TAR Campania (NA), Sez. VII, n. 3972, del 29 luglio 2013
Urbanistica.Nozione di pergolato non soggetto a permesso di costruire.

Secondo la giurisprudenza qualora il pergolato sia costituito da una struttura leggera facilmente amovibile perché priva di fondamenta e destinato al riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni non è richiesto il permesso di costruire, necessario invece laddove l’opera sia costituita da pilastri ancorati al suolo e da travi in legno di importanti dimensioni in modo da renderla solida e robusta e non facilmente amovibile. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03972/2013 REG.PROV.COLL.

N. 04023/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4023 del 2012, proposto da: 
Gioacchino D'Esposito e Giovanni D'Esposito, rappresentati e difesi dall'avv. Alberto Vitale, con domicilio eletto presso l’Avv. Antonio Messina in Napoli, viale Gramsci n. 19;

contro

Comune di Piano di Sorrento in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gianvincenzo Esposito, con domicilio eletto presso l’Avv. Emilio Paolo Salvia in Napoli, via S.Brigida, 79;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dell’ordinanza prot. n. 96 del 1/06/2012, notificata il 7/06/2012, avente ad oggetto l’ingiunzione di demolizione di asserite opere abusive realizzate sul compendio immobiliare di cui al foglio 10, p.lle 1274 e 1275 del catasto del comune di piano di sorrento;

nonché di ogni altro provvedimento preordinato, connesso, consequenziale, comunque lesivo degli interessi dei ricorrenti, tra cui, per quanto di ragione, gli accertamenti UTC del 3/09/2009 e 29/04/2010 e le relative relazioni tecniche prot. 19120 del 28/06/2010 e prot. n. 25123 del 4/11/2010, nonché la determina prot. 244/12, di reiezione delle giustificazioni apportate dai ricorrenti in sede di conferenza di ascolto ex art. 11 l. 241/90



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Piano di Sorrento in Persona del Sindaco pro tempore.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2013 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.Con ricorso notificato in data 21/09/2012 e depositato il successivo 27 settembre Gioacchino D’Esposito ha impugnato l’ingiunzione di demolizione di asserite opere abusive realizzate sul compendio immobiliare di cui al foglio 10, p.lle 1274 e 1275 del catasto del Comune di Piano di Sorrento ed i relativi atti presupposti, fra cui gli accertamenti UTC del 3/09/2009 e 29/04/2010 e le relative relazioni tecniche prot. 19120 del 28/06/2010 e prot. n. 25123 del 4/11/2010, nonché la determina prot. 244/12, di reiezione delle giustificazioni apportate dai ricorrenti in sede di conferenza di ascolto ex art. 11 l. 241/90.

2. Detta ingiunzione, adottata ai sensi del disposto dell’art. 31 D.P.R. 380/01, emessa a seguito dei sopralluoghi effettuati in data 3 settembre 2009 e 29 aprile 2010, le cui risultanze sono state riportate nella relazione prot. 19120 del 26/08/2010 e relazione integrativa prot. 25123 del 4/11/2010, è relativa alla demolizione di quattro manufatti distintamente indicati quale manufatto “A” della planimetria generale allegata all’ordinanza ; manufatto “B” e “C” della planimetria generale, manufatto “D”, immobile “I”.

2.1 In relazione al manufatto “A” si assume che l’attuale immobile non presenta nulla della sua attuale consistenza, per cui l’intervento si presenterebbe come demolizione e ricostruzione con successivo aumento di volumetria, tra l’altro non consentita nella zona di cui trattasi; inoltre le quote di interpiano e la quota del piano terra non sarebbero state riportate a quelle originarie, così come descritto e rilevato nel corso del sopralluogo effettuato in data 21/07/2006 e nella richiesta di permesso in sanatoria prot. n. 6568 del 22/03/2007; l’interpiano infatti si porrebbe a quota ribassata rispetto all’origine e il suo posizionamento alla quota originaria era stato imposto nell’autorizzazione in sanatoria.

2.2 In relazione al manufatto “B C” oggetto della D.I.A. di cui alla pratica edilizia n. 435/2009 si contesta che nel corso degli anni dal 1987 al 1997 era stato oggetto di trasformazioni non nella consistenza, ma nella qualità di materiali costruttivi con l’inserimento di intelaiature in c.a..

