Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6082, del 18 dicembre 2013
Urbanistica.Differenze tra legittimazione impugnazione di attività edificatoria e disposizioni contenute nel P.R.G. o in una sua variante

L’esistenza di uno stabile collegamento col terreno interessato dall’intervento edilizio è sufficiente a comprovare la sussistenza sia della legittimazione che dell’interesse a ricorrere, senza che sia necessario al ricorrente anche allegare e provare di subire uno specifico pregiudizio per effetto dell’attività edificatoria intrapresa sul suolo limitrofo. Nel caso d’impugnazione di disposizioni contenute nel P.R.G. o in una sua variante, è certamente ammissibile anche il ricorso proposto dai proprietari di aree vicine o confinanti con quelle cui si riferisce la prescrizione contestata, ma in tal caso occorre che sia dimostrata anche la sussistenza di un pregiudizio specifico e attuale riveniente ai suoli del ricorrente per effetto della scelta pianificatoria della quale si assume l’illegittimità. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06082/2013REG.PROV.COLL.

N. 07472/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 7472 del 2012, proposto dall’ENTE OSPEDALIERO OSPEDALI GALLIERA DI GENOVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Sanino e Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Parioli, 180,

contro

- i signori Antonio Fernando CERVAR, Elisabetta ROSSI, Giovanna CAMERA, Alessandro DE FALCO, Sandra CAMUFFO, Giuseppina LA ROCCA, Emilia GRASSELLI, Camilla PESCIO, Maria Rosa BOTTINO, Francesca Leonella TOSCANO, Paolo BERTAMINO, Georgina ZAPPAROLI MANZONI, Maria Teresa LUNETTI, Annarosa BISERNI, Eva HUBER, Marina DE GEROMINI, Fausta Luigia CALVALCANTE, Carmela GUAGENTI, Fulvio MAESTRINI, Mariannita LOSPINOSO, Gelsomina BRIGNOLA, Piera Angela CALZIA, Maria Angela PIAZZA, Giuseppe SANTORO, Maria GARDONE, Liliana DI MARTINO, Alessandra BENEVENTANO, Matteo SANTORO, Enrica FIRPO, Enzo SPERI, Maria Rosa PUPPO, Alessandra NOVELLI, Liliana Maria PARODI, Domenico BERNINI, Marco FALLABRINI, Paola BRAGGIO, Giovanni PETRILLO, Annamaria TAGLIAFICO, Paolo BOTTARO, Renata FRACHE, Anna Paola TRASCIATTI, Natalia BASSO, Paola PANZERA, Giuseppina FOSSATI, Stefano Paolo TRASCIATTI, Luca FALCO, Andrea FIRPO, Rosalba BATTAGLIA, Gianfranco MARRACCINI, Mara BAZURRO, Maria Rosa FOPPIANO, Giuseppe Leopoldo REBOLINO, Giuseppina FELEPPA, Flavia DE STEINKUHL, Piero MONTEVERDE e Silvia PICCINI, rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Paoletti e Mario Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via G. Bazzoni, 3,

nei confronti di

- REGIONE LIGURIA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Michela Sommariva e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, 14; 
- COMUNE DI GENOVA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
- PROVINCIA DI GENOVA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;
- MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, in persona del Ministro pro tempore, e SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA LIGURIA, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi ope legisdall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma,

previa sospensione,

della sentenza del T.A.R. della Liguria, Sezione Prima, nr. 516 del 6 aprile 2012 (non notificata) e, per l’effetto, per il rigetto del ricorso proposto in primo grado dagli attuali appellati per l’annullamento della variante al P.U.C. di Genova finalizzata alla realizzazione del nuovo Ospedale Galliera.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Liguria, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria e degli appellati in epigrafe meglio indicati, nonché l’appello incidentale proposto da questi ultimi;

Viste le memorie prodotte dalla parte appellante (in date 25 ottobre e 5 novembre 2013), dagli appellati (in date 25 ottobre e 5 novembre 2013) e dalla Regione Liguria (in data 25 ottobre 2013) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi gli avv.ti Cocchi e Sanino per la parte appellante, l’avv. Quaglia per gli appellati, l’avv. Pafundi per la Regione Liguria e l’avv. dello Stato Elefante per le Amministrazioni statali;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

