Corte di Giustizia Sez. IV sent. 17 giugno 2010
Direttiva 2001/42/CE – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Direttiva 91/676/CEE – Protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole – Programmi d’azione relativi alle zone vulnerabili
Nei procedimenti riuniti C‑105/09 e C‑110/09,
aventi ad oggetto le domande di decisione pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’État (Belgio) con decisioni 11 marzo 2009, pervenute in cancelleria il 20 e 23 marzo 2009, nelle cause
Terre wallonne ASBL (C‑105/09),
Inter-Environnement Wallonie ASBL (C‑110/09)
contro
Région wallonne,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, dalla sig.ra C. Toader (relatore), dai sigg. K. Schiemann, P. Kūris, e L. Bay Larsen, giudici
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 gennaio 2010,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Inter-Environnement Wallonie ASBL, dall’avv. J. Sambon, avocat;
– per la Région wallonne, dall’avv. A. Gillain, avocat;
– per il governo belga, dal sig. T. Materne nonché dalla sig.ra C. Pochet, in qualità di agenti;
– per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, dalla sig.ra S. Pardo Quintillán e dal sig. J.B. Laignelot, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 marzo 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 3 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001, 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197, pag. 30).
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che vedono contrapposte la Terre wallonne ASBL e la Inter-Environnement Wallonie ASBL alla Région wallonne (Regione vallona) in merito all’annullamento del decreto del governo vallone 15 febbraio 2007, che modifica il libro II del Codice dell’ambiente, costituente il Codice dell’acqua, nella parte relativa alla gestione sostenibile dell’azoto in agricoltura (Moniteur belge del 7 marzo 2007, pag. 11118; in prosieguo: il «decreto impugnato»).
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
La direttiva 91/676/CEE
3 L’art. 1 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375, pag. 1), prevede quanto segue:
«La presente direttiva mira a:
– ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola;
– prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo».
4 L’art. 3, nn. 1 e 2, della direttiva in parola è così formulato:
«1. Le acque inquinate e quelle che potrebbero essere inquinate se non si interviene ai sensi dell’articolo 5 sono individuate dagli Stati membri conformemente ai criteri di cui al [punto A dell’]allegato I.
2. Entro un periodo di due anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, gli Stati membri designano come zone vulnerabili tutte le zone note del loro territorio che scaricano nelle acque individuate in conformità del paragrafo 1 e che concorrono all’inquinamento. Essi notificano tale prima designazione alla Commissione entro sei mesi».
5 L’art. 4 di tale direttiva così recita:
«1. Al fine di stabilire un livello generale di protezione dall’inquinamento per tutti i tipi di acque, gli Stati membri provvedono, entro due anni dalla notifica della presente direttiva, a:
a) fissare un codice o più codici di buona pratica agricola applicabili a discrezione degli agricoltori, il quale includa disposizioni pertinenti per lo meno agli elementi contemplati nell’allegato II;
(…)».
6 Ai sensi dell’art. 5 della medesima direttiva:
«1. Entro un periodo di due anni a decorrere dalla prima designazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, o di un anno dopo ogni nuova designazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, gli Stati membri, per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1, fissano programmi d’azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate.
2. Un programma d’azione può riguardare tutte le zone vulnerabili nel territorio di uno Stato membro oppure, se lo Stato membro lo giudica opportuno, si possono fissare programmi diversi per diverse zone vulnerabili o parti di zone.
3. I programmi d’azione tengono conto:
a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine;
b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi.
4. I programmi d’azione sono attuati entro quattro anni dalla loro fissazione e comprendono le misure vincolanti seguenti:
a) le misure di cui all’allegato III;
b) le misure che gli Stati membri hanno prescritto nel codice o nei codici di buona pratica agricola fissati ai sensi dell’articolo 4, a meno che non siano state sostituite da quelle di cui all’allegato III.
