TAR Campania (NA), Sez. VI, n. 3903, del 25 luglio 2013
Urbanistica.Limiti massimi complessivi cubatura condono
Ai fini della verifica del limite massimo di cubatura condonabile, va fatto riferimento all’unitarietà dell'immobile o del complesso immobiliare, ove sia stato realizzato l’abuso edilizio in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione dell’opera in più unità abitative. Il soggetto legittimato al condono non può utilizzare separate domande per aggirare il limite di volumetria previsto, da ritenersi assoluto ed inderogabile. A nulla vale invocare il potenziale frazionamento dell’immobile in varie unità ognuna delle quali non eccedenti i limiti quantitativi previsti dalla legge, perché se si accedesse a tale argomentazione, si consentirebbe ad un soggetto di realizzare un immobile di migliaia di metri cubi, poi frazionarlo in tanti appartamenti tutti inferiori a 750 mc. e quindi invocare il condono. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 03903/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00498/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 498 del 2009, proposto da Luigi Scotto Rosato, rappresentato e difeso dagli avv.ti Daniela Carro e Nicolino Petrucci, con domicilio eletto presso il loro studio in Bacoli e pertanto, ai sensi dell’art. 25 c.p.a, presso la Segreteria del T.A.R. in Napoli;
contro
Il Comune di Bacoli, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 20093 del 25.07.2008 a firma del coordinatore dei Settori Tecnici del Comune di Bacoli, con il quale si respinge l’istanza di condono edilizio n. 72 prot. 1431 del 24.01.1995 e nel contempo ordina di demolire e ripristinare lo stato dei luoghi ai sensi dell’art. 27 d.P.R. 380/2001 con riferimento alle opere realizzate in Bacoli e consistenti in un fabbricato di tre piani fuori terra, avente una superficie abitabile di mq. 256,53 ed un volume di mc. 1632,4;
di tutti gli atti e i provvedimenti preordinati, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2013 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, il ricorrente, proprietario di un immobile sito nel Comune di Bacoli, impugna il provvedimento con il quale è stata rigettata la sua istanza n. 72 prot. 1431 del 24.01.1995, intesa ad ottenere il titolo edilizio in sanatoria, ai sensi della legge n.724/1994, per le opere abusivamente realizzate alla via Nerva ex Traversa Mi. Di Sabato n. 28, consistenti “in un fabbricato di tre piani fuori terra, il primo e il secondo piano destinato ad abitazione primaria mentre il piano terra a deposito garage, la superficie utile abitabile dell’intera abitazione mq. 256,53 mentre la superficie del piano terra è di mq. 122,95 per una superficie totale di mq. 330,30 ed un volume di mc. 1632,40”
Il provvedimento di diniego è basato sulla circostanza che l’opera è stata eseguita su un immobile soggetto a vincolo di tutela ed è difforme rispetto alle prescrizioni dello strumento urbanistico-ambientale vigente in quanto ha comportato un incremento volumetrico di mc. 1632,40, dalle norme urbanistico-ambientali vigenti dettate dal P.T.P. dei Campi Flegrei approvato con D.M. 26.4.1999. Inoltre, la Commissione Edilizia Comunale ha espresso parere negativo, richiamato espressamente nel provvedimento in questione, in quanto la volumetria eccede il limite quantitativo che è di mc. 750,00 per singola richiesta di condono (comma 1 dell’art. 39 della legge 724/1994).
Il ricorrente censura il provvedimento ritenendolo illegittimo per svariati profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
L’amministrazione comunale non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 03 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va respinto.
1. Privo di pregio è il primo motivo a mezzo del quale il ricorrente solleva il vizio di incompetenza e di violazione e falsa applicazione del’art. 39 della L. 724/1994 in relazione agli artt. 31 e 35 della legge 47/1985 e la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 1 della legge 127/1997, giacché la competenza ad emanare i provvedimenti in materia edilizia sarebbe del Sindaco e non del responsabile dell’ufficio tecnico comunale, in assenza della normativa interna di attuazione dello spostamento delle competenze.
Secondo la costante giurisprudenza della Sezione, infatti, la competenza all’emanazione di tutti i provvedimenti in materia di controllo nel settore dell’edilizia si reputa appartenente al Sindaco fino al 1998, essendo stata trasferita ai dirigenti e comunque all’apparato amministrativo degli enti locali ai sensi dell’art. 2, comma 12, L. 16 giugno 1998 n. 191, senza che sia necessario integrarla con specifiche disposizioni regolamentari di attuazione.
