Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. IV n. 7274 del 28 agosto 2024
Rifiuti.Obblighi di bonifica e messa in sicurezza
Ai sensi degli artt. 242 e 244, d.lg. n. 152 del 2006 , l'obbligo di bonifica è in capo al responsabile dell'inquinamento che le autorità amministrative hanno l'onere di individuare e ricercare mentre il proprietario dell'area non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno solo la facoltà di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari le opere di bonifica sono realizzate dalle amministrazioni competenti (art. 250) che, a fronte delle spese sostenute, si vedono riconosciuto un privilegio speciale immobiliare sul fondo (art. 253), non essendo configurabile in via automatica, in maniera oggettiva, per posizione o per fatto altrui, una responsabilità in capo al proprietario dell'area inquinata e, quindi, l'obbligo di bonificare per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri il suo apporto causale colpevole al danno ambientale riscontrato.
Ancora sulla minaccia di danno ambientale e sul ruolo dell'operatore interessato. La Cassazione chiarisce.
di Leonardo PACE
Cass. Sez. III n. 29351 del 19 luglio 2024 (UP 5 apr 2024)
Pres. Aceto Rel. Galanti Ric. Ponticelli
Acque.Liquami zootecnici
In assenza di uno «scarico» in senso tecnico-giuridico, i liquami zootecnici costituiscono rifiuto ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/32006, con applicazione della disciplina della parte quarta del Decreto anche in termini sanzionatori, ai sensi dell’art. 256 del Testo Unico. Il nesso funzionale e diretto delle acque con il corpo recettore può essere attuato mediante «qualunque sistema stabile di collettamento» che ne consenta la canalizzazione senza soluzione di continuità, e non necessariamente attraverso una «condotta»: quindi, per «scarico», si deve intendere l'immissione nel corpo recettore tramite condotta o comunque tramite un sistema di canalizzazione anche se non necessariamente costituito da tubazioni. Tuttavia - e questo è il fulcro della tematica - va escluso un ritorno al concetto di «scarico indiretto» che era previsto dalla «legge Merli» (art. 1, lettera a) e che non è stato riproposto nel d. lgs. n. 152 del 2006.
Sentenza Ilva, una decisione discutibile: è solo casuale?
di Gianfranco AMENDOLA
Consiglio di Stato Sez. VI n. 5842 del 2 luglio 2024
Urbanistica.Vincoli conformativi ed espropriativi
I vincoli conformativi si differenziano dai vincoli espropriativi o sostanzialmente espropriativi atteso che i primi sono quelli che dividono in tutto o in parte il territorio comunale in zone assoggettate a una disciplina dello ius aedificandi omogenea (cd. zonizzazione) e che dunque si connotano per il fatto di incidere su una generalità di beni, potenzialmente appartenenti a una pluralità indifferenziata di soggetti, beni che vengono accumunati in ragione delle caratteristiche intrinseche degli stessi e del contesto nel quale si inseriscono; mentre i secondi sono quelli che riservano alla mano pubblica l'edificazione in una specifica area (cd. localizzazione) o che svuotano sostanzialmente di contenuto del diritto di proprietà su di un determinato bene; mentre con il vincolo conformativo si provvede a una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni e nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, con il vincolo espropriativo si incide in modo particolare su beni determinati in funzione della localizzazione di un’opera pubblica; invero, i vincoli conformativi non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell'interesse pubblico e, a differenza, dei vincoli espropriativi, pur limitando e condizionando l'attività edificatoria, non comportano indennizzi per le limitazioni previste dallo strumento urbanistico e non hanno scadenza temporale.
Cass. Sez. III n. 31809 del 5 agosto 2024 (CC 7 giu 2024)
Pres. Galterio Rel. Galanti Ric. Passerin
Beni culturali.Presunzione di proprietà pubblica
Sui beni culturali vige una presunzione di proprietà pubblica con la conseguenza che essi, sulla base di una oramai ultrasecolare tradizione normativa, appartengono allo Stato italiano in virtù della legge (legge n. 364 del 1909; r.d. n. 363 del 1913; legge n. 1089 del 1939; articoli 826, comma 2, 828 e 832 del codice civile), la cui disciplina è rimasta sostanzialmente invariata anche a seguito della introduzione del decreto legislativo n. 42 del 2004. Sono fatte salve ipotesi tassative e particolari, nelle quali il privato che intenda rivendicare la legittima proprietà di reperti archeologici o comunque di beni qualificabili come culturali deve fornire la relativa, rigorosa prova, dimostrando, alternativamente che: 1) reperti gli siano stati assegnati in premio per il loro ritrovamento; 2) i reperti gli siano stati ceduti dallo Stato; 3) i reperti siano stati acquistati in data anteriore all’entrata in vigore della legge n. 364 del 1909.
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