Cass. Sez. III n. 36575 del 11 ottobre 2011 (Ud. 21 giu. 2011)
Pres.Petti Est. Andronio Ric.Badagliacca e altro
Urbanistica.Citazione per il dibattimento del dirigente dell'ufficio tecnico

La previsione di cui all'art. 98, comma secondo, del d. P.R. n. 380 del 2001, secondo cui deve essere in ogni caso citato per il dibattimento nei giudizi per violazioni della normativa antisismica il dirigente del competente ufficio tecnico della regione, non è applicabile ai processi per reati edilizi, essendo la stessa riferibile ai soli procedimenti riguardanti la violazione delle prescrizioni antisismiche.

RITENUTO IN FATTO

1. - Con sentenza del 23 settembre 2010, la Corte d'appello di Palermo ha confermato, quanto all'accertata responsabilità penale, la sentenza del Tribunale di Palermo del 16 marzo 2009, con cui gli imputati erano stati condannati per violazione di sigilli e reati urbanistici, rideterminando la pena per uno degli imputati, in applicazione della continuazione con reati accertati in una precedente sentenza.

I fatti ascritti agli imputati consistono nell'aver violato i sigilli apposti ad un immobile in due occasioni, nonchè nell'avere costruito un'opera di 160 metri quadri in zona paesaggistica, senza permesso di costruire e senza autorizzazione dell'organo preposto la tutela del vincolo e nell'avere realizzato opere in cemento armato prive di progetto redatto da un tecnico abilitato e senza preavviso agli uffici competenti.

2. - Avverso tale provvedimento, gli imputati hanno proposto, con atti separati ma identici, ricorso per cassazione, deducendo: a) la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 98, comma 2, e, comunque, la carenza di motivazione in punto di fatto, perchè, essendo mancata in dibattimento l'assunzione della testimonianza del responsabile dell'ufficio tecnico della Regione e dell'ufficio del genio civile nonchè del responsabile della sovrintendenza dell'assessorato regionale dei Beni Culturali ambientali, la responsabilità penale degli imputati non avrebbe potuto ritenersi provata; b) la violazione di legge e la carenza di motivazione in relazione alla richiesta di conversione della pena detentiva, applicata in primo grado, in quella sostitutiva prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 53.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. - Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. - Il motivo sub a) - con cui si denuncia la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 98, comma 2, perchè il giudice non avrebbe provveduto all'audizione dei funzionari responsabili degli uffici competenti al rilascio dei titoli abilitativi - è infondato.

Va rilevato, infatti, che l'articolo in questione - il quale dispone che "Deve essere in ogni caso citato per il dibattimento il dirigente del competente ufficio tecnico della regione, il quale può delegare un funzionario dipendente che sia al corrente dei fatti" - si applica limitatamente al profilo delle prescrizioni per le zone sismiche, perchè è incluso nella terza sezione del relativo capo del D.P.R. n. 380 del 2001, e non prevede, in ogni caso, alcuna sanzione per la sua mancata applicazione.

Nel caso in esame, del resto, la sentenza risulta sufficientemente e coerentemente motivata circa la responsabilità penale degli imputati, che deriva - secondo quanto precisato dalla Corte d'appello - da: a) la qualità di comproprietari dell'area ove l'immobile veniva realizzato; b) la prosecuzione delle opere dopo due sequestri, con violazione dei sigilli apposti; c) l'occupazione dell'immobile abusivo da parte del nucleo familiare.

3.2. - Parimenti infondato è il motivo di ricorso sub b), con cui si denunciano la violazione di legge e la carenza di motivazione in relazione alla richiesta di conversione della pena detentiva applicata in primo grado in quella sostitutiva prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 53.

La Corte d'appello fornisce, infatti, sul punto una motivazione sufficientemente circostanziata, perchè rileva che i presupposti per l'applicazione della sanzione sostitutiva non sussistono, "proprio in ragione dell'elevata insensibilità al rispetto delle norme manifestata".

4. - Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2011