TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 2091, del 3 agosto 2013
Urbanistica.Legittimità annullamento di un P.I.I. anche a distanza di anni per la tutela della sicurezza e della salute
E’ legittimo l’annullamento di un Piano Integrato di Intervento in variante al vigente PRG, con cui è stata disposta la modifica della destinazione urbanistica di zona che, da agricola, è divenuta residenziale, intervenuto anche a distanza di anni (considerato anche che il Comune ha comunque adeguatamente tutelato l’interesse degli operatori disponendo un annullamento solo parziale), quando l’interesse pubblico perseguito riguarda la salute e la sicurezza delle persone. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02091/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03550/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3550 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
IMMOBILIARE SANTILO s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Zoppolato, Carlo Giuseppe Saronni e Angela Canta, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via Dante n. 16;
contro
COMUNE DI PESCHIERA BORROMEO, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Adavastro e Serena Filippi Filippi, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, via Cerva n. 20;
nei confronti di
MAPEI ITALIA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Laura Squinzi, Mario Bassani, Mara Boffa e Cristina Bassani, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Piazza Borromeo 12;
FIRST ATLANTIC RE SGR s.p.a. (ora soc. Idea Fimit Sgr s.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo
del diniego prot. N. 27235 del 10 ottobre 2011 del permesso di costruire l’edificio scolastico a destinazione scuola materna previsto dal P.I.I. in frazione Bellaria; nonché per la condanna la risarcimento dei danni;
quanto ai primi motivi aggiunti,
della proposta di deliberazione al Sindaco prot. N. 30461 del 10 novembre 2011 del Responsabile del Settore Pianificazione e Gestione del Territorio del Comune di Peschiera, nonché per la condanna al risarcimento dei danni;
quanto ai secondi motivi aggiunti
della deliberazione di Consiglio Comunale di Peschiera Borromeo n. 67 del 19 dicembre 2011, nonché per condanna al risarcimento del danno;
quanto ai terzi motivi aggiunti
della deliberazione del Consiglio comunale di Peschiera Borromeo n. 52 del 30 ottobre 2012, con la quale il Comune ha approvato l’annullamento Parziale del P.I.I. Bellaria;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Peschiera Borromeo e di Mapei Italia s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2013 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con deliberazione di Consiglio Comunale n. 52 del 23 luglio 2007, il Comune di Peschiera Borromeo ha approvato un Piano Integrato di Intervento (P.I.I. Bellaria) in variante al vigente PRG, riguardante un’area attigua ad altra situata nel territorio del Comune di Mediglia ove è ubicato uno stabilimento chimico di proprietà di Mapei Italia s.p.a. (d’ora innanzi anche “Mapei”).
2. Con il P.I.I. è stata disposta la modifica della destinazione urbanistica di zona che, da agricola, è divenuta residenziale. E’ stata inoltre prevista la realizzazione di tre lotti residenziali (Lotto 1, Lotto 2 e Lotto 3), oltre che la realizzazione, quali opere di urbanizzazione poste a carico dell’operatore proponente, di un parco pubblico e di una scuola materna.
Il P.I.I. è stato modificato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 65/2007 e di Giunta Comunale n. 268/2007.
3. La società Idea Fimit SGR s.p.a. (d’ora innanzi anche “Idea Fimit”), con atto notarile in data 21 luglio 2008, ha acquistato la maggior parte delle aree facenti parte del suddetto P.I.I., subentrando al proponente originario, società Immobiliare Santilo s.r.l. In particolare Idea Fimit è subentrata nella titolarità dei Lotti 1 e 2 e negli obblighi di realizzazione del parco pubblico e della scuola materna.
4. In data 23 dicembre 2008, idea Fimit ha presentato al Comune di Peschiera Borromeo istanza di rilascio di permesso di costruire per la realizzazione della citata scuola.
5. L’Amministrazione, con provvedimento in data 20 ottobre 2011, ha respinto l’istanza.
6. Avverso tale atto Immobiliare Santilo s.r.l., dante causa di Idea Fimit, propone il ricorso in esame.
7. Successivamente, e precisamente in data 10 novembre 2011 il Responsabile del Settore
Pianificazione del Comune di Peschiera Borromeo ha proposto al Sindaco l’annullamento parziale del suddetto P.I.I.
8. Tale provvedimento è stato gravato dalla ricorrente mediante la proposizione di motivi aggiunti.
9. Con ulteriori motivi aggiunti è stata poi impugnata la deliberazione di Consiglio Comunale n. 67 del 19 dicembre 2011, con la quale si è dato incarico al suddetto tecnico di integrare la proposta formulata.
10. Infine, in data 30 ottobre 2011, il Consiglio Comunale di Peschiera Borromeo ha definitivamente approvato l’annullamento parziale del P.I.I. Bellaria (delibera n. 52 del 30 ottobre 2012). L’annullamento, disposto per problemi principalmente dovuti alla vicinanza dello stabilimento Mapei (rischio di incidente rilevante e inquinamento acustico), riguarda in particolare l’edificazione del Lotto 2 e la realizzazione delle opere a parco pubblico ed a scuola materna.
