Corte di Giustizia (Grande Sezione) sent. 29 giugno 2010
«Inadempimento di uno Stato – Ricevibilità – Ne bis in idem – Autorità di cosa giudicata – Artt. 226 CE e 228 CE – Art. 29 del regolamento di procedura – Lingua processuale – Direttiva 91/676/CEE – Protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole – Difformità delle misure nazionali rispetto alle norme disciplinanti i tempi, le condizioni e le tecniche di applicazione dei fertilizzanti ai terreni – Capacità minima di immagazzinamento dei liquami – Divieto di applicazione dei fertilizzanti ai terreni in pendenza ripida – Tecniche idonee a garantire un’applicazione uniforme ed efficace dei concimi»
Nella causa C‑526/08,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 2 dicembre 2008,
Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra S. Pardo Quintillán, nonché dai sigg. N. von Lingen e B. Smulders, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Granducato di Lussemburgo, rappresentato dal sig. C. Schiltz, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Kinsch, avocat,
convenuto,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot e E. Levits, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Juhász (relatore), J. Malenovský, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh, nonché dalla sig.ra M. Berger, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 dicembre 2009,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 gennaio 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione europea chiede alla Corte di constatare che, avendo omesso di adottare tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi interamente e correttamente agli artt. 4 e 5 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375, pag. 1), letti in combinato disposto con gli allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, della medesima direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza di quest’ultima.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
2 L’art. 1 della direttiva 91/676 così dispone:
«La presente direttiva mira a:
– ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola;
– prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo».
3 L’art. 4 di tale direttiva dispone:
«1. Al fine di stabilire un livello generale di protezione dall’inquinamento per tutti i tipi di acque, gli Stati membri provvedono, entro due anni dalla notifica della presente direttiva, a:
a) fissare un codice o più codici di buona pratica agricola applicabili a discrezione degli agricoltori, il quale includa disposizioni pertinenti per lo meno agli elementi contemplati nell’allegato II [parte A];
b) predisporre, se necessario, un programma comprensivo di disposizioni per la formazione e l’informazione degli agricoltori, per promuovere l’applicazione del codice ovvero dei codici di buona pratica agricola.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni dettagliate sui propri codici di buona pratica agricola. La Commissione include nella relazione di cui all’articolo 11 informazioni relative a tali codici. In base alle informazioni ricevute, la Commissione, qualora lo ritenga necessario, può presentare al Consiglio proposte appropriate».
4 L’art. 5 della citata direttiva stabilisce quanto segue:
«1. Entro un periodo di due anni a decorrere dalla prima designazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, o di un anno dopo ogni nuova designazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, gli Stati membri, per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1, fissano programmi d’azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate.
2. Un programma d’azione può riguardare tutte le zone vulnerabili nel territorio di uno Stato membro oppure, se lo Stato membro lo giudica opportuno, si possono fissare programmi diversi per diverse zone vulnerabili o parti di zone.
3. I programmi d’azione tengono conto:
a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine;
b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi.
4. I programmi d’azione sono attuati entro quattro anni dalla loro fissazione e comprendono le misure vincolanti seguenti:
a) le misure di cui all’allegato III;
b) le misure che gli Stati membri hanno prescritto nel codice o nei codici di buona pratica agricola fissati ai sensi dell’articolo 4, a meno che non siano state sostituite da quelle di cui all’allegato III.
5. Nel quadro dei programmi d’azione gli Stati membri prendono inoltre le misure aggiuntive o azioni rafforzate che essi ritengono necessarie se, dall’inizio o alla luce dell’esperienza tratta dall’attuazione dei programmi d’azione, risulta evidente che le misure di cui al paragrafo 4 non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1. Ai fini della scelta di dette misure o azioni, gli Stati membri tengono conto della loro efficacia e dei loro costi in relazione ad altre misure possibili di prevenzione.
6. Gli Stati membri elaborano ed applicano opportuni programmi di controllo al fine di valutare l’efficacia dei programmi d’azione fissati ai sensi del presente articolo.
Gli Stati membri che applicano l’articolo 5 in tutto il territorio nazionale controllano il contenuto di nitrati delle acque (superficiali e sotterranee) in punti di controllo prescelti, onde poter stabilire l’entità dell’inquinamento nelle acque da nitrati di origine agricola.
7. Gli Stati membri riesaminano e, se del caso, rivedono i propri programmi d’azione, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi del paragrafo 5, per lo meno ogni quattro anni. Essi informano la Commissione di qualsiasi modifica dei propri programmi d’azione».
5 L’allegato II della direttiva 91/676, intitolato «Codice (codici) di buona pratica agricola», prevede quanto segue:
«A. Un codice o dei codici di buona pratica agricola intesi a ridurre l’inquinamento da nitrati tenendo conto delle condizioni esistenti nelle varie regioni della Comunità, dovrebbero contenere disposizioni concernenti gli elementi seguenti, ove detti elementi siano pertinenti:
1) i periodi in cui l’applicazione al terreno di fertilizzanti non è opportuna;
2) l’applicazione di fertilizzante al terreno in pendenza ripida;
(...)