L’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera di Genova ha appellato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Liguria, accogliendo l’impugnativa proposta da un gruppo di cittadini residenti nel territorio del Comune di Genova (meglio indicati in epigrafe), ha annullato gli atti relativi all’adozione e all’approvazione di una variante urbanistica finalizzata alla realizzazione del nuovo Ospedale Galliera, previo intervento sull’area ospitante l’attuale nosocomio con riconversione di edifici preesistenti ad uso residenziale ed edificazione di nuove strutture.

L’appello risulta affidato ai seguenti motivi in diritto:

1) erroneità della reiezione della preliminare eccezione di inammissibilità dell’impugnazione (non avendo gli istanti allegato alcun elemento di prova a sostegno della propria legittimazione e del proprio interesse a ricorrere);

2) erronea applicazione dell’art. 49 della legge regionale della Liguria 4 settembre 1997, nr. 36 (norma che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., non esigeva che già a livello della pianificazione fosse specificato che gli interventi avrebbero dovuto essere poi eseguiti tramite permessi di costruire convenzionati);

3) erroneo annullamento della deliberazione di Consiglio Comunale nr. 34 del 28 maggio 2009 (essendo quest’ultima un atto di mera adozione della variante, che è stata poi approvata con la successiva delibera consiliare nr. 106 del 7 dicembre 2010).

Si sono costituiti gli originari ricorrenti i quali, oltre a opporsi con diffuse argomentazioni all’accoglimento delle doglianze di parte appellante, hanno così riproposto le censure articolate in primo grado, rimaste assorbite dalla sentenza gravata:

I) violazione degli artt. 1, 2 e 5 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241; violazione dell’art. 63 delle N.T.A. del P.U.C. di Genova; violazione degli artt. 20 e ss. del decreto legislativo 22 gennaio 2004, nr. 42; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà; violazione dei principi informatori in materia di pianificazione urbanistica;

II) violazione dell’art. 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 3 e 4 del d.m. 2 aprile 1968, nr. 1444; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di motivazione, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria; violazione del principio di partecipazione, trasparenza e pubblicità; violazione dei principi informatori in materia di pianificazione;

III) violazione degli artt. 28 e 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 3, 4 e 7 del d.m. nr. 1444 del 1968; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;

IV) violazione degli artt. 1, 2 e 5 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per sviamento, difetto di motivazione, illogicità, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti; violazione dei principi informatori in materia di pianificazione;

V) violazione degli artt. 6 e 12 del decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152; violazione dell’art. 46 della legge regionale 28 aprile 2008, nr. 10; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;

VI) violazione degli artt. 27, 28, 29, 30, 31 e 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 26 e 27 della l.r. 3 dicembre 2007, nr. 38; eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti;

VII) violazione dell’art. 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 10 e 35 del P.T.C.P. approvato con deliberazione del Consiglio Regionale nr. 6 del 26 febbraio 1990; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto di motivazione;

IX) violazione del Piano territoriale di coordinamento paesaggistico approvato con d.C.P. nr. 1 del 22 gennaio 2002; eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di istruttoria;

X) violazione dell’art. 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 59 e 60 del Regolamento per il decentramento e la partecipazione municipale; eccesso di potere per illogicità e carenza dei presupposti;

XI) violazione dello Statuto dell’Ospedale Galliera approvato con decreto del Ministero della Salute 28 agosto 2002; violazione dell’atto costitutivo del Galliera (r.d. 4 dicembre 1879 e 18 febbraio 1886); eccesso di potere per carenza dei presupposti;

XII) violazione dell’art. 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per contrasto con la deliberazione del Consiglio Comunale nr. 1 del 2009, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto di motivazione;

XIII) violazione degli artt. 1, 11 e 13 della legge nr. 241 del 1990; violazione degli artt. 40 e 44 della l.r. nr. 36 del 1997;

XIV) violazione degli artt. 2, 4 e 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 1 e 3 della legge nr. 241 del 1990; violazione dell’art. 42 del decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267; eccesso di potere per sviamento e difetto di motivazione; incompetenza;

XV) violazione dell’art. 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà con precedenti atti, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.