12. Con questi provvedimenti è stato dunque impedito ad Idea Fimit di realizzare, oltre alle suindicate opere di urbanizzazione, il Lotto residenziale n. 2, la cui previsione edificatoria è pari a mc. 44.765. Negli stessi provvedimenti è stato inoltre disposto che, ai fini del rilascio del certificato di agibilità riguardante gli interventi ancora realizzabili (per ciò che concerne l’interessata, gli edifici residenziali di cui al Lotto 1), si sarebbe provveduto a valutare la compatibilità acustica.
13. Ritenendo tali atti lesivi dei propri interessi, Immobiliare Santilo s.r.l. li impugna con la proposizione di ulteriori moti aggiunti.
14. L’interessata, oltre alla pronuncia di annullamento, chiede anche la condanna del Comune di Peschiera Borromeo al risarcimento dei danni cagionati dagli atti impugnati.
15. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Peschiera Borromeo, e, in qualità di controinteressata, Mapei Italia s.p.a.
16. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti costituite hanno depositato memorie, insistendo nelle proprie conclusioni.
17. Tenutasi la pubblica udienza in data 23 maggio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.
18. Il Collegio deve preliminarmente rilevare la sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del ricorso introduttivo che, come peraltro osservato dalla stessa ricorrente, non ha più ragion d’essere a seguito della sentenza di questa Sezione n. 1252/2012, la quale, in accoglimento di altro ricorso proposto da Idea Fimit, ha annullato il diniego di permesso di costruire impugnato in questa sede.
19. Deve essere poi dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione riguardante l’atto prot. N. 30461 del 10 novembre 2011 del Responsabile del Settore Pianificazione e Gestione del Territorio del Comune di Peschiera e la deliberazione di Consiglio Comunale di Peschiera Borromeo n. 67 del 19 dicembre 2011, in quanto rivolta avverso atti procedimentali o, comunque non direttamente lesivi della posizione di parte.
20. L’atto effettivamente lesivo è, difatti, la deliberazione di Consiglio Comunale n. 52 del 30 ottobre 2012, con la quale è stato definitivamente approvato l’annullamento parziale del P.I.I. Bellaria.
21. L’attenzione può dunque concentrarsi sui motivi che si rivolgono avverso gli atti di annullamento parziale del suddetto P.I.I., con la precisazione che può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate della parti resistenti stante l’infondatezza nel merito del ricorso.
22. Come anticipato tale annullamento è stato disposto principalmente per due ordini di ragioni. Innanzitutto si è rilevata l’incompatibilità degli interventi previsti nel P.I.I. con la disciplina normativa dettata in materia di inquinamento acustico. In secondo luogo si è accertato che la localizzazione di edifici residenziali, della scuola e del parco pubblico in zona attigua a quella ove è ubicato lo stabilimento Mapei sarebbe contraria alle disposizioni riguardanti gli impianti industriali a rischio di incedente rilevante, quale è appunto l’impianto di proprietà della stessa Mapei.
23. I provvedimenti impugnati indicano poi altre ipotesi di illegittimità, ed in particolare: a) la mancata attivazione, preliminarmente all’approvazione del P.I.I., del sub procedimento inerente la valutazione ambientale strategica; b) il mancato rispetto delle disposizioni procedimentali di cui all’art. 92 della l.r. n. 12/2005 per l’approvazione della delibera di Consiglio Comunale n. 65/2007, con cui è stata disposta una prima modifica al P.I.I.; c) l’incompetenza dell’organo, con riferimento alla delibera di Giunta Comunale n. 268/2007, con cui è stata disposta una seconda modifica al P.I.I.
24. Ciò premesso, si può ora passare all’illustrazione delle censure dedotte dalla parte.
25. Con un primo motivo viene rilevata la violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/90, in quanto l’annullamento, intervenuto a distanza di oltre cinque anni dal momento di approvazione del P.I.I., sarebbe successivo al decorso del termine ragionevole di cui alla citata norma. Mancherebbe inoltre la indicazione dell’interesse pubblico ed attuale che ha spinto l’Amministrazione ad esercitare il potere di autotutela.
26. Con altra doglianza si rileva che il Comune avrebbe disposto l’annullamento ritenendo che la ricorrente avesse tenuto un comportamento fraudolento nella rappresentazione dei dati relativi alla valutazione revisionale di compatibilità acustica mentre in realtà la stessa ricorrente avrebbe offerto una rappresentazione veritiera e comunque scevra da ogni atteggiamento fraudolento.
27. Con una terza censura si evidenzia l’errore in cui sarebbe incorso il Comune nell’affermare che la scuola materna ed il parco pubblico vadano necessariamente collocati in classe acustica I. 28. Con una quarta censura si deduce la violazione del d.P.R. n. 152/2004, in quanto l’Amministrazione avrebbe erroneamente ritenuto che, sotto il profilo della compatibilità acustica, la collocazione della scuola materna non sia adeguata, stante la sua vicinanza con una strada extraurbana (S.P. n. 159) ed il superamento dei valori limite di immissione acustica sanciti dal predetto decreto. La parte, nei quarti motivi aggiunti, depositati in data 25 gennaio 2013, sottolinea peraltro che l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto della proposta riguardante la realizzazione di misure di mitigazione, che garantirebbero un livello di rumore, all’interno degli ambienti scolastici, pari a 12,5 db, di molto inferiore a quello di cui al limite normativo.
