TAR Piemonte, Sez. I, n. 323, del 21 febbraio 2014
Urbanistica.Definizione di costruzione
E’ "costruzione" qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 00323/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01389/2007 REG.RIC.
N. 01390/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti, numeri di registro generale 1389 e 1390 del 2007, proposti da:
Adriana Demonti e Gabriele Grandi, rappresentati e difesi dall'avv. Carlo Ranaboldo, con domicilio eletto presso Riccardo Ludogoroff in Torino, corso Montevecchio, 50;
contro
Comune di Fontanetto Po, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Greppi, Paolo Monti e Giorgio Razeto, con domicilio eletto presso Antonio Fiore in Torino, corso Alcide De Gasperi, 21;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1389 del 2007:
dell'ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 31 D.P.R. 380/01, assunta dal responsabile edilizia privata-urbanistica del Comune di Fontanetto Po, n. 12/07 del 3.08.07 prot. 3441, notificata il 7.08.07, in parte qua del verbale della commissione edilizia comunale n. 4 del 25.07.07, allegato alla predetta ordinanza, nonchè di ogni altro atto preordinato, consequenziale e, comunque, collegato ai provvedimenti di cui si chiede l'annullamento, con particolare riferimento all'ordinanza n. 1/07 del responsabile edilizia privata-urbanistica del Comune di Fontanetto Po e alla comunicazione 25.05.07 prot. 2179 sempre del responsabile edilizia privata-urbanistica del Comune di Fontanetto Po..
quanto al ricorso n. 1390 del 2007:
in parte qua dell'ordinanza del responsabile edilizia privata-urbanistica del Comune di Fontanetto Po n. 12/07 del 3.08.07 prot. 3441, notificata il 7.08.07, in parte qua del verbale della commissione edilizia comunale n. 4 del 25.07.07, allegato alla predetta ordinanza, e del permesso di costruire n. 16/07 del 28.07.07, portanti sanatoria di abusi edilizi; nonchè delle determinazioni delle stesso responsabile edilizia privata-urbanistica del Comune di Fontanetto Po 28.07.07 n. 24/2007 di pratica edilizia, notificata il 1°.08.07, e 29.09.07 prot. 4192, notificata il 9.10.07, portanti determinazione degli oneri, nonchè di ogni altro atto preordinato, consequenziale e comunque collegato ai provvedimenti di cui si chiede l'annullamento..
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fontanetto Po;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2014 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti sono proprietari di un fondo sito in Fontanetto Po, Corso Montano 1 – B, sul quale sono state rilevate, nel corso di un sopralluogo in data 9 dicembre 2006, numerose opere abusive ad uso deposito e magazzino (dettagliatamente indicate nel verbale di sopralluogo), realizzate senza titolo autorizzativo.
Le stesse sono state oggetto di una successiva ordinanza di demolizione (n. 1 del 17 gennaio 2007).
È stata quindi avanzata dai ricorrenti istanza di sanatoria in data 21 aprile 2007, accolta dall’amministrazione comunale limitatamente ai manufatti F-G-H-I-L e negata per i rimanenti fabbricati A-B-C-D-E-M.
Il motivo del diniego si fonda sul contrasto di tali ultimi interventi con le norme sulle distanze dalle strade e dai confini. In particolare:
a) i manufatti B-C-D-E-M risulterebbero posti a confine e perciò non nel rispetto della distanza di 5,00,mt dalla strada comunale Chiovenda, prescritta dall'art. 11, punto A.2 delle n.t.a.;
b) il manufatto A, posto anch'esso a confine, non rispetterebbe la distanza di 5,00 mt dal confine dalla proprietà vicina, disposta dalla lett. b) n. 1 dell'art. 22 quater delle n.t.a..
L'amministrazione comunale, con ordinanza n. 12 del 03 agosto 2007, ha quindi ordinato l'abbattimento dei manufatti non sanati. Il provvedimento è stato impugnato con il ricorso rubricato al numero di R. G. 1389/2007.