5. Nel quadro dei programmi d’azione gli Stati membri prendono inoltre le misure aggiuntive o azioni rafforzate che essi ritengono necessarie se, dall’inizio o alla luce dell’esperienza tratta dall’attuazione dei programmi d’azione, risulta evidente che le misure di cui al paragrafo 4 non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1. Ai fini della scelta di dette misure o azioni, gli Stati membri tengono conto della loro efficacia e dei loro costi in relazione ad altre misure possibili di prevenzione.
(…)».
7 L’allegato III della direttiva 91/676, rubricato «Misure da inserire nei programmi d’azione conformemente all’articolo 5, paragrafo 4, punto a)», prevede quanto segue:
«1. Le misure in questione comprendono norme concernenti:
(…)
2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l’immagazzinamento nel periodo più lungo, durante cui è proibita l’applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all’autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluenti superiore all’effettiva capacità d’immagazzinamento sarà smaltito in un modo che non causerà danno all’ambiente;
(…)».
La direttiva 2001/42
8 L’art. 2 della direttiva 2001/42 dispone quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva:
a) per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche:
– che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e
– che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;
b) per “valutazione ambientale” s’intende l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9;
(…)».
9 Ai sensi dell’art. 3 di detta direttiva:
«1. I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi,
a) che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE, o
b) per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.
3. Per i piani e i programmi di cui al paragrafo 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al paragrafo 2, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull’ambiente.
4. Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull’ambiente.
5. Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all’allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
(...)».
La direttiva 85/337/CEE
10 L’art. 1, n. 2, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (GU L 73, pag. 5; in prosieguo: la «direttiva 85/337»), prevede quanto segue:
«Ai sensi della presente direttiva si intende per:
progetto:
– la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,
– altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;
(…)».
11 Conformemente all’art. 4, n. 1, della direttiva 85/337, i progetti elencati nel suo allegato I sono sottoposti a valutazione dell’impatto ambientale.
12 Ai sensi dell’art. 8 di detta direttiva:
«I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 debbono essere presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione».
13 L’allegato I della direttiva 85/337, rubricato «Progetti di cui all’articolo 4, paragrafo 1», così dispone:
«(…)
17. Impianti per l’allevamento intensivo di pollame e di suini con più di:
a) 85 000 posti per polli, 60 000 posti per galline;
b) 3 000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o
c) 900 posti per scrofe.
(…)».
14 L’allegato II di tale direttiva, rubricato «Progetti di cui all’articolo 4 paragrafo 2», menziona:
«1. Agricoltura, selvicoltura e acquicoltura
(…)
b) Progetti volti a destinare terre incolte o estensioni seminaturali alla coltivazione agricola intensiva.
(…)
e) Impianti di allevamento intensivo (progetti non contemplati nell’allegato I).
(…)».
La direttiva 2003/35/CE
15 Il decimo ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU L 156, pag. 17), così recita:
«Per talune direttive del settore ambientale che prescrivono agli Stati membri di presentare piani e programmi concernenti l’ambiente ma non contengono sufficienti disposizioni sulla partecipazione del pubblico, è necessario prevedere forme di partecipazione del pubblico che siano coerenti con le disposizioni della convenzione di Århus [sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale approvata a nome della Comunità europea con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la “convenzione di Århus”)], ed in particolare con l’articolo 7. Altri testi legislativi comunitari in materia prevedono già la partecipazione del pubblico all’elaborazione di piani e programmi e, in futuro, requisiti concernenti la partecipazione del pubblico conformi alla convenzione di Århus saranno incorporati sin dall’inizio nella legislazione pertinente».
16 I nn. 2 e 5 dell’art. 2 di tale direttiva, rubricato «Partecipazione del pubblico ai piani e ai programmi», sanciscono quanto segue:
«2. Gli Stati membri provvedono affinché al pubblico vengano offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alla preparazione e alla modifica o al riesame dei piani ovvero dei programmi che devono essere elaborati a norma delle disposizioni elencate nell’allegato I.
(...)
5. Il presente articolo non si applica a piani e programmi di cui all’allegato I per i quali è attuata una procedura di partecipazione del pubblico ai sensi della direttiva [2001/42] o ai sensi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque».
