Al tavolo dell’economia circolare manca (almeno) un invitato importante: l’EOW.

di Massimo MEDUGNO

1.Come, ormai, noto il 1° marzo è stato presentato a Roma il primo rapporto sull’economia circolare a cura del Circular Economy Network e di ENEA.

Affollata e ben frequentata, la presentazione è stata una buona occasione per “testare” lo stato di salute dell’Economia Circolare in Italia.

Qualche dato su tutti

L’Italia è il 4° paese in Europa per produttività delle risorse, mentre tra 5 maggiori economie (insieme a Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) è prima per le fonti rinnovabili.

Insomma non male. E se non ci fossero le solite barriere non tecnologiche (leggi burocrazia e normative a volte sovrabbondanti ed altre volte carenti) si potrebbe fare ancora meglio. Questo almeno secondo la maggioranza dei relatori intervenuti.

In particolare tra i tanti dati (il rapporto va letto per l’abbondanza di informazioni e per i relativi punti che ci può dare sotto il profilo della “contabilità ambientale”) colpisce quello sul tasso di utilizzo circolare di materia (CMU), che è definito come il rapporto tra l’uso circolare di materia (U) e l’uso complessivo (proveniente da materie prime vergini e da materie riciclate).

Nel periodo 2010-2016 per Francia e Regno Unito il tasso di input di utilizzo circolare di materia è cresciuto costantemente da 17,5% a 19,5% e da 14,6% a 17,2%, rispettivamente. Per la Spagna e l’Italia l’indicatore non ha mostrato un trend univoco: la Spagna ha ridotto il suo CMU di due punti percentuali in 5 anni, mentre in Italia, dopo una crescita fino al 2014, con un valore massimo di 18,5%, si è assistito ad una diminuzione nel biennio 2015-2016 dove perde 1,4 punti percentuali.

Siamo e restiamo al 5° posto, prima della Germania.

Però le politiche in questo ambito hanno subito un arresto o, forse, più semplicemente un rallentamento.

Viene il sospetto che se la statistica tenesse conto di quest’ultimo anno (da febbraio 2018 a marzo 2019, ormai più di un anno dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha “bloccato” gli impianti regionali di EOW, End of Waste), il dato potrebbe essere peggiore.

Il Presidente Edo Ronchi ha illustrato 10 proposte per rilanciare l’economia circolare in Italia. Non è possibile illustrarle tutte, ma è possibile leggerle sul sito dedicato (https://circulareconomynetwork.it/rapporto-economia-circolare)

Per quanto ci concerne più direttamente, con la n. 7 si è evidenziato l’importanza di un rapido e efficace recepimento delle direttive comunitarie che deve puntare a migliorare la prevenzione, ad aumentare il riciclo superando tutti i nuovi target europei, a utilizzare il recupero energetico a supporto del riciclo e rendere residuale lo smaltimento in discarica

Ma, con la n. 8, si è indicato espressamente l’esigenza di attivare un efficace EoW, strumento indispensabile per l’economia circolare.

“Per sviluppare il riciclo dei rifiuti, urbani e speciali, è indispensabile disporre di una efficace e tempestiva regolazione della cessazione della qualifica di rifiuto (EoW) dopo un adeguato trattamento. Applicando la nuova direttiva europea in materia, occorre, da una parte, rendere molto più rapida la procedura per i decreti ministeriali e, dall’altra, anche affidare alle Regioni, sulla base delle condizioni e dei criteri europei, le autorizzazioni dei casi non ancora regolati nazionalmente. Per non ostacolare il riciclo che coinvolge oltre 7 mila impianti in Italia, date le continue innovazioni di tecnologie e di tipologie di rifiuti trattati, è indispensabile che le Regioni possano, in via complementare, autorizzare il caso per caso non regolato nazionalmente, come previsto dalla nuova direttiva europea.”

2. Ci ricordiamo tutti (almeno gli appassionati alla materia) che tra dicembre e gennaio vi furono tante proposte e emendamenti tra Legge di Stabilità e DL Semplificazioni. Anche su questo sito si è molto discusso e vorrei ricordare da ultimo l’intervento di Gianfranco Amendola (“Rifiuti. Eow-fine rifiuto. situazione attuale e possibili situazione tampone”).

Egli indica “in attesa dei decreti ministeriali (…) che vanno messi in cantiere con la massima urgenza, una possibile soluzione tampone per eliminare vuoti di intervento, garantendo, nel periodo transitorio, il rispetto della normativa comunitaria e la uniformità di trattamento, potrebbe essere la seguente integrazione dell'art. 184-ter D. Lgs. 152/06, con un comma 3-bis che anticipa i nuovi criteri della nuova direttiva sotto il controllo del Ministero dell'Ambiente”

E conclude, nel suo articolo, che si potrebbe sancire per legge che le autorizzazioni già rilasciate dalle Regioni restano valide per 6 mesi, salvo verifica e conferma da parte del Ministero dell’Ambiente.