5) la capacità e la costruzione dei depositi per effluenti da allevamento, incluse le misure destinate a prevenire l’inquinamento idrico causato da scorrimento e infiltrazione nelle acque sotterranee e superficiali di liquidi contenenti effluenti da allevamento ed effluenti provenienti da materiale vegetale come i foraggi insilati;
6) procedure di applicazione al terreno – comprese percentuali e uniformità di applicazione – sia di concimi chimici che di effluenti di allevamento, in modo da mantenere le dispersioni di nutrienti nell’acqua ad un livello accettabile.
(...)».
6 L’allegato III della direttiva 91/676, intitolato «Misure da inserire nei programmi d’azione conformemente all’articolo 5, paragrafo 4, punto a)», così dispone:
«1. Le misure in questione comprendono norme concernenti:
1) i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;
2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l’immagazzinamento nel periodo più lungo, durante cui è proibita l’applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all’autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluenti superiore all’effettiva capacità d’immagazzinamento sarà smaltito in un modo che non causerà danno all’ambiente;
(…)
2. Tali misure garantiranno che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente di allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro.
Il suddetto quantitativo per ettaro corrisponde al quantitativo di effluente contenente 170 kg di azoto. (...)
(...)».
Il diritto nazionale
7 L’art. 6 del regolamento granducale 24 novembre 2000, relativo all’uso dei fertilizzanti azotati nell’agricoltura (Mémorial A 2000, pag. 2856; in prosieguo: il «regolamento granducale»), intitolato «Divieti e restrizioni», è così formulato:
«A. Divieti e restrizioni applicabili all’intero territorio
1) È vietata l’applicazione di fertilizzanti azotati:
– su maggesi neri;
– su maggesi poliennali;
– su maggesi spontanei;
– sui terreni gelati in profondità che possono generare scorrimenti superficiali al di fuori della zona di applicazione prima del disgelo;
– sui terreni saturi d’acqua, inondati o innevati, segnatamente in caso di superamento della loro capacità di assorbimento;
– ad una distanza inferiore a 50 metri dai pozzi, dalle captazioni e dai serbatoi di acqua potabile, per quanto riguarda i fertilizzanti organici, ed inferiore a 10 metri dai pozzi e dalle captazioni di acqua potabile, per quanto concerne i fertilizzanti minerali azotati;
– ad una distanza inferiore a 10 metri dai corsi d’acqua e dagli specchi d’acqua, relativamente ai fertilizzanti organici. Per i fertilizzanti minerali azotati, l’applicazione deve essere fatta in modo che essi si dirigano in senso opposto alla riva del corso d’acqua. È vietata qualsiasi dispersione di fertilizzanti azotati nel corso d’acqua.
2) Durante il periodo dal 15 ottobre al 1° marzo è vietata l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi sui terreni non vegetati.
3) Durante il periodo dal 15 ottobre al 15 febbraio è vietata l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi sui terreni vegetati diversi dai prati e dai pascoli. I prati e i pascoli trattati con fertilizzanti organici durante il periodo dal 15 ottobre al 15 febbraio non possono essere arati prima del 15 febbraio dell’anno corrente.
4) La quantità totale di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi applicata al terreno durante il periodo dal 1° settembre al 1° marzo non deve rappresentare più di 80 kg di azoto per ettaro.
5) L’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi sui terreni in pendenza deve essere realizzata in modo che non vi sia ruscellamento al di fuori dell’area di applicazione, tenendo conto in particolare:
– della natura e della lavorazione del terreno;
– della direzione di innesto della copertura vegetale;
– delle condizioni climatiche corrispondenti ai periodi di applicazione possibili;
– della natura dei fertilizzanti.
Sui terreni con pendenza media superiore all’8% e non coperti da vegetazione, l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi è vietata, salvo che sia seguita da un’incorporazione quanto prima possibile ed al più tardi 48 ore dopo l’applicazione.
6) Le applicazioni di fertilizzanti azotati sono consentite soltanto per coprire i bisogni fisiologici dei vegetali, avendo cura di limitare le perdite di elementi nutritivi e tenendo conto delle disponibilità di azoto presenti nel terreno.
La quantità di fertilizzanti organici applicata per anno e per ettaro non deve rappresentare più di 170 kg di azoto, salvo per le colture proteaginose e le coltivazioni pure di leguminose per le quali il limite è di 85 kg di azoto.
Il quantitativo di fertilizzanti minerali azotati applicati per anno e per ettaro non deve superare le quantità massime di concime azotato quali definite nella tabella di cui all’allegato I, in base alla natura ed alla resa delle coltivazioni e tenendo conto delle specificità locali e delle condizioni agroclimatiche dell’anno.
In caso di combinazione di fertilizzanti organici e minerali, il quantitativo massimo di concime azotato minerale deve essere ridotto in base alla quantità di fertilizzanti organici applicati, tenendo conto della natura del fertilizzante organico, del modo di applicazione, del tipo di coltivazione e del periodo di applicazione, quali descritti nella guida delle buone pratiche agricole.
