TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 1302, del 7 marzo 2013
Urbanistica.Correlazione procedimenti per concessione edilizia e autorizzazione apertura struttura di vendita

Se è vero che, ai fini dell’autorizzazione all’apertura di centro commerciale, il relativo insediamento edilizio deve essere indefettibilmente e preliminarmente conforme alla disciplina urbanistica applicabile, pena, altrimenti, l’irrimediabile lesione degli interessi di salvaguardia del territorio sottesi a quest’ultima, non è vero anche il contrario e cioè che l’assentibilità dei manufatti adibiti ad uso commerciale sia inscindibilmente ancorata all’abilitazione annonaria così, ad esempio uno stabilimento progettato per la distribuzione al dettaglio ben potrebbe risultare urbanisticamente conforme alla correlativa destinazione, mentre l’esercizio della grande struttura di vendita di prodotti alimentari o non alimentari ivi divisato potrebbe risultare non rispondente ai requisiti annonari all’uopo necessari, essendo, al più, ammissibile l’esercizio di una media struttura inferiore di vendita di prodotti extraalimentari. (Segnalazione  e massima a cura di F. Albanese)

N. 01302/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05654/2011 REG.RIC.

N. 00790/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5654 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
F.lli Bisceglia di Montanino della Vecchia Angelina S.a.s., Carmine Bisceglia, rappresentati e difesi dall'avv. Eliseo Laurenza, con domicilio eletto presso Eliseo Laurenza in Napoli, corso Umberto I° n. 23;

contro

Comune di Aversa in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Ferdinando Cipullo, con domicilio eletto presso Gianluca Casertano in Napoli, via P. Colletta n. 12;

nei confronti di

Re.Fin. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Antoniio Romano, Alessandro Romano, Eduardo Romano, con domicilio eletto presso Antonio Romano in Napoli, p.zza Trieste e Trento, 48; Rosario Reccia;

 

sul ricorso numero di registro generale 790 del 2012, proposto da: 
Bar Olimpico S.n.c. di Guarino S. & Andinolfi S., S.n.c. Grandi Magazzini di Di Tella Mario e C., rappresentate e difese dagli avv. Gianpaolo Della Volpe, Eliseo Laurenza, con domicilio eletto presso Eliseo Laurenza in Napoli, corso Umberto I° n. 23;

contro

Comune di Aversa in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Ferdinando Cipullo, con domicilio eletto presso Gianluca Casertano in Napoli, via P. Colletta n. 12;

nei confronti di

Re.Fin. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Antonio Romano, Alessandro Romano, Eduardo Romano, con domicilio eletto presso Antonio Romano in Napoli, p.zza Trieste e Trento, 48;

per l'annullamento

PERMESSI DI COSTRUIRE N. 1 DELL’11/1/2011 E N. 69 DEL 15/4/2011, AVENTI PER OGGETTO LA REALIZZAZIONE DI UN CENTRO COMMERCIALE E DI UN IMPIANTO DISTRIBUTORE DI CARBURANTE.

 

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Aversa in persona del Sindaco p.t. e di Re.Fin. S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2012 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con ricorso iscritto a r.g. n. 5654/2011, la F.lli Bisceglia di Montanino Della Vecchia Angelina s.a.s. e Bisceglia Carmine impugnavano, chiedendone l’annullamento, previa sospensione il permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011 e il permesso di costruire in variante n. 69 del 15 aprile 2011, rilasciati dal Comune di Aversa in favore della RE.FIN. s.r.l.

2. Il permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011 (in accoglimento della domanda del 17 febbraio 2010, prot. n. 6837) aveva per oggetto la “ristrutturazione edilizia con opere di demolizione, ricostruzione e ampliamento”, in vista della trasformazione di un preesistente complesso immobiliare (ex Consorzio agrario provinciale) in media struttura superiore di vendita di prodotti alimentari o misti (M2 A/M), mentre il permesso di costruire in variante n. 69 del 15 aprile 2011 (in accoglimento della domanda del 26 gennaio 2011, prot. n. 3572) aveva per oggetto la realizzazione di un adiacente impianto distributore di carburanti liquidi per autotrazione ad uso pubblico.

L’area di intervento risultava ubicata in Aversa, viale Europa, nonché censita in catasto al foglio 2, particelle 35, 94 sub 1 e 2, e ricadeva in zona classificata dal vigente piano regolatore generale (p.r.g.) in parte D.1.1 (industriale ed artigianale esistente: art. 45 delle n.t.a.) e in parte E (agricola: art. 34 delle n.t.a.), nonché tra i siti di compatibilità per le medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M) individuati dall’elaborato 4 dello strumento di intervento per l’apparato distributivo (SIAD) approvato con deliberazione del consiglio comunale di Aversa n. 17 del 3 luglio 2009 e munito del visto di conformità regionale in forza del decreto dirigenziale n. 605 del 28 ottobre 2009 (cfr. certificato del dirigente della Ripartizione VII, Area Urbanistica e programmazione, ambiente, edilizia privata del Comune di Aversa, prot. n. 7108, del 21 novembre 2011).