Inoltre, gli appellati hanno proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza impugnata in via principale, nella parte relativa alla reiezione di ulteriori censure da loro articolate in primo grado, sulla base dei seguenti motivi:

i) erroneità della sentenza appellata; violazione degli artt. 1, 2, 3 cod. proc. amm.; violazione degli artt. 24, 25 e 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; incompetenza;

ii) erroneità della sentenza appellata; difetto di pronuncia; eccesso di potere per travisamento dei fatti; violazione degli artt. 1, 2 e 3 cod. proc. amm.; violazione dell’art. 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione e travisamento dei fatti;

iii) erroneità della sentenza appellata; violazione degli artt. 1, 2 e 3 cod. proc. amm.; violazione degli artt. 1, 2, 5, 27, 28, 29 e 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dell’art. 1 della legge nr. 241 del 1990; violazione degli artt. 2 e 4 delle N.T.A. del P.U.C. di Genova; eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti; violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi; violazione dei principi informatori in materia di pianificazione urbanistica;

iv) erroneità della sentenza appellata; violazione degli artt. 1, 2 e 3 cod. proc. amm.; violazione degli artt. 2, 5, 27, 28, 29 e 44 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 1 e 3 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria, difetto dei presupposti e contraddittorietà; violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi; violazione dei principi informatori in materia di pianificazione urbanistica;

v) erroneità della sentenza appellata; violazione degli artt. 1, 2 e 3 cod. proc. amm.; violazione degli artt. 43, 44, 48 e 49 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione degli artt. 1 e 3 della legge nr. 241 del 1990: violazione degli artt. 3 e 4 del d.m. nr. 1444 del 1968; violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi; violazione dei principi informatori in materia di pianificazione urbanistica.

Si è altresì costituita la Regione Liguria, associandosi alle doglianze di parte appellante e concludendo per l’accoglimento del gravame.

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria si sono invece costituiti con atto formale, senza chiarire la propria posizione di sostegno ovvero di opposizione all’appello.

Alla camera di consiglio del 6 novembre 2012, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, quest’ultimo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

Di poi, le parti private e la Regione Liguria hanno ulteriormente argomentato le proprie tesi con apposite memorie.

All’udienza del 26 novembre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente giudizio concerne gli atti con i quali il Comune di Genova ha adottato e approvato una variante al Piano urbanistico comunale (P.U.C.) interessante un’area, già sede delle strutture ospedaliere dell’Ospedale Galliera, ai fini del rinnovamento di dette strutture, con la riconversione ad uso residenziale di edifici non più funzionali per l’attività ospedaliera e l’ammodernamento degli immobili residui.

Tali atti sono stati impugnati dinanzi al T.A.R. della Liguria dagli odierni appellati i quali, qualificandosi come cittadini residenti nel quartiere di Carignano, limitrofo alle aree interessate dalla variante, hanno lamentato una serie di profili di illegittimità, fra i quali il giudice adito ha ritenuto sussistente – in particolare – il vizio di violazione dell’art. 49 della legge regionale della Liguria 4 settembre 1997, nr. 36, norma che, nel disciplinare le varianti al P.U.C., esige che in esse l’edificazione sia espressamente prevista come destinata a essere realizzata mediante titolo convenzionato, anziché col rilascio di titolo abilitativo diretto, ogni qual volta, come si assume essere avvenuto nel caso che occupa, la variante stessa comporti l’esecuzione di “opere infrastrutturali eccedenti i semplici allacciamenti alle reti di urbanizzazione primaria ovvero opere di riqualificazione urbanistica e ambientale” (comma 1, lettera a).

Pertanto, poiché nella specie la variante impugnata prevedeva l’edificazione attraverso un mero “titolo abilitativo diretto”, il T.A.R. adito ha accolto il ricorso e annullato gli atti impugnati con la sentenza qui appellata dall’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera di Genova.