17 L’allegato I della direttiva 2003/35, rubricato «Disposizioni in materia di piani e di programmi di cui all’art. 2», menziona:
«(…)
c) Art. 5, n. 1, della [direttiva 91/676].
(…)».
Il diritto nazionale
18 La direttiva 2001/42 è stata trasposta nell’ordinamento della Regione vallone dagli artt. D. 52 e segg. del libro I del Codice dell’ambiente (Moniteur belge del 9 luglio 2004, pag. 54654).
19 L’art. D. 53 di tale codice così dispone:
«1. Una valutazione dell’impatto ambientale di piani e programmi sull’ambiente è effettuata, conformemente agli artt. 52-61, per i piani e i programmi nonché le loro modifiche il cui elenco I è stabilito dal Governo, che:
1° sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, dei suoli, delle telecomunicazioni, turistico e definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti riprodotti nell’elenco stabilito ai sensi dell’art. 66, [n.] 2;
2° sono sottoposti ad una valutazione ai sensi dell’art. 29 della legge 12 luglio 1973 sulla conservazione della natura.
(…)
3. Il Governo può sottoporre a valutazione di impatto ambientale, ai sensi del presente capitolo, i piani o programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente e che non sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.
(…)».
20 L’art. R. 47 di detto Codice così prevede:
«Nell’allegato V è fissato l’elenco dei piani e programmi di cui all’art. 53, n. [1], del decreto».
21 Detto allegato V, stabilito dal decreto del governo vallone 17 marzo 2005, relativo al Libro I del Codice dell’ambiente (Moniteur belge del 4 maggio 2005, pag. 21184), contiene, in particolare, il programma d’azione per la qualità dell’aria, il programma d’azione per la qualità dei suoli e il programma d’azione per la protezione della natura. Tale allegato non contiene, tuttavia, il programma d’azione per la gestione dell’azoto in agricoltura nelle zone vulnerabili, introdotto inizialmente nel diritto della Regione vallone con un decreto del 10 ottobre 2002.
22 Per quanto riguarda, in particolare, quest’ultimo programma d’azione, nel decreto impugnato figurano le disposizioni pertinenti del diritto della Regione vallone attualmente in vigore.
23 Tale decreto fissa le condizioni applicabili alla gestione dell’azoto in agricoltura sull’intero territorio della Regione vallone. Esso tratta inoltre la gestione dell’azoto nelle zone vulnerabili, costituendo il programma d’azione prescritto dall’art. 5 della direttiva 91/676. Le zone vulnerabili rappresentano il 42% del territorio di detta Regione e il 54% della superficie agricola utile di quest’ultima.
24 Il capitolo IV del decreto impugnato contiene una sezione 3 rubricata «Condizioni applicabili alla gestione dell’azoto in agricoltura sull’intero territorio della Regione vallone». Tale sezione contiene, da una parte, le sottosezioni da 1 a 5 che si applicano a tutto il territorio di tale regione, comprese le zone vulnerabili, e le sottosezioni 6 e 7 che si applicano esclusivamente alle zone vulnerabili. Tali sottosezioni insieme formano il programma d’azione prescritto dall’art. 5, n. 1, della direttiva 91/676.
Causa principale e questioni pregiudiziali
25 Con sentenza 22 settembre 2005, causa C‑221/03, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑8307), la Corte a constatato che, non avendo adottato, entro il termine prescritto, le misure necessarie per dare completa e corretta attuazione alla direttiva 91/676, il Regno del Belgio era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva medesima.
26 Per dare attuazione a detta sentenza, il governo vallone ha emananto, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 91/676, il decreto impugnato. Tale decreto modifica il Libro II del Codice dell’ambiente, contenente il Codice dell’acqua, nella parte relativa alla gestione sostenibile dell’azoto in agricoltura.
27 La Terre Wallonne ASBL e la Inter-Environnement Wallonie ASBL hanno chiesto al Conseil d’État l’annullamento di detto decreto deducendo, in particolare, che il programma in esso contenuto non è stato sottoposto ad una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42.
28 Il governo vallone ha sostenuto che il programma di gestione dell’azoto in agricoltura non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42.