3. Con nota del Comune di Aversa, prot. n. 41509, del 13 dicembre 2011, poi impugnata (unitamente all’autorizzazione all’esercizio del progettato impianto distributore di carburanti) con motivi aggiunti dai nominativi in epigrafe, era stato rettificato il permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011, “nel senso che ove leggesi … ‘intervento edilizio finalizzato alla realizzazione di un complesso M2 A/M – medie strutture superiori – anche in forma di centro commerciale, per prodotti alimentari o misti avente superficie netta di vendita compresa tra i 1.500 e 2.500 mq come definito dal SIAD del Comune di Aversa’ deve leggersi e intendersi ‘intervento edilizio finalizzato alla realizzazione di un complesso del tipo M1 A/M – media struttura inferiore – per prodotti alimentari o misti avente superficie netta di vendita compresa tra i 251 e 1.500 mq come definito dal SIAD del Comune di Aversa’”; era stata, nel contempo, autorizzata l’apertura della “media struttura di vendita del tipo M1 A/M in viale Europa (ex Consorzio agrario provinciale)”.

4. I medesimi titoli abilitativi sopra indicati venivano, altresì, gravati, con ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012, dalla Bar Olimpico s.n.c. di Guarino S. & Andinolfi S. e dalla S.n.c. Grandi Magazzini di Di Tella Mario e C.

5. Con i ricorsi ed i motivi aggiunti proposti avverso detti provvedimenti, la F.lli Bisceglia, la Bar Olimpico e la Grandi Magazzini, in qualità di titolari di esercizi commerciali contigui all’assentito complesso immobiliare, nonché il Bisceglia, in rapporto di vicinitas con la divisata area di intervento, rassegnavano, in particolare, censure così rubricate: - violazione degli artt. 41, 42 e 97 Cost.; violazione degli artt. 3 del d.p.r. n. 380/2001 e 2 della l. r. Campania n. 19/2001; violazione del p.r.g. e del SIAD del Comune di Aversa; eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento; - violazione degli artt. 41, 42 e 97 Cost.; violazione del d.p.r. n. 380/2001; violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 114/1998; violazione degli artt. 13 e 14 della l. r. Campania n. 19/2001; violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990; violazione del p.r.g. e del SIAD del Comune di Aversa; eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento; - violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi generali in materia di tipicità e nominatività degli atti amministrativi; violazione del giusto procedimento; eccesso di potere per inidoneità causale del provvedimento; errore nei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; sviamento.

6. Costituitesi in entrambi i giudizi sia l’amministrazione comunale intimata sia la controinteressata RE.FIN., eccepivano l’inammissibilità per carenza di legittimazione e di interesse ad agire, nonché l’infondatezza del gravame esperito ex adverso, del quale richiedevano, quindi, il rigetto.

7. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2012, le cause introdotte dai ricorsi iscritti a r.g. n. 5654/2011 e n. 790/2012 venivano trattenute in decisione.

 

DIRITTO

1. In rito, sussistono i presupposti per disporre, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., la riunione dei giudizi instaurati col ricorso iscritto a r.g. n. 5654/2011, proposto dalla F.lli Bisceglia e dal Bisceglia, e col ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012, proposto dalla Bar Olimpico e dalla Grandi Magazzini.

Sono evidenti, infatti, le ragioni di connessione che giustificano la trattazione congiunta delle due cause: la parziale identità delle parti (Comune di Aversa e RE.FIN., in veste di parti intimate), l’identità della vicenda fattuale, del petitum e della causa petendi dedotti in giudizio (afferenti, rispettivamente, all’avvenuto rilascio, all’invocato annullamento giurisdizionale ed ai denunciati vizi di legittimità dei titoli abilitativi all’insediamento di un centro commerciale in Aversa, al viale Europa).

2. Sempre in rito, il Collegio ritiene di potersi esimere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate da parte resistente, stante l’infondatezza di tutte le censure proposte, così come risultante in appresso.

3. Nel merito, vanno, innanzitutto, scrutinati congiuntamente il primo e terzo dei motivi di ricorso originario iscritto a r.g. n. 5654/2011 (corrispondenti al secondo e sesto dei relativi motivi aggiunti) e il secondo e sesto dei motivi di ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012, con i quali i nominativi in epigrafe deducono che: - da un lato, sarebbe stata assentibile soltanto una ristrutturazione edilizia mediante demolizione e fedele ricostruzione, e non anche con diversità di sagoma, volumetria e destinazione d’uso del complesso immobiliare preesistente rispetto a quello progettato; - d’altro lato, la vocazione commerciale di quest’ultimo sarebbe incompatibile con la classificazione dell’area di intervento come zona D1 (industriale e artigianale), anziché come zona D2 (artigianale e commerciale), in relazione alla quale – al pari della prima – si sarebbe, comunque, imposta, preventivamente al rilascio del titolo abilitativo, la predisposizione di un piano urbanistico attuativo.