Nell’articolo vi è anche un interessante confronto tra l’art. 6 della Direttiva 2008/98 che disciplin l’EoW, l’art. 184 ter del Dlgs 152/2006 aggiornato (che costituisce il recepimento dell’art. 6 cit.) e, infine, il nuovo art. 6 della nuova Direttiva Rifiuti, la n. 851/2018, che regola nuovamente la stessa materia.

Risparmio al paziente lettore i relativi testi (e vi invito a consultarli sull’articolo di Amendola) perché a mia volta devo aggiungere una tabella con due emendamenti che sono stati proposti in Parlamento per (tentare di) disciplinare la materia EoW.

Li trovate di seguito.

Emendamento 6.0.3

Emendamento 6.13

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

«Art. 6- bis.

(Semplificazioni in merito alla cessazione della qualifica di rifiuto)

1. L'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:

" Art. 184- ter.

(Cessazione della qualifica di rifiuto)

1. Un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero o riciclaggio e soddisfa i criteri dettagliati adottati ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2 della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, ovvero dei commi 2 e 4 del presente articolo, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l'oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

2. Laddove non siano stati stabiliti criteri dettagliati a livello di Unione europea, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, tali criteri sono adottati, per singola tipologia di rifiuto, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana della sostanza o dell'oggetto e nel rispetto delle condizioni di cui al comma 1 e dei requisiti di cui all'articolo 6, paragrafo 2, lettere da a) a e) della predetta Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008.

3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti ai sensi del comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161 e 17 novembre 2005, n. 269 e l'articolo 9- bis, lettere a) e b) del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210.

4. Laddove non siano stati adottati criteri dettagliati a livello di Unione europea o a livello nazionale, ai sensi dei commi 1 e 2, le Autorità competenti di cui agli articoli 208, 209 e 211 e quelle di cui all'articolo III- bis della Parte Seconda del presente decreto, provvedono caso per caso, nel rispetto dei criteri generali con particolare riferimento ai rifiuti non ammessi alle operazioni di recupero, con indicazione dei relativi codici EER, nonché alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell'impianto in cui si svolgono tali operazioni ed ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato definite con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non avente natura regolamentare, delle condizioni di cui al comma 1 e dei requisiti di cui all'articolo 6, paragrafo 2, lettere da a) a e), della predetta Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana".

5. Le autorizzazioni già rilasciate alla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, nonché ai sensi delle disposizioni contenute nel Titolo III- bis della Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono fatte salve ove conformi alle disposizioni del decreto di cui all'articolo 184- ter , comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Al fine di rendere le autorizzazioni di cui al presente comma conformi al decreto di cui all'articolo 184- ter , comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del relativo decreto i titolari delle autorizzazioni presentano alle Autorità competenti apposita istanza di aggiornamento. In caso di accertata difformità, le Autorità competenti richiedono al titolare dell'autorizzazione di effettuare le modifiche, le integrazioni o gli adeguamenti necessari, entro un termine non inferiore a 60 giorni. Ove la difformità sia tale da non consentire alcun adeguamento, ovvero in caso di mancata ottemperanza alle richieste di cui al precedente periodo, le Autorità competenti provvedono alla revoca dell'autorizzazione.

6. È istituito presso il Ministero dell'ambiente il registro nazionale degli impianti di recupero dei rifiuti deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate ai fini del rispetto dei princìpi di trasparenza e di pubblicità. A questo scopo, le Autorità competenti al momento del rilascio comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati ai fini dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Le medesime Autorità comunicano altresì, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, anche le autorizzazioni precedentemente rilasciate.

4. Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l'adozione dei decreti di cui ai commi 2 e 4 dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato a individuare unità di personale pubblico, da collocare anche presso l'ufficio legislativo, con competenze di natura tecnico-scientifica o giuridica ed esperienze professionali adeguate alle esigenze istruttorie individuate, mediante comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. In caso di assenza di professionalità idonee, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato a stipulare contratti libero-professionali, anche presso l'ufficio legislativo, mediante procedura selettiva per titoli e colloquio, per il reperimento di personale, anche estraneo alla Pubblica amministrazione, in possesso delle competenze e delle esperienze professionali di cui al precedente periodo. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 200.000 euro annui per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023.