2. Con un unico articolato motivo - per violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 31 e dell’art. 3 comma primo lett. e.6 e lett. e.1 del DPR 6 giugno 2001 n. 380. Eccesso di potere per illogicità, travisamento e mancanza dei presupposti - i ricorrenti hanno contestato la motivazione dell’atto impugnato, sostenendo che: a) gli interventi sanzionati non sarebbero soggetti a permesso di costruire in quanto non qualificabili come costruzioni ma come manufatti pertinenziali. La tesi viene argomentata con riferimento all’art. 3 comma 1 lett. e.6 del DPR 380/2001, che considera nuove costruzioni i manufatti pertinenziali solo qualora siano qualificati tali dalle N.T.A. o qualora realizzino un volume superiore al 20% di quello principale. Si fa rilevare, in proposito, che le tettoie aperte su tutti i lati non costituiscono volumetria; che i restanti manufatti abusivi esprimono un volume inferiore al 20% dell’esistente e che lo strumento urbanistico comunale non qualifica le opere pertinenziali in esame alla stregua di nuove costruzioni. Anche l’autorimessa andrebbe qualificata come manufatto pertinenziale, alla luce della legislazione vigente che ascrive tale tipo di opera agli standards urbanistici obbligatori a servizio degli immobili residenziali; b) non potendosi configurare costruzioni o “muri di fabbrica”, non sarebbe applicabile la disciplina sulle distanze prevista alla lett. b) n. 1 dell'art. 22 quater delle n.t.a.; c) nel caso specifico dei manufatti B-C-D-E-M, poi, la strada assunta a riferimento sarebbe di proprietà privata, quindi esente dall’osservanza di fasce di rispetto.
3. In relazione alle opere sanate, con una seconda impugnativa (R.G. n. 1390/2007) è stata censurata la determinazione del contributo di costruzione (prot. 3379/07 del 28 luglio 2007). Nello specifico i ricorrenti: a) sostengono sul punto che le opere assentite non sarebbero qualificabili come nuove costruzioni ma come semplici pertinenze soggette ad obbligo di denuncia di inizio attività (d.i.a.) e, pertanto, non gravate da oneri di contributo; b) invocano, in subordine, l’applicazione dell’art. 17 D.P.R. 380/2001, che esenta dal contributo di costruzione l’ampliamento volumetrico dell’edificio principale unifamiliare non superiore al 20%; c) sostengono, infine, che in relazione al manufatto F (autorimessa), previsto nel PEC e nella relativa convenzione, sarebbe già stato assolto l’onere di contributo, che quindi non potrebbe essere richiesto una seconda volta.
4. A seguito della costituzione in giudizio del Comune di Fontanetto Po, è stata accolta l’istanza di sospensiva relativa al ricorso R.G. 1389/2007 e respinta quella riferita al ricorso R.G. 1390/2007.
Dopo l’acquisizione di documentati chiarimenti da parte dell’amministrazione resistente, i ricorsi sono pervenuti alla pubblica udienza del 6 febbraio 2014 e, all’esito della discussione, sono stati trattenuti in decisione.
5. I profili di connessione soggettiva e oggettiva ne consigliano in questa sede la trattazione unitaria.
6. Il primo motivo dedotto con il ricorso iscritto ad R.G. 1389/2007 si fonda sull’assunto per cui le opere sanzionate sarebbero escluse dall'applicazione della disciplina sulle distanze, in quanto non catalogabili come nuove costruzioni soggette a permesso di costruire, ma come manufatti pertinenziali: il che escluderebbe l’applicazione dell’art. 31 DPR 380/2001, in quanto disposizione riferita a interventi eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire.
6.1 La doglianza non pare pertinente.
Secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall'art. 873 e ss. c.c. e dalle norme dei regolamenti integrativi della disciplina codicistica, è "costruzione" qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione (Cass. civ. sez. II, 03 gennaio 2013, n. 72; id., sez. II, 22 febbraio 2011, n. 4277; id., sez. II, 4 ottobre 2005 , n. 19350).
6.2 Le opere per cui è causa, come riportate nel verbale di sopralluogo e nella documentazione fotografica in atti, emergono dal suolo e presentano oggettivi e incontestati caratteri di solidità, stabilità e immobilizzazione, oltre che di consistenza e di rilevanza volumetrica, che certamente valgono ad ascriverle al genus delle costruzioni soggette alla disciplina delle distanze.
6.3 D’altra parte, alla disciplina delle distanze non si sottraggono neppure le tettoie aperte su tutti i lati, anche queste essendo incluse nel sopra delineato concetto di "costruzione" (Cass. civ. sez. II, 14 marzo 2011, n. 5934; id., 29 dicembre 2005, n. 28784).
6.4 Ne viene che sotto tutti i profili considerati, l’inosservanza delle distanze costituisce fondata ragione di diniego della sanatoria.