3.1. Al riguardo, giova richiamare gli approdi della giurisprudenza di questo Tribunale amministrativo regionale circa la funzione programmatoria in materia urbanistica, oltre che commerciale, assolta dal SIAD (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, 13 marzo 2008, n. 4861; sez. VIII, 28 aprile 2010, n. 2192).

Ebbene, l’art. 6 del d.lgs. n. 114/1998 prevede che le regioni devono “fissare i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale” (comma 2), in specie individuando “le aree da destinare agli insediamenti commerciali” (comma 2, lett. a), “i vincoli di natura urbanistica” (lett. b), nonché altri aspetti di carattere edilizio ed urbanistico.

In attuazione del d.lgs. n. 114/1998, la l. r. Campania n. 1/2000, nell’impartire le “direttive regionali in materia di distribuzione commerciale”, ha previsto, tra l’altro, all’art. 13, che i comuni “devono provvedere a dotarsi dello specifico strumento di intervento per l’apparato distributivo, concernente . . . le localizzazioni delle medie e grandi strutture di vendita, nel rispetto delle destinazioni d’uso delle aree e degli immobili stabilite dallo stesso strumento, che costituisce piano di strumento integrato del p.r.g.”, tant’è che è sottoposto dopo l’approvazione al visto di conformità regionale. Ha stabilito, inoltre, che le aree entro le quali le grandi strutture di vendita possono essere realizzate, devono essere “dichiarate espressamente compatibili con tale collocazione”, con predisposizione di infrastrutture e dimensionamenti idonei.

Al successivo art. 14 (intitolato “criteri di programmazione urbanistica”), ha disposto che le strutture di media e grande distribuzione possono essere realizzate solo su aree ricadenti in zone urbanistiche dichiarate espressamente all’uopo compatibili, dotate di idonee infrastrutture e dimensionate in proporzione all'esercizio commerciale da impiantare su di esse; e che la localizzazione dovrà essere compatibile con l'assetto della viabilità e con i flussi di traffico, imponendosi, a tal fine, un’adeguata analisi della rete infrastrutturale esistente e di progetto (comma 1).

Dall’esame della normativa (anche nazionale) sommariamente riportata è, dunque, emersa la chiara volontà del legislatore di assegnare al SIAD una funzione esaustiva di ogni esigenza di carattere sia commerciale sia urbanistico.

Di tale espressa ed inequivoca volontà legislativa è prova il tenore del citato art. 6 del d.lgs. n. 114/1998, il quale, nel demandare alle regioni la definizione dei criteri generali in materia, affida – come già accennato – alle medesime il compito di fissare “i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale”, cui dovranno essere adeguati gli strumenti urbanistici regionali, deputati ad individuare le aree da destinare agli insediamenti commerciali, i vincoli e le prescrizioni vigenti in tali aree.

Dalla richiamata disposizione si è, quindi, dedotto: - in primo luogo, che il legislatore non ha inteso duplicare la programmazione dell’utilizzazione del territorio, separando in distinti atti la programmazione urbanistica e la programmazione commerciale (cfr. comma 2, ove si fa espresso riferimento a “criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale”); - in secondo luogo, che l’atto di individuazione delle aree da destinare agli insediamenti commerciali costituisce “strumento urbanistico”, ed è in tale strumento che devono essere sia individuate le predette aree sia dettate tutte le prescrizioni urbanistiche di specie.

D’altronde, tale interpretazione è risultata del tutto ragionevole anche sul piano logico-sistematico, non essendo, di certo, coerenti col principio di buon andamento amministrativo l’eventuale duplicazione e distinzione di funzioni di programmazione e pianificazione con riferimento al medesimo territorio, con la conseguente, paradossale intersecazione di atti generali e/o di pianificazione.

La ratio della legislazione nazionale è confermata dalla l. r. Campania n. 1/2000, la quale, definendo l’atto di programmazione “strumento di intervento per l’apparato distributivo”, affida a tale atto – come pure già accennato – le localizzazioni delle medie e grandi strutture di vendita, nel rispetto delle destinazioni d’uso delle aree e degli immobili stabilite dallo stesso strumento, definendolo, nel contempo, “piano di strumento integrato del p.r.g.” (art. 13).

Anche la disciplina regionale riconosce, quindi, al SIAD la duplice funzione di programmazione commerciale ed urbanistica.

Alla stregua delle superiori considerazioni, si è concluso che il SIAD debba definire (ed esaurire) l’esercizio del potere di programmazione e pianificazione del territorio, ai fini urbanistici e commerciali.

3.2. Ciò posto, occorre, a questo punto, rammentare che, nel caso in esame, l’area di intervento rientra fra i siti di compatibilità per le medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M) individuati dall’elaborato 4 del SIAD di Aversa (cfr. retro, in narrativa, sub n. 2) e che, a norma dell’art. 9, comma 3, lett. b, del regolamento per il commercio al dettaglio in sede fissa, riprodotto nell’elaborato 8 del medesimo SIAD di Aversa (in appresso, regolamento SIAD) sulle ‘strutture esistenti’ sono assentibili “interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ampliamenti o cambi di destinazione d’uso”.

