Prime osservazioni alla riorganizzazione delle concessioni demaniali marittime (art 1 co.675-685 della l. 145/18)                                                     

di Vinca GIANNUZZI SAVELLI

Abstract
Nel breve scritto viene ricostruito il nuovo quadro normativo vigente in materia di concessioni demaniali marittime all’esito della “ mini riforma” introdotta in materia dai recenti provvedimenti governativi.
Se ne evidenziano i punti di rottura rispetto all’assetto pregresso,già  direzionato verso le indicazioni della corte di Giustizia e la valenza “programmatica”  di lenta e difficile attuazione: si offrono spunti di lettura e di risoluzione più ampia del problema della gestione delle spiagge del litorale italiano.


La legge n.145/18, la legge di bilancio 2019, approvata in via definitiva il 30.12.2018 e pubblicata in G.U.il 31.12.2018 liquida in pochi stringati articoli il faticoso lavoro del precedente Parlamento che nel 2017 aveva quasi portato a compimento la tanto  attesa riforma delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo.
Dopo la procedura d’infrazione avviata dall’ Unione europea nei confronti dell’ Italia e le pronunce  della Corte di Giustizia sulla inammissibilità delle proroghe e dei rinnovi automatici delle concessioni per gli stabilimenti balneari il disegno di legge delega per la riforma organica del settore approvato dalla Camera  dei Deputati il 27.10.2017 si è arenato al Senato a dicembre dello stesso anno a causa dello scioglimento delle camere disposto in vista delle nuove elezioni.
Concorrenza, libertà di stabilimento,qualità paesaggistica, sostenibilità ambientale ma anche valorizzazione delle imprese del settore e riconoscimento degli investimenti ,riforma e informatizzazione del Sistema informativo demaniale: questi i criteri indicati per la delega dalla normativa  “in progress”poi abissatasi.
Con la mini-riforma Centinaio contenuta nei commi da 675 a 685 dell’ art 1 della l.145/2018 cambia completamente l’approccio politico al tema da anni attenzionato all’opinione pubblica italiana e straniera: le spiagge italiane vengono considerate a tutti gli effetti come un “ prodotto turistico di eccellenza italiana” da gestire con organizzazioni imprenditoriali di elevata qualità.
L’attenzione del legislatore si sposta cioè sulla salvaguardia e sul  rafforzamento dell’indotto commerciale dell’ attuale compagine  balneare con un’occhio fortemente “ protezionistico”  e con un   riguardo  tutto sommato marginale rispetto alle esigenze di apertura del mercato a nuovi operatori e a quelle ambientali di tutela del paesaggio costiero e di fruizione collettiva degli arenili.
Viene infatti prevista un’articolata procedura di rinnovo della legislazione  demaniale marittima sviluppata in tre distinte fasi.
La prima fase- da concludersi entro 120 gg dall’entrata in vigore del provvedimento e dunque entro il 1 maggio 2019- consta di un’ampia concertazione interministeriale  sui criteri  normativi generali per il riordino della disciplina: questa attività di verifica e di ricognizione dei numeri e problematiche del settore appare del tutto ultronea  visti i pregressi interventi legislativi di “principio” effettuati prima con la legge 25/10  di conversione del co.18 dell’ art 1 della legge 194/2009  e poi con la legge n. 217/2011 primo comma dell'art. 1.
  E considerati anche i reports di  monitoraggio sul turismo balneare effettuati in questi anni tra gli altri  da molti organismi pubblici  tra i quali l’ ONT- l’Osservatorio Nazionale del Turismo istituito con D.P.R. n. 207 del 6 aprile 2006, successivamente regolamentato con D.P.C.M. del 16 febbraio 2007, ed affidato all’ENIT  con compiti di studio, analisi e monitoraggio delle dinamiche economico-sociali e tecnologiche, qualitative e quantitative d’interesse turistico.
Da notare anche l’assenza tra i Ministeri concertanti del Ministero per i beni e le attività culturali: scelta questa in linea con l’accorpamento voluto dall’ attuale Governo della Direzione Turismo- prima in seno al MIBACT- con il Ministero delle politiche agricole e forestali  al fine di promuovere in maniera efficace il marketing agro-alimentare del made in Italy e quindi  con l’obiettivo del potenziamento  della ricettività turistica delle spiagge  di cui si è detto sopra.
E anche in questo intervento normativo si è persa l’occasione per il coinvolgimento diretto tra gli operatori istituzionali deputati all’elaborazione delle linee guida della riforma dell’Agenzia del Demanio che gestendo buona parte del demanio marittimo nazionale avrebbe certo potuto fornire utili apporti di esperienza pratica per la regolamentazione dei rapporti con gli imprenditori del turismo balneare.
In ogni caso tra i criteri  generali della riorganizzazione del settore spiagge ( comma 677)  viene del tutto omesso il riferimento preciso all’ evidenza pubblica per la individuazione dei soggetti gestori( c’è un solo blando accenno alla lett. c) del co 677 alla trasparenza e imparzialità per il riordino delle concessioni ad uso residenziale e abitativo): criterio quello della “ concorsualità” che era stato invece il motore degli interventi legislativi precedenti  volti a rimodulare il vecchio sistema delle proroghe previsto dal Codice della navigazione.
Ma  in maniera più radicale la riforma mira al superamento del modello concessorio per l’affidamento del bene pubblico spiaggia.