29. Con un’altra serie di doglianze la ricorrente contesta l’ulteriore argomento fondante della delibera di annullamento: il rischio di incidente rilevante dovuto dalla vicinanza allo stabilimento Mapei.
30. In particolare viene innanzitutto contestata la sussistenza effettiva di detto rischio, rilevando che non sarebbe provata la presenza presso lo stabilimento di sostanze pericolose.
31. Viene poi rilevata la contraddittorietà fra la delibera di annullamento ed una serie di atti istruttori i quali, a dire della parte, escluderebbero la sussistenza del paventato rischio.
32. Si sottolinea infine che ogni caso, anche ammettendo la sussistenza di un rischio di incidente, la soluzione di annullamento parziale del P.I.I. sarebbe comunque illegittima, atteso che la soluzione più appropriata sarebbe quella di ingiungere a Mapei di adottare ogni accorgimento atto ad eliminare qualsiasi forma di pericolo.
33. Il Collegio ritiene che i suesposti motivi possano essere trattati congiuntamente.
34. Per ragioni di chiarezza espositiva si tratterà prioritariamente delle censure riguardanti l’inquinamento acustico. In seconda battuta saranno invece affrontate quelle afferenti il rischio da incidente rilevante.
35. Le norme fondamentali in tema di inquinamento sono contenute nella legge 26 ottobre 1995 n. 447 (recante “Legge quadro sull'inquinamento acustico”).
36. In base all’art. 6, comma primo lett. a), di tale legge, ciascun comune è tenuto a classificare il proprio territorio, suddividendolo in zone acustiche omogenee all’interno delle quali debbono essere rispettati i valori limite di immissione ed emissione rumorosa stabiliti dalla normativa regolamentare (cfr, anche art. 2 della legge n. 447/95).
37. Le classi acustiche (cui deve essere ascritta ogni singola zona comunale) ed i relativi valori limite sono stati individuati con d.c.p.m. 14 novembre 1997. In base a questo decreto sono state istituite sei classi, la prima delle quali è quella meno rumorosa.
38. Ai sensi dell’art. 4, comma primo, lett. a), della stessa legge n. 447/95, nel procedere a tale classificazione, i comuni debbono attenersi ai criteri stabiliti dalle regioni, tenendo comunque conto “delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio”, così come direttamente ed espressamente stabilito dalla stessa disposizione statale.
39. Come si vede, a fini pianificatori, è la stessa legge che impone alle amministrazioni locali di considerare lo stato di fatto, e di dare dunque rilievo alle attività già legittimamente insediate sul territorio.
40. La ratio di questa norma è quella di assicurare una ordinata e coerente classificazione, evitando che zone acustiche completamente disomogenee vengano collocate l’una accanto all’altra senza soluzione di continuità e quindi prescindendo da ogni criterio logico di gradualità.
41. L’illogicità della collocazione attigua di zone aventi classi completamente diverse deriva, infatti, dalla constatazione che il rumore legittimamente prodotto nella zona di classe più alta (nella quale sono ammesse soglie di emissione più elevate), si propaga inevitabilmente nella zona di classe più bassa, impedendo il rispetto delle soglie di immissione previste per quest’ultima e creando un problema di convivenza e di compatibilità tra aree contigue che inevitabilmente genera contenzioso analogo a quello che il Tribunale è chiamato a dirimere.
42. La giurisprudenza ha pertanto affermato che i piani comunali di zonizzazione acustica, tenendo conto delle attività già legittimamente insediate, debbono prevedere la realizzazione di zone cuscinetto e, solo se tale soluzione non è praticabile in ragione dello stato di fatto esistente, imporre piani di risanamento acustico (cfr. TAR Veneto, sez. III, 24 gennaio 2007 n. 187; TAR Lombardia Brescia, 27 maggio 2003 n. 751).
43. Nella Regione Lombardia è peraltro intervenuta la l.r. 18 agosto 2001 n. 13 (Norme in materia di inquinamento acustico) la quale, all’art. 2, comma 3, lett. a) e b), ribadisce i principi del rispetto del “preuso” e della necessità di individuazione di zone cuscinetto,
44. In attuazione di questa legge, è stata poi approvata la deliberazione di Giunta Regionale n. VII/9776 del 12 luglio 2002, con la quale sono stati dettati i criteri tecnici di dettaglio, cui i comuni si debbono attenere nell’attività di pianificazione acustica.
45. In particolare il punto 6 della delibera individua i criteri di corrispondenza tra destinazioni urbanistiche e classi acustiche, stabilendo quindi quali destinazioni funzionali urbanistiche sono compatibili con le classi acustiche istituite dal citato d.p.c.m. 14 novembre 1997.
46. Preme, peraltro, al Collegio sottolineare che tali criteri non sono assolutamente stringenti per le amministrazioni comunali: è la stessa DRG n. VII/9776 a prendere atto dell’indefettibile necessità di adeguare le proprie indicazioni alla realtà esistente.