7. Appare inconferente anche il secondo profilo di censura.
7.1 Ai sensi dell’art. 3 comma primo lett. e.6 e lett. e.1 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, sono "interventi di nuova costruzione", i manufatti pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualificano come “di nuova costruzione”, o che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale.
7.2 Traendo spunto dalla citata disposizione, i ricorrenti sostengono che la mancata integrazione delle due condizioni sopra richiamate (la qualificazione espressa come nuova costruzione da parte delle NTA e la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale) renderebbe le opere in questione non classificabili come “nuove costruzioni” e quindi non soggette al permesso di costruire.
7.3 In dissenso dai riportati rilievi si osserva che l'art. 3, comma 1, lett. e.6, del D.P.R. n. 380 del 2001 va inteso nel senso che il rilascio del permesso non è normalmente necessario per la realizzazione di opere pertinenziali, se non nei casi specifici individuati dalla norma (T.A.R. Piemonte, sez. II, 09 maggio 2013, n. 590; Cons. St., sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6493).
Ciò che si richiede, tuttavia, ai fini dell’esenzione dal previo rilascio del titolo edilizio, è la natura pertinenziale dell’opera. Detto requisito nella specie non sussiste.
7.4 Va rimarcato al riguardo come la giurisprudenza amministrativa delinei una nozione di pertinenza edilizia divergente dall'accezione civilistica e più ristretta di quest'ultima, circoscrivendola a quei manufatti di proporzioni tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio, cioè di dimensioni modeste e ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono; deve inoltre trattarsi di opere preordinate ad una esigenza necessaria dell'edificio principale (Cons. St., sez. V, 01 dicembre 2003, n. 7822; id., sez. V, 13 giugno 2006, n. 3490; T.A.R. Basilicata, sez. I, 24 gennaio 2009, n. 1), oltre che funzionalmente ed oggettivamente inserite al servizio dello stesso. Tale nozione riguarda, quindi, soltanto opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che dal punto di vista delle dimensioni e della funzione si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale (T.A.R. Emilia Romagna, sez. II, 5 novembre 2008, n. 4473) e non siano quindi coessenziali alla stessa (T.A.R. Napoli, sez. IV,n 15 settembre 2008, n. 10138).
7.5 Della destinazione funzionale e della secondarietà dei manufatti in parola rispetto ad un altro che si assuma come principale, la parte interessata deve fornire una prova adeguata (T.A.R. Piemonte sez. I, 04 settembre 2009, n. 2247).
7.6 Nel caso di specie, la relazione pertinenziale è stata solo genericamente evocata dalla parte ricorrente, ma non ne è stata fornita alcuna puntuale e persuasiva dimostrazione.
Invero, il provvedimento impugnato, che sembra riportare fedelmente il contenuto del presupposto verbale di sopralluogo, nulla rappresenta circa una presunta preesistenza ai manufatti in causa di un immobile principale. E del resto la parte stessa parte ricorrente non fornisce in nessuno suo scritto indicazioni stringenti, né in ordine alla determinazione dell'immobile principale (nell'area sono infatti presenti due edifici, uno adibito ad abitazione e l'altro ad attività produttiva, e non è chiaro di quale immobile sarebbero pertinenza i manufatti sanati); né con riguardo all’oggettivo nesso strumentale e funzionale con la cosa principale (i manufatti risultano preordinati a ripostiglio, deposito e magazzino in modo assolutamente generico, e quindi tale da non permettere in modo oggettivo l'individuazione della destinazione strumentale alle esigenze anche di uno solo dei due immobili).
7.7 Resta da aggiungere che tanto la superficie (pari a 136,71 mq) e il volume totali (398 mc), quanto le dimensioni dei singoli manufatti, palesano l’insussistenza di caratteri compatibili con la descritta relazione pertinenziale. E’ stato rilevato, infatti, che ciò che più conta, ai fini della corretta spendita della nozione di “pertinenza”, è "l'impegno visivo" dell'opera, ossia la sua concreta idoneità ad incidere sulla trasformazione del suolo (cfr. T.A.R. Catania, sez. I, 27 settembre 2010, n. 3847; T.A.R. Piemonte, sez. II, 09 maggio 2013, n. 590). Ora, alla stregua della documentazione fotografica in atti e dei dati volumetrici recepiti nei verbali e negli atti di causa, è di tutta evidenza che le opere in questione presentano una consistenza volumetrica incongrua con l’invocata loro qualificazione accessoria e strumentale.