2.3.Per quanto concerne l’immobile “D” si evidenzia che dall’esame della pratica edilizia n. 435/2009 si desumeva che dello stesso non vi era traccia nella aerofoto del 1974 – come precisato nella relazione integrativa - e che comunque aveva subito una variazione nella sagoma quantificabile in mt. 1,50 di lunghezza (rectius m. 15,00 come evincibile dalla relazione integrativa) per circa mt. 3,00 di larghezza, per un totale di circa mq. 45,00. Dalla relazione tecnica integrativa si desume che detta constatazione in merito all’aumento di superficie è stata desunta dal confronto con in base l’aerofoto del 1994.

2.4 Relativamente al manufatto “I” , in pali di castagno infissi al suolo e collegati da legature in ferro, rivestito esternamente per i due lati liberi da reti frangivento e coperto con doppio strato di “cannucce” con interposto strato di lamiere in plastica ondulato, oggetto della pratica edilizia n. 368/2005, istanza prot. 22353 del 4 ottobre 2005, si contesta che lo stesso, contrariamente a quanto in essa dichiarato non sarebbe contiguo ad altro pergolato, bensì incorporerebbe il locale forno e sarebbe contiguo al locale autorimessa. Si evidenzia inoltre che benché l’istanza sopraindicata sia riferita alla realizzazione di un pergolato, lo stesso non presenterebbe le caratteristiche tipiche del “pergolato sorrentino”.

3. Assume il ricorrente di avere formulato istanza di ascolto in sede procedimentale ex art. 11 l. 241/90 al fine di apportare i necessari chiarimenti, che venivano disattesi con la determina prot. 244/12.

3.1. Il ricorrente deduce inoltre che in relazione ai medesimi abusi di cui alle richiamate relazioni tecniche il G.I.P. presso Tribunale di Torre Annunziata aveva, su conforme richiesta del P.M. accolto la richiesta di archiviazione e che in relazione ai manufatti “BC” era stato presentata istanza di condono ex lege 47/85, mod. 47/85-B per variazione di destinazione d’uso di volume rurale in volume abitabile di mq. 118,32, e che del pari era stata presentata istanza di condono ex lege 47/85, mod. 47/85 “D” in relazione la manufatto “D”, per un manufatto con destinazione d’uso ad attività connessa con la conduzione agricola del fondo per la superficie di mq. 112,00 ed un volume di mc. 360, istanze di condono non ancora esitate.

3.2 In relazione al manufatto “A” evidenzia che lo stesso era stato oggetto di permesso di costruire n. 18 del 2009 di variante del precedente permesso di costruire n. 18/07 e che le quote di interpiano e di calpestio del piano terra di cui ai grafici approvati erano le stesse di cui agli accertamenti tecnici n. 19129/10 e 25123/10.

Pertanto, nella prospettazione attorea, la contestata difformità rispetto alla precedente autorizzazione in sanatoria del 19/10/2007 sarebbe stata giuridicamente e fattualmente superata dal successivo permesso di costruire n. 18/09, il cui inizio lavori era stato denunciato al Comune in data 28/01/2010 con nota prot. 001980, senza che nulla fosse stato osservato od inibito.

3.3 Relativamente al manufatto “B C” , nella prospettazione attorea ante 1967, come accertato della aerofotogrammetrie risalenti al 1957, e peraltro oggetto ad abundantiam di istanza di condono edilizio ex l. 47/85, il ricorrente deduce lo stesso era stato sempre costituito da una struttura in cemento armato con tampogni in pietra di tufo e giammai, al contrario di quanto rilevato dall’U.T.C. e peraltro in contrasto con le risultanze del sopralluogo del 29/04/1997 prot. 7472/1997 (allegato 21), da blocchi di lapilcemento.

3.4. In relazione al manufatto “D” assume che non risulterebbe specificato in base quali riscontri documentali l’Ufficio abbia fatto riferimento alla minima differenza rilevata (mt. 1,50X3,00) e perché abbia pretermesso il riferimento alla pendenza della domanda di condono prot. 4867 del 27 marzo 1987.

3.4 Assume poi il ricorrente che il manufatto indicato come “I” si presenterebbe come semplice struttura in pali di castagno semplicemente infissi nel terreno e fissato tra loro con legatura in ferro e pertanto all’evidenza di struttura priva di rilevanza ubanistico-edilizia.

