Cass. Sez. III n. 45977 del 12 dicembre 2012 (Ud.27 ott.2011)
Pres. Mannino Est.Lombardi Ric. D'Ippolito
Urbanistica. Legislazione regionale Sicilia

L'art. 23 della Legge Reg. Sicilia 10 agosto 1985, n. 37 che, in deroga agli artt. 32 e 33 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, prevede la sanabilità delle opere realizzate in zona vincolata subordinatamente al rilascio del nulla osta dell'autorità competente per il vincolo, non prevale sulla normativa statale che disciplina il condono edilizio di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv. con modd., in L. 24 novembre 2003, n. 326. (In motivazione la Corte ha precisato che tale normativa regionale non può costituire eccezione alle previsioni di una normativa statale introdotta successivamente).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente - del 27/10/2011
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 2245
Dott. LOMBARDI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 4298/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. Lentini Gerlando, difensore di fiducia di D'Ippolito Stefano, n. a Lampedusa e Linosa il 3.4.1927;
avverso la sentenza in data 11.5.2009 della Corte di Appello di Palermo, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Agrigento in data 10.10.2007, venne condannato alla pena di mesi due, giorni quindici di arresto ed Euro 27.000,00 di ammenda, quale colpevole dei reati: a) di cui all'art. 110 c.p. e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 lett. c); b) di cui all'art. 61 c.p., n. 2, art. 110 c.p., del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65 e 71; c) di cui all'art. 61 c.p., n. 2, art. 110 c.p. e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, unificati sotto il vincolo della continuazione. Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. GAETA Pietro, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di D'Ippolito Stefano in ordine ai reati: a) di cui agli art. 110 c.p. e 44 lett. e) del DPR n. 380/2001; b) di cui all'art. 61 c.p., n. 2 e art. 110 c.p., del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65 e 71; c) di cui all'art. 61 c.p., n. 2 e art. 110 c.p. e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, a lui ascritti per aver realizzato un manufatto con strutture portanti in cemento armato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico - ambientale senza il permesso di costruire e senza l'autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo. La Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravame con il quale l'appellante, tra l'altro, aveva censurato la mancata sospensione del processo in attesa della definizione della domanda di condono edilizio. Sul punto la sentenza ha osservato che l'opera di cui alla contestazione non è suscettibile di sanatoria, trattandosi di nuova costruzione realizzata in zona sottoposta a vincolo. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per incertezza in ordine alla data della sua pronuncia.
Si osserva che in calce alla sentenza è stata indicata la data del 13.5.2009, mentre sul frontespizio risulta indicata la data dell'11.5.2009. Si deduce quindi che la mancanza o l'evidente erroneità della data della sentenza è causa di nullità della stessa.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge e difetto di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore di fiducia con conseguente violazione del diritto di difesa.
Si osserva che il difensore di fiducia dell'imputato aveva fatto pervenire in cancelleria in data 9.5.2009 una richiesta di differimento dell'udienza per legittimo impedimento, essendo impegnato quale giudicante nella commissione tributaria regionale. La Corte territoriale ha ritenuto intempestiva la richiesta, tra l'altro, per non avere il predetto difensore nominato un sostituto per la difesa del proprio assistito. Si deduce, quindi, che la motivazione del provvedimento è errata in quanto non vi è alcuna disposizione di legge che preveda l'obbligo da parte del difensore di nominare un sostituto in caso di impedimento o di indicare le ragioni della mancata nomina. Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia errata applicazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta inapplicabilità delle disposizioni sul condono edilizio di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 32, convertito in L. n. 326 del 2003 nelle aree sottoposte a vincolo. Si deduce in sintesi che le disposizioni sul condono citate devono essere integrate con quelle previste dalla legislazione della regione siciliana ed in particolare con le previsioni della L. 10 agosto 1985, n. 37, il cui art. 23 prevede la suscettibilità di sanatoria per le opere realizzate in zona vincolata subordinatamente al rilascio del nulla osta dell'autorità competente per il vincolo. L'immobile di cui alla contestazione, pertanto, doveva ritenersi suscettibile di condono con il conseguente obbligo del giudice di merito di sospendere il processo in attesa della definizione del relativo procedimento amministrativo.
Con l'ultimo mezzo di annullamento si deduce che i reati dovevano ritenersi già prescritti alla data della sentenza e del successivo deposito della motivazione. Il ricorso è manifestamente infondato. Osserva la Corte in ordine al primo motivo di gravame che non sussiste alcuna incertezza in ordine alla data della pronuncia della sentenza, che è quella del dispositivo letto in udienza, come attestato dal relativo verbale; data che peraltro coincide con quella indicata sul frontespizio della sentenza.
La diversa data cui si riferisce il ricorrente è quella riportata in calce alla sentenza frutto di un evidente errore materiale, correggibile ai sensi dell'art. 130 c.p.p..
Peraltro, la mancata indicazione della data o la sua erroneità non è causa di nullità della sentenza ai sensi dell'art. 546 c.p.p., u.c..
Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Va in primo luogo osservato che la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la richiesta di differimento dell'udienza per concomitante impegno professionale del difensore deve essere corredata anche dalla giustificazione della mancata nomina di un sostituto, come è desumibile, oltreché da ragioni d'ordine sistematico, dall'ultimo perì odo dell'art. 420 ter c.p.p., comma 5 (sez. 5, 4.7.2008 n. 44299, Buscemi e altro, RV 241571; sez. 5, 28.10.2010 n. 41148, Curale, RV 248905). Deve essere, peraltro, osservato che la Corte territoriale con l'ordinanza in data 11.5.2009 ha respinto la richiesta di differimento dell'udienza anche in considerazione della sua carenza di tempestività e del carattere non assoluto dell'impedimento prospettato dal difensore, che non si riferisce allo svolgimento della sua attività professionale.
Orbene il ricorrente nulla ha dedotto su tali punti.
È altresì manifestamente infondato il terzo motivo di gravame. La normativa della legge Regionale della Sicilia citata dal ricorrente (L. n. 37 del 1985) è anteriore al D.L. n. 269 del 2003 convertito in L. n. 326 del 2003 e si riferisce alle disposizioni sul condono edilizio previsto dalla L. n. 47 del 1985.
La L.R. n. 37 del 1985, art. 23, infatti, sostituisce con un unico articolo la L. n. 47 del 1985, artt. 32 e 33 limitatamente alla Regione Siciliana.
Tale disposizione, pertanto, non può costituire eccezione alle previsioni di una normativa statale introdotta successivamente. Sull'ultimo motivo di gravame si osserva che alla data della pronuncia il reato non era prescritto mentre a nulla rileva il fatto che la prescrizione sia maturata successivamente anche se nelle more del deposito della sentenza, non costituendo la futura prescrizione motivo di gravame.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare l'esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.. P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 27 ottobre 2011. Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011