TAR Calabria (CZ) Sez. II n. 202 del 24 gennaio 2018
Urbanistica.Sottotetto e volume tecnico
Non può certamente essere trattato come volume tecnico un piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà una mansarda, in quanto lo stesso si caratterizza per una rilevante altezza media interna (ben superiore a quella sufficiente a svolgere una mera funzione isolante dal punto di vista termico), nonché per un notevole ingombro complessivo, incidente in modo significativo sui luoghi esterni. Né tali connotazioni possono essere eliminate dall’eventuale occlusione, mediante tamponatura, dell’ingresso e delle altre aperture, rimanendo in piedi il carattere di locale autonomo suscettibile di potenziale e oggettiva utilizzabilità abitativa, come dimostrato comunque dalla possibilità di (un futuro) accesso, garantita dalla presenza di una scala interna
Pubblicato il 24/01/2018
N. 00202/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01218/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1218 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Maria Antonia Giulia D'Agostino, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Colaci, con domicilio eletto presso lo studio Virgilio Conte in Catanzaro Lido, via Bausan 20;
contro
Comune di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Maristella Paoli', con domicilio eletto presso lo studio Alessandra Canino in Catanzaro, Ferdinando Galiani N. 96;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