Se il coltivatore non ha a disposizione sufficienti terreni nei quali è consentita l’applicazione di fertilizzanti organici, dovrà procurarsi la disponibilità di campi appartenenti ad altri coltivatori, a condizione che tali campi si prestino alla concimazione.
B. Divieti e restrizioni speciali applicabili nelle zone di protezione delle acque destinate all’alimentazione umana
1) Nelle zone di protezione immediata è vietata l’applicazione di fertilizzanti azotati.
2) Nelle zone di protezione ravvicinata e distanziata, è vietata l’applicazione:
– di letame, di compost e di fanghi di depurazione disidratati durante il periodo dal 1° agosto al 1° febbraio. Sui terreni vegetati tale divieto si applica dal 1° ottobre al 1° febbraio.
– di qualsiasi altro fertilizzante organico durante il periodo dal 1° agosto al 1° marzo. Sui terreni vegetati, ad eccezione delle coltivazioni di grano invernale, di triticale invernale e di segale invernale, tale divieto si applica dal 1° ottobre al 1° marzo.
3) È vietato procedere all’applicazione di fertilizzanti organici in occasione del cambio di destinazione di pascoli e prati permanenti o temporanei oppure in occasione dell’avvicendamento di coltivazioni pure di leguminose.
4) La quantità totale di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi applicata ai terreni durante il periodo dal 1° agosto al 1° ottobre non deve rappresentare più di 80 kg di azoto per ettaro.
5) I terreni vegetati cui siano stati applicati fertilizzanti organici durante il periodo dal 1° agosto al 1° ottobre non possono essere arati prima del 1° dicembre dell’anno corrente.
6) La quantità di fertilizzanti organici applicati al terreno per anno e per ettaro non deve rappresentare più di 130 kg di azoto, salvo per le colture proteaginose e le coltivazioni pure di leguminose per le quali l’applicazione di fertilizzanti organici è vietata.
Il quantitativo di fertilizzanti minerali azotati applicati per anno e per ettaro non deve superare le quantità massime di concime azotato quali definite nella tabella di cui all’allegato II, in base alla natura e alla resa delle coltivazioni e tenendo conto delle specificità locali e delle condizioni agroclimatiche dell’anno.
In caso di combinazione di fertilizzanti organici e minerali, il quantitativo massimo di concime azotato minerale deve essere ridotto in base alla quantità di fertilizzanti organici applicati, tenendo conto della natura del fertilizzante organico, del modo di applicazione, del tipo di coltivazione e del periodo di applicazione, quali descritti nella guida delle buone pratiche agricole».
8 L’art. 7 del regolamento granducale, intitolato «Deroghe», così dispone:
«1) In caso di situazione climatica eccezionale, i ministri competenti per l’agricoltura e l’ambiente possono derogare ai periodi di divieto di applicazione di fertilizzanti previsti all’art. 6 e dettare le opportune prescrizioni per l’applicazione di questi ultimi.
2) In caso di eventi straordinari che colpiscano un’azienda agricola, i ministri competenti per l’agricoltura e l’ambiente o i loro delegati possono, dietro specifica istanza dell’imprenditore agricolo interessato, derogare ai periodi di divieto di applicazione di fertilizzanti previsti all’art. 6 e dettare le condizioni e le modalità secondo cui l’applicazione ai terreni potrà essere effettuata».
9 L’art. 8 del regolamento granducale, intitolato «Immagazzinamento», enuncia quanto segue:
«Gli imprenditori agricoli devono disporre per loro stessi o garantirsi la disponibilità di attrezzature appropriate destinate all’immagazzinamento e all’applicazione ai terreni degli effluenti di allevamento.
Le attrezzature nuove o da ammodernare devono garantire l’immagazzinamento di liquame e di purino per un periodo minimo di 6 mesi consecutivi».
Procedimento precontenzioso
10 Ritenendo che gli artt. 4 e 5 della direttiva 91/676, nonché gli allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, di quest’ultima, non fossero stati correttamente trasposti dal Granducato di Lussemburgo, la Commissione ha avviato la procedura di infrazione prevista dall’art. 226 CE.
11 Dopo aver invitato il Granducato di Lussemburgo a presentare le proprie osservazioni, la Commissione, ritenendo che queste ultime non fossero soddisfacenti riguardo ad alcuni profili evidenziati, ha emesso, il 27 giugno 2007, un parere motivato, invitando lo Stato suddetto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere entro un termine di due mesi a decorrere dal suo ricevimento.
