Cass. Sez. III n. 9280 del 9 marzo 2011 (Ud. 26 gen. 2011)
Pres. Ferrua Est. Amoresano Ric. Sabatino
Urbanistica. Violazione di sigilli e doveri del custode

In tema di violazioni di sigilli il custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli una custodia continua ed attenta. Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo, fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.


Dott. Giuliana Ferrua                                         Presidente
Dott. Alfredo M. Lombardi                                  Consigliere
Dott. Amedeo Franco                                        Consigliere
Dott. Silvio Amoresano                                      Consigliere Rel.
Dott. Elisabetta Rosi                                         Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) Sabatino Giovanni nato il 23.3.1961
- avverso la sentenza del 26.2.2010 della Corte di Appello di Salerno
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P. G., dr.Guglielmo Passacantando, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
- sentito il difensore, avv. Nello Pizza, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso


OSSERVA


1) Il Tribunale di Salerno, in composizione monocratica, con sentenza del 26.11.2007 condannava Sabotino Giovanni, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla circostanza aggravante di cui all'art.349 c.p., alla pena di mesi 7 e giorni 10 di reclusione ed euro 900,00 di multa per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 44 lett.b) DPR 380/01 (capo a), 64 e 71 DPR 380/01 (capo b), 65 e 72 DPR 380/01 (capo c), 93 e 95 DPR 380/01 (capo d), 349 c.p. (capo e), unificati sotto il vincolo della continuazione.

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza del 7 aprile 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti del Sabotino in ordine ai reati di cui ai capi a), b), c) e d) perché estinti per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena per il residuo reato di cui all'art.349 c.p., con le già concesse circostanze attenuanti generiche equivalenti, in mesi 6 di reclusione ed euro 500,00 di multa, e confermando nel resto.

Nel rinviare alla ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza di primo grado e nel richiamare per relationem la condivisibile motivazione della stessa, aggiungeva la Corte territoriale che la polizia municipale aveva accertato, in costanza del provvedimento di sequestro imposto con il decreto in data 22.4.2000, la prosecuzione dei lavori tra la data del 28.5.2004 e quella del 17.12.2004 (solo in tale ultima data, infatti, era stata riscontrata la realizzazione della scala di collegamento tra il manufatto abusivo e l'appartamento sottostante ed il completamento degli impianti tecnologici).

2) Ricorre per Cassazione il Sabatino, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione all'art.521 c.p.p.
La Corte territoriale ha immutato il fatto, avendo ritenuto che la condotta sia stata realizzata tra il 28.5.2004 ed il 17.12.2004, mentre nella contestazione si fa riferimento alla violazione dei sigilli accertata in data 28.5.2004.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, avendo la Corte territoriale ritenuto, in contrasto con le deposizioni dei testi ( i vigili urbani Pironti e Salzano avevano riferito che, al momento del sopralluogo del 28 maggio, in epoca cioè in cui non vi era alcun vincolo reale sull'immobile, la struttura era ultimata), che erano stati violati i sigilli. Per di più i giudici di merito fanno riferimento anche alla testimonianza del teste Giordano mai escusso in dibattimento.

3) Il ricorso è infondato.

3.1) Quanto al primo motivo, è vero che nella contestazione si fa riferimento ad un accertamento eseguito in data 28.5.2004; nella imputazione, però, in modo preciso e circostanziato, risulta indicata la condotta posta in essere e cioè la violazione dei sigilli "disposti dall'autorità giudiziario, con sequestro preventivo emesso dal GIP il 22.4.2004 e notificato il 6.5. 2004, realizzando un'apertura, con un taglio pari a mt.2,50 X 1,00, nel solaio del proprio appartamento al fine di collegarlo, mediante una scala interna, al sovrastante immobile abusivo di cui al capo a), immobile che poi ultimava e rifiniva, suddividendolo in cucina, bagno e camera da letto". Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, peraltro, "la data del commesso reato costituisce solo un elemento accessorio del fatto, che non incide sul requisito della enunciazione del medesimo e non può quindi determinare la mancanza o l'incompletezza della contestazione" (cfr. ex multis Cass. pen. sez.1, 19.10.1993 n.11304).