29 Il giudice del rinvio ritiene che non possa essere escluso che programmi d’azione, come quello di cui alla direttiva 91/676, siano piani o programmi ai sensi della direttiva 2001/42. Detto giudice osserva, inoltre, che nessuna norma del diritto della Regione vallone applicabile alla data di adozione del decreto impugnato assoggettava il piano di gestione dell’azoto a una valutazione dell’impatto ambientale, che non è pacifico che tale situazione sia contraria alla direttiva 2001/42 e che l’applicazione corretta del diritto dell’Unione non s’impone con un’evidenza tale da escludere qualsiasi ragionevole dubbio.
30 Il Conseil d’État ha quindi deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il programma di gestione dell’azoto relativo alle zone vulnerabili designate prescritto dall’art. 5, n. 1, della [direttiva 91/676] costituisca un piano o un programma ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. a), della [direttiva 2001/42], elaborato per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e se esso definisca il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della [direttiva 85/337].
2) Se il programma di gestione dell’azoto relativo alle zone vulnerabili designate prescritto dall’art. 5, n. 1, della [direttiva 91/676] costituisca un piano o un programma ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. b), della [direttiva 2001/42], per il quale, considerato il suo possibile impatto su taluni siti, sia obbligatoria una valutazione ai sensi degli artt. 6 o 7 della [direttiva 92/43], in particolare quando il programma di gestione dell’azoto di cui trattasi si applichi a tutte le zone vulnerabili designate della Regione vallone.
3) Se il programma di gestione dell’azoto relativo alle zone vulnerabili designate prescritto dall’art. 5, n. 1, della [direttiva 91/676] costituisca un piano o un programma diverso da quelli di cui all’art. 3, n. 2, della [direttiva 2001/42], che definisce il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, per i quali gli Stati membri devono determinare, in virtù dell’art. 3, n. 4, [della direttiva 2001/42], se essi possano avere effetti significativi sull’ambiente, conformemente [all’art.3, n. 5, di tale direttiva]».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
31 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se un programma di gestione dell’azoto in agricoltura, come quello di cui trattasi nella causa principale, possa costituire un piano o un programma ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 2001/42.
32 Occorre innanzitutto osservare che l’obiettivo principale perseguito dalla direttiva 2001/42, come emerge dall’art. 1 della stessa, consiste nel sottoporre a valutazione ambientale i piani e i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente durante la loro elaborazione e prima della loro adozione.
33 Qualora una siffatta valutazione ambientale sia prescritta dalla direttiva 2001/42, la stessa direttiva stabilisce norme minime per l’elaborazione del rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione dei risultati della valutazione ambientale nonché la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione adottata a seguito della valutazione.
34 Al fine di accertare se i programmi d’azione elaborati ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/676 (in prosieguo: i «programmi d’azione») rientrino nell’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 2001/42, occorre esaminare, in primo luogo, se detti programmi d’azione siano «piani e programmi» ai sensi dell’art. 2, lett. a), di tale ultima direttiva e, in secondo luogo, se essi soddisfino le condizioni di cui all’art. 3, n. 2, lett. a), della stessa.
Sull’applicazione dell’art. 2 della direttiva 2001/42
35 Va anzitutto rilevato che i programmi d’azione, da un lato, sono elaborati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e, dall’altro, sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.
36 Occorre inoltre osservare che la direttiva 91/676 prescrive la predisposizione di siffatti programmi d’azione in tutte le «zone vulnerabili» designate dagli Stati membri ai sensi delle sue disposizioni e che tali programmi devono comprendere misure e azioni come quelle elencate al suo art. 5, destinate a combattere l’inquinamento provocato dai nitrati, e la cui attuazione e il cui controllo devono essere garantiti dagli Stati membri. Le autorità competenti devono altresì riesaminare periodicamente la pertinenza delle misure e delle azioni e, se del caso, rivedere i programmi d’azione.
37 Peraltro, come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 25-28 delle sue conclusioni, una siffatta constatazione è avvalorata dal decimo ‘considerando’ della direttiva 2003/35, nonché dall’art. 2, n. 5, e dall’allegato I della medesima direttiva.