3.3. Il SIAD di Aversa, nel disciplinare i profili urbanistici della rete distributiva territoriale ad esso assoggettata, e, segnatamente, nel prevedere, ai sensi dell’art. 7, comma 4, del regolamento (“salva la compatibilità alle specifiche norme urbanistiche vigenti, le medie strutture di vendita possono essere insediate nelle aree appositamente individuate nella cartografia di riferimento”), la localizzazione di medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M) sul fondo riguardato dai titoli abilitativi impugnati (cfr. elaborato 4), ha, dunque, riservato a quest’ultimo una destinazione (commerciale) compatibile con le opere controverse, innovando ed adeguando quella (prevalentemente industriale e artigianale) di cui alla previgente zonizzazione del p.r.g.

Non solo. Fermo restando che già l’art. 45, comma 1, delle n.t.a del p.r.g. ammetteva, per le zone D1.1, anche “interventi di nuova edificazione”, l’art. 9, comma 3, lett. b, del regolamento SIAD, ai fini dell’apertura di centri commerciali presso immobili preesistenti e del pieno adeguamento strutturale alle peculiari esigenze funzionali proprie degli esercizi, ha consentito, accanto ad “interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia”, anche “ampliamenti o cambi di destinazione d’uso”.

Alla luce delle superiori considerazioni, in conseguenza dell’assetto urbanistico consolidato dal SIAD, la vocazione commerciale del complesso edilizio assentito in favore della RE.FIN. non può, in definitiva, reputarsi confliggente con la destinazione della zona di relativo insediamento; né, in presenza di disposizioni espressamente contemplanti possibilità di nuove costruzioni, di ampliamenti e di cambi di destinazione d’uso, può accreditarsi la tesi della configurabilità, nella predetta zona, della sola ristrutturazione mediante demolizione e fedele ricostruzione degli edifici.

4. Col secondo dei motivi di ricorso introduttivo iscritto a r.g. n. 5654/2011 (nonché col terzo e quarto dei relativi motivi aggiunti) e col terzo e quarto dei motivi di ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012, si lamenta che: - la volumetria assentita (mq 4.003,28 x if 2,5 = mc 10.010,31) risulterebbe superiore a quella edificabile (mc 8.832,00), a causa della mancata detrazione della porzione di superficie ricadente in zona agricola (pari a mq 470,00) dalla superficie fondiaria totale (mq 4.003,28); - dalla volumetria utilizzata sarebbero stati illegittimamente scomputati i due piani interrati destinati a parcheggio per auto ed a deposito di prodotti artigianali; - non sarebbe stato previsto per le aree sovrastanti i parcheggi interrati un progetto di valenza ambientale, che garantisse un’adeguata qualità urbana, così come prescritto dall’art. 5, comma 5, del regolamento SIAD; - la previsione progettuale di due piani (primo e secondo) riservati ad uffici sarebbe sovradimensionata, e, quindi, sproporzionata e ingiustificata, rispetto alla consistenza dei locali al piano terra, adibiti all’uso commerciale per il quale il complesso immobiliare controverso è stato progettato.

A tali assunti valga obiettare che:

- come eccepito e documentato dalla controinteressata, né contestato – ai sensi dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm. – dai ricorrenti, la superficie fondiaria totale del suolo riguardato dai titoli abilitativi impugnati è pari a mq 4.955,34, di cui mq 4.003,28 ricadenti in zona edificabile e mq 952,06 ricadenti in zona agricola; cosicché, essendo stata ex ante decurtata dalla superficie fondiaria totale la porzione ricadente in zona agricola (mq 4.955,34 – 952,06), la volumetria assentita (mc 10.010,31) è stata correttamente calcolata sulla residua area fabbricabile (mq 4.003,28 x if 2,5);

- a norma dell’art. 3 delle n.t.a. del p.r.g. di Aversa (a tenore del quale la superficie lorda integrante la base di calcolo della cubatura urbanisticamente rilevante “è la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra ed entro terra misurati al lordo di tutti gli elementi verticali … con esclusione dei piani totalmente interrati”, aventi altezza interna netta non superiore a m 2,50), la volumetria relativa ai piani interrati destinati a parcheggio e deposito de quibus era scorporabile da quella massima autorizzabile;

- il rilievo secondo cui non sarebbe stato previsto per le aree sovrastanti i parcheggi interrati un progetto di valenza ambientale, in grado di garantire un’adeguata qualità urbana, oltre ad essere generico ed apodittico, sconta il travisamento della portata dell’invocato art. 5, comma 5, del regolamento SIAD: tale disposizione riferisce, infatti, la cennata salvaguardia ambientale segnatamente alle ipotesi di garages sottostanti ad aree libere per cui si imponga una copertura vegetale, e non anche alle ipotesi – come, appunto, quella in esame – di autorimesse sottostanti a strutture fuori terra ed a parcheggi scoperti (cfr. planimetria depositata in giudizio dai nominativi in epigrafe il 10 dicembre 2011);

- esplorativa ed ellittica è la censura di presunto sovradimensionamento e sproporzione tra i due piani (primo e secondo) adibiti ad uffici e i locali propriamente commerciali (piano terra), trattandosi di scelta non configgente con la classificazione urbanistica di zona, bensì rientrante nelle prerogative privatistiche del soggetto beneficiario del titolo abilitativo e, comunque, rispondente ad esigenze strumentali all’uso precipuo riservato all’assentito complesso immobiliare.