12 Con lettera in data 29 maggio 2008, il Granducato di Lussemburgo ha difeso il proprio operato.
13 Sulla scorta di tali circostanze, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Sulla ricevibilità del ricorso
Sulla violazione delle norme riguardanti la determinazione della lingua processuale
14 Il Granducato di Lussemburgo chiede di dichiarare nullo o irricevibile il ricorso della Commissione per violazione dell’art. 29, nn. 2, lett. a), e 3, secondo comma, del regolamento di procedura della Corte, in quanto l’istituzione ricorrente non avrebbe rispettato le norme riguardanti la determinazione della lingua processuale. Il suddetto Stato membro rileva che il ricorso è stato presentato in lingua francese, in quanto lingua ritenuta quale lingua processuale. Gli allegati V e VII del ricorso sono però stati redatti in lingua inglese.
15 Al riguardo, la Commissione fa valere che l’art. 29, n. 3, terzo comma, del regolamento di procedura prevede una deroga, in virtù della quale essa ha potuto ritenere che – dato il carattere voluminoso dell’allegato V del ricorso, e poiché ai due allegati in questione viene fatto riferimento in un’unica occasione nell’ambito del ricorso stesso e quest’ultimo contiene una traduzione integrale dei passaggi rilevanti dei detti allegati – non fosse indispensabile fornire una traduzione integrale di questi ultimi. La Commissione ricorda che, in ogni caso, essa si è pienamente conformata alle disposizioni dell’art. 29 del regolamento di procedura, trasmettendo alla cancelleria, a seguito di richiesta, una versione in lingua francese degli allegati in questione.
16 A questo proposito, occorre constatare che, ai sensi dell’art. 29, nn. 2, lett. a), e 3, primo e secondo comma, del regolamento di procedura, la lingua del presente procedimento è quella francese e che pertanto, stante l’obbligo di depositare le memorie difensive e i relativi allegati in tale lingua, i documenti redatti in una lingua diversa devono essere accompagnati da una traduzione in lingua francese.
17 Orbene, nel caso di specie l’atto di ricorso è interamente redatto in lingua francese. Inoltre, anche se due documenti a questo allegati sono stati prodotti in un’altra lingua, i passaggi rilevanti degli stessi sono stati tradotti e riportati nell’atto di ricorso medesimo.
18 Alla luce di tali circostanze, il ricorso non può essere considerato irricevibile e la questione che si pone è unicamente se i due allegati controversi debbano essere esclusi dal fascicolo.
19 A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’art. 29, n. 3, terzo comma, del regolamento di procedura, quando trattasi di atti o documenti voluminosi, è ammessa la presentazione di traduzioni per estratto. Inoltre, la Corte può in qualunque momento ordinare, d’ufficio o ad istanza di parte, una traduzione più completa od integrale. Orbene, nella fattispecie, le traduzioni in lingua francese dei due allegati in questione sono state fornite dalla Commissione così come richiesto dalla cancelleria della Corte.
20 Pertanto, non vi è luogo per un’esclusione dal fascicolo dei due allegati controversi, prodotti al momento del deposito del presente ricorso in una lingua diversa da quella processuale, e la cui traduzione in tale lingua è stata presentata, in un momento successivo, a norma dell’art. 29, n. 3, terzo comma, del regolamento di procedura.
Sulla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata e del principio ne bis in idem
21 Il Granducato di Lussemburgo sostiene che il ricorso è irricevibile per violazione dell’art. 226 CE, in quanto esso, relativamente alla prima parte della prima censura ed alla terza censura, lede il principio dell’autorità di cosa giudicata nonché il principio ne bis in idem. Lo Stato convenuto fa valere che la prima parte della prima censura, relativa all’assenza di un divieto di applicazione riguardante i concimi chimici, corrisponde alla prima censura sollevata nella causa decisa dalla sentenza 8 marzo 2001, causa C‑266/00, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑2073), e che anche la terza censura, relativa alle condizioni di applicazione ai terreni in pendenza ripida, era stata formulata nell’ambito di quella causa, dove costituiva il secondo addebito contestato. Secondo il Granducato di Lussemburgo, la Commissione, ove ritenga che esso non abbia preso le misure che l’esecuzione dell’anzidetta sentenza comporta, dovrebbe procedere a norma dell’art. 228, n. 2, CE, e non avviare un nuovo procedimento ex art. 226 CE.
22 La Commissione fa valere che il presente procedimento, pur ispirandosi ai principi enunciati nella citata sentenza Commissione/Lussemburgo, riguarda una nuova normativa nazionale e addebiti differenti. Per quanto concerne il principio ne bis in idem, la Commissione sostiene che questo non si applica alla presente causa, dal momento che non si tratta qui di un procedimento sanzionatorio di natura amministrativa o penale. A suo avviso, anche a supporre che tale principio possa applicarsi ai ricorsi per inadempimento, i presupposti per la sua applicazione non risultano soddisfatti nel caso di specie, dato che tale applicazione è subordinata ad una triplice condizione, ossia l’identità dei fatti, l’unicità del soggetto trasgressore e la medesimezza del bene giuridico tutelato.
23 Anzitutto, occorre notare che la Commissione ha avviato il presente procedimento a norma dell’art. 226 CE. La questione dell’applicabilità dell’art. 228 CE si pone soltanto nell’ipotesi in cui risultasse che gli addebiti sollevati in questa sede sono identici sotto il profilo di fatto e di diritto a quelli formulati nella causa decisa dalla citata sentenza Commissione/Lussemburgo.