2. In ordine logico, va prioritariamente scrutinato il primo mezzo, con il quale parte appellante ripropone l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso introduttivo, per difetto di legittimazione e/o di interesse in capo agli originari istanti.

2.1. Il primo giudice ha respinto tale eccezione, richiamando un proprio pregresso indirizzo in virtù del quale i proprietari confinanti avrebbero sempre interesse a censurare le varianti urbanistiche insistenti sul territorio limitrofo, ancorché non direttamente incidenti su aree di loro proprietà, in quanto queste per definizione sarebbero idonee a pregiudicarli a prescindere dalla maggiore o minore entità del mutamento territoriale che prefigurano.

2.2. A fronte di tale statuizione, parte appellante richiama diffusa giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che esige, ai fini dell’impugnativa dei piani urbanistici e delle loro varianti, che sia dimostrata non la semplice vicinitas, ma anche la sussistenza di un apprezzabile ed effettivo pregiudizio, concreto e attuale, per il diritto dominicale di cui è titolare il ricorrente il quale pretenda di censurare le scelte pianificatorie dell’Amministrazione.

In senso opposto, gli appellati richiamano plurimi precedenti nei quali è stata ritenuta sussistente la legittimazione dei proprietari confinanti a impugnare piani e varianti urbanistiche, sulla scorta della sola comprovata vicinitas e senza richiedere la dimostrazione anche di uno specifico e concreto pregiudizio; in ogni caso, gli appellati assumono esservi in atti anche la prova di un siffatto pregiudizio, ricavandola dalla documentazione prodotta in giudizio dalla stessa Regione dalla quale sarebbe agevole ricavare la turbativa all’attuale assetto del territorio a causa delle opere temporanee e definitive connesse all’attuazione della variante per cui è causa.

3. Tutto ciò premesso, il motivo è fondato e va accolto, risultando conseguentemente assorbente di ogni altra questione.

4. Per vero, la Sezione reputa che il contrasto giurisprudenziale sul punto della legittimazione e dell’interesse a insorgere in sede giurisdizionale avverso gli strumenti urbanistici, che sembra emergere dalle contrapposte argomentazioni delle parti, si rivela più apparente che reale ad una più attenta analisi delle pronunce succedutesi negli ultimi anni in subiecta materia.

4.1. Innanzi tutto, anche se spesso nelle decisioni che si sono occupate della questione i due profili appaiono sovrapposti o confusi, è opportuno ribadire la differenza esistente fra le due diverse condizioni dell’azione costituite dalla legittimazione processuale e dall’interesse a ricorrere: come è noto, secondo i comuni principi, mentre la prima consiste nella titolarità in capo a chi agisce di una posizione giuridica differenziata e qualificata che astrattamente abiliti ad insorgere in sede giudiziale, la seconda si ricollega necessariamente alla sussistenza di un interesse concreto e attuale, in relazione ad una specifica ed effettiva utilità che l’istante si riproponga di conseguire come conseguenza immediata dell’accoglimento della propria domanda giudiziale.

Con specifico riferimento al processo amministrativo ed alla sua struttura impugnatoria, mentre la legittimazione processuale s’identifica nella titolarità di una situazione giuridica soggettiva (di interesse legittimo ovvero, nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, anche di diritto soggettivo) che differenzia la posizione del ricorrente da quella di quisque de populo, l’interesse a ricorrere sussiste a condizione che egli riceva una lesione concreta ed attuale dal provvedimento oggetto di impugnazione, di modo che la rimozione di quest’ultimo gli produca un vantaggio diretto e immediato.

Tanto premesso e precisato, è superfluo aggiungere che perché il ricorso possa dirsi ammissibile le condizioni testé descritte devono sussistere entrambe contemporaneamente al momento delle proposizione della domanda giudiziale.

4.2. Venendo dunque al punto specifico dell’impugnazione dei provvedimenti amministrativi in materia di urbanistica ed edilizia, da un sia pur sommario esame della giurisprudenza al riguardo è agevole desumere che profondamente diverse sono le conclusioni raggiunte, in ordine alla posizione del proprietario confinante, a seconda che ad essere oggetto di impugnazione sia un titolo che abiliti immediatamente all’edificazione (permesso di costruire o equivalente) oppure un mero atto di pianificazione (P.R.G. o equivalente e sue varianti).