7.8 Dovendosi pertanto escludere la natura pertinenziale degli immobili contestati, resta confutata – anche sotto questo riguardo - l’argomentazione volta ad contrastare l’obbligo di osservanza delle distanze legali.
8. Il terzo profilo di censura attiene alla contestata natura pubblica della strada, dalla quale dovrebbe calcolarsi la distanza dei 5,00, mt, ai sensi dell'art. 11, punto A.2 delle n.t.a..
Il vincolo distanziale rileva per i manufatti B-C-D-E-M. La parte ricorrente sostiene che la strada dal cui ciglio dovrebbero dipartirsi il margine dei 5 metri è di proprietà privata, e come tale è esente da qualsiasi fascia di rispetto. Ciò si desumerebbe dal fatto che la cartografia del P.R.G. non classifica la strada come pubblica.
La parte resistente, per contro, fa rilevare come la strada in questione sia da tempo inserita nell’elenco delle vie comunali, sub 46, con la denominazione “strada comunale Chiovenda”.
8.1 A chiarimento sui limiti della giurisdizione del giudice amministrativo in subiecta materia, occorre ricordare che l'inserimento di una via nell'elenco delle vie pubbliche non ha alcuna valenza provvedimentale, trattandosi di mero atto ricognitivo di una situazione di fatto di cui è presupposta una posizione dominicale (proprietà o servitù di uso pubblico), la cui cognizione è pacificamente devoluta al giudice ordinario. Una cognizione incidentale sulla classificazione pubblica o privata di una via è consentita al giudice amministrativo solo ove finalizzata alla risoluzione di un contenzioso avente ad oggetto in principalità un provvedimento amministrativo (si pensi all'ipotesi in cui la classificazione della via rilevi al fine di valutare la legittimità di un titolo edilizio rilasciato in relazione a quella particolare area).
Ove, per contro, la controversia sia in realtà volta a stabilire la sussistenza di un diritto di proprietà o di una servitù di uso pubblico, l'oggetto della controversia è devoluto alla cognizione del giudice ordinario.
Nel caso di specie risulta evidente che oggetto di impugnazione è un provvedimento amministrativo e che la parte ricorrente ha interesse a che si riconosca la sussistenza della natura privata della via solo in funzione della declaratoria di illegittimità dell’atto impugnato.
Considerato, quindi, il petitum sostanziale della pretesa azionata, non può che rilevarsi che il medesimo è devoluto alla cognizione del giudice amministrativo.
8.2 La confutazione della natura pubblica della strada discenderebbe, secondo i rilievi della parte ricorrente, dal dissidio tra la descrizione contenuta nell’elenco delle strade comunali (“dalla strada comunale due Fonne - n. 45 - si dirige verso giorno e poi svolta verso mattino”) e l’effettivo andamento del tracciato che cinge la proprietà ricorrente, il quale svolta (non già vero mattino ma) verso sera.
L’argomento, tuttavia, non appare decisivo, per una serie di considerazioni che di seguito si vanno a esporre.
Innanzitutto, il tracciato in questione, come riportato sulle mappe, nel suo primo tratto si indirizza verso giorno (est), poi svolta verso mattino (sud) e solo nel suo ultimo tratto si orienta verso sera (ovest). La descrizione contenuta nell’elenco delle strade comunali è quindi parziale o imprecisa, ma non del tutto incoerente con la conformazione effettiva della strada.
Ciò che più conta, poi, è che tanto la larghezza (3 mt) quanto la lunghezza (240 mt) della strada (riportate nel citato elenco), non sono state contestate come inveritiere da parte ricorrente e pertanto, per quanto consta, corrispondono a quelle del tracciato effettivamente confinante con il mappale 74.
Ancora, appare di rilievo il fatto che non sia stata fornita alcuna indicazione plausibile circa l’esistenza di ulteriori tracciati viari eventualmente confondibili con quello per cui è causa e ai quali potrebbe attagliarsi la descrizione contenuta al sub 46 nell’elenco delle vie comunali.
