ARTICOLO 674 CODICE PENALE , EMISSIONI IN ATMOSFERA E GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

di Luca RAMACCI

 

L'art 674 cod. pen. è una delle disposizioni codicistiche maggiormente applicate per la tutela penale dell'ambiente sin da quando ancora mancava una specifica disciplina di settore ed attualmente utilizzate per rafforzarne l'efficacia, come avvenuto anche, riguardo all'inquinamento idrico, per l’articolo 635 cod. pen.1 e per i reati di avvelenamento ed adulterazione di acque (artt. 439, 440, 452 C.P. )2 e, con riferimento all'inquinamento da rumore, con l'utilizzazione dell’articolo 659 cod. pen. anche dopo la «legge quadro» 447\953.

La ragione del diffuso ricorso alla contravvenzione che sanziona il getto pericoloso di cose è rinvenibile nella possibilità di ricondurre nella sua fattispecie astratta condotte diverse, concernenti l'inquinamento idrico (riconoscendo la possibilità del concorso, dapprima con le violazioni previste dalla legge 319\764 e, poi, anche con quelle contemplate dalle disposizioni successivamente entrate in vigore5), quello atmosferico e quello da campi elettromagnetici, procedendo, in tale ultimo caso, dapprima a delinearne l’ambito di applicazione rispetto a tale particolare fenomeno, allora costituente un'assoluta novità, per poi divenire oggetto di rinnovato interesse, dopo un periodo di relativo silenzio, in occasione della vicenda concernente la “Radio Vaticana”.

Una situazione particolare, che ha dato luogo ad incertezze interpretative, ha riguardato la questione relativa alle «emissioni» in atmosfera, cui la fattispecie delineata dall'art. 674 cod. pen. maggiormente si attaglia, non soltanto per la relativa semplicità di accertamento rispetto ai reati ora disciplinati dal d.lgs. 152\06 e, ancor prima, dal d.P.R. 203\88, i quali richiedono analisi complesse e dispendiose6, ma anche per la possibilità di applicare la contravvenzione alle situazioni più disparate, non riguardanti soltanto le emissioni di origine industriale, ma anche quelle causate da caldaie a metano per il riscaldamento7, le molestie conseguenti indirettamente dalla emissione di fumi attraverso la canna fumaria quali risultato del riscaldamento della canna fumaria medesima e dalla propagazione del calore attraverso le pareti8, le esalazioni maleodoranti provenienti non solo da impianti9, ma anche da deiezioni animali,10 non escludendosi neppure l'ipotesi dell'inquinamento da traffico veicolare11.

Oggetto di particolare attenzione è stata la seconda parte dell’articolo in esame, laddove prevede la rilevanza penale di emissioni di gas vapori o fumi “nei casi non consentiti dalla legge”, secondo uno schema che, come osservato in dottrina, non era in precedenza previsto dal codice penale Zanardelli e la cui introduzione è volta a chiarire che “le nozioni di getto e di versamento non possono essere estese fino a comprendere la propagazione o la diffusione di determinate sostanze nello spazio aereo circostante” e non sarebbe giustificata se la prima parte della fattispecie potesse estendersi fino a ricomprendere tale possibilità12.

La giurisprudenza ha invece giustificato la ragion d'essere della seconda parte dell'art. 674 evidenziando l'intenzione del legislatore di effettuare “un bilanciamento di opposti interessi”, tale da consentire l’esercizio di attività socialmente utili rispettando limiti di legge al superamento dei quali “riacquista prevalenza l’esigenza di tutela dell’incolumità pubblica”13.

La necessità di individuare l'effettiva portata della seconda parte dell'art. 674 cod. pen. ha però determinato l'individuazione di soluzioni interpretative non sempre uniformi da parte della giurisprudenza di legittimità.

Si è così dapprima negato che il possesso di un’autorizzazione amministrativa all’esercizio di una determinata attività escluda in ogni caso la sussistenza del reato configurabile qualora le emissioni superino la normale tollerabilità e siano comunque eliminabili attraverso opportuni accorgimenti tecnici14.