24 Quanto al principio dell’autorità di cosa giudicata, sia le parti sia gli Stati membri che hanno presentato osservazioni nonché il Parlamento europeo hanno sostenuto che tale principio è applicabile ai procedimenti per inadempimento.
25 Nel presente procedimento si tratta di stabilire se il principio dell’autorità di cosa giudicata osti alla proposizione, da parte della Commissione, dell’odierno ricorso a norma dell’art. 226 CE, tenuto conto della citata sentenza Commissione/Lussemburgo, pronunciata a seguito di un ricorso proposto dalla detta istituzione ai sensi di questo stesso articolo.
26 In varie occasioni la Corte ha ricordato l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali (sentenze 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler, Racc. pag. I‑10239, punto 38; 16 marzo 2006, causa C‑234/04, Kapferer, Racc. pag. I‑2585, punto 20, e 3 settembre 2009, causa C‑2/08, Fallimento Olimpiclub, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22).
27 Risulta dalla giurisprudenza che tale principio è applicabile anche ai procedimenti per inadempimento e che l’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi (sentenza 12 giugno 2008, causa C‑462/05, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑4183, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).
28 Dato che tanto il procedimento conclusosi con la citata sentenza Commissione/Lussemburgo, quanto il presente procedimento sono stati iniziati dalla Commissione sul fondamento dell’art. 226 CE, occorre esaminare il contesto fattuale e giuridico di tali due procedimenti al fine di verificare se tra essi sussista in sostanza un’identità di fatto e di diritto.
29 L’esame delle censure dedotte dalla Commissione in un procedimento conclusosi con una sentenza presuppone un’analisi del dispositivo di quest’ultima alla luce delle constatazioni e delle motivazioni ad esso sottese.
30 Pertanto, riguardo alla prima censura nella causa decisa dalla citata sentenza Commissione/Lussemburgo, il dispositivo di tale pronuncia deve essere analizzato alla luce dei punti 22 e 29‑31 di quest’ultima. Da tali punti risulta che, nella causa suddetta, venivano in questione gli obblighi stabiliti dagli allegati II, parte A, punto 4, e III, n. 1, punto 3, della direttiva 91/676. Tali obblighi riguardavano, da un lato, le condizioni per l’applicazione dei concimi chimici presso i corsi d’acqua e, dall’altro, la realizzazione di un equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l’azoto apportato alle colture stesse, segnatamente mediante aggiunta di composti azotati provenienti da fertilizzanti chimici.
31 Per contro, la prima parte della prima censura nel presente procedimento si riferisce all’allegato II, parte A, punto 1, della direttiva 91/676. Tale disposizione prevede l’obbligo di includere, nei codici di buona pratica agricola, i periodi durante i quali l’applicazione di fertilizzanti ai terreni non è opportuna.
32 Per quanto concerne la seconda censura nella causa decisa dalla citata sentenza Commissione/Lussemburgo, risulta dal dispositivo nonché dai punti 23 e 33 di tale pronuncia che la Commissione, mediante l’addebito in questione, ha imputato al Granducato di Lussemburgo il fatto di aver disciplinato le condizioni per l’applicazione dei fertilizzanti ai terreni in pendenza ripida soltanto con riguardo al caso di saturazione idrica, inondazione, innevamento di durata superiore alle 24 ore o gelo dei terreni stessi, malgrado che fosse necessaria l’adozione di una regolamentazione indipendente dalle condizioni climatiche.
33 Tuttavia, mediante la terza censura sollevata nel presente procedimento, la Commissione critica il fatto che le disposizioni del regolamento granducale riferentisi ai terreni in pendenza riguardano unicamente i concimi organici liquidi, nonché il fatto che non esiste alcuna disciplina relativa all’applicazione di concimi chimici su tali terreni.
34 Occorre dunque rilevare che, tenuto conto, da un lato, dell’oggetto della prima e della seconda censura formulate nella causa decisa dalla citata sentenza Commissione/Lussemburgo e, dall’altro, della prima parte della prima censura e della terza censura dedotte dalla Commissione nel presente procedimento, non sussiste in sostanza un’identità di fatto e di diritto tra queste due cause.
35 Alla luce di tali circostanze, la Commissione, mediante la presentazione dell’odierno ricorso, non ha violato il principio dell’autorità di cosa giudicata.
36 Per quanto riguarda il principio ne bis in idem, ed anche supponendo che questo sia invocabile nel caso di specie, la sua applicazione è comunque esclusa nel presente procedimento a motivo della mancanza di identità sotto il profilo di fatto e di diritto tra la causa odierna e quella decisa dalla citata sentenza Commissione/Lussemburgo.
37 Inoltre, mancando una simile identità tra tali due cause, la questione dell’applicabilità dell’art. 228 CE non si pone.