8.3 Ferme le considerazioni che precedono, l’argomento decisivo a favore della sussistenza del limite distanziale lo si ricava dal fatto che nella stessa cartografia allegata al PRG la strada in questione è indicata come “vicinale”, e su questa definizione minima paiono concordare le stesse parti contendenti. A ciò si aggiunge il dato, suffragato, almeno in via presuntiva, dalle stesse allegazioni delle parti e dagli elementi descrittivi versati in atti, dell’assoggettamento ad uso pubblico della strada (cfr. Cass. civ., sez. II, 10 ottobre 2007, n. 21245). In tal senso rileva il fatto che lungo il suo tracciato non si riscontrino opere di interclusione al libero passaggio; che quindi la stessa conformazione del tracciato rende plausibile la sua libera percorrenza a vantaggio della collettività; che, infine, non vi siano tracce di attività di gestione o di manutenzione della strada riconducibili ad iniziative e interessi privati. Non sussistono elementi, pertanto, per ipotizzare che la strada rientri nell’esclusiva disponibilità dei proprietari dei fondi antistanti, sì da configurarsi come strada vicinale preclusa all’accesso pubblico.
Dai dati evidenziati, si desume al contrario l’assoggettamento della strada all’uso pubblico, dal che consegue il suo legittimo inserimento nel sistema viario cittadino preso in considerazione dalle N.T.A. ai fini della regolamentazione delle fasce di rispetto.
8.5 A questa conclusione si perviene in ragione del consolidato orientamento interpretativo che predica l’equiparazione delle strade vicinali assoggettate a pubblico transito alle strade pubbliche in senso proprio, per ciò che concerne l’assoggettamento alla disciplina delle distanze dalle costruzioni (Cass. civ. sez. II, 19 febbraio 1993, n. 2025; Id. 12 febbraio 1994, n. 1429; id 27 dicembre 2011, n. 28938).
Nello stesso senso depone l’art. 11 delle N.T.A. del P.R.G.C., il quale, nell’imporre l’osservanza della fascia di rispetto dalle pubbliche vie, fa riferimento a tutte le strade appartenenti alla rete viaria di interesse pubblico, siano esse di proprietà pubblica o semplicemente subordinate all’uso pubblico. Sicché anche una strada vicinale assoggettata ad uso pubblico, in quanto rilevante ai fini della fruizione collettiva, deve intendersi assoggetta al regime della fasce di rispetto.
9. In conclusione, dovendosi riconoscere la vincolatività del limite distanziale non rispettato, va respinta la dedotta illegittimità delle determinazioni provvedimentali impugnate. Il ricorso iscritto ad R.G. 1389/2007 non può quindi trovare accoglimento.
10. Nel procedimento iscritto ad R.G. 1390/2007, viene in rilievo il permesso di costruire n. 16/07 del 28 luglio 2007, con il quale è stata concessa la sanatoria in relazione ai manufatti F-G-H-I-L; nonché il provvedimento prot. n. 3379/2007, di pari data, con il quale sono stati determinati gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione.
Avverso detti atti sono state formulate tre censure.
I) La prima mira ad affermare l’insussistenza dell’obbligo di pagamento degli oneri, in quanto tutte le opere sanate sarebbero qualificabili come mere pertinenze, come tali non soggette al regime oneroso del permesso di costruire ma a quello gratuito della D.I.A..
Viene nuovamente invocato in tal senso l’art. 3 lettera e.6) del DPR 380/2001, per sostenere che, trattandosi di opere pertinenziali, che non danno vita a nuova costruzione, mancherebbe il presupposto dell’applicazione del contributo di costruzione.
II) Con la seconda censura i ricorrenti invocano l’applicazione dell’art. 17 D.P.R. 380/2001, il quale esenta dal contributo di costruzione l’ampliamento volumetrico dell’edificio principale unifamiliare non superiore al 20%.
III) Con la terza censura si sostiene che in relazione al manufatto F (autorimessa), previsto nel PEC e nella relativa convenzione, sarebbe stato già assolto l’onere di contributo che quindi non potrebbe essere richiesto una seconda volta.