 

In altre occasioni, invece, la configurabilità del reato è stata esclusa nel caso in cui le emissioni di gas, vapori e fumi molesti siano conseguenza di un'attività regolarmente autorizzata e risultino inferiori ai limiti previsti per l’inquinamento atmosferico15.

Tale ultimo orientamento è stato poi ribadito affermando che la clausola normativa «nei casi non consentiti dalla legge» costituisce una precisa indicazione della necessità che, per essere penalmente rilevanti, le emissioni debbono violare le norme di settore che disciplinano l'inquinamento atmosferico, cosicché il rispetto di queste norme integra una presunzione di liceità penale.

Nell’ipotesi in cui le emissioni, pur rispettando norme specifiche, arrechino concreto disturbo ai proprietari dei fondi vicini, superando la normale tollerabilità, si è invece ritenuto configurabile il solo illecito civile contemplato dall'art. 844 cod. civ., la cui valutazione presuppone che vengano contemperate le ragioni della proprietà con le esigenze della produzione16.

La questione del superamento dei limiti di tollerabilità, si è ulteriormente precisato, riguarda le attività autorizzate, quando l'emissione di fumi e vapori ne costituisce il risultato diretto, con la conseguenza che, se l'emissione, sebbene autorizzata, non sia il risultato naturale dell'attività ma dipenda da deficienze dell'impianto o da negligenze del gestore, ai fini della configurabilità del reato sarebbe sufficiente la semplice idoneità a creare molestia alle persone17.

Altre pronunce, ancorché isolate, si attestavano però nuovamente sull’orientamento originariamente adottato,18 determinando un contrasto ufficialmente segnalato dall’Ufficio del massimario in almeno due occasioni,19 cui facevano seguito altre sentenze che focalizzavano ulteriormente i termini della questione,20 richiamando anche i diversi orientamenti e ribadendo che, nel caso in cui “…esistano precisi limiti tabellari fissati dalla legge, non possono ritenersi "non consentite" le emissioni che abbiano, in concreto, le caratteristiche qualitative e quantitative già valutate ed ammesse dal legislatore. Nei casi, invece, in cui non esiste una predeterminazione normativa, spetterà al giudice penale la valutazione della tollerabilità consentita, ma pur sempre con riferimento ai principi ispiranti le specifiche normative di settore”. 21

Successivamente, trattando la già menzionata questione concernente la «Radio Vaticana», la Corte di cassazione, considerando l’applicabilità dell’articolo 674 cod. pen. al fenomeno dell'inquinamento elettromagnetico, ha confermato il principio secondo cui il reato non è configurabile quando «le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento», ritenendolo tuttavia non applicabile esclusivamente alla seconda parte dell'art. 674 cod. pen., nella quale non rientrano le onde elettromagnetiche in quanto diverse da gas, vapori o fumo, perché ciò condurrebbe all'irrazionale conseguenza che la contravvenzione sarebbe integrata anche nel caso di emissione di onde elettromagnetiche avvenuta nell'esercizio di una attività autorizzata o disciplinata per legge ed in assenza di superamento dei limiti fissati dalla legge, dai regolamenti o da specifici atti amministrativi, solo perché vi sia possibilità di offesa o molestia, restando invece esclusa per tutte le altre attività anch'esse autorizzate o disciplinate da leggi speciali, operando una presunzione di legittimità delle emissioni22.

Si perveniva così alla conclusione che la violazione è configurabile (anche con riferimento al primo comma) soltanto quando sia stato provato, in modo certo ed oggettivo, il superamento dei limiti previsti dalle norme speciali e sia stata obiettivamente accertata una effettiva e concreta idoneità delle emissioni ad offendere o molestare le persone esposte, ravvisabile non in astratto, per il solo superamento dei limiti, ma soltanto a seguito di un accertamento (da compiersi in concreto) di un effettivo pericolo oggettivo, e non meramente soggettivo.