4. Ciò posto, ha articolato in un unico motivo di ricorso le seguenti censure avverso gli atti in epigrafe indicati:

1) Violazione e falsa applicazione artt. 3,6,10,22,31,36 e 37/D.P.R. n. 380/01; violazione artt. 2 e 9 L.R. n. 19/01; violazione artt. 38 e segg. L. 47/85; Violazione artt. 42 e 97 Cost.; violazione artt. 146 e 167 Dlgs. 42/2004; Eccesso di potere per travisamento, inesistenza dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, omessa valutazione, violazione del giusto procedimento.

Assume parte ricorrente di non avere posto in essere attività qualificabili come abusi edilizi, sanzionabili ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/01.

In particolare quanto all’immobile “A” le quote di interpiano e di calpestio al piano terra sarebbero corrispondenti a quelle dei grafici approvati con il permesso di costruire n. 18/09, emesso in variante rispetto a quello di cui al permesso di costruire in sanatoria del 2007 richiamato nella gravata ordinanza.

In relazione all’immobile “B C” per il quale era stata presentata istanza di condono edilizio non ancora esitata, il ricorrente contesta tra l’altro il presupposto in fatto, ovvero l’inserimento di strutture in cemento armato, avendo l’immobile la medesima consistenza di cui alla relazione dell’U.T.C. adottata all’esito del sopralluogo del 29/04/1997.

Da ciò l’inesistenza dei presupposti di fatto posto a base dell’ordine demolitorio.

Peraltro, assume il ricorrente, ove anche ricorressero detti presupposti di fatto, l’Amministrazione avrebbe errato nell’applicare il disposto dell’art. 31 D.P.R: 380/01, anziché il disposto dell’art. 33 D.P.R: 380/01, essendo il contestato intervento al più qualificabile come intervento di ristrutturazione, con la conseguenza che in ipotesi di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione non potrebbe comunque disporsi l’acquisizione, ai sensi del disposto dell’art. 31 comma 3 D.P.R. 380/01.

Inoltre nella prospettazione attorea, essendo il manufatto de quo oggetto di domanda di condono ex lege 47/85, l’Amministrazione, ai sensi del disposto dell’art. 38 della legge n. 47/85, giammai avrebbe potuto adottare l’ingiunzione di demolizione prima di esitare la pratica di condono.

Deduce poi l’illegittimità della gravata ordinanza anche in relazione all’immobile “D” essendo stata anche in relazione a tale immobile pretermessa la disamina della pratica di condono ex lege n. 47/85.

Del pari, nella prospettazione attorea, non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 31 D.P.R. 380/01 in relazione all’immobile “I”, in quanto costituito da una struttura in pali di castagno ed alcuna rilevanza assumendo la dedotta non rispondenza di tale manufatto al “pergolato di tipo sorrentino”, in considerazione dell’inesistenza di superfici e/o volumi urbanisticamente rilevanti, con conseguente irrilevanza della modalità realizzative.

Il ricorrente, in considerazione di tali rilievi, assume l’illegittimità dei provvedimenti gravati anche per eccesso di potere, in considerazione dell’inesistenza dei presupposti di fatto e della carenza del momento istruttorio, oltre che per violazione del principio di proporzionalità.

5. Si è costituito il Comune resistente con deposito di documenti e di memoria difensiva, instando per il rigetto di ricorso.

6. Con ordinanza cautelare emessa all’esito della camera di consiglio del 22 novembre 2012 il Collegio ha accolto l’istanza di sospensiva.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito della camera di consiglio del 4 aprile 2013.

8. Il ricorso è parzialmente fondato, nel senso di seguito precisato, avendo riguardo alle contestazioni sollevate per ciascuno dei manufatti oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione.

9. In riferimento al manufatto “A” il riscontro della fondatezza del ricorso, alla luce delle censure di difetto di istruttoria e di travisamento dei fatti, si impone avendo riguardo ad una duplice circostanza.

9.1 Ed invero, in relazione a tale immobile, come desumibile dalle relazioni istruttorie che integrano per relationem l’impugnata ordinanza, si contesta sia la variazione delle quote interpiano che della quota al piano terra, in difformità dal permesso di costruire in sanatoria rilasciato nel 2007, che la demolizione e ricostruzione con successivo aumento di volumetria: pertanto nella prospettazione del Comune l’intervento de quo, non presentando nulla delle caratteristiche dell’originario manufatto sarebbe configurabile come nuova costruzione, suscettibile di essere sanzionata ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/03.