38 Da quanto precede risulta che il ricorso della Commissione è ricevibile.
Sul merito del ricorso
39 A sostegno del suo ricorso, la Commissione deduce quattro censure.
40 Con la sua prima censura, suddivisa in tre parti, la Commissione addebita al Granducato di Lussemburgo il fatto che il regolamento granducale che stabilisce i periodi durante i quali i fertilizzanti non possono essere utilizzati sui terreni agricoli non contempla i concimi chimici, non prevede un periodo di divieto totale per i prati e definisce insufficientemente il regime delle deroghe.
41 La Commissione, nell’ambito della prima parte di tale censura, ricorda che, a norma dell’allegato II, parte A, punto 1, della direttiva 91/676, la normativa nazionale dovrebbe contenere delle norme che vietino, durante determinati periodi, l’applicazione al terreno di «fertilizzanti», senza fare distinzione tra i concimi organici e quelli chimici. Orbene, a suo avviso, i periodi di divieto di applicazione di fertilizzanti previsti all’art. 6 del regolamento granducale riguardano unicamente i concimi organici e non i concimi chimici, e ciò malgrado che nessuna disposizione della direttiva 91/676 preveda o autorizzi l’esclusione di questi ultimi. La Commissione sostiene dunque che la normativa lussemburghese non è compatibile con la definizione del termine «fertilizzante» fornita all’art. 2, lett. e), della citata direttiva.
42 Con la seconda parte della sua prima censura, la Commissione afferma che il regolamento granducale non contiene alcuna prescrizione che stabilisca i periodi nei quali l’applicazione dei fertilizzanti ai prati è vietata, malgrado che l’art. 5 e l’allegato III, n. 1, punto 1, della direttiva 91/676 non consentano l’esclusione di alcuna superficie agricola. L’istituzione suddetta aggiunge, fondandosi su studi scientifici, da un lato, che i rischi di lisciviazione dei nitrati nel terreno in autunno e in inverno sono particolarmente elevati, non soltanto per le terre arabili ma anche per i prati, e, dall’altro, che le temperature medie lussemburghesi alla fine dell’autunno e in inverno non sono idonee a consentire un assorbimento sufficiente e ad evitare i notevoli rischi di lisciviazione. Inoltre, secondo la Commissione, la limitazione prevista all’art. 6, parte A, punto 4, del regolamento granducale è insufficiente per evitare i rischi di inquinamento, dato che tale regolamento non contempla i concimi chimici, che non esiste alcun periodo di divieto assoluto e che il limite di 80 chilogrammi di azoto per ettaro rappresenta quasi la metà del valore limite annuo consentito dall’allegato III, n. 2, della direttiva 91/676.
43 Per quanto riguarda la terza parte della prima censura, la Commissione afferma che la normativa lussemburghese dovrebbe definire in maniera più precisa i casi nei quali può essere concessa una deroga al divieto di applicazione dei fertilizzanti in certi periodi dell’anno. L’istituzione ricorrente ritiene che l’art. 7 del regolamento granducale manchi di precisione, in quanto tale norma prevede che, in caso di «situazione climatica eccezionale» o di «eventi straordinari che colpiscano un’azienda agricola», il ministro competente possa autorizzare l’applicazione di fertilizzanti durante i periodi di divieto, senza però che il regolamento precisi tali nozioni. La Commissione aggiunge che il divieto di applicazione di fertilizzanti in taluni periodi dell’anno è una disposizione essenziale della direttiva 91/676, che quest’ultima non prevede una simile deroga e che la trasposizione chiara e precisa di tale direttiva è indispensabile al fine di soddisfare l’imperativo della certezza del diritto e di garantire l’applicazione piena e integrale della direttiva medesima.
44 Con la sua seconda censura, la Commissione fa valere che il regolamento granducale impone una capacità minima di immagazzinamento degli effluenti di allevamento pari ad almeno sei mesi soltanto per gli impianti nuovi, ma non per quelli esistenti. L’istituzione ricorrente rileva che, sebbene la direttiva 91/676 non faccia alcuna distinzione tra impianti nuovi e impianti esistenti, il regolamento granducale prevede, all’art. 8, che le attrezzature nuove o da ammodernare debbono garantire la possibilità di immagazzinare liquame e purino per un periodo minimo di sei mesi consecutivi.
45 Con la sua terza censura, la Commissione ricorda che, a norma dell’allegato II, parte A, punto 2, della direttiva 91/676, una normativa nazionale deve recare norme riguardanti «l’applicazione di fertilizzante al terreno in pendenza ripida» e che la Corte ha statuito che l’allegato II, parte A, della citata direttiva riguarda l’insieme dei fertilizzanti e non solo quelli che, come gli effluenti d’allevamento, sono di origine organica (sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑322/00, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑11267, punto 134). Orbene, il regolamento granducale stabilisce, all’art. 6, parte A, punto 5, che, «[s]ui terreni con pendenza media superiore all’8% e non coperti da vegetazione, l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi è vietata», senza estendere tale divieto ai concimi chimici.