Il vero elemento di novità per la fase preparatoria alla riforma  infatti è quello  introdotto dal comma 677 che indica quale forma di gestione  dei lidi il partenariato pubblico-privato per “ valorizzare la tutela e la più proficua utilizzazione del demanio marittimo..secondo criteri di : sostenibilità ambientale, qualità e professionalizzazione dell’accoglienza e dei servizi...”.
Viene quindi positivizzata,ma non in via esclusiva, la gestione in partnership pubblico- privata dei lidi balneari come soluzione di compromesso tra gli interessi economici imprenditoriali e  quelli  governativi ad un’adeguata remunerazione per lo sfruttamento del demanio marittimo: l’interesse ad una razionale fruizione del litorale  e del paesaggio costiero da parte dei bagnanti viene preso in considerazione solo attraverso un riferimento molto vago invero all’ “ accessibilità dei lidi e alla tutela degli ecosistemi marittimi”.
Non è indicato però il criterio di selezione per la costituzione di questi schemi di co-gestione né se essi debbano essere utilizzati solo per “le aree costiere prive di concessioni in essere” alla data di entrata in vigore della legge
Infatti è a tali fattispecie che si riferisce in chiusura il comma 681 lasciando pensare che quindi visti  i successivi tre commi ,il 682, il 683 e il 684  che  regolano le concessioni  demaniali già vigenti, quelle comunque prorogate o rinnovate  e  quelle per finalità residenziali e abitative,tutta la procedura delineata per la definizione della riforma ( commi 675-681) riguardi solo le “nuove concessioni” relative a zone demaniali costiere attualmente non in concessione, dunque deve ritenersi anche quelle abusivamente occupate.
Sta di fatto che, dopo la redazione delle caratteristiche generali di principio entro 4 mesi dall’entrata in vigore della legge, e la regolamentazione  di dettaglio a cura di ciascuno dei  soggetti istituzionali coinvolti,entro 2 anni dalla data di adozione del dpcm di sintesi della concertazione( comma 678) è prevista un’ulteriore procedura  di “ consultazione pubblica” per “le priorità e le modalità di azione e di intervento per la valorizzazione turistica delle aree insistenti sul demanio marittimo” ( comma 679) da ultimarsi entro 180 gg dalla conclusione dei lavori da parte delle amministrazioni di cui al comma 678.Paralellamente è previsto un ulteriore dpcm per la definizione delle specifiche tecniche della normativa (in questo caso senza un termine massimo per l’emanazione- comma 680)
 Al termine di tutta questa farraginosa procedura trascorsi quindi secondo un breve calcolo almeno 3 anni dovrebbe essere possibile procedere all’assegnazione delle aree, limitatamente però ., come già rilevato,alle aree demaniali non in concessione.
Per le aree già in concessione è invece   inspiegabilmente prevista una proroga di 15 anni ( commi 682,683,684) ; ben oltre il termine invece ritenuto congruo per avviare le procedure di nuova assegnazione.
 E solo al termine dei 15 anni- quindi evidentemente  non prima-  è possibile riassegnare le spiagge  per le quali non viene espressamente detto  con quali forme si procederà  ma si rinvia al decreto di cui al comma 677 per l’individuazione delle migliori procedure da adottare.Senza quindi un’opzione precisa in favore della partecipazione pubblico-privata
Questo vuol dire che il partenariato pubblico-privato rimane anche per le aree già in concessionela forma prescelta dall’ esecutivo per l’utilizzo per fini  turistici dei lidi e delle coste, anche se non in maniera esclusiva;ma sui criteri di selezione e sulla regolamentazione dei rapporti  con i vecchi concessionari  non c’è alcuna specifica indicazione.
 Con presumibile necessità quindi di altra normativa di specifiche tecniche del settore che differirà inevitabilmente di altri anni la riforma dei lidi che dunque dovrebbe diventare di fatto operativa non prima di un ventennio.
Con buona pace quindi di un decennio di giurisprudenza nazionale e comunitaria che aveva invocato con urgenza l’evidenza pubblica e l’adeguamento dei canoni concessori per la gestione delle spiagge del demanio marittimo.
L’ambizioso progetto riformista approfitta allora dei suoi lunghi tempi  di realizzazione per dare ampio raggio di azione temporale agli attuali gestori di stabilimenti e impianti turistici costieri  che possono così contare su almeno altri 20 anni di regime  di fatto monopolistico.
E’ probabile che a fronte di tale intervento  ci sarà poi  realmente il tanto auspicato aumento dei canoni concessori sulla base,si spera, della diversa “ valenza turistica “ della zona interessata e del fatturato dello stabilimento( così comma 677 lett.e); salvo ritenere che il “ congelamento” della posizione degli insiders  del settore si riferisca anche agli importi dei canoni attuali.
Ma in realtà considerati i tempi procedimentali della riforma, che probabilmente non copriranno l’intera legislatura, è possibile  che non venga mai attuata ma poi di nuovo rinviata ad altro progetto politico.
Occorrerà quindi solo attendere le reazioni dell’ Europa e degli operatori turistici di nuova generazione che continuano a rimanere esclusi dal settore  di fronte ad una riforma che,pur se contenente delle apprezzabili soluzioni di principio,è  solo apparente.