9.2 Peraltro in relazione al primo punto vi è da evidenziare, come dedotto da parte ricorrente, che il Comune nulla abbia osservato, quanto alle quote interpiano e del piano terra, in ordine alla conformità o meno al permesso di costruire n. 18/2009, i cui grafici, oggetto di approvazione e facenti parte integrante del permesso di costruire, riporterebbero le quote attuali.

Da questo punto di vista pertanto l’ordinanza di demolizione appare inficiata quanto meno da difetto di istruttoria.

9.3 In relazione al secondo punto, ovvero il contestato aumento planovolumetrico, vi è da dire che le osservazioni al riguardo contenute nelle relazioni istruttorie del 2010, a firma del geometra comunale Severi, appaiono superate dalle successive dichiarazioni rese dallo stesso Severi in sede di procedimento penale in data 17/11/2011 e riportate nella richiesta di archiviazione del P.M., secondo le quali non era possibile apprezzare eventuali modifiche planovolumetriche in quanto i rilievi areofotogrammetrici presenti in atti e allegati alla varie pratiche non presentavano elementi decisivi al riguardo.

Proprio sulla scorta di tali dichiarazioni il G.I.P. del Tribunale di Torre Annunziata ha emesso decreto di archiviazione in data 9/12/2011, condividendo la richiesta del P.M. e ritenendo che nell’ipotesi di specie vi fosse stato un intervento di demolizione e ricostruzione, da ritenersi assentibile a mezzo D.I.A. e non suscettibile pertanto di rilievo penale, non risultando provato il ritenuto aumento planovolumetrico.

Tali considerazioni si impongono pertanto anche nella presente sede, rilevandosi quanto meno incerto il contestato aumento volumetrico.

Da ciò l’illegittimità della gravata ordinanza anche per difetto di istruttoria, non avendo il Comune valutato le risultanze delle relazioni istruttorie anche alla stregua delle dichiarazioni rese in sede penale dal medesimo geometra comunale.

Ne consegue l’inapplicabilità all’ipotesi di specie del disposto dell’art. 31 D.P.R. 380/01, in quanto nell’ipotesi di demolizione e ricostruzione con la medesime volumetria e sagoma del preesistente, come noto, è configurabile non un intervento di nuova costruzione, ma di ristrutturazione cd. leggera, assentibile a mezzo di d.i.a., ai sensi del combinato disposto dell’art. dell'art. 3 comma 1 lett. d) e vigente ratione temporis (ovvero prima della modifica apportata dal D.L. 21 giugno 2013 n. 69) e 22 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (cfr. al riguardo ex multis Consiglio di Stato Sez. IV, sent. n. 3970 del 06-07-2012 secondo cui “l'art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (T.U. Edilizia) prevede che sono interventi di ristrutturazione quelli che, tra gli altri, consistano nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente; al contrario, tra le ipotesi di nuova costruzione rientrano quelli di ampliamento”; in senso analogo Consiglio di Stato sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2972 secondo cui Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 il concetto di ristrutturazione edilizia comprende la demolizione e ricostruzione di un organismo edilizio con la stessa volumetria e sagoma , della quale ultima devono essere rispettate quantomeno le linee essenziali della sagoma; inoltre è necessaria l'identità della complessiva volumetria del fabbricato e, per l'area di sedime, che il fabbricato occupi la stessa area e sorga sulla stessa superficie utilizzata dal precedente senza compromettere un territorio diverso, coerentemente con la ratio di recupero del patrimonio esistente).