Nel primo caso, l’orientamento largamente prevalente è nel senso che la mera vicinitas – ossia l’esistenza di uno stabile collegamento col terreno interessato dall’intervento edilizio -sia sufficiente a comprovare la sussistenza sia della legittimazione che dell’interesse a ricorrere, senza che sia necessario al ricorrente anche allegare e provare di subire uno specifico pregiudizio per effetto dell’attività edificatoria intrapresa sul suolo limitrofo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 25 giugno 2013, nr. 3456; Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013, nr. 631; Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2013, nr. 361; id., 29 agosto 2012, nr. 4643; id., 7 maggio 2012, nr. 2620).

Non così nel caso di impugnazione di disposizioni contenute nel P.R.G. o in una sua variante, laddove l’indirizzo prevalente è – al contrario – nel senso che, fuori dei casi in cui il ricorrente si dolga di prescrizioni che direttamente incidano sui suoli in sua proprietà (censurandone ad esempio la destinazione, ovvero l’imposizione su di essi di vincoli espropriativi), è certamente ammissibile anche il ricorso proposto dai proprietari di aree vicine o confinanti con quelle cui si riferisce la prescrizione contestata, ma in tal caso occorre che sia dimostrata anche la sussistenza di un pregiudizio specifico e attuale riveniente ai suoli del ricorrente per effetto della scelta pianificatoria della quale si assume l’illegittimità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2011, nr. 1205; id., 19 marzo 2009, nr. 1653; nonché, in sede consultiva, Cons. Stato, sez. I, parere 19 luglio 2011, nr. 4417).

Si aggiunge anche che tale pregiudizio non deve necessariamente risolversi in una lesione delle facoltà connesse al diritto dominicale di cui il ricorrente è titolare in relazione ai suoli in sua proprietà, ma può consistere anche nella perdita di utilità ulteriori e diverse, come quando – ad esempio – sia documentata un’oggettiva e immediata perdita di valore dei suoli dell’istante quale effetto diretto della pianificazione involgente le aree limitrofe o circostanti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, nr. 4018).

In altri termini, nelle ipotesi da ultimo considerate la semplice esistenza di una situazione di stabile collegamento fra i suoli del ricorrente e le aree interessate dalla variante urbanistica – quand’anche provata in modo incontrovertibile – può essere al più idonea a fondare un’astratta legitimatio ad causam, ma è insufficiente a dimostrare anche l’attualità dell’interesse a ricorrere, per il quale occorre allegare e provare una lesione concreta e attuale; tale lesione deve essere altresì specifica, e quindi non può risolversi nel generico pregiudizio all’ordinato assetto del territorio, alla salubrità dell’ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente, anche non stabilmente, nella zona interessata dalla pianificazione (e che, oltre tutto, porrebbe l’ulteriore problema di individuare il limite al di là del quale non si sia più in presenza di una lesione specifica e differenziata, ma di un pregiudizio assimilabile a quello che qualsiasi cittadino potrebbe lamentare).

Insomma, riconoscere l’impugnabilità degli atti di pianificazione urbanistica da parte dei proprietari di suoli più o meno prossimi alle aree direttamente incise dagli atti medesimi, indipendentemente dall’allegazione e dalla prova di una specifica lesione, significherebbe aprire la via a vere e proprie forme di azione popolare, connesse alla mera qualità di cittadino residente nel territorio interessato dalla pianificazione, in contrasto con elementari principi processuali.

4.3. Questa la giurisprudenza, dalla quale la Sezione non ravvisa motivo per discostarsi.

È appena il caso di precisare, peraltro, che i piani principi che si sono riassunti non appaiono per nulla contraddetti dagli arresti, apparentemente di segno opposto, che gli appellati richiamano nei propri scritti difensivi in replica alle deduzioni di parte appellante: infatti, una semplice lettura delle decisioni così richiamate evidenzia che queste si riferiscono tutte a casi nei quali l’atto di pianificazione o di variante era impugnato unitamente a uno specifico titolo ad aedificandum, e quindi quale atto presupposto rispetto a quello col quale si era materializzata la lesione lamentata dal ricorrente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2013, nr. 3882; id., 4 giugno 2013, nr. 3055; id., 28 marzo 2011, nr. 1868), ovvero l’impugnazione investiva un piano attuativo al quale erano ricollegabili effetti diretti nei riguardi di un singolo, specifico immobile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2009, nr. 4756).