Il provvedimento, dunque, ricade sotto la sfera di applicazione dell’art. 107 della legge 267/2000, che, al comma 3, attribuisce ai dirigenti (e quindi alla sfera amministrativo-gestionale dell’Ente comunale, ivi compresi funzionari, in assenza delle figure dirigenziali) “tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente: …g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale”.
2. Vanno respinti anche il secondo e il quinto motivo con i quali sono dedotti il difetto di motivazione e di istruttoria poiché l’incompatibilità paesaggistica e urbanistica dell’opera sarebbe solo presunta e il diniego impugnato sarebbe caratterizzato da un’insufficiente motivazione.
Il provvedimento impugnato, con il quale il Comune ha disposto la reiezione della domanda di condono ai sensi della legge 724/1994 e la contestuale demolizione ex art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, in relazione a un immobile ad uso residenziale di tre piani fuori terra, ricadente in zona “Agricola di P.R.G. e R.U.A del P.T.P. Campi Flegrei, avente una superficie totale di mq. 330,30 ed un volume di mc.1632,40, è motivato con riferimento al parere della commissione edilizia integrata del 17.6.2008, la quale ha ritenuto di “esprime(re) parere CONTRARIO poiché l’istanza di sanatoria è relativa a un immobile avente una volumetria di mc. 1623,41, tale volumetria eccede il limite quantitativo che è di mc. 750,00 per singola richiesta di condono (comma 1 art. 39 l. 724/1994)”.
Sotto questo profilo non vi è il dedotto difetto di istruttoria e motivazione risultando chiari tutti i passaggi compiuti dall’amministrazione nel ritenere non condonabile il manufatto in questione.
3. Con il terzo e il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione degli articoli 4, 7, 10 e 10 bis della legge 241/1990 s.m.i.
I motivi devono essere respinti.
Il testo dell’atto evidenzia con estrema chiarezza le prescrizioni normative applicate al caso in esame che non consentono la sanatoria per la volumetria richiesta e impongono la demolizione.
La consequenziale natura vincolata del provvedimento rende irrilevante la mancata comunicazione all’interessato dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di condono, tanto più che lo stesso non ha evidenziato, neppure in gravame, circostanze idonee a determinare un diverso esito provvedimentale.
Infondata è, inoltre, la censura relativa alla violazione dell’art. 4 della legge 241/1990, in quanto, da un lato, risulta indimostrata la mancata nomina, dall’altro, per costante giurisprudenza amministrativa che il Collegio condivide, la mancata designazione del responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 4 l. 7 agosto 1990 n. 241 non comporta l’invalidità dell’atto, ma implica soltanto che il funzionario preposto all’unità organizzativa è considerato responsabile del singolo procedimento, ai sensi del successivo art. 5 l. n. 241 cit. (ex multis, T.A.R. Potenza Basilicata, sentenza del 21 marzo 1998 n. 79).
4. Con il sesto motivo il ricorrente sostiene che seppure l’articolo citato, al 1 comma, prevedeva il limite massimo di mc. 750 per consentire la sanabilità dell’opera, la domanda era certamente valida se presentata per ogni singola unità immobiliare che componeva l’edificio.
La censura di violazione dell’art. 39 della l. 724/94 deve essere respinta.
L’articolo 39 della legge n. 724/1994, dopo avere fissato i limiti di superficie e volume per gli ampliamenti di edifici già esistenti, ha disposto che quei limiti “trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria."
La norma correla quindi il limite volumetrico massimo alla domanda di condono.
Sul punto, con riferimento all’art.39 della L. n.724 del 1994, come sostenuto dalla giurisprudenza sia di questo Tribunale (T.A.R. Campania sez. II sent. n. 3013/2012, sez. II, 7 maggio 2007 n.4791 e 29 giugno 2007 n.6376) che del Consiglio di Stato (sez. IV, sent. 03 agosto 2010 n. 5156, sez. V, 3 marzo 2001 n.1229) da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, si rileva che, ai fini della verifica del limite massimo di cubatura condonabile, va fatto riferimento all’unitarietà dell'immobile o del complesso immobiliare, ove sia stato realizzato l’abuso edilizio in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione dell’opera in più unità abitative.
Anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 302 del 23 luglio 1996, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, della legge n. 724 del 1994, ha rilevato, in sostanza, che il soggetto legittimato non può utilizzare separate domande per aggirare il limite di volumetria previsto, da ritenersi assoluto ed inderogabile.
In definitiva, ai fini in esame, l’edificio va inteso quale complesso unitario, per cui le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad un’unica concessione in sanatoria, onde evitare l’elusione del limite di 750 mc. attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso (cfr., in termini, Cassazione penale, Sezione III, 19 aprile 2005 n.20161).
Si aggiunga che, nel caso si specie, il ricorrente ha presentato la propria istanza per tutto l'immobile, assumendo così di avere idoneo titolo per l’intera proprietà.
A nulla vale invocare, quindi, il potenziale frazionamento dell’immobile in varie unità ognuna delle quali non eccedenti i limiti quantitativi previsti dalla legge, perché se si accedesse a tale argomentazione, si consentirebbe ad un soggetto di realizzare un immobile (nel caso in questione in zona vincolata) di migliaia di metri cubi, poi frazionarlo in tanti appartamenti tutti inferiori a 750 mc. e quindi invocare il condono.
5. Deve, inoltre, essere respinta la censura con la quale viene fatta valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.P.R. 380/2001 in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto applicare l’art. 31 d.P.R. 380/2001, in relazione alla circostanza che il manufatto, al momento dell’accertamento dell’abuso da parte di verbalizzanti, era già completo in tutti i suoi elementi essenziali e in tutte le sue parti. La tesi del ricorrente è che l’art. 27 troverebbe applicazione soltanto nei casi di urgenza, qualora la P.A. accerti l’inizio e l’esecuzione di opere abusive, non ancora ultimate.
L’assunto è infondato: la disciplina di settore (id est art. 27 del d.p.r. 380/2001) sanziona con la demolizione la realizzazione senza titolo di nuove opere in zone vincolate e siffatta misura resta applicabile sia che venga accertato l'inizio che l’avvenuta esecuzione di interventi abusivi, come si evince dall’inequivoco tenore letterale della disposizione, specificamente modificata sul punto dall’art. 32 d.l. n. 269 del 2003, ove si fa riferimento alle ipotesi di “inizio o... esecuzione di opere eseguite”, e non vede la sua efficacia limitata alle sole zone di inedificabilità assoluta (T.A.R. Campania, questa sesta sezione, sentenze n. 3372 del 23 giugno 2011, n. 2076 del 21 aprile 2010 e n. 1775 del 7 aprile 2010 e sezione terza, 11 marzo 2009, n. 1376).
Quanto alle circostanza dedotte ossia che l’opera non sia visibile dalla pubblica, che non abbia comportato una modifica paesaggistica rilevante, che sia ubicata all’interno di una zona edificata e che l’area presenta colture tipiche del posto, tali elementi non fanno venire meno le circostanza che l’area è vincolata paesaggisticamente e, stante il diniego di condono edilizio, è priva di titolo (edilizio e paesaggistico); circostanze queste sufficienti per l’applicazione della sanzione demolitoria di cui al richiamato art. 27.
6. Non può trovare accoglimento l’ultimo motivo, con il quale si deduce l’eccesso di potere per difetto di motivazione in relazione all’art. 3 della legge 241/1990, per non essere stata motivata la scelta della sanzione e per non essere stato valutato adeguatamente l’interesse pubblico alla demolizione, atteso che i provvedimenti di demolizione, in quanto atti vincolati – al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia – non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, poiché ciò che rileva e che può essere verificato senza preclusioni è se tali determinazioni, in presenza dei necessari presupposti, siano conformi o meno alle norme applicate; né è richiesta una comparazione dell’interesse pubblico con gli interessi privati coinvolti e sacrificati (tra le molte, Cons. Stato, sez. II, 7 novembre 2007; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 29 gennaio 2009, n. 501). Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie in cui il provvedimento di demolizione è stato adottato ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. 380/2001, che impone all’amministrazione nelle circostanze di cui sopra di provvedere alla demolizione..
7. Nulla si statuisce sulle spese di giudizio in assenza di costituzione dell’intimato Comune di Bacoli.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)