47. Ad esempio, nel succitato punto 6, viene stabilito che i complessi scolastici e i parchi pubblici di scala urbana privi di infrastrutture per le attività sportive debbono essere collocati in classe I.
48. Aggiunge tuttavia la disposizione che “l’individuazione di zone di classe I va fatta con estrema attenzione a fronte anche di specifici rilievi fonometrici che ne supportino la sostenibilità”.
49. Ne consegue, ad esempio, che se un parco urbano (già realizzato) è inserito in un contesto ambientale particolarmente rumoroso, non necessariamente questo dovrà essere ascritto alla classe I, dovendo l’amministrazione verificare se tale classificazione sia effettivamente sostenibile.
Si può quindi dire che i criteri dettati dalla DGR sono temperati da criteri di ragionevolezza; considerando, comunque, che eventuali discrasie fra i risultati di zonizzazione acustica conseguibili mediante la stretta applicazione dei criteri ed i risultati conseguiti sulla base della concreta situazione di fatto debbono essere mitigate attraverso l’imposizione di piani di risanamento.
50. Questa considerazione offre, peraltro,, lo spunto per un’ulteriore riflessione.
51. Si deve difatti osservare, che se da un lato, è vero che la normativa non prescrive una corrispondenza biunivoca assoluta fra destinazione funzionale urbanistica e classificazione acustica, dall’altro è altrettanto vero che le amministrazioni locali non possono prescindere del tutto dai criteri forniti dalla regione.
52. In particolare, non è possibile prescindere dalle indicazioni contenute nella delibera n. VII/9776 in sede di pianificazione, quando cioè si tratta di stabilire ove allocare nuovi interventi di trasformazione urbanistica sul territorio: in tal caso, infatti, a meno che non ricorrano particolari circostanze delle quali occorre dare compiuta dimostrazione, l’autorità è tenuta ad una stretta applicazione dei criteri regionali, non essendo concepibile che anche trasformazioni future si pongano ab origine in contrasto con gli obiettivi posti dal legislatore.
53. Si dovrebbe, in tal caso , ipotizzare paradossalmente che, contemporaneamente all’approvazione del nuovo piano urbanistico, si debba procedere all’approvazione di un piano di risanamento acustico.
54. Ad evitare tale assurda interpretazione vi è, peraltro, l’art. 2, comma primo, lett. d), della l.r. n. 13/2001 il quale, nel prevedere la necessità di redazione del piano di risanamento acustico, correla tale necessità al caso di aree già urbanizzate qualora, a causa di preesistenti destinazioni d'uso, non sia possibile rispettare le previsioni normative, lasciando quindi intendere che, nell’ipotesi di nuova trasformazione urbanistica, gli obiettivi di legge vadano sin da subito conseguiti.
55. Ciò premesso va osservato che, nel caso concreto, il P.I.I. Bellaria prevede la realizzazione, quale opera di urbanizzazione correlata al progettato complesso residenziale, di un parco pubblico da collocarsi a ridosso dei muri perimetrali dello stabilimento Mapei.
56. In tale circostanza, come visto, il Comune ha ravvisato una ipotesi di illegittimità, sostenendo che il parco pubblico andrebbe collocato in zona acustica di classe I, mentre nel concreto l’area è collocata in classe acustica III e IV.
57. Il Collegio, per le motivazioni sopra esposte non può che condividere i rilievi dell’Amministrazione: trattasi infatti di pianificazione urbanistica che prevede nuovi interventi di trasformazione del territorio e che non rispetta gli obiettivi fissati dalla normativa regionale.
58. Parte ricorrente, come detto, eccepisce che il parco concretamente previsto dal P.I.I. sarà corredato da infrastrutture sportive e che, per questa ragione, esso non rientra nella previsione contenuta nella prima parte del punto 6 cit. che individua le opere da inserire in classe acustica I.
59. In proposito va rilevato che la previsione parla di “infrastrutture per le attività sportive” e si riferisce, quindi, ad opere che ospitano esse stesse attività rumorose. Ma perché ciò avvenga è necessario che le opere siano strutturalmente e funzionalmente congegnate per accogliere attività sportive che si svolgono in maniera organizzata (il riferimento è principalmente a quelle svolte dalle associazioni sportive); e che costituiscano, per tale ragione, un potenziale polo attrattivo, rilevante per coloro che praticano lo sport o assistono alle competizioni.
60. Quando invece, come nel caso in esame, le strutture sono funzionali all’espletamento delle normali attività ludiche che si praticano nei parchi, e che possono consistere anche in attività sportive svolte in maniera non organizzata, esse non sono idonee a stravolgere le caratteristiche di zona ed a farle perdere la qualifica di area in cui la quiete, e quindi una coerente classificazione acustica, rappresenta un elemento essenziale per la sua utilizzazione.
