Cass. Sez. III n. 22728 del 6 giugno 2008 (Ud. 14 mag. 2008)
Pres. De Maio Est. De Maio Ric. Bertino ed altro
Urbanistica. Nozione di pertinenza

La nozione penalistica del concetto di pertinenza presuppone l\'autonomia dei due manufatti, di guisa che quel concetto non può mai riguardare un manufatto che sia parte dell\'altro principale, come è nell\'ipotesi dell\'ampliamento.

MOTIVAZIONE

Con sentenza in data 13.1.2006 del Tribunale di Trapani, A. e B.M. furono condannati alla pena ritenuta di giustizia, perchè riconosciuti colpevoli dei reati, unificati ai sensi dell'art. 81 c.p., di cui: A) D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c; B) D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 905; C) D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.

A seguito di impugnazione degli imputati, la Corte d'Appello di Palermo, con sentenza in data 14.3.2007 in parziale riforma di quella di primo grado, dichiarò estinto per prescrizione il reato di cui al capo B e per l'effetto ridusse la pena inflitta.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati, il quale denuncia con il primo motivo inosservanza ed erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e L.R. Sicilia, art. 5, in quanto l'intervento contestato, consistente nella realizzazione di una superficie coperta di appena 7 mq. e il cui volume non supera il 20% del volume dell'edificio principale, "costituisce pertinenza, sottratta in quanto tale al regime della connessione edilizia".

Con il secondo motivo viene denunciata inosservanza ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, in quanto il reato previsto dalla norma, pur configurandosi come formale e di pericolo, non è ravvisabile nelle ipotesi in cui si realizzi un intervento non idoneo a porre in pericolo il paesaggio, ipotesi verificatasi nella specie.

Il ricorso va dichiarato inammissibile perchè basato su censure già persuasivamente disattese dai giudici di merito e comunque manifestamente infondate. Infatti, quei giudici hanno rilevato, in riferimento alla censura di cui al primo motivo, che "la dedotta natura pertinenziale del fabbricato realizzato non emerge da alcun atto del processo, trattandosi anzi dell'ampliamento di un fabbricato demolito e ricostruito anch'esso senza alcuna concessione e con una domanda di sanatoria ancora non esitata dal comune di Erice"; e, in relazione alla seconda censura, che "la norma di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 rappresenta una tutela anticipata del paesaggio e punisce la semplice omissione del controllo preventivo da parte dell'autorità preposta alla tutela". Tali affermazioni sono pienamente allineati con la consolidata interpretazione di questa Corte regolatrice, sulla cui base risulta chiaro: 1) che la nozione penalistica del concetto di pertinenza presuppone l'autonomia dei due manufatti, di guisa che quel concetto non può mai riguardare un manufatto che sia parte dell'altro principale, come è nell'ipotesi dell'ampliamento; 2) che il reato di cui all'art. 181 cit. si configura come di pericolo astratto, di guisa che, per la sua configurabilità, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendosi escludere dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio (il che, chiaramente, non può dirsi in relazione al fatto concreto e rilevante di "una costruzione in aderenza a un fabbricato preesistente di mq. 7").

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali (non essendovi elementi per ipotizzare un'assenza di colpa) al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma, equitativamente fissata, di Euro mille.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2008