Pertanto, si trattava sempre di situazioni nelle quali la legittimazione e l’interesse a ricorrere si sostanziavano in una situazione di vicinitas fra la proprietà del ricorrente e un’area specificamente individuata, rispetto alla quale gli atti impugnati erano destinati a produrre effetti immediati in termini di edificazione (realizzata o da realizzare): di modo che, ricadendosi nella prima delle due situazioni innanzi esaminata, quella dell’impugnazione del titolo abilitativo all’edificazione, legittimazione e interesse venivano sostanzialmente a coincidere, col risultato che appaiono confermate, piuttosto che smentite, le conclusioni della giurisprudenza maggioritaria che si sono richiamate.

4.4. Alla luce dei rilievi svolti, appare evidente che gli originari ricorrenti, quand’anche abbiano documentato in modo certo la prossimità dei suoli di cui sono titolari rispetto all’area interessata dalla variante per cui è causa, avrebbero dovuto allegare e provare un pregiudizio specifico e attuale a tali suoli quale effetto della mera approvazione della variante medesima: ciò che non hanno fatto, come risulta evidente – malgrado nel presente grado gli appellati abbiano cercato di sostenere, al contrario, la sussistenza di un tale pregiudizio – dal fatto che il primo giudice ha respinto l’eccezione preliminare sollevata sul punto da controparte assumendo non già che la lesione in questione fosse provata, ma che di tale prova non vi fosse necessità, essendo sufficiente il mero dato materiale della vicinitas.

In ogni caso, la lesione oggi lamentata dagli appellati, che si risolve sostanzialmente nel disagio derivante dalla prospettata futura apertura di cantieri e dal maggior carico urbanistico che si assume deriverà nella zona dall’attuazione della variante, appare non solo non attuale, ma anche inidonea a configurare quello specifico e concreto pregiudizio, non dissimile da quello che quisque de populo potrebbe lamentare, che solo vale a fondare l’interesse all’impugnazione.

4.5. Le conclusioni che si sono raggiunte, oltre a essere coerenti con la giurisprudenza ampiamente prevalente in subiecta materia, non comportano il rischio di deprivare di tutela giurisdizionale i residenti in aree limitrofe a quella interessata dagli atti da pianificazione i quali ne assumano l’illegittimità.

Infatti, al di là dell’ovvio rilievo che detti atti possono pur sempre essere impugnati se e quando, costituendo il presupposto fondante uno specifico titolo ad aedificandum, comportano il materializzarsi di una lesione effettiva per i proprietari limitrofi, va evidenziato che in ogni caso gli interessati hanno la possibilità di dedurre eventuali profili di criticità durante l’iter formativo del piano o della variante, per il quale la vigente legislazione predispone strumenti di consultazione e partecipazione idonei a garantire l’intervento di una platea certamente più ampia di quella circoscritta ai soli soggetti che potrebbero ricavare un pregiudizio materiale dall’attuazione delle scelte pianificatorie in itinere.

5. La fondatezza del primo motivo d’appello per le ragioni fin qui evidenziate, comportando l’inammissibilità dell’originaria impugnazione, determina anche l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dagli originari ricorrenti, oltre a esonerare il Collegio dall’esame dei motivi assorbiti in primo grado (che gli appellati hanno riproposto nella propria memoria di costituzione).

In tal senso s’impone, in accoglimento dell’appello principale, la riforma della sentenza impugnata.

6. In considerazione del carattere oggettivamente non univoco della giurisprudenza sulla questione che la Sezione ha ritenuto risolutiva del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

- accoglie l’appello principale e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado;

- dichiara inammissibile l’appello incidentale.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)