5. Venendo ora al profilo di doglianza (riportato nel secondo dei motivi di ricorso originario iscritto a r.g. n. 5654/2011) volto a denunciare l’insussistenza della superficie minima (mq 1.500) prevista dall’art. 2, comma 6, n. 4, lett. c, del regolamento SIAD per la media struttura superiore di vendita (M2 A/M) assentita col permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011, deve rilevarsi la sopravvenuta carenza di interesse a farlo valere.

Come illustrato retro, in narrativa, sub n. 5, il Comune di Aversa, con nota del 13 dicembre 2011, prot. n. 41509, ha, infatti, rettificato, il citato permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011, superando e sostituendo, in parte qua, la determinazione abilitativa ivi contenuta, “nel senso che ove leggesi … ‘intervento edilizio finalizzato alla realizzazione di un complesso M2 A/M – medie strutture superiori – anche in forma di centro commerciale, per prodotti alimentari o misti avente superficie netta di vendita compresa tra i 1.500 e 2.500 mq come definito dal SIAD del Comune di Aversa’ deve leggersi e intendersi ‘intervento edilizio finalizzato alla realizzazione di un complesso del tipo M1 A/M – media struttura inferiore – per prodotti alimentari o misti avente superficie netta di vendita compresa tra i 251 e 1.500 mq come definito dal SIAD del Comune di Aversa’”.

In altri termini, ha assentito, in favore della RE.FIN., la realizzazione non già di una media struttura superiore di vendita (M2 A/M), bensì di una media struttura inferiore di vendita (M1 A/M), così elidendo in radice ogni contestazione circa la presunta insufficienza della superficie prevista in progetto in rapporto alla prima delle indicate tipologie di centri commerciali.

Né è accreditabile la tesi – propugnata col primo dei motivi aggiunti al ricorso iscritto a r.g. n. 5654/2011, nonché col primo dei motivi di ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012 – secondo cui l’amministrazione resistente non avrebbe potuto procedere alla mera rettifica, bensì disporre l’annullamento d’ufficio di un titolo abilitativo (permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011) avente per oggetto un’opera (media struttura superiore di vendita, M2 A/M) illegittimamente diversa da quella autorizzabile (media struttura inferiore di vendita, M1 A/M).

Al riguardo, occorre rimarcare, da un lato, che – come rilevato nella nota del 13 dicembre 2011, prot. n. 41509 – la deliberazione consiliare n. 17 del 3 luglio 2009, recante l’approvazione del SIAD di Aversa, ha previsto solo medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M) e, d’altro lato, che – come desumibile dal progetto allegato alla domanda di permesso di costruire del 17 febbraio 2010 (prot. n. 3572) (cfr. planimetria versata in atti dai nominativi in epigrafe il 10 dicembre 2011), nonché rappresentato dalla RE.FIN. nella nota del 16 giugno 2011 e nella memoria depositata in giudizio il 14 aprile 2012, né, d’altronde, documentalmente contestato da controparte ai sensi dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm. – la superficie di vendita divisata per il complesso immobiliare de quo si ragguaglia a mq 1.482,15, ossia ad una misura rientrante nel range fissato per le medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M).

Sulla base di siffatti elementi univoci e concordanti nel senso dell’esclusiva autorizzabilità di una media struttura inferiore di vendita (M1 A/M), l’incongruenza riscontrata nel permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011 non poteva, dunque, all’evidenza, non configurarsi a guisa di errore materiale, rilevabile ictu oculi e assoggettabile, in quanto tale, ad intervento di rettifica da parte dell’amministrazione promanante il provvedimento originario.

6. Privi di pregio sono anche il quarto dei motivi di ricorso introduttivo iscritto a r.g. n. 5654/2011 (unitamente al quinto dei relativi motivi aggiunti) e il quinto dei motivi di ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012, ove si lamenta che, in violazione della regola di contestualità emergente dall’art. 13 della l. r. Campania, n. 1/2000, il permesso di costruire e l’autorizzazione commerciale inerenti alla media struttura di vendita controversa non sarebbero stati adottati ‘uno actu’.

6.1. Tale censura già si rivela destituita di fondamento fattuale, in quanto, con la nota del 13 dicembre 2011, prot. n. 41509, il Comune di Aversa, oltre a rettificare il permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011, ha contestualmente autorizzato “la media struttura di vendita del tipo M1 A/M in viale Europa (ex Consorzio agrario provinciale)” (cfr. retro, in narrativa, sub n. 3).