61. Nel caso in esame, è prevista, in effetti, la realizzazione nel parco di un campo di calcetto e di un campo di basket. Si tratta tuttavia, come anticipato, di strutture finalizzate ad ampliare il ventaglio delle possibilità di svago offerte dal parco stesso a coloro che vi vogliono trascorrere qualche momento di relax e non di strutture sportive a tutti gli effetti; ne consegue che esse non rilevano, quindi, ai fini della classificazione acustica di zona.
62. Il ricorrente sostiene ancora che il suddetto parco andrebbe correttamente qualificato quale piccola area verde di quartiere e che, come tale, sempre in base al punto 6 cit., dovrebbe assumere le caratteristiche della zona in cui è situato.
63. Anche questo rilievo non coglie nel segno.
64. Ritiene infatti il Collegio che per piccole aree verdi di quartiere debbano intendersi quelle aree per le quali non vi sia netta cesura con la zona urbana. Si tratta dunque di aree che vengono percepite come non estranee ma complementari all’abitato nel quale sono collocate.
65. Quando invece, come nel caso in esame, l’area presenta notevoli dimensioni (tanto che, come visto, è destinata ad ospitare un campo di calcetto ed un campo di basket) e si pone in un contesto esterno rispetto a quello abitato, allora non può più essere definita “piccola area attrezzata di quartiere”, ma vero e proprio parco, la cui funzione è proprio quella di consentire alle persone di allontanarsi dal centro urbano per trascorrere momenti di svago e relax in una zona che, per definizione, è percepita come luogo in cui dominano verde, quiete e tranquillità.
66. Va pertanto ribadita l’illegittimità della previsione di P.I.I. che, per tutte le ragioni sopra evidenziate , colloca incongruamente il parco a ridosso dello stabilimento Mapei.
67. Vale la pena precisare, inoltre, che sotto questo profilo non può parlarsi neppure di illegittimità sopravvenuta, posto che l’inclusione del parco in zona di classe acustica III e IV è avvenuta contestualmente all’approvazione del P.I.I.
68. Sempre con riferimento all’aspetto acustico, nei provvedimenti impugnati, il Comune rileva anche il mancato rispetto delle disposizioni contenute nel d.P.R. n. 30 marzo 2004 n. 42, riguardante il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare.
69. In questo caso i problemi di compatibilità riguardano esclusivamente la scuola.
70. Il Collegio in proposito osserva che, in base all’art. 1, comma primo, del citato decreto, gli obiettivi di contenimento dell’inquinamento acustico sono conseguiti mediante la previsione di fasce di rispetto correlate alle infrastrutture stradali, all’interno delle quali non possono essere superati determinati valore limite, fissati in apposita tabella allegata al testo normativo.
71. Per quanto riguarda le strade extraurbane, è previsto che queste non possano immettere negli edifici scolastici rumori superiori alla soglia di 50 db.
72. L’art. 5, comma 2, stabilisce poi che, qualora si voglia procedere all’affiancamento di un nuovo edificio ad una strada già esistente, i valori limite debbano essere sin da subito rispettati: viene quindi ribadito il concetto sopra illustrato, secondo il quale è impossibile procedere ad una pianificazione in contrasto con gli obiettivi che il legislatore ha imposto. Ed in tal senso deve essere letto anche l’art. 6, comma secondo, dello stesso d.P.R.
73. Ciò premesso va rilevato che, nel caso concreto, la scuola prevista nel P.I.I. ricade nella fascia di cui sopra con riferimento alla S.P. n. 159.
74. Va ancora rilevato che con gli accertamenti compiuti dall’ARPA, i cui verbali sono depositati in atti, si è verificato che la collocazione della scuola, effettuata con il P.I.I., è incompatibile con i valori limite stabiliti dalla tabella allegata al d.P.R. n. 42/2004.
75. Deve essere quindi condivisa la valutazione compiuta dall’Amministrazione, la quale, con le delibere di annullamento qui impugnate, ha ravvisato la suddetta ipotesi di illegittimità.
76. A contrario parte ricorrente eccepisce che il Comune di Peschiera Borromeo avrebbe omesso di considerare che il predetto limite sarebbe rispettato qualora venissero eseguite le opere di mitigazione da essa proposte in data 11 luglio 2012.
77. Tale argomentazione tuttavia non può ritenersi decisiva giacché, in primo luogo, la proposta di opere di mitigazione non esclude ma conferma che le previsioni di P.I.I., così come approvato con delibera di C.C. n. 52/2007, non sono compatibili con il d.P.R. n. 42/2004.
78. In secondo luogo non è affatto dimostrato che la ricorrente abbia effettivamente sottoposto la suddetta proposta all’attenzione del Comune in data 11 luglio 2012 (e quindi prima dell’approvazione definitiva della delibera di annullamento impugnata): dal documento n. 19 di parte ricorrente si evince invero che della proposta si è sì fatto cenno nel documento depositato in data 11 luglio 2012, ma si evince anche che la proposta è stata subito accantonata dallo stesso tecnico di parte, il quale nella propria relazione afferma testualmente “nel caso specifico, data la rilevante distanza fra edificio scolastico e SP 159, per ridurre il livello di facciata al valore di 50 db (…), sarebbe necessario realizzare una barriera acustica di altezza non inferiore a 4 metri. L’impatto ambientale e visivo di tale opera non è proponibile (a meno che l’Amministrazione Comunale non sia di contrario avviso)…”.