La portata del principio affermato dalla Corte, estensibile anche alle ipotesi diverse dall'inquinamento elettromagnetico, è stata oggetto di una veemente critica da parte della dottrina, motivata dalla preoccupazione per le possibili conseguenze anche con riferimento ad altre fattispecie di reato23.

L'opzione ermeneutica veniva successivamente riproposta,24 ma a distanza di poco tempo la stessa sezione, in diversa composizione del collegio, riprendeva addirittura l’orientamento ormai abbandonato, con testuale richiamo alla massima della sentenza 38936/05 e l'affermazione che “il reato di cui all'art. 674 c.p. si configura in presenza di un evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche quando sia superato il limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ”25.

Tale evenienza non è sfuggita alla dottrina,26 che ha auspicato un intervento chiarificatore da parte della stessa terza sezione o delle Sezioni Unite, pur se tale ultimo arresto giurisprudenziale altro non conteneva se non un mero richiamo all’orientamento minoritario senza alcuno specifico riferimento alle altre decisioni.

 

In una successiva pronuncia,27 la Cassazione è tornata a considerare la configurazione giuridica della contravvenzione, analizzandone la composizione ed evidenziando che le due ipotesi di reato previste hanno in comune lo stesso evento di pericolo e si distinguono, però, per la condotta e per l’oggetto materiale, con la conseguenza che, in entrambi i casi, l’evento del versamento o dell’emissione è distinguibile dalla condotta che lo provoca e che può essere sia attiva che omissiva28.

Quanto alla natura del reato29, la Corte ha preso nuovamente in esame la questione e, pur avendo inquadrato la fattispecie relativa alla diffusione di polveri nel primo comma dell’articolo 674 cod. pen., ha comunque tenuto conto di quanto affermato con la sentenza “Tucci” sulla vicenda della Radio Vaticana relativamente alla estensione in via analogica dell'applicazione anche al primo comma della clausola «nei casi non consentiti dalla legge» contenuta nel comma successivo.

A tale proposito ha individuato le ragioni che avevano determinato tale decisione nella «condivisibile esigenza garantista a favore dell’imputato, il quale non può vedersi condannato per una emissione in atmosfera che la legge speciale consente e valuta come tipicamente non pericolosa, non cambiano nel caso concreto le conseguenze in ordine alla affermata responsabilità dell’imputato», chiarendo però che detta clausola non deve ritenersi applicabile con riferimento a tutte le emissioni conseguenti ad attività regolamentate ed autorizzate, assumendo invece rilievo solo per le emissioni specificamente consentite mediante limiti tabellari o altre determinate disposizioni amministrative, le uniche che possono presumersi legittime a differenza di quelle, connesse più o meno direttamente all’attività produttiva regolamentata, che il legislatore non ha specificamente disciplinato o che addirittura ha considerato pericolose perché superiori ai limiti tabellari, o che ha voluto comunque evitare attraverso misure di prevenzione e di cautela imposte all’imprenditore.

La Corte ha così riproposto un principio già affermato in precedenza 30 alla luce della “sentenza Tucci” ma una successiva decisione31 ha nuovamente ribadito il principio secondo il quale la configurabilità del reato di getto pericoloso di cose è esclusa in caso di emissioni (nella specie, di polveri) provenienti da attività autorizzata o disciplinata dalla legge e contenute nei limiti normativi o dell'autorizzazione, in quanto il rispetto dei predetti limiti implica una presunzione di legittimità del comportamento, richiamando diffusamente in precedenti, ma pur richiamando la differenza tra fumi e polveri evidenziata dalla sentenza «Del Balzo», ne prende poi espressamente le distanze relativamente alla parte in cui si afferma che «la clausola "nei casi non consentiti dalla legge", contemplata nell'art. 674 cod. pen., non è riferibile alla condotta di getto o versamento pericoloso di cose di cui alla prima parte della norma citata, ma esclude il reato solo per le emissioni di gas, vapori o fumo che sono specificamente consentite attraverso limiti tabellari o altre determinate disposizioni amministrative. (Fattispecie nella quale è stata esclusa l'applicabilità di tale clausola in un caso di diffusione di polveri nell'atmosfera provocate nel corso di un'attività produttiva)».