10. Del pari fondate risultano le censure di difetto di istruttoria e di travisamento dei fatti in relazione al manufatto “B C”, atteso che gli abusi contestati, ovvero l’inserimento di intelaiature in cemento armato, sono collocati dal Comune in data successiva alla scadenza dei termini per il condono ex lege 47/85, ovvero tra la data del 1987 e del 1997, sulla base del rilievo che dalla relazione di sopralluogo del 29/04/1997 si evincerebbe che il manufatto non ha la struttura in muri portanti di tufo integrati da pilastri e solai in cemento armato, ma struttura in cemento armato e tampogni in blocchi di lapilcemento ad accezione del muro di contenimento del retrostante terrapieno, laddove per contro, dalla medesima relazione di sopralluogo del 1997, prodotta da parte ricorrente, si evince che il manufatto ha struttura in pilastri in c.a. con tamponature in pietra di tufo grigia; dalla relazione istruttoria integrativa del 4/11/2010 emerge inoltre che il tecnico della parte in sede di condono ex lege 47/85, presentato in relazione al cambio di destinazione d’uso, aveva dichiarato che “tale immobile presenta struttura portante in muratura di tufo, integrata negli anni da opere di consolidamento in c.a. consistenti in pilasti interni e soli piani laterocementizi”.

Incerto pertanto è il contestato cambio di materiale con l’inserimento di strutture in c.a. e la sua collocazione temporale- atteso che l’inserimento di intelaiature in c.a emerge sia dalle dichiarazioni rese dal tecnico in sede di condono che dal sopralluogo del 1997 - fatta risalire in data successiva al 1987 dal Comune resistente, laddove per contro nella relazione tecnica presentata in sede di condono si era rappresentato che la struttura, pur inizialmente in muratura di tufo, nel corso degli anni era stata integrata da opere di consolidamento in c.a..

I tampogni inoltre dalla relazione di sopralluogo del 1997 risulterebbero non in lapilcemento, secondo quanto dichiarato nella relazione istruttoria del 4/11/2010 avendo riguardo alla medesima relazione di sopralluogo del 1997, ma in pietra di tufo grigia.

Ne consegue, in difetto dell’incerta collocazione temporale del contestato inserimento di intelaiature in c.a., ovvero se in data antecedente o successiva alla scadenza dei termini per la presentazione dell’istanza di condono – fatta risalire in data successiva sulla base della sola opinione personale dei redattori del verbale di sopralluogo del 1997, secondo quanto evincibile dal medesimo nonché dalla relazione istruttoria integrativa che ad essa rinvia – il Comune non avrebbe potuto disporre la demolizione, senza previamente definire la procedura di condono, alla luce del chiaro disposto letterale dell’art. 38 l. 47/85.

Risulta pertanto assorbita, in considerazione di tale rilievo, la censura avanzata in via subordinata, riferita alla dedotta errata applicazione del disposto dell’art. 31 D.P.R. 380/01, anziché dell’art. 33 D.P.R. 380/01.

Ed invero, pur essendo l’intervento de quo ex se configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia, ex art. 33 D.P.R. 380/01, nell’ipotesi in cui lo stesso fosse stato realizzato in data successiva alla scadenza dei termini ex lege 47/85, ben avrebbe fatto il Comune ad irrogare la sanzione ex art. art. 31 D.P.R. 380/01, in quanto per costante giurisprudenza , in pendenza della procedura di condono, non possono essere eseguiti neppure interventi di completamento, senza la previa autorizzazione ex art. 35 l. 47/85, con la conseguenza, che gli interventi, sia pure qualificabili come di manutenzione e di ristrutturazione, ripetono la medesima caratteristica di illegittimità dell’opera principale cui accedono e sono pertanto suscettibili delle medesime sanzioni.

Infatti per giurisprudenza costante la mera presentazione dell'istanza di condono non autorizza la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento delle opere oggetto della richiesta di sanatoria, le quali, fino al momento dell'eventuale accoglimento della domanda di condono, devono ritenersi comunque abusive (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 08 aprile 2011 , n. 1999; T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 01 marzo 2011 , n. 379; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 03 novembre 2010 , n. 22302; in senso analogo T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 novembre 2009 , n. 7961 secondo cui inoltre "laddove poi si tratti di opere eseguite in area vincolata occorre che venga acquisito il parere delle autorità competenti ai sensi dell'articolo 32 della stessa legge ed è inapplicabile il meccanismo del silenzio assenso, alla luce delle disposizioni di cui alla legge summenzionata").

Pertanto alla stregua di tale giurisprudenza l'ingiunzione di demolizione è del tutto legittima atteso che "in presenza di manufatti abusivi non condonati né sanati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione. Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l'immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35, l. n. 47 del 1985 (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 03 dicembre 2010, n. 26788).