46 Con la sua quarta censura, la Commissione sostiene che le misure adottate dal Granducato di Lussemburgo sono insufficienti, a motivo del fatto che, a termini dell’allegato II, parte A, punto 6, della direttiva 91/676, le normative nazionali devono contenere regole riguardanti le «procedure di applicazione al terreno – comprese percentuali e uniformità di applicazione – sia di concimi chimici che di effluenti di allevamento, in modo da mantenere le dispersioni di nutrienti nell’acqua ad un livello accettabile». Tuttavia, secondo l’istituzione ricorrente, la normativa lussemburghese non reca alcuna disciplina riguardante le procedure di applicazione ai terreni, segnatamente per quanto riguarda le tecniche atte a garantire un’applicazione uniforme ed efficace dei concimi. La Commissione reputa che il carattere moderno dell’agricoltura lussemburghese e l’efficienza delle macchine agricole non siano sufficienti per dimostrare che l’adozione di norme riguardanti le procedure di applicazione ai terreni dei concimi chimici e degli effluenti di allevamento non sia pertinente. La direttiva 91/676 non dispenserebbe gli Stati membri dal prevedere procedure di applicazione di tali fertilizzanti neppure nel caso in cui l’agricoltura di tali Stati sia tecnicamente sviluppata.
47 Il ricorso proposto dalla Commissione viene contestato dal Granducato di Lussemburgo sotto il profilo del merito unicamente nell’ambito della sua memoria di controreplica.
Giudizio della Corte
48 Per quanto riguarda le difese nel merito avanzate dal Granducato di Lussemburgo, occorre rilevare che, a norma dell’art. 42, n. 2, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.
49 Orbene, nella specie è pacifico che le difese nel merito proposte per la prima volta nella controreplica erano state in sostanza fatte valere nella risposta del Granducato di Lussemburgo al parere motivato. A seguito di tale risposta, la Commissione ha proposto il proprio ricorso rinunciando a quattro degli otto addebiti formulati nel parere motivato e mantenendo gli altri quattro. Nel suo controricorso, il Granducato di Lussemburgo non ha né preso posizione in merito alla fondatezza del ricorso della Commissione, né concluso per il rigetto di quest’ultimo in quanto infondato, limitando le proprie difese alla semplice eccezione di irricevibilità del ricorso stesso.
50 Stanti tali circostanze, le conclusioni dello Stato convenuto intese al rigetto del ricorso nel merito, nonché i motivi difensivi a loro sostegno, presentati per la prima volta nella controreplica, devono essere considerati tardivi e, di conseguenza, irricevibili (v., in tal senso, sentenza 5 novembre 2002, causa C‑471/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑9681, punti 41‑43).
51 Pertanto, è sufficiente esaminare se l’inadempimento risulti dimostrato sulla sola base delle censure formulate dalla Commissione.
52 Per quanto riguarda la prima parte della prima censura, occorre ricordare come l’allegato II, parte A, punto 1, della direttiva 91/676 preveda l’obbligo di includere, nei codici di buona pratica agricola, i periodi durante i quali l’applicazione di fertilizzanti ai terreni non è opportuna.
53 Occorre altresì ricordare, da un lato, che l’art. 2, lett. e), di tale direttiva definisce il «fertilizzante» come qualsiasi sostanza contenente uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione, ivi compresi gli effluenti di allevamento. D’altro lato, l’art. 2, lett. f), della medesima direttiva definisce il «concime chimico» come qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale. Ne consegue che il termine «fertilizzante» include, ai sensi della direttiva 91/676, i concimi chimici.
54 Ciò premesso, considerato che la direttiva 91/676 obbliga gli Stati membri, senza previsione di alcuna deroga, a stabilire periodi nei quali è vietata l’applicazione di tutti i tipi di fertilizzanti, occorre constatare che il Granducato di Lussemburgo è venuto meno a tale obbligo per quanto riguarda i concimi chimici.
55 Per quanto riguarda la seconda parte della prima censura, occorre constatare, anzitutto, che le prescrizioni della normativa lussemburghese relative ai periodi nei quali è vietata l’applicazione ai terreni di taluni tipi di fertilizzanti non si applicano ai prati, malgrado che la direttiva 91/676 non preveda alcuna deroga espressa per questo tipo di superfici.
56 Ad ogni modo, anche supponendo che i prati assorbano una quantità considerevole di azoto, una simile circostanza non può giustificare il fatto che, secondo quanto previsto dall’art. 6, parte A, punto 4, del regolamento granducale, è consentita l’applicazione al terreno di una quantità complessiva di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi che può arrivare fino a 80 chilogrammi di azoto per ettaro nel periodo dal 1° settembre al 1° marzo. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, tale quantitativo è eccessivo, dato che l’allegato III, n. 2, della direttiva 91/676 consente l’applicazione al terreno di 170 chilogrammi di azoto nel corso di tutto l’anno. Orbene, autorizzare poco meno della metà di quest’ultimo quantitativo nel corso del semestre invernale implicherebbe che la vegetazione assorba e trasformi durante tale periodo quasi altrettanto azoto che nel semestre estivo. Per giunta, mentre il tetto massimo previsto dall’allegato III, n. 2, della direttiva suddetta si applica al quantitativo di azoto risultante dallo spargimento sui terreni di tutti gli effluenti di allevamento, il limite previsto dall’art. 6, parte A, punto 4, del regolamento granducale riguarda la quantità di azoto proveniente esclusivamente dall’applicazione al terreno di liquame, purino e fanghi di depurazione liquidi.