79. Non si può quindi rimproverare al Comune di non aver valutato una proposta (peraltro di rilevantissimo impatto territoriale) che lo stesso proponente ha considerato non seriamente percorribile.
80. Non colgono poi nel segno i rilievi formali sollevati dall’interessata.
81. Per ciò che concerne la dedotta mancata evidenziazione del vizio in esame nell’atto di avviso di avvio del procedimento, va difatti osservato che la parte è stata comunque informata della possibile sussistenza dello stesso vizio prima dell’approvazione degli atti impugnati, tanto che questa, come visto, nella propria memoria procedimentale dell’11 luglio 2012, ha controdedotto anche con riferimento a tale aspetto.
82. Per quanto riguarda invece i presunti vizi riguardanti gli accertamenti compiuti dal tecnico incaricato dall’Amministrazione, si deve rilevare la loro inconferenza, posto che la funzione di tale incarico era quella di offrire ulteriore conforto all’Amministrazione sulle decisioni da assumere; e che le conclusioni cui il tecnico è pervenuto sono identiche a quelle cui è giunta l’ARPA (organo ritenuto competente dall’interessata).
83. Prima di concludere sul punto deve essere osservato che non può mettersi in dubbio la circostanza che l’incompatibilità della scuola con le norme di cui al d.P.R. n. 4272004, fosse già sussistente al momento dell’approvazione del P.I.I. poi annullato: decisiva in tal senso è la circostanza che la SP n. 159 era già presente in loco e che la stessa non ha subito interventi di modifica nel corso di questi ultimi anni.
84. Va pertanto ribadita la correttezza delle valutazioni compiute dal Comune di Peschiera Borromeo.
85. Da quanto sopra risulta dunque dimostrata la sussistenza della violazione delle disposizioni in materia di contrasto all’inquinamento acustico e, dunque, l’illegittimità, sotto tale profilo, del P.I.I. Bellaria.
86. Si può pertanto prescindere dal vaglio delle altre ipotesi di illegittimità, riferite sempre alla normativa sull’inquinamento acustico, rilevate dal Comune negli atti di annullamento in autotutela e confutate da parte ricorrente.
87. Deve ora passarsi all’esame delle censure riferite al rischio di incidente rilevante.
88. Il legislatore italiano ha disciplinato la materia riguardane i rischi introdotti dalle aziende che esercitano attività pericolose con il d.lgs. 17 agosto 1999 n. 334.
89. Stabilisce l’art. 5, comma primo, di questo decreto che i gestori delle suddette aziende sono obbligati “…a prendere tutte le misure idonee a prevenire gli incidenti rilevanti e a limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente…”.
90. In base alla norma, dunque, il primo principale soggetto tenuto a attuare tutte le misure di sicurezza necessarie per elidere o, almeno, attenuare il rischio è colui che gestisce lo stabilimento.
91. Ai fini che qui interessano va però richiamato anche l’art. 14 del suddetto testo normativo.
92. Stabilisce in particolare il primo comma di tale disposizione che, entro sei mesi dalla sua entrata in vigore, deve essere adottato un decreto ministeriale il quale stabilisca, per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante, i “…requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, con riferimento alla destinazione e utilizzazione dei suoli che tengano conto della necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali nonché degli obiettivi di prevenire gli incidenti rilevanti o di limitarne le conseguenze…”.
93. Come si vede la norma, pur demandando ad un decreto ministeriale la fissazione dei criteri da seguire in sede di pianificazione urbanistica, detta essa stessa un criterio: la necessità di mantenere opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali.
94. In tal senso è anche il comma 5 bis dello stesso art. 14, introdotto dall’art. 8 del d.lgs. 21 settembre 2005, n. 238, il quale prevede che nelle zone interessate dagli stabilimenti a rischio di incidente rilevante “…gli enti territoriali tengono conto, nell'elaborazione degli strumenti di pianificazione (…) della necessità di prevedere e mantenere opportune distanze tra gli stabilimenti e le zone residenziali, gli edifici e le zone frequentate dal pubblico…”.
95. Va infine richiamato il d.m. 9 maggio 2001 il quale, in applicazione del citato comma primo del d.lgs. n. 334/99, individua i requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da rischio d incidente rilevante.
96. Stabilisce in particolare l’Allegato a tale decreto che, nell’attività di pianificazione urbanistica, il Comune deve tenere in considerazione l’esistenza di stabilimenti che comportano rischio di incidente rilevate; e che, prima di disporre varianti che comportino la possibilità di insediare interventi in prossimità di detti stabilimenti è necessario “…valutare la situazione di rischio presente e la possibilità di rendere o meno compatibile la predetta iniziativa”.
97. Una importante considerazione che il Collegio deve svolgere, sulla base della lettura delle norme illustrate, è la seguente: da un lato è necessario che il gestore dello stabilimento adotti tutte le misure di sicurezza che la tecnica prescrive per ridurre al minimo o, se possibile, elidere il rischio di incidente; da altro lato tuttavia gli enti locali, nella loro attività di pianificazione, sono comunque obbligati a valutare il rischio e prevedere, ove necessario, opportune distanze fra detti stabilimenti e le zone residenziali, e ciò indipendentemente dal grado di sicurezza raggiunto dallo stabilimento a seguito della adozione delle misure di attenuazione del rischio adottate dal gestore.