Detta norma consente - in presenza dei richiesti presupposti, fra i quali che si tratti di opere di cui all'art. 31, non comprese tra quelle indicate nell'art. 33 - queste non suscettibili di sanatoria in quanto incidenti su aree gravate da vincoli di inedificabilità assoluta - il completamento "sotto la propria responsabilità" di quanto già realizzato e fatto oggetto di domanda di condono edilizio "solo al decorso del termine dilatorio di trenta giorni dalla notifica al Comune del proprio intendimento, con allegazione di perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi" (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 12 novembre 2010 , n. 24017).

11. Alla stregua di tale richiamato orientamento giurisprudenziale risulta per contro infondato il ricorso in relazione al manufatto “D”.

Ed invero al riguardo la motivazione dell’ordinanza di demolizione risulta integrata per relationem dalle richiamate ordinanze istruttorie ed in particolare da quella prot. 2153 del 4/11/2010, dalla quale si evince non solo l’inesistenza del manufatto alla data del 1974, come evincibile dalla aereofoto allegata dalla medesima parte nella pratica d.i.a. n. 435/2009, risalente a tale data, ma anche che lo stesso in data successiva al 1994 – come evincibile dalla aereofoto in tale data – ha subito un notevole ampliamento di superficie pari a mt. 15 di lunghezza per mt. 3,00 di larghezza, per un totale di 45,00; sotto tale profilo si evidenzia pertanto l’erroneità materiale dell’ordinanza di demolizione, riscontrabile dalla circostanza che in essa, pur indicandosi l’aumento di superficie di complessivi mq. 45, si indica l’aumento della larghezza pari a mq. 1,5, anziché a mq. 15.

Ciò posto, in considerazione del rilievo che detto aumento di superficie è collocabile senza dubbio in data successiva al 1994 e dunque in data successiva alla presentazione dell’istanza di condono ex lege 47/85, alcuna rilevanza ha alla stregua di quanto innanzi rilevato, la pendenza della procedura di condono, in quanto in relazione ad immobili non ancora condonati gli interventi successivi, non autorizzati ai sensi dell’art. 35 l. 47/85, ripetono la medesima caratteristica di illegittimità dell’immobile principale cui accedono e sono sottoposti alle medesime sanzioni.

Peraltro, al di là di tali assorbenti rilievi, vi è da evidenziare che il contestato aumento di superficie e volumetria, in quanto eseguito al di fuori della sagoma iniziale del manufatto, che ha pertanto subito un ampliamento in larghezza ed in lunghezza è annoverabile, ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. e1) tra gli interventi di nuova costruzione, non avendo tra l’altro la parte dedotto e provato che l’aumento di volumetria è avvenuto nei limiti del 20%, ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett e6). Pertanto l’intervento de quo, a prescindere dalla sua inerenza ad immobile ancora sub condono, è ex sesoggetto alla sanzione di cui all’art. 31 D.P.R. 380/01.

Da ciò la legittimità sul punto dell’ordinanza di demolizione e la non rilevanza della pendenza di domanda di condono ex lege 47/85, riferendosi il contestato aumento di superficie e volumetria ad intervento successivo alla presentazione dell’istanza medesima.

12. Il ricorso va invece accolto in relazione all’immobile indicato come “I”, in considerazione della genericità della contestazione al riguardo mossa dal Comune, che non consente l’esatta qualificazione urbanistica dell’intervento; trattasi infatti di struttura in pali di castagno infissi al suolo e collegati da fili in ferro, oggetto di istanza prot. 22353 del 2005, in relazione al quale si contesta la realizzazione in luogo diverso da quello indicato e non con modalità diverse da quelle tipiche del “pergolato sorrentino”, circostanza quest’ultima ex se irrilevante, non essendo stata tra l’altro contestata la realizzazione dell’opera di cui trattasi in assenza di autorizzazione paesaggistica, ma in assenza di permesso di costruire, come evincibile dall’applicazione dell’art. 31 D.P.R. 380/01.

Il Comune pertanto, al fine di consentire l’inquadramento urbanistico di tale intervento avrebbe dovuto evidenziare quanto meno la grandezza del pergolato e degli stessi pali infissi al suolo, in assenza peraltro di opere cementizie.