Si richiamano, a tale proposito, la già affermata unicità del reato in esame e le ragioni già espresse nella sentenza «Tucci». Non vengono tuttavia criticate le articolate argomentazioni , in precedenza ricordate, che tenuto conto proprio dei contenuti della sentenza «Tucci», sostengono la tesi dell'applicabilità della presunzione di legittimità alle sole attività autorizzate o normativamente disciplinate escludendola per le altre.

Tale determinante distinguo non viene dunque espressamente confutato e sembrano implicitamente condividerne il senso anche altre decisioni successive32, cosicché sembra potersi ritenere raggiunta una certa stabilità di orientamento.

1 V. da ultimo Cass. Sez. III n. 31485 del 29\7\2008, Valentini (in www.lexambiente.it) ove si è anche precisato che “in tema di inquinamento di due corsi d'acqua provocato dalla fuoriuscita del percolato il giudice non può fondare un giudizio di responsabilità sula sola base di analisi microbiologiche attestanti un grave inquinamento biologico, senza nulla affermare a proposito dell'esistenza di un danno strutturale dei corsi d’acqua medesimi e, soprattutto, sull'elemento psicologico del reato”.

2 V. Cass. Sez. V n. 23465 del 22\6\2005, PM in proc. Laghi ed altri. Fattispecie nella quale era stata emessa misura cautelare personale in relazione allo smaltimento - mediante spandimento su terreni agricoli - di fanghi provenienti da un depuratore e contenenti sostanze pericolose in quantità superiori al consentito. Il Tribunale del riesame aveva rilevato la mancata dimostrazione, sia pure a livello indiziario, del fatto che nei fanghi vi fossero sostanze pericolose in quantità tali da dare luogo ad effettivo pericolo di contaminazione di acque di falda, pozzi e coltivazioni. La Corte ha ritenuto che tale assunto fosse corretto.

3 Per approfondimenti rinvio a L. RAMACCI “Inquinamento da rumore e tutela penale” in Giur. Merito n. 12\2007

4ILa possibilità di concorso è stato sempre ammesso in considerazione delle diverse finalità perseguite dalle diverse disposzioni. V. ad es. Sez. III n.11329 del 25\11\198, Marzaduri; Sez. VI n. 13615 del 16\5\1980, Biasin e Sez. I n. 17573 del 19\12\1989, Bimonte

5 Cass. Sez. III n.37945 del 7\10\2003, Graziani

6 Sul punto v., da ultimo, Cass. Sez. III n. 42533 del 14\11\2008, Palberti in www.lexambiente.it

7 Cass. Sez. III Sent. 35730 del 28\9\2007, Bodrato in www.lexambiente.it

8 In questo caso, tuttavia, la Cassazione ha escluso l’applicabilità dell’articolo 674 c.p., osservando che l’art. 844 c.c. espressamente annovera tra gli elementi potenzialmente idonei a recare molestie, le immissioni di calore, allorché superino la normale tollerabilità, che non sono invece menzionate nella fattispecie penale, con la conseguenza che risulta evidente come il fenomeno predetto non sia riferibile alla esistenza di interessi collettivi, la cui tutela giustifica l'intervento sanzionatorio dello Stato, ma riguardi esclusivamente il libero godimento del diritto di proprietà, la cui compressione consente il ricorso agli strumenti di natura privatistica che sono posti a tutela di tale diritto (Cass. Sez. III n. 9853 del 4\3\2009, Festa in www.lexambiente.it)