5. Agli oneri di cui al presente articolo, pari a 200.000 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.».

Dopo il comma 3 dell’art. 6, aggiungere il seguente:

«3-bis. L'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente: "184- ter. – (Cessazione della qualifica di rifiuto) –

1 . I rifiuti sottoposti a un'operazione di riciclaggio o di recupero di altro tipo cessano di essere considerati tali se soddisfano le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l'oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

2 . I criteri dettagliati per l'applicazione uniforme a livello europeo delle condizioni di cui al comma 1 finalizzati a garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana e ad agevolare l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali sono quelli adottati, ove appropriato, dalla Commissione Europea con atti di esecuzione. Essi includono:

a) l'individuazione dei materiali di rifiuto in entrata, ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;

b) i processi e le tecniche di trattamento consentiti;

c) i criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi, se necessario, i valori limite per le sostanze inquinanti;

d) i requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo di qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;

e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

3 . In mancanza dei criteri stabiliti a livello di Unione Europea ai sensi del comma 2 , provvede per specifiche tipologie di rifiuto, attraverso uno o più decreti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana della sostanza o dell'oggetto e soddisfacendo le condizioni di cui al comma 1 e i requisiti di cui al comma 2 lettere da a) a e). L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano le condizioni e i requisiti così definiti.

4 . Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, allegato 1, suballegato 1, 12 giugno 2002 n. 161, 17 novembre 2005 n. 269 e l'articolo 9-bis. lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008 n. 172 convertito con modificazioni in Legge 30 dicembre 2008 n. 210. Restano fermi i decreti ministeriali pubblicati e le autorizzazioni rilasciate in materia di cessazione della qualifica di rifiuto alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Le autorizzazioni rilasciate saranno rivalutate dalle autorità competenti in sede di rinnovo o riesame secondo i criteri dei commi sopra indicati e salvo la verifica dell'assenza di violazioni non risolte.

5 . Laddove non siano stabiliti criteri a livello dell'Unione Europea o a livello nazionale ai sensi rispettivamente del comma 2 e dei commi 3 e 4 , le autorità competenti di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di quelle di cui al Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto , provvedono caso per caso, adottando misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al comma 1 e i criteri di cui al comma 2, lettere da a) a e).

6 . È istituto presso il Ministero dell'ambiente il Registro nazionale degli impianti di recupero dei rifiuti deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate a fini del rispetto del principio di trasparenza e pubblicità. A tal fine le autorità competenti al momento del rilascio comunicano al Ministero i nuovi provvedimenti autorizzatoli emessi, riesaminati e rinnovati. Le medesime autorità comunicano entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente comma anche le autorizzazioni precedentemente rilasciate in corso di validità».

Tra colonna destra e sinistra (per chi legge) vi è una sostanziale differenza e cioè che si prevede (a sinistra) al comma 4 un “apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non avente natura regolamentare” che vada a dettagliare i criteri previsti dall’art. 6 della Direttiva.

Il mancato rispetto di dette condizioni comporta la difformità delle autorizzazioni già rilasciate, a cui deve essere posto rimedio presentando un istanza di aggiornamento.

Nelle more della definizione dei decreti non è possibile agire caso per caso, di fatto “bloccando” il rilascio delle autorizzazioni regionali.

Invece nella colonna riportata a destra (di cui sopra), ai commi 4 e 5, si prevede che:

  1. restano fermi i decreti ministeriali pubblicati e le autorizzazioni rilasciate in materia di cessazione della qualifica di rifiuto alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Le autorizzazioni rilasciate saranno rivalutate dalle autorità competenti in sede di rinnovo o riesame secondo i criteri dei commi sopra indicati e salvo la verifica dell'assenza di violazioni non risolte;

  2. laddove non siano stabiliti criteri a livello dell'Unione Europea o a livello le autorità competenti provvedono caso per caso, adottando misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 6 della Direttiva Rifiuti.

Un sistema diverso e dinamico, quello da ultimo sintetizzato, che tiene in conto delle esigenze degli impianti già autorizzati e di quelli che, nelle more della definizione dei criteri, dovranno essere necessariamente autorizzati.

Un approccio non dissimile da quello proposto da Gianfranco Amendola che propone (…) “nelle more dell'adozione di uno o più decreti (…), i criteri specifici di cui al comma 1 possono essere stabiliti per il singolo caso, nel rispetto delle condizioni indicate nel comma 1, tramite autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 e delle disposizioni contenute nel titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana.”

Dopo lunghe discussioni e dibattiti, alla fine è risultato però impossibile arrivare ad formulazione condivisa in Parlamento.

Siamo ora nella fase del silenzio… assordante.

La questione sembra essere improvvisamente scomparsa.

Eppure ogni giorno i rifiuti vanno gestiti, smaltiti e recuperati, incrementando il tasso di utilizzo circolare di materia, con nuovi impianti da autorizzare.

Eppure, come ha ricordato Edo Ronchi, la soluzione c’è e l’abbiamo davanti agli occhi, all’art. 6 della Direttiva Comunitaria 851/2018.

A questa indicazione va aggiunta quella di Gianfranco Amendola, che va nella stessa direzione.