38 A tal riguardo, va ricordato che la direttiva 2003/35 prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale al fine di adeguare la normativa dell’Unione alla convenzione di Århus.
39 Dal decimo ‘considerando’ della direttiva 2003/35 risulta che taluni atti legislativi comunitari contenevano già disposizioni sulla partecipazione del pubblico all’elaborazione di piani e programmi conformi alla convenzione di Århus. Di conseguenza, l’art. 2, n. 5, di tale direttiva esclude dall’ambito di applicazione di tale articolo i «piani e programmi» di cui all’allegato I della medesima direttiva per i quali tali disposizioni erano state attuate ai sensi della direttiva 2001/42. Orbene, i programmi d’azione di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/676 rientrano tra tali piani e programmi.
40 È vero che l’art. 2, n. 5, della direttiva 2003/35 è stato adottato nel contesto delle disposizioni che riguardano la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale. Sarebbe tuttavia contraddittorio ammettere che i programmi di azione rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 2 della direttiva 2001/42 laddove riguardino disposizioni relative alla partecipazione del pubblico nell’elaborazione del piano o del programma, mentre gli stessi programmi di azione non rientrano più nell’ambito di applicazione di tale disposizione se riguardano la valutazione degli impatti ambientali.
41 Infine, si deve precisare che, sebbene non tutte le misure legislative relative alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole costituiscano un «piano» o un «programma» ai sensi della direttiva 2001/42, la sola circostanza che una siffatta misura sia adottata per via legislativa non determina la sua esclusione dall’ambito di applicazione di tale direttiva, dal momento che essa presenta le caratteristiche rammentate al punto 36 della presente sentenza.
42 Emerge dalle considerazioni suesposte che, sia per le caratteristiche che presentano sia in virtù della volontà stessa del legislatore dell’Unione, i programmi d’azione costituiscono «piani» e «programmi» ai sensi della direttiva 2001/42.
Sull’applicazione dell’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 2001/42
43 Occorre rilevare che, in forza dell’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 2001/42, sono soggetti ad una valutazione ambientale sistematica i piani e i programmi che, da un lato, sono elaborati per determinati settori e, dall’altro, definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337.
44 Relativamente alla prima condizione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 2001/42, basti constatare che emerge dal titolo stesso della direttiva 91/676 che i programmi d’azione sono elaborati per il settore agricolo.
45 Per quanto riguarda la seconda condizione, per stabilire se i programmi d’azione definiscano il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337 si devono esaminare il contenuto e lo scopo di tali programmi, tenuto conto della portata della valutazione ambientale dei progetti, come prevista dalla citata direttiva.
46 Quindi, per quanto riguarda lo scopo dei programmi di azione, emerge dalla direttiva 91/676 e, in particolare, dai ‘considerando’ 9-11, dagli artt. 1 e 3-5 nonché dagli allegati di tale direttiva, che tali programmi implicano un esame globale, a livello delle zone vulnerabili, dei problemi ambientali legati all’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, e che essi istituiscono un sistema organizzato volto ad assicurare un livello generale di protezione contro un siffatto inquinamento.
47 La specificità di detti programmi consiste nel fatto che essi costituiscono un approccio globale e coerente, che presenta il carattere di una pianificazione concreta ed articolata, che riguarda le zone vulnerabili, eventualmente sull’intero territorio e concernente la riduzione nonché la prevenzione dell’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
48 In merito al contenuto dei programmi d’azione, emerge dall’art. 5 della direttiva 91/676, in combinato disposto con l’allegato III della stessa, che i citati programmi contengono misure concrete e obbligatorie, le quali riguardano segnatamente i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti, la capacità dei depositi per effluenti di allevamento, le procedure di applicazione al terreno ed il quantitativo massimo di effluenti di allevamento contenente azoto che può essere sparso (v., in tal senso, sentenza 8 settembre 2005, causa C‑416/02, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑7487, punto 34). Tali misure garantiscono in particolare, come previsto dal punto 2 dell’allegato III della direttiva 91/676, che, per ogni azienda o allevamento, la quantità di effluenti di allevamento applicata annualmente, ivi compresa quella applicata direttamente dagli animali, non superi un massimale stabilito per ogni ettaro, corrispondente alla quantità di effluenti contenenti 170 chilogrammi di azoto.