98. Tale considerazione si basa, oltre che dalla lettura sistematica delle disposizioni, dalla ovvia constatazione che, in caso di esercizio di attività pericolose, il rischio di incidete non si può mai azzerare del tutto; e che quindi è possibile che l’incidente si verifichi ancorché siano state adottate tutte le misure suggerite dalla tecnica.
100. Va richiamato in proposito l’insegnamento della giurisprudenza la quale ha affermato che l’autorizzazione di interventi di trasformazione edilizia od urbanistica da realizzare in prossimità di stabilimenti a rischio di incidente rilevante presuppone una necessaria e doverosa valutazione di compatibilità della successiva iniziativa interessante l’ambito (cfr. T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 28 dicembre 2009 n. 1350).
101. Ciò chiarito in punto di diritto, va rilevato, in punto fatto, che il Comune di Peschiera ha dimostrato (in proposito si rinvia alla copiosa documentazione depositata in atti), mediante approfondite indagini, che presso lo stabilimento Mapei è allocato un deposito di perossidi (sostanza pericolosa che potrebbe potenzialmente esplodere); e che, in caso di esplosione, si potrebbe verificare una rottura vetri delle finestre allocate negli edifici adibiti a scuola e residenza previsti dal P.I.I.
102. E’ evidente dunque l’illegittimità della previsione urbanistica recata da tale piano che, in variante al vigente strumento generale, ha assentito la realizzazione di siffatti interventi, senza verificare e quindi trascurando l’analisi del rischio anzidetto e le sue implicazioni sotto i profili della sicurezza dell’insediamento residenziale a fronte della sua contiguità allo stabilimento Mapei.
103. Le contestazioni mosse da parte ricorrente contro le conclusioni del Comune sono, per quanto riguarda l’aspetto sostanziale, del tutto generiche e non suffragate da adeguato supporto probatorio (la parte, del resto, non pare avere i mezzi per confutare quanto affermato dall’Autorità con riferimento ad una situazione di fatto interna allo stabilimento Mapei); per quanto riguarda invece l’aspetto formale, muove una serie di rilievi che tuttavia non colgono nel segno.
104. Innanzitutto viene contestata la competenza del CTR ad esprimere parere in merito alla possibilità di insediare nuove interventi mediante atti di pianificazione urbanistica, invocando al riguardo l’art. 7 della l.r. n. 19/2001. In proposito, si deve tuttavia osservare che tale norma non disciplina la pianificazione urbanistica ma l’attività di controllo da svolgersi sugli stabilimenti esistenti.
105. In secondo luogo viene dedotta l’illegittima composizione del CTR il quale, per esprimere il parere richiesto dal Comune, sarebbe stato integrato da tre rappresentati comunali. Al riguardo va rilevato che, dal verbale del 17 maggio 2011 (cfr. doc. 2 di parte ricorrente), risulta che, conformemente a quanto previsto dall’art. 19, del d.lgs. n. 334/99, il CTR è stato integrato da un solo rappresentate comunale, e che gli altri soggetti indicati dalle parte hanno soltanto assistito ai lavori.
106. Infine viene rilevata la sussistenza di una falsa rappresentazione dei presupposti (assenza di variante urbanistica) e l’errata applicazione analogica del r.d. n. 635/49. Tali rilievi sono del tutto inconferenti in quanto, come anticipato sopra, il Comune, a seguito di approfondite analisi (si veda in proposito la relazione tecnica dell’ing. Barone in data 11 aprile 2011) ha dimostrato la sussistenza del suddetto rischio di rottura vetri; e ciò è già di per sé decisivo per escludere l’assentibilità degli interenti previsti nel P.I.I. Bellaria.
107. Al riguardo va poi osservato che la ricorrente non può invocare la necessità di imporre a Mapei, in luogo all’annullamento del Piano, l’adozione di ulteriori misure di mitigazione del rischio (così come pure suggerito dal consulente comunale) atteso che, da un lato, non è stata dimostrata alcuna violazione da parte di Mapei delle disposizioni dettate in materia di sicurezza; e che, come dimostrato sopra, il divieto di assentire costruzioni in prossimità di stabilimenti a rischio di incidente rilevante sussiste, comunque, anche nel caso in cui tutte le misure di attenuazione del rischio siano state in concreto adottate. Non hanno pertanto pregio le argomentazioni che fanno leva sul principio del “chi inquina paga” e dell’”estoppel” richiamati da parte ricorrente.
108. Si deve poi aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte, non è dimostrato che il rischio sopra illustrato non fosse presente al momento di approvazione del Piano; mentre il Comune ha adeguatamente dimostrato il contrario, confortato in tale senso dalle dichiarazioni rilasciate dal soggetto che meglio è in grado di descrivere la situazione di fatto e cioè da Mapei s.p.a. (la quale ha precisato che il deposito di perossidi è sempre stato allocato ove lo è attualmente).