Ed invero secondo la giurisprudenza qualora il pergolato sia costituito da una struttura leggera facilmente amovibile perché priva di fondamenta e destinato al riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni non è richiesto il permesso di costruire, necessario invece laddove l’opera sia costituita da pilastri ancorati al suolo e da travi in legno di importanti dimensioni in modo da renderla solida e robusta e non facilmente amovibile (cfr al riguardo ex multis T.A.R. Trento Trentino Alto Adige sez. I, 21 novembre 2012, n. 342; in senso analogo Consiglio di Stato sez. IV, 29 settembre 2011, n. 5409 secondo cui “il pergolato , rilevante ai fini edilizi, deve essere inteso come un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, a mezzo delle quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni; di conseguenza non è riconducibile alla nozione di pergolato una struttura costituita da pilastri e travi in legno di importanti dimensioni, tali da rendere la struttura solida e robusta e da farne presumere una permanenza prolungata nel tempo, possa essere ricondotta alla nozione di pergolato”).

Ed invero in difetto dell’esatta descrizione delle caratteristiche tipologiche della struttura de qua e delle sue dimensioni, non si ravvisano i presupposti per l’applicazione dell’art. 31 D.P.R. 380/01, potendo lo stesso essere realizzato a mezzo di semplice d.i.a.

A nulla rileva poi la circostanza che l’opera sia stata realizzata in zona paesaggisticamente vincolata e sia pertanto assoggettabile alla demolizione d’ufficio ex art. 27 comma 2 D.P.R. 380/01, essendo diversi i presupposti e le conseguenze dei due disposti normativi, non comportando tra l’altro l’art. 27 comma 2 D.P.R. 380/01 l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ex art. 31 D.P.R. 380/01.

Ed invero la giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 23 settembre 2008, n. 10617) non ha mancato di evidenziare che il Testo Unico dell’edilizia sanziona, sul piano amministrativo, la realizzazione di abusi edilizi in una pluralità di disposizioni (articoli 27, comma 2, 30, commi 7 e 8, 31, commi 2 e 3, 33, commi 1-4, 34, comma 1, 35, comma 1, e 37, commi 1 e 2), ciascuna delle quali corrispondente ad un’autonoma fattispecie di illecito, e prevede, in relazione alla gravità dell’abuso, tre tipi diversi di sanzione - la demolizione d’ufficio, l’ordine di demolizione, la sanzione pecuniaria e l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale - tendenzialmente applicabili in via alternativa ovvero consequenziale.

“In siffatto contesto, appare di evidenza intuitiva come l’obbligo di motivazione – normalmente attenuato nei casi di atti dovuti ed a contenuto vincolato – si riespanda nei casi in cui la sola descrizione degli abusi accertati non rifletta di per sé l’illecito contestato, occorrendo, in siffatte evenienze, in aggiunta ad una descrizione materiale delle opere accertate, una qualificazione giuridica dell’intervento abusivo, onde consentirne la sussunzione in una delle diverse, e tra loro alternative, fattispecie incriminatici.

Invero, coerentemente con i requisiti ontologici che connotano ogni procedimento sanzionatorio, anche in subiecta materia, costituisce snodo indefettibile per la valida applicazione di una misura repressiva, la completezza della contestazione dell'illecito, nella quale devono trovare fondamento giustificativo la tipologia, la natura e l’entità della sanzione che si ritiene applicabile” (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 23 settembre 2008, n. 10617, cit.).

13. In conclusione il ricorso va accolto in relazione ai manufatti “A”, “B C” e “I”; va invece rigettato in riferimento al manufatto “D”, per il quale tra l’altro in sede penale si era pervenuti all’archiviazione in relazione al solo profilo dell’intervenuta prescrizione.

14. Sussistono giusti motivi in considerazione della soccombenza parziale per la compensazione nella misura della metà delle spese di lite che per il resto seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

in parte l’accoglie ed in parte lo rigetta e per l’effetto annulla l’ordinanza prot. n. 96 del 1/06/2012 in relazione ai manufatti “A”, “B C”, “I”.

Compensa nella misura di ½ le spese di lite che per il resto vengono poste a carico del Comune resistente, liquidandosi in complessivi euro 1.000,00 (mille/00) oltre ad ½ degli oneri accessori, se dovuti, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 4 aprile 2013, 9 maggio 2013, con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pagano, Presidente

Marina Perrelli, Primo Referendario

Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)