6.2. In disparte il superiore rilievo dirimente, giova, comunque, illustrare il quadro normativo di riferimento, onde avvedersi della portata, di per sé, non infirmante della denunciata assenza di una stretta contestualità tra l’emissione del titolo edilizio e l’emissione del titolo annonario.

L’art. 6, comma 2, lett. d, del d.lgs. n. 114/1998 ha enunciato il principio della “correlazione dei procedimenti di rilascio della concessione o autorizzazione edilizia inerenti l’immobile o il complesso di immobili e dell’autorizzazione all’apertura di una media o grande struttura di vendita, eventualmente prevedendone la contestualità”, ed ha così espresso “la necessità che, anche ai fini del rilascio dell' autorizzazione commerciale, venga attentamente considerata la conformità del nuovo insediamento ai vigenti parametri urbanistici e alle destinazioni d'uso previste nei regolamenti edilizi” (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, 21 aprile 2005, n. 2989; TAR Campania, Napoli, sez. III, 3 marzo 2005, n. 7324).

Nella medesima prospettiva, l’art. 13, comma 3, della l. r. Campania n. 1/2000 ha stabilito che l’autorizzazione all’apertura di una media struttura di vendita “costituisce atto contestuale al rilascio delle concessioni edilizie relative agli insediamenti commerciali oggetto dell’autorizzazione” e che, “pertanto, l’autorizzazione e la concessione vengono rilasciate in atto unico”; ed ancora, il successivo art. 14, commi 4, 5 e 6, ha sancito che “il rilascio di una concessione edilizia, anche in sanatoria, è contestuale al rilascio dell'autorizzazione commerciale, se prevista”, che “tutti gli esercizi commerciali dovranno essere attivati in locali aventi conforme destinazione d'uso” e che “tutti gli insediamenti commerciali dovranno essere ubicati su aree aventi conforme destinazione urbanistica, fatti salvi gli esercizi commerciali ubicati o da ubicare in immobili per i quali sia stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria ai sensi della l. n. 47/1985 o n. 724/1994”.

6.3. Ora, il criterio ispiratore della disciplina richiamata è improntato all'integrazione della pianificazione territoriale ed urbanistica con la programmazione commerciale, a tale scopo annoverando – tra i criteri di programmazione riferiti al settore commerciale – la correlazione tra titolo edilizio e annonario, da emettersi eventualmente anche in via contestuale. E ciò esprime la necessità che, anche ai fini del rilascio dell'autorizzazione commerciale, venga attentamente considerata la conformità del nuovo insediamento ai vigenti parametri urbanistici.

Il principio di contestualità tra procedimento urbanistico-edilizio, preordinato alla costruzione di medie e grandi strutture di vendita, e procedimento di correlativa abilitazione annonaria è, infatti, precipuamente finalizzato ad evitare insediamenti commerciali in contrasto con le previsioni urbanistiche (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 5 giugno 2007, n. 4751).

Di qui, dunque, il potere-dovere, derivante alle competenti amministrazioni locali dall’evocato assetto normativo (a livello sia statale sia regionale), “di verificare il rispetto delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, che deve sussistere sin dall’inizio o a seguito di ottenimento di un titolo edilizio in sanatoria, anche in sede di rilascio delle autorizzazioni commerciali” (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. III, 3 marzo 2005, n. 7324; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 19 marzo 2007, n. 443).

L'attività di impresa commerciale, pur costituzionalmente garantita nel più ampio contesto della libertà di iniziativa economica privata, non può, infatti, reputarsi affrancata dai vincoli e dai limiti specifici sanciti dalla normativa urbanistica, ma deve restare ancorata alla regolarità urbanistico-edilizia dei locali in cui venga esercitata, sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio (altrimenti legittimamente e doverosamente denegabile), sia per l'intera durata del suo svolgimento (cfr. TAR Campania Napoli, sez. III, 22 novembre 2001, n. 5007; 27 gennaio 2003, n. 423; 09 agosto 2007, n. 7435; 9 settembre 2008, n. 10058; 8 giugno 2010, n. 13015; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 14 settembre 2004, n. 1976).

6.4. La regola di correlazione e contestualità sopra enucleata non può, tuttavia, tradursi in termini rigidi ed assoluti, al punto da implicare l’illegittimità – predicata da parte ricorrente – dei titoli edilizi e annonari non emessi ‘uno actu’.

E ciò in virtù di un duplice ordine di considerazioni.

a) Innanzitutto, non è da reputarsi preclusa, in via di principio e in radice, la segmentazione di un provvedimento a contenuto plurimo, ossia di quel provvedimento addensante valutazioni e incidenti su situazioni tra loro funzionalmente intrecciate in forza di un rapporto di presupposizione (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 23 aprile 2010, n. 2126), e, perciò, caratterizzato da un’unitarietà solo formale, ma non anche sostanziale, delle statuizioni, scindibili in molteplici atti di diverso contenuto, indipendenti l’uno dall’altro, ancorché connessi (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I, 16 giugno 2006, n. 4731).

