rete fognaria –, a fronte degli obblighi che scaturiscono sul privato dalla peculiare disciplina di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 152 del 1999 (e successivo art. 124 d.lgs. n. 152/2006), nei termini già illustrati.
In conclusione, il ricorso n. 118/2010 va respinto.
Si può ora passare all’esame del ricorso n. 141/2010.
Un primo gruppo di doglianze è imperniato sull’irretroattività del regolamento ATO del 2008, sull’omesso vaglio della situazione di grave criticità del collettore fognario di via Savona, sull’insufficienza e iniquità del termine di sessanta giorni per la conclusione dei lavori di allacciamento degli scarichi.
Le questioni non sono fondate.
Quanto al regime applicabile, l’Amministrazione comunale muove dal condivisibile presupposto della sostanziale continuità della disciplina di cui all’art. 21 del regolamento ATO del 2008 rispetto a quella di cui agli artt. 10 e 36 del preesistente regolamento comunale di pubblica fognatura, e quindi dalla necessità di garantire che i ricorrenti si servano correttamente della rete fognaria per la raccolta delle acque nere provenienti dalle relative unità abitative; il che, in ragione del venir meno dal 2005 del canale Naviglio quale collettore fognario, implica che fin da allora gli scarichi degli stabili di via Verona si presentassero irregolari e a maggior ragione siano rimasti poi tali con il sopraggiungere della richiamata disciplina di cui all’art. 21 del regolamento ATO del 2008. Né v’è un difetto di istruttoria a proposito della situazione di grave criticità che interesserebbe il collettore fognario di via Savona, avendo l’Amministrazione comunale operato sulla base di informazioni fornite dall’ente gestore della fognatura pubblica, che aveva espressamente indicato quella soluzione come praticabile nel caso di specie (“…Il Comparto può essere servito dalla rete pubblica dedicata alle acque nere presente in via Savona …”, così la nota ENIA prot. n. 18867 del 17 luglio 2009). Quanto, infine, all’insufficienza e iniquità del termine di sessanta giorni per la conclusione dei lavori di allacciamento degli scarichi, osserva il Collegio che l’eventuale inosservanza del termine per ragioni non imputabili ai ricorrenti – i quali prospettano il concreto rischio di lungaggini burocratiche legate al necessario intervento degli enti competenti in materia – non può che risolversi evidentemente nell’esonero da responsabilità degli interessati, che rispondono solo delle loro azioni od omissioni; pertanto, l’individuazione di un termine così breve, per motivi naturalmente ascrivibili alla gravità della situazione di irregolarità in essere, non si presenta in sé lesivo per i destinatari dell’atto e lascia integre le loro ragioni di tutela da far valere in caso di prolungarsi dei tempi di realizzazione dei lavori.
Le restanti censure ripropongono questioni già sollevate con il precedente ricorso, a proposito dell’affidamento incolpevole ingeneratosi nei ricorrenti a séguito della condotta dell’Amministrazione comunale e dell’insufficiente e inadeguata motivazione delle determinazioni impugnate. Si può dunque far rinvio a quanto già argomentato, così come per le medesime ragioni va dichiarata priva di fondamento la reiterata pretesa risarcitoria/indennitaria.
In conclusione, anche il ricorso n. 141/2010 va respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti, e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sui ricorsi in epigrafe, riuniti ai sensi dell’art. 70 cod.proc.amm., li respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 4.000,00 (quattromila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio 11 gennaio 2012, con l’intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/01/2012