57 Quanto alla terza parte della prima censura, la Commissione fa valere giustamente che il divieto di applicazione di fertilizzanti in taluni periodi dell’anno costituisce una disposizione essenziale della direttiva 91/676 e che quest’ultima non prevede alcuna deroga.
58 Orbene, l’art. 7 del regolamento granducale consente ai ministri competenti, in caso di situazione climatica eccezionale o di eventi straordinari che colpiscano un’azienda agricola, di derogare ai periodi di divieto di applicazione dei fertilizzanti.
59 Anche supponendo che uno Stato membro sia legittimato a prevedere, nella propria normativa nazionale, alcune deroghe ai periodi di divieto di applicazione dei fertilizzanti, in caso di situazione climatica eccezionale o di eventi straordinari che colpiscano un’azienda agricola, tali deroghe debbono comunque essere sufficientemente circoscritte nell’ambito della disciplina di recepimento della direttiva 91/676.
60 Ora, una normativa nazionale che conferisce un potere discrezionale ai ministri competenti quanto alla sorte da riservare alle domande individuali di deroga non soddisfa il requisito suddetto.
61 Per quanto riguarda la capacità di immagazzinamento oggetto della seconda censura della Commissione, occorre constatare come la sola disposizione determinante al riguardo sia contenuta nell’allegato III, n. 1, punto 2, della direttiva 91/676.
62 Secondo tale norma, i programmi di azione recano norme disciplinanti la capacità dei depositi per effluenti di allevamento e tale capacità deve superare quella necessaria per l’immagazzinamento durante il più lungo dei periodi nei quali è proibita l’applicazione di effluenti nella zona vulnerabile.
63 L’unica deroga prevista da questa stessa disposizione riguarda il caso in cui sia dimostrato che qualsiasi quantitativo di effluenti superiore all’effettiva capacità d’immagazzinamento sarà smaltito in un modo innocuo per l’ambiente.
64 Orbene, l’art. 8 del regolamento granducale non impone una condizione siffatta.
65 Stanti tali circostanze, occorre constatare che il regolamento granducale, omettendo di imporre l’obbligo previsto dall’allegato III, n. 1, punto 2, della direttiva 91/676 relativamente agli impianti esistenti non sottoposti ad ammodernamento, non è conforme a tale direttiva.
66 Quanto alla terza censura della Commissione, occorre notare che, a termini dell’allegato II, parte A, punto 2, della direttiva 91/676, i codici di buona pratica agricola devono contenere norme riguardanti le modalità di applicazione dei fertilizzanti sui terreni in pendenza ripida, ove tale elemento sia pertinente.
67 La Corte ha già statuito che l’allegato II, parte A, della direttiva 91/676 riguarda l’insieme dei fertilizzanti e non solo quelli di origine organica (sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 134).
68 Orbene, l’art. 6, parte A, punto 5, del regolamento granducale vieta unicamente l’applicazione al terreno di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi, che sono concimi organici, ma non contiene alcuna disposizione riguardante lo spargimento di concimi chimici.
69 Occorre dunque constatare che, sotto tale aspetto, la direttiva 91/676 non è stata correttamente trasposta dal Granducato di Lussemburgo.
70 Quanto alla quarta censura della Commissione, bisogna rilevare che l’allegato II, parte A, punto 6, della direttiva 91/676 stabilisce che i codici di buona pratica agricola dovrebbero contenere – ove tale elemento sia pertinente – norme disciplinanti le procedure di applicazione al terreno sia di concimi chimici che di effluenti di allevamento, comprese percentuali e uniformità di tale applicazione, in modo da mantenere le dispersioni di nutrienti nell’acqua ad un livello accettabile.
71 Dal momento che nel Granducato di Lussemburgo mancano norme siffatte, occorre constatare la violazione di tale disposizione.
72 Di conseguenza, l’inadempimento deve ritenersi provato sulla sola base delle censure formulate dalla Commissione.
73 Alla luce di tali circostanze, occorre constatare che, avendo omesso di adottare tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi agli artt. 4 e 5 della direttiva 91/676, letti in combinato disposto con gli allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, della medesima direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza di quest’ultima.
Sulle spese
74 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha concluso per la condanna del Granducato di Lussemburgo e quest’ultimo è rimasto soccombente nei motivi proposti, tale Stato deve essere condannato alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) Avendo omesso di adottare tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi agli artt. 4 e 5 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, letti in combinato disposto con gli allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, della medesima direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza di quest’ultima.
2) Il Granducato di Lussemburgo è condannato alle spese.
Firme