In omaggio ai principi di economicità e di efficacia ex art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990, nonché al sotteso canone di conservazione degli atti amministrativi, non è, infatti, ricollegabile portata, di per sé, infirmante alla scissione di un iter procedimentale sia pure normativamente configurato come unitario in vista dell’adozione di un provvedimento a contenuto plurimo, laddove i singoli e distinti provvedimenti in cui quest’ultimo sia stato frazionato abbiano congiuntamente assicurato il raggiungimento dello scopo prefissato dall’ordinamento e, riguardati nel loro complesso, risultino fondati su una completa ponderazione di tutti gli interessi pubblici in gioco, nonché presidiati da tutte le forme e le garanzie procedimentali previste dalla legge (in termini, segnatamente, di competenze e di adempimenti partecipativi) – come, appunto, nel caso dei gravati permessi di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011 e n. 69 del 15 aprile 2011, stante la mancanza di specifiche contestazioni al riguardo –.

b) Per di più, la correlazione e la contestualità tra titolo edilizio e annonario, emergenti dal quadro normativo illustrato retro, sub n. 6.2, si connotano, sul piano eminentemente logico, in termini di presupposizione non già reciproca, bensì univoca.

In particolare, la verifica di conformità ai vigenti parametri urbanistici, volta ad assentire l’edificazione di una media struttura di vendita, non può non rivestire valenza presupposta rispetto alla (consequenziale) verifica dei requisiti idoneativi all’esercizio dell’attività commerciale entro l’insediamento progettato.

La ratio della regola di contestualità risiede, infatti, precipuamente nell’esigenza di scongiurare il rilascio di autorizzazioni commerciali in assenza del propedeutico raccordo urbanistico. Ma ciò non significa che detta regola operi in senso inverso, rendendo illegittimo un titolo abilitativo alla costruzione di uno stabilimento commerciale rilasciato prima che siano stati emessi i relativi titoli annonari (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 5 giugno 2007, n. 4751).

In altri termini, se è vero che, ai fini dell’autorizzazione all’apertura di centro commerciale, il relativo insediamento edilizio deve essere indefettibilmente e preliminarmente conforme alla disciplina urbanistica applicabile, pena, altrimenti, l’irrimediabile lesione degli interessi di salvaguardia del territorio sottesi a quest’ultima, non è vero anche il contrario – a dispetto degli assunti di parte ricorrente –, e cioè che l’assentibilità dei manufatti adibiti ad uso commerciale sia inscindibilmente ancorata all’abilitazione annonaria (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 5 giugno 2007, n. 4751): così, ad es., uno stabilimento progettato per la distribuzione al dettaglio ben potrebbe risultare urbanisticamente conforme alla correlativa destinazione, mentre l’esercizio della grande struttura di vendita di prodotti alimentari o non alimentari ivi divisato potrebbe risultare non rispondente ai requisiti annonari all’uopo necessari, essendo, al più, ammissibile l’esercizio di una media struttura inferiore di vendita di prodotti extraalimentari.

7. Col quinto dei motivi di ricorso introduttivo iscritto a r.g. n. 5654/2011 (sviluppato nel settimo dei relativi motivi aggiunti) e col settimo dei motivi di ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012, vengono mosse le seguenti censure al permesso di costruire in variante n. 69 del 15 aprile 2011: - innanzitutto, mancherebbe la cubatura necessaria per l’installazione dell’assentito impianto distributore di carburante, in quanto la volumetria edificabile sarebbe stata già interamente esaurita dal progettato centro commerciale; - in conseguenza del previsto spostamento di quest’ultimo, da un lato, il titolo edilizio impugnato avrebbe integrato non già una variante al permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011, bensì un nuovo permesso di costruire e, d’altro lato, il complesso immobiliare assentito sarebbe stato addossato al confine est senza la necessaria manifestazione del consenso da parte del proprietario limitrofo; - in violazione, rispettivamente, degli artt. 7 e 20 della deliberazione della giunta regionale della Campania n. 8835 del 30 dicembre 1999, l’impianto distributore in parola sarebbe stato localizzato in corrispondenza di un tratto stradale caratterizzato da intreccio di flussi di traffico, nonché su una superficie inferiore a mq 300.

In contrario, valga obiettare che:

- come eccepito dalla controinteressata e come evincesi sia dalla relazione tecnica illustrativa allegata alla domanda di variante del 26 gennaio 2011, prot. n. 3572, sia dalla documentazione grafica e fotografica depositata in giudizio dai ricorrenti il 10 dicembre 2011, l’impianto distributore di carburanti autorizzato col permesso di costruire n. 69 del 15 aprile 2011 consiste soltanto in colonnine erogatrici, in una sovrastante pensilina e in un chiosco metallico di modeste proporzioni (m 2,10 x 4,00 x 3,40), adibito a ricovero e servizio igienico, ossia in manufatti configurabili – per caratteristiche funzionali, morfologiche e dimensionali – a guisa di volumi tecnici;