11. Va premessa una breve descrizione dei manufatti indicati alle lettere F-G-H-I-L.
- Il manufatto F è un immobile costruito su struttura in legno, con pareti e tetto dello stesso materiale e copertura in lastre ecologiche in finto coppo antichizzato, adibito per una superficie di 20 mq a deposito e per i rimanenti 59 mq a ricovero autovetture. La struttura presenta dimensioni di 13,00 m x 6,00 m, per una superficie coperta di circa 78 mq e una volumetria di 245 mc.;
- il manufatto G si compone di una tettoia in legno, appoggiata su pilastrini in ferro scatolare chiusa con tamponatura in legno e copertura in lastre ecologiche in finto coppo antichizzato. La stessa presenta dimensioni di 6,50 m x 4,9 m, per una superficie coperta di circa 32 mq e una volumetria di 92 mc.;
- la struttura indicata alle lettere H-I-L è anch’essa in legno, con pareti e tetto dello stesso materiale e copertura in lastre ecologiche in finto coppo antichizzato. La stessa presenta dimensioni complessive di 11,60 x 2,93, per una superficie complessiva di 33,5 mq di cui circa 17 mq. adibiti a tettoia aperta su 2 lati; circa 10 mq. adibiti il deposito; circa 6,5 mq. adibiti a tettoia chiusa su 3 lati; per una volumetria complessiva di 87,5 mc.
12. Alle luce dei dati descrittivi sin qui sintetizzati, l’asserita relazione pertinenziale viene a cadere in forza delle medesime considerazioni svolte con riferimento al ricorso 1389/2007. In tal senso depone l’assenza di idonei indici, strutturali, dimensionali e funzionali, atti ad avvalorare una relazione di oggettiva accessorietà delle opere in esame rispetto ad una costruzione principale.
13. Ad analoga conclusione si addiviene per quanto riguarda il manufatto F, parzialmente adibito ad autorimessa. È vero, infatti, che l'art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122, prevede che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, di modo che siffatte autorimesse e parcheggi pertinenziali non risultino soggette alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 13 luglio 2011 n.4234; id., sez. IV, 26 settembre 2008 n. 4645).
Tuttavia, la mancanza di carico urbanistico va individuata nei soli parcheggi obbligatori e pertinenziali, (a differenza dei parcheggi non pertinenziali, apportatori di carico urbanistico), laddove per pertinenziali si intendono i parcheggi realizzati, se non nei locali del piano terra di un fabbricato preesistente, nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un’area pertinenziale esterna (T.A.R. Napoli sez. II, 14 maggio 2013 n. 2495).
L’autorimessa fuori terra in questione, non presentando dette caratteristiche e non rientrando, quindi, nell’ambito di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora riportato, è soggetta alla disciplina urbanistica generale come ordinaria nuova costruzione (cfr. Cons St., sez. V, 29 marzo 2004 n. 1662).
14. Va respinto anche il profilo di censura riferito all’art. 17 D.P.R. 380/2001 - che esenta dal contributo di costruzione l’ampliamento volumetrico dell’edificio principale unifamiliare non superiore al 20%. Nella specie, infatti, non viene in considerazione un’opera di ristrutturazione o di ampliamento di un manufatto esistente (T.A.R. Piemonte sez. I, 08 novembre 2006, n. 4080). Non solo. Per fruire dell'esenzione, stando alla lettera della norma (derogatoria di un principio generale e quindi soggetta a stretta interpretazione – cfr. T.A.R. Milano sez. II, 26 aprile 2006, n. 1065) l'immobile deve essere in toto destinato ad esclusiva residenza abitativa di un unico nucleo familiare (T.A.R. Milano sez. II, 24 luglio 2012, n. 2070): condizione, questa, che certo non ricorre nel caso di specie, in relazione al quale vengono in considerazioni manufatti ad uso deposito o magazzino.
15. Anche il terzo motivo di ricorso non pare meritevole di accoglimento. Come noto, il contributo che connota l’onerosità del permesso di costruire include in sé il costo di costruzione e le spese di urbanizzazione.
Di queste due voci, la convenzione di piano esecutivo può assorbire (in tutto o in parte) la seconda, lasciando tuttavia impregiudicata l’esazione dei costi di costruzione (o degli ulteriori oneri di urbanizzazione) che si rendano dovuti in occasione degli interventi edilizi programmati nello strumento esecutivo (Cons. St., sez. V, 29 novembre 2005, n. 6708; 10 giugno 1998, n. 807).
La parte ricorrente ha argomentato sul punto senza tenere presente detta distinzione e facendo generico riferimento al contributo di costruzione. In questi termini la censura sconta un evidente difetto di sostanziale genericità e indeterminatezza.
Ne consegue la reiezione anche del ricorso iscritto ad R.G. 1390/2007.
La peculiarità delle questioni interpretative affrontate giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti,
li respinge entrambi.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Paola Malanetto, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)