3.2) In relazione al secondo motivo, i giudici di merito hanno evidenziato che la polizia municipale aveva accertato la prosecuzione dei lavori nel periodo tra il 28.5.2004 ed 17.12.2004, vale a dire nel periodo in cui risultava imposto il vincolo reale a seguito del decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP il 22.4.2004 e notificato il 6.5.2004.

In effetti già il Tribunale, con un'analisi approfondita delle risultanze processuali, aveva dato atto che, al momento del sopralluogo del 28.5.2004, come risultava chiaramente dai rilievi fotografici (in particolare foto n.7 e 8), era stato realizzato il taglio del solaio interpiano, da cui si intravedeva il sottostante appartamento in fase di ristrutturazione. Nel successivo sopralluogo del 17.12.2004 gli operanti Scafuti e Salzano procedevano ad ulteriori rilievi fotografici da cui emergeva "il completamento finale dell'opera con tutte le rifiniture, scala di collegamento tra l'appartamento sottostante, con annessa scala in metallo e legno, mobilia, condizionatori e quant'altro".

La sentenza di primo grado, cui rinvia per relationem la Corte di merito, aveva quindi indiscutibilmente accertato che dal semplice raffronto dei rilievi fotografici, eseguiti nelle date dei due sopralluoghi, emergeva che l'opera era stata completata, attraverso la realizzazione della scala e di tutte le rifiniture (come del resto indicato nella imputazione).

Né è esatto che tali conclusioni siano smentite dalle deposizioni dei testi. Dalla testimonianza di Pironti Achille (la trascrizione del verbale è stata allegata al ricorso) risulta chiaramente che, al momento del sopralluogo dei 28 maggio 2004, fu riscontrato solo "un taglio nel solaio interpiano tra il terrazzo di proprietà e l'appartamento sottostante l'unità abitativa" (pag.41). Risulta indiscutibilmente provato,quindi, che la scala e le ulteriori rifiniture, alla sopraindicata data, non erano state ancora realizzate, ma lo furono successivamente (quando cioè l'opera, pacificamente, risultava sottoposta a sequestro).


Correttamente pertanto i giudici di merito hanno ritenuto che fosse configurabile il reato di cui all' art.349 c.p. contestato.


La violazione di sigilli non consiste, invero, nell'atto materiale dell'infrazione, ma nella condotta diretta in maniera specifica a violare la misura cautelare e strumentalizzata al proseguimento dei lavori abusivi, sicchè il reato può concretarsi in qualunque atto comunque diretto al mancato rispetto dell'effettuato sequestro. Oggetto della tutela penale non è infatti l'integrità dei sigilli, ma la conservazione e identità della cosa sottoposta a sequestro. Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di violazioni di sigilli,il custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli una custodia continua ed attenta. Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo, fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza. Ne consegue che, qualora venga accertata la violazione dei sigilli, senza che il custode abbia provveduto ad avvertire dell'accaduto l'autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso non dimostri di non essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o forza maggiore. Ciò non configura alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva, estranea alla fattispecie, ma un onere della prova che incombe sul custode (cfr. ex multis Cass. pen. sez.VI, 11 maggio 1993 n.4815; conf. Cass. pen. sez.3 n.2989 del 28.1.2000).


Risponde, pertanto del reato di cui all'art.349 c.p. il custode che non dimostri l'esistenza del caso fortuito o della forza maggiore, dal momento che su di lui grava l'obbligo di impedire la violazione dei sigilli (cfr. Cass. pen. sez.3 24.5.2006 n.19424).


P. Q. M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Così deciso in Roma il 26 gennaio 2011


DEPOSITATA IN CANCELLERIA - 9 MAR. 2011