Cass. Sez. III n. 21138 del 16 maggio 2013 (Ud 2 apr. 2013)
Pres. Squassoni Est. Amoresano Ric. Bruzzi ed altro
Aria. Articolo 674 codice penale e limiti di tollerabilità delle emissioni

La necessità di accertare il superamento del limiti di tollerabilità delle emissioni ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art.674 cod. pen. si pone soltanto per le attività autorizzate in quanto le emissioni di fumo gas o vapori siano una conseguenza diretta dell‘attività; diversamente, nel caso di attività non autorizzata ovvero di emissioni autorizzate, ma che non siano conseguenza naturale dell'attività, in quanto imputabili  a deficienze dell'impianto o a negligenza del gestore, ai fini della configurabilità del reato è sufficiente la semplice idoneità a recare molestia alle persone.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Sassari, In composizione monocratica, con sentenza dell'11.10.2010, condannava B.F. e M.A. Angela, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 100,00 di ammenda ciascuno per il reato di cui all'art. 674 c.p., nonchè al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile liquidati In complessivi Euro 1.000,00.

Ricordava il Tribunale che il procedimento penale aveva tratto origine dalla denuncia presentata da P.A., il quale lamentava che le deiezioni dei cavalli di proprietà dei coniugi B. - M., che pascolavano in un fondo confinante con la sua abitazione, causavano un odore intollerabile e l'invasione di insetti.

Tanto premesso, riteneva il Tribunale che sussistesse il reato contestato. Le dichiarazioni della parte offesa, pienamente attendibili, avevano trovato riscontro negli accertamenti eseguiti sul posto dal M.llo Br. che aveva verificato l'intollerabilità degli odori causati dalle deiezioni dei cavalli.

Potevano essere concesse le circostanze attenuanti genetiche ad entrambi gli imputati ed andavano liquidati i danni in favore degli eredi del denunciante che avevano insistito nella costituzione di parte civile.

2. Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione all'art. 674 c.p., essendo stata l'affermazione di responsabilità fondata su valutazioni e giudizi (non consentiti) in ordine alla intollerabilità degli odori, senza alcun riscontro probatorio all'Ipotesi accusatoria.

Con il secondo motivo denunciano la mancata assunzione di una prova decisiva indicata a discarico dagli imputati, nonchè la mancanza di motivazione in ordine alle ragioni per cui il Tribunale ha ritenuto di disattendere la tesi difensiva.

Denunciano infine la violazione di legge, in relazione alla mancata assoluzione degli imputati dal reato ascritto.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. La giurisprudenza di questa Corte in ordine alla configurabilità del reato di cui all'art. 674 c.p., in caso di mancato superamento dei limiti di legge, non è uniforme. Secondo un primo orientamento "il reato di getto pericoloso di cose non è configurabile nel caso In cui le emissioni provengano da un'attività regolarmente autorizzata o da un'attività prevista e disciplinata da atti normativi spedali, e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento" (In motivazione viene precisato che all'inciso "nei casi non consentiti dalla legge" deve riconoscersi un valore rigido e decisivo tale da costituire una sorta di spartiacque tra il versante dell'illecito penale, da un lato, e dell'illecito civile, dall'altro) - cfr. Cass. pen. Sez. 3 n. 37495 del 13.11.2011; conf.Cass. Sez. 3 n. 40849 del 21.10.2010. Sicchè si è ritenuto che "... non basta che le emissioni siano astrattamente Idonee ad arrecare fastidio, ma è indispensabile la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino gli standard fissati dalla legge (così Cass. Pen. Sez. 3 n. 15653 del 27.2.2008).

Per altro Indirizzo più rigoroso, invece, "in tema di getto pericoloso di cose, l'evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori è apprezzabile a prescindere dal superamento di eventuali limiti previsti dalla legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c." (Cass. Sez. 3 n. 34896 del 14.7.2011; e più di recente Cass. Sez. 3 n. 37037 in tema di "immissioni olfattive".

2.1. E' pacifico, però, che "la necessità di accertare il superamento dei limiti di tollerabilità delle emissioni ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 674 cod. pen. si pone soltanto per le attività autorizzate in quanto le emissioni di fumo gas o vapori siano una conseguenza diretta dell'attività diversamente, nel caso di attività non autorizzata ovvero di emissioni autorizzate, ma che non siano conseguenza naturale dell'attività, in quanto imputabili a deficienze dell'impianto o a negligenze del gestore, ai fini della configurabilità del reato è sufficiente la semplice idoneità a recare molestia alle persone" (cfr. Cass. pen. Sez. 3 n. 40191 del 11.2.2007).

Laddove, quindi, non si tratti di attività industriali che trovino la loro regolamentazione in una specifica normativa di settore, per la configurabilità del reato non è necessario il superamento degli "standard" fissati dalle legge, essendo sufficiente che le emissioni siano idonee a superare la normale tollerabilità e quindi ad arrecare fastidio.

E per l'accertamento del superamento della normale tollerabilità non è certo necessario disporre perizia tecnica, potendo il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura.

3. Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi e, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto che dalle risultanze processuali emergesse la prova del reato contestato.

Ma evidenziato, innanzitutto, che il denunciante P.A., per far cessare il "fetore e l'invasione di insetti" proveniente dalle deiezioni di sette cavalli, che pascolavano nel fondo confinante con la sua proprietà, aveva prima intimato al proprietari di rimuovere le deiezioni e poi aveva presentato vari esposti alle Autorità, tanto che il sindaco di (OMISSIS) aveva emesso un'ordinanza; la situazione era però rimasta invariata.

Che i cattivi odori provenienti dalle deiezioni dei cavalli fossero, poi, intollerabili emergeva, secondo il Tribunale, In modo assolutamente evidente non solo dalle dichiarazioni della persona offesa già di per sè "lucide, coerenti, genuine e prive di astio e vendetta", ma soprattutto dalla testimonianza del M.llo Br. che era intervenuto sul posto rilevando che "i cavalli di proprietà dei prevenuti pascolavano in un fondo che confina del P. e che nell'abitazione del medesimo era intollerabile sostare a causa del cattivo odore ...".

3.1. I ricorrenti ripropongono (peraltro in modo generico) la tesi difensiva dell'assenza di qualsiasi odore, già disattesa dal Tribunale perchè smentita dalle risultanze processuali sopra indicate.

Tali rilievi non tengono conto, però, che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare In una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della modifica dell'art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta Illogicità della motivazione anche da "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell'iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all'annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 752 del 18.12.2006; Cass. pen. sez. 2 n. 23419/2007-Vignaroli).

4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare In Euro 1,000,00 ciascuno, ai sensi dell'art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.

Così deciso in Roma, il 2 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2013