109. Un solo aspetto, in realtà non è stato chiarito, ma si tratta di questione che impegna la responsabilità penale di Mapei e dell’amministrazione comunale che eventualmente non abbia verificato la sussistenza di tale necessario presupposto: e precisamente se Mapei disponga dell’autorizzazione prevista dalla legge per utilizzare il manufatto in questione come deposito di perossidi, nella misura massima di 500 Kg atteso che anche se i perossidi non rientrano tra gli esplosivi , nondimeno essi sono classificati come sostanze pericolose, anche in ragione della quantità del loro stoccaggio.
110. Il fatto che Mapei possieda una autorizzazione dei VV.FF. per i rischi di incendio non equivale, infatti, al possesso dell’autorizzazione al deposito del materiale ivi stoccato né pone la stessa Mapei nella condizione di pretendere che l’assunzione del rischio sia traslata su altri soggetti in base al principio della prevenzione.
111. Tuttavia, il fatto che tale autorizzazione sussista o meno, ferme le responsabilità di ogni ordine che da ciò conseguono, non esclude che lo stabilimento Mapei, per le ragioni già viste e correttamente valutate dal Comune di Peschiera Borromeo, integri una struttura industriale pericolosa e inquinante, sotto il profilo delle emissioni rumorose e delle sostanze pericolose ivi trattate, rispetto alla quale struttura è assolutamente opportuno se non necessario, distanziare insediamenti abitativi e impianti o aree di pubblica fruizione, sia per il rispetto dei limiti di legge che ineriscono a tali insediamenti e alle relative emissioni, sia per ragioni di precauzione oltre che di corretta pianificazione del territorio, che l’amministrazione deve perseguire con priorità rispetto ad ogni altro interesse di diversa e recessiva natura.
112. Vanno pertanto condivisi i rilievi dell’Amministrazione, secondo la quale il P.I.I. è stato approvato in violazione delle disposizioni normative dettate in materia di rischio da incidente rilevante.
113. Dalle considerazioni fin qui svolte si deduce che i più importanti vizi di legittimità riscontrati dal Comune negli atti di annullamento qui impugnati sono effettivamente sussistenti e che, dunque, il primo presupposto per disporre l’annullamento in autotutela è stato integrato.
114. Ciò detto, ci si deve chiedere se il potere di autotutela sia stato esercitato entro convenienti limiti di tempo (ammesso che ciò abbia rilievo in presenza di un progetto non ancora attuato) ovvero se, come sostenuto dalla parte, questo sia intervenuto successivamente al decorso del termine ragionevole di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241/90.
115. Ritiene il Collegio che anche per questo profilo l’Amministrazione abbia agito correttamente, in quanto la valutazione della ragionevolezza del termine non può prescindere dalla consistenza dell’interesse pubblico perseguito con l’esercizio del potere di autotutela.
116. Nel caso concreto, l’interesse pubblico perseguito riguarda la salute e la sicurezza delle persone; si può pertanto ammettere che l’annullamento possa intervenire a anche distanza di anni (considerato anche che il Comune ha comunque adeguatamente tutelato l’interesse degli operatori disponendo un annullamento solo parziale).
117. Si può pertanto concludere affermando che i motivi in esame sono tutti infondati e che, quindi, il potere di annullamento, sotto i profili sin qui esaminati, è stato correttamente esercitato dal Comune.
118. Quanto ai motivi residui e in particolare al motivo (quinto) con cui la ricorrente deduce, l’irragionevolezza dell’estensione dell’annullamento alla parte del P.I.I. riguardante il Lotto residenziale 2, atteso che il tecnico comunale, nella propria relazione del del 10 novembre 2011 aveva proposto di annullare solo le parti che riguardavano la scuola materna ed il parco pubblico, il Collegio ritiene la doglianza infondata per due ordine di ragioni.
119. Innanzitutto in quanto, come si è visto, il rischio di incidente per incendio o esplosione del deposito di perossidi interessa tutto il comparto compresi quindi i lotti residenziali in questione. In secondo luogo perché la mancata realizzazione del parco e della scuola materna dovrebbe determinare, di per sé, l’impossibilità di realizzazione anche delle residenze, in tal modo private delle indefettibili opere di urbanizzazione che le rendono urbanisticamente compatibili: il mancato annullamento dell’intero piano è dipeso, infatti, come anticipato, dalla necessità di salvaguardare l’interesse degli operatori e degli acquirenti degli immobili ormai edificati e dal fatto che i lotti già realizzati sono posti a distanza maggiore e che per essi la valutazione dei rischi è più articolata e comunque subordinata a possibili interventi di mitigazione e di messa in sicurezza.
120. La domanda di annullamento deve essere, pertanto, respinta.
121. Il rigetto della domanda di annullamento comporta poi anche il rigetto della domanda risarcitoria che si fonda sull’assunto della sussistenza di tale illegittimità.
122. In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso deve essere respinto.
123. La complessità delle questioni trattate induce il Collegio a disporre la compensazione, fra le parti, delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore
Concetta Plantamura, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)