- non risulta dimostrato, ai sensi dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., lo spostamento della media struttura di vendita controversa dall’ubicazione prevista dal permesso di costruire n. 1 dell’11 gennaio 2011 a quella, asseritamente diversa, prevista dal permesso di costruire in variante n. 69 del 15 aprile 2011;

- in disparte il rilievo che trattasi di questione afferente ai rapporti privatistici tra proprietari limitrofi, esulanti dalla sfera di tutela giurisdizionale riservata all’adito giudice amministrativo, la costruzione del centro commerciale de quo sul confine est non necessitava di apposita manifestazione del consenso da parte del titolare del fondo attiguo, coincidendo, quest’ultimo, con lo stesso Comune di Aversa (cfr. planimetria depositata in giudizio dai ricorrenti il 10 dicembre 2011), e cioè col soggetto (pubblico) promanante il provvedimento abilitativo alla predetta costruzione;

- non risulta provato, ai sensi dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., che l’impianto distributore in parola sarebbe stato localizzato in corrispondenza di un tratto stradale caratterizzato da intreccio di flussi di traffico, non figurando, anzi, nella planimetria versata in atti il 10 dicembre 2011, alcun incrocio o rotatoria lungo l’asse viario (viale Europa) di relativa ubicazione;

- né risulta contestata, ai sensi dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., l’allegazione della controinteressata, secondo cui la superficie totale dell’impianto distributore controverso si ragguaglierebbe a mq 400, ossia ad una misura superiore a quella minima fissata dall’art. 20 della deliberazione della giunta regionale della Campania n. 8835 del 30 dicembre 1999.

8. Non accreditabili, infine, sono il quinto dei motivi aggiunti al ricorso iscritto a r.g. n. 5654/2011 e il quinto dei motivi di ricorso iscritto a r.g. n. 790/2012, nella parte in cui si lamenta che l’insediamento del centro commerciale assentito sarebbe incompatibile, da un lato, col contingentamento delle medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M), fissato nel numero massimo di due dalla deliberazione consiliare n. 17 del 3 luglio 2009 (recante l’approvazione del SIAD di Aversa), e, d’altro lato, con la parziale destinazione agricola della relativa area di ubicazione.

Con riguardo al primo profilo di doglianza, deve, innanzitutto, puntualizzarsi che, a dispetto degli assunti di parte ricorrente, la citata deliberazione consiliare n. 17 del 3 luglio 2009 ha fissato in cinque, e non in due, il numero massimo delle medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M) localizzabili sul territorio di Aversa.

Non rileva, poi, la circostanza che l’amministrazione comunale, con nota del 10 febbraio 2012, prot. n. 4953 (depositata in giudizio il 17 marzo 2012), abbia attestato l’avvenuto rilascio di otto autorizzazioni all’apertura di centri commerciali appartenenti alla predetta tipologia: non risulta, infatti, dimostrato, ai sensi dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., che, al momento del rilascio dei titoli abilitativi impugnati, il numero contingentato di cinque medie strutture inferiori di vendita (M1 A/M) fosse già stato saturato.

Con riferimento al secondo profilo di doglianza, occorre rimarcare che – come acclarato retro, sub n. 3 – l’area di intervento ricadente in zona edificabile (pari a mq 4.003,28) è sufficiente, di per sé sola (ossia a prescindere dalla porzione di suolo ricadente in zona agricola, pari a mq 952,06), ad assicurare la superficie coperta e la volumetria utilizzata per il centro commerciale assentito.

9. In conclusione, stante l’infondatezza di tutte le censure proposte, sia il ricorso (iscritto a r.g. n. 5654/2011) proposto dalla F.lli Bisceglia e dal Bisceglia sia il ricorso (iscritto a r.g. n. 790/2012) proposto dalla Bar Olimpico e dalla Grandi Magazzini deve essere respinto.

10. Quanto alle spese di lite, esse devono seguire la soccombenza e, quindi, essere poste a carico delle parti ricorrenti.

Dette spese vanno liquidate, per ciascuno dei giudizi riuniti, in complessivi € 5.000,00, da ripartirsi nella egual misura di € 2.500,00 in favore, rispettivamente, dell’amministrazione resistente e della controinteressata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando:

- riunisce i ricorsi iscritti a r.g. n. 5654/2011 e n. 790/2012;

- respinge entrambi i ricorsi riuniti;

- condanna la F.lli Bisceglia di Montanino Della Vecchia Angelina s.a.s. e Bisceglia Carmine al pagamento, in solido tra loro, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi € 5.000,00, da ripartirsi nella egual misura di € 2.500,00 in favore, rispettivamente, del Comune di Aversa e della RE.FIN. s.r.l.;

- condanna la Bar Olimpico s.n.c. di Guarino S. & Andinolfi S. e la S.n.c. Grandi Magazzini di Di Tella Mario e C. al pagamento, in solido tra loro, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi € 5.000,00, da ripartirsi nella egual misura di € 2.500,00 in favore, rispettivamente, del Comune di Aversa e della RE.FIN. s.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Paolo Corciulo, Consigliere

Olindo Di Popolo, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)