49 Relativamente alla portata della valutazione ambientale prevista dalla direttiva 85/337, occorre rammentare previamente che le misure contenute nei programmi d’azione hanno ad oggetto gli impianti di allevamento intensivo elencati nei punti 17 dell’allegato I e 1, lett. e), dell’allegato II della direttiva 85/337.
50 Si deve rammentare che, nell’ambito della valutazione ambientale prevista dalla direttiva 85/337, le autorità nazionali devono prendere in considerazione non solo gli effetti diretti dei lavori previsti, ma anche l’impatto ambientale che può essere provocato dall’uso e dallo sfruttamento delle opere derivanti da tali lavori (sentenze 28 febbraio 2008, causa C‑2/07, Abraham e a., Racc. pag. I‑1197, punto 43, e 25 luglio 2008, causa C‑142/07, Ecologistas en Acción-CODA, Racc. pag. I‑6097, punto 39).
51 In particolare, per quanto riguarda gli impianti destinati all’allevamento intensivo, una siffatta valutazione ambientale deve prevedere l’impatto di tali impianti sulla qualità dell’acqua (v., in tal senso, sentenza 8 settembre 2005, causa C‑121/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑7569, punto 88).
52 Come giustamente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 80 delle sue conclusioni, l’art. 8 della direttiva 85/337 impone che, nell’autorizzazione dei progetti di sfruttamento di tali impianti, siano presi in considerazione gli aspetti ambientali che i programmi d’azione mirano a regolamentare.
53 Inoltre, si deve constatare che emerge dall’art. 5, n. 4, della direttiva 91/676 che i programmi d’azione adottati in applicazione del n. 1 di tale articolo devono prevedere un insieme di misure il cui rispetto può condizionare il rilascio dell’eventuale autorizzazione da accordare ai progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337 e per la definizione dei quali la direttiva 91/676 conferisce agli Stati membri un determinato margine discrezionale. Si tratta in particolare del caso delle misure relative all’accumulo degli effluenti di allevamento previsti nell’allegato III della direttiva 91/676 per quanto riguarda i progetti di impianti destinati all’allevamento intensivo elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337.
54 In una siffatta ipotesi, della quale tuttavia spetta al giudice nazionale valutare l’effettività e la portata in considerazione del programma d’azione in esame, si deve considerare che il citato programma d’azione, per quanto riguarda le misure di cui trattasi, definisce il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337, ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 2001/42.
55 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve risolvere la prima questione dichiarando che un programma d’azione adottato in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/676 è, in linea di principio, un piano o un programma di cui all’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 2001/42 in quanto costituisce un «piano» o un «programma» ai sensi dell’art. 2, lett. a), di quest’ultima direttiva e include misure il cui rispetto condiziona il rilascio dell’autorizzazione che può essere accordata per la realizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337.
Sulle questioni seconda e terza
56 Alla luce della soluzione fornita alla prima questione, si deve constatare che, per dirimere la controversia oggetto della causa principale, non è necessario pronunciarsi sulla questione se l’art. 3, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/42 imponga anche una valutazione degli impatti ambientali dei programmi d’azione.
57 Pertanto, non occorre risolvere la seconda questione.
58 Tenuto conto del fatto che l’art. 3, n. 4, della direttiva 2001/42 è applicabile unicamente nell’ipotesi in cui le disposizioni del n. 2 dello stesso articolo non siano applicabili, non occorre risolvere la terza questione.
Sulle spese
59 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
Un programma d’azione adottato in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, è, in linea di principio, un piano o un programma ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001, 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, in quanto costituisce un «piano» o un «programma» ai sensi dell’art. 2, lett. a), di quest’ultima direttiva e include misure il cui rispetto condiziona il rilascio dell’autorizzazione che può essere accordata per la realizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE.
Firme