9 V. ad es. Cass. Sez. III n. 3042 del 21\1\2008, Cannavò in www.lexambiente.it. Sulla equiparazione degli odori ai gas v. Cass. Sez. III n.11556 del 31\3\2006, Davito. Sulla applicabilità dell’articolo 674 c.p. alle emissioni di odori si veda in dottrina BUTTI “Emissioni di odori e tutela ambientale” in Giur. Merito n. 4 -5\2002 pag. 1180

10 Cass. Sez. III n. 6097 del 7\2\2008, Sasso; Sez. III n.32063 del 31\7\2008, Imperadori, Sez. III n. 19206 del 13\5\2008, Crupi e altro tutte in www.lexambiente.it

11L'inquinamento da traffico veicolare era all'origine di un procedimento aperto dalla Procura della Repubblica di Firenze che aveva tratto a giudizio, tra l'altro, anche per la violazione dell'art. 674 cod. pen., alcuni amministratori locali poi assolti dal Tribunale con sentenza del 17.5.2010 per insussistenza del fatto.

12 Così GIZZI “Inquinamento elettromagnetico e getto pericoloso di cose” in Cass. Pen. n. 9\2008 pag. 3438. L’A. richiamando MANZINI (“Trattato di diritto penale italiano”, vol. IX, Utet, 1923, p. 340) ricorda anche come, sotto il vigore del codice Zanardelli, la fattispecie del getto pericoloso di cose non incriminasse espressamente la produzione di emissioni pericolose, poiché si riteneva che la condotta di colui che provocava emissioni, ancorché atte a offendere o imbrattare le persone, non integrasse la contravvenzione in esame, perché non costituiva getto o versamento di cose.

13 Così Cass. Sez. I n.3919 del 28\4\1997, Sartor

14 V. Cass. Sez. III n. 11295 dell’ 1\10\1999, Zompa ed altro in Riv. Trim. Dir. Pen. Econ. Con nota di VERGINE ; Sez. I n. 12497 del 4\11\1999, De Gennaro; Sez. I n. 739 del 21\1\1998, PM in proc. Tilli; Sez. I n.863 del 27\1\1996, Celeghin; Sez. I n. 477 del 19\1\1994, Grandoni; Sez. I n. 9826 del 19\11\1983, Guzio in Giust. Pen. n. 6\1984 pag. 330 ed altre prec. conf.

15 Cass. Sez. I n. 697 del 7\7\2000, Meo. Conf. Sez. I n.5932 del 13 febbraio 2002, PM in proc. Tulipano, Sez. I n. 25660 dell’ 8 giugno 2004, Invernizzi ed altri. Si vedano, inoltre, Sez. I n.16728 del 8\4\2004, Pardoi in Riv. Pen. n. 11\2004 pag.1107 e in questa Riv. n. 3\2005 pag. 275 con nota di FUZIO “Il sistema sanzionatorio in materia di emissioni inquinanti nell’aria” ibid. pag. 261;

16 Così Cass. Sez. III n. 16818 del 3\5\2007, Cattarini. V. Sez. III n. 9757 del 3\3\2004, P.M. in proc. Pannone in Riv. Pen. 10\2004 pag. 977; Sez. III n.38297 del 29\9\2004, P.M. in proc. Providenti ed altri che, nel richiamare i diversi orientamenti in materia, rileva anche che ai fini della configurabilità del reato “…all’espressione “nei casi non consentiti dalla legge” non può ricondursi (in caso di mancato superamento dei limiti massimi di accettabilità) l’innosservanza degli obiettivi di qualità (secondo le specificazioni date dalle norme che regolano l’inquinamento atmosferico). Il raggiungimento di tali obiettivi, infatti, (che costituisce un’applicazione del principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile” al quale sono improntate molte normative in materia ambientale e di sicurezza del lavoro) è previsto in quanto possibile, nei tempi e con le modalità fissate dalla legge” (fattispecie riguardante responsabilità omissive di pubblici amministratori con riferimento all’inquinamento da traffico veicolare); Sez. III n.9503 del 10\2\2005, Montanaro, Sez. III n. 8399 del 9\3\2006 PM in proc. Tortora ed altri in Cass. Pen. n. 9\2007 pag. 3332 con nota di MONTAGNA, Sez. III n. 33971 del 10\10\2006, Bortolato; Sez. III n.1869 del 23\1\2007, Gigante; Sez. III n. 21814 del 5\6\2007, Pierangeli; Sez. III n.41582 del 12\11\2007, Saetti ed altro. Sulla possibilità di desumere il superamento del limite di normale tollerabilità sulla base della natura abusiva dell’insediamento e da altre circostanze, quali reiterate denunce e segnalazioni da parte dei vicini e ripetute verifiche da parte dell’autorità preposta al controllo, v. Cass. Sez. III n.11556 del 31\3\2006, Davito. In dottrina (Cass. Pen. n. 6\2006 pag. 2116) v. SABATINI “Rapporti tra l‘art.674 c.p. e l’art. 844 c.c. un problema ancora aperto” .

17 Cass. Sez. III n. 40191 del 9\10\2007, Schembri.

18 Cass. Sez. III n. 38936 del 24\10\2005, Riva, Cass. Sez. III n.15821 del 22\11\2004, Baldassarre.

19 Rel. n. 74/04 del 14 luglio 2004 (in www.lexambiente.it). La relazione si conclude evidenziando che il contrasto risultava già comunicato con segnalazione 20 ottobre 2000 n. 1125, cui si rinviava per le ulteriori e più risalenti citazioni giurisprudenziali.

20 Lo stesso Autore della relazione citata nella nota precedente precisava, in una successiva occasione, con riferimento alla questione, che “…mentre nessun problema si pone nel caso le emissioni superino gli standard fissati dalla legge, nel qual caso il reato di cui all'art. 674 c.p. concorrerà con quelli originariamente previsti dal d.P.R. n. 203 del 1988 ed oggi dalla Parte V del d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, diversamente quando, pur essendo contenute nei limiti di legge, le emissioni abbiano arrecato e arrechino concretamente fastidio alle persone, superando la normale tollerabilità, non si potrà fare a meno di valutare nel merito la avvenuta adozione delle misure offerte dalla migliore tecnologia disponibile (MTD); in caso di risposta negativa non potrà escludersi la responsabilità per violazione dell'art. 674 c.p., diversamente, in caso di avvenuta predisposizione di tecniche aggiornate, la stessa resterà esclusa in quanto, nella valutazione della responsabilità, l'elemento dell'oggettivo disturbo recato a terzi non potrà prescindere dal dato dell'assenza di un sia pur minimo coefficiente di colpevolezza” (MONTAGNA, Nota a Cassazione penale del 9 marzo 2006 in Cass. Pen. n. 9\2007 pag. 3332 cit.).

21 Cass. Sez. III n. 41366 del 6 novembre 2008, D’Auria in www.lexambiente.it Gli stessi principi erano contenuti in Sez. III n. 15653 del 16\4\2008, Colombo ed altri

22 Cass. Sez. III n. 36845 del 26\9\2008, PG in proc. Tucci ed altro in www.lexambiente.it (si veda il punto 11.2)

23 AMENDOLA “Radio Vaticana, elettrosmog e cassazione: una sentenza molto discutibile” in www.lexambiente.it

24 Cass. Sez. III n.15707 del 15\4\2009 Abbaneo che si segnala anche per i riferimenti alle ipotesi in cui il superamento dei limiti sia dovuto alla compresenza di più impianti (di identico contenuto anche le sentenze nn. 15708-15709-15710-15711-15712-15713-15714-15715-15716 depositate in pari data)

25 Cass. Sez. III n. 15734 del 15\4\2009, Schembri. Le due decisioni, depositate lo stesso giorno sono state in realtà prese in due diverse camere di consiglio, la prima - citata nella nota precedente – il 9 gennaio 2009 e la seconda il 12 febbraio 2009

26 AMENDOLA (“Art. 674 c.p., emissioni moleste e inquinamenti. la cassazione ci ripensa?” in www.lexambiente.it). L'A. osservava: “…non è possibile che, nell’ambito di una norma penale fondamentale per la tutela dagli inquinamenti quale è l’art. 674 c.p., permanga una incertezza totale su quale sia l’orientamento della Suprema Corte”.

27 Cass. Sez. III n. 16286 del 17\4\2009, Del Balzo. Si noti, tuttavia, che la sentenza è stata pronunciata nella pubblica udienza del 18 dicembre 2008, quindi dopo la decisione sulla Radio vaticana ma prima delle sentenze di cui si è detto nelle due note precedenti. A tale pronuncia aderisce anche Cass. Sez. III n.16422 del 27\4\2011, Busatto

28 Riguardando il caso esaminato una ipotesi di diffusione di polveri, la Corte prende in esame anche le differenze tra fumi e polveri chiarendo che “…nel linguaggio corrente s’intende per "polvere" un "insieme incoerente di particelle molto minute e leggere di terra arida, detriti, sabbia ecc., che, sollevate e trasportate dal vento, si depositano ovunque". S’intende invece per "fumo" il "residuo gassoso della combustione che trascina in sospensione particelle solide in forma di nuvola grigiastra o bianca". Ne deriva che, pur trattandosi sempre di minuscole particelle, il fumo si distingue dalla polvere perché è sempre un prodotto della combustione, sicché la polvere, essendo prodotto di frantumazione, ma non di combustione, non può essere ricompresa nella nozione di fumo. In conclusione, quindi, la diffusione di polveri nell’atmosfera va contestata come versamento di cose ai sensi della prima ipotesi dell’art. 674 c.p. e non come emissione di fumo”.

29 Afferma tra l’altro la sentenza che “…si deve negare che le due ipotesi contravvenzionali previste nell’art. 674 c.p. configurino necessariamente reati di condotta attiva. A ben vedere esse si atteggiano come reati di evento pericoloso, dove l’evento può essere cagionato da una condotta attiva od omissiva, dolosa o colposa: nel caso della contravvenzione codicistica si tratta di un evento di pericolo concreto, consistente nell’attitudine delle cose o delle emissioni a imbrattare, offendere o molestare le persone, che deve essere concretamente accertata dal giudice. Si deve pertanto concludere che il reato de quo nei congrui casi può anche atteggiarsi come reato commissivo mediante omissione (cd. reato omissivo improprio) ogni qual volta il pericolo concreto per la pubblica incolumità derivi (anche) dalla omissione (dolosa o colposa) del soggetto che aveva l’obbligo giuridico di evitarlo”.

30 Cass. Sez. III n. 40191 del 9\10\2007, Schembri cit. Il principio è ribadito, ancor più dettagliatamente, in Sez. III n. 2475 del 17\1\2008, Alghisi

31Cass. Sez. III n. 40849 del 18/11/2010, Rocchi

32Cass. Sez. III n.37495 del 17 ottobre 2011, PM in proc. Dradi ed altro, commentata diffusamente da PAONE «Emissioni in atmosfera, molestia alle persone e intervento giudiziario (nota a Cass. pen. n. 37495/2011)»in Ambiente e Sviluppo n. 4\2012 pag.313 (ma reperibile anche in lexambiente.it) con interessanti osservazioni in ordine alla natura di reato di pericolo astratto o pericolo concreto della contravvenzione e sulla possibilità di un superamento della presunzione di legittimità delle emissioni. V. anche Cass. Sez. III n.34896 del 27/09/2011, Ferrara; Cass. Sez. III n.2377 del 20/01/2012, Landi che, analizzando vicende concernenti molestie olfattive, evidenziano l'assenza di una specifica disciplina e di valori limite in materia di odori tale da rendere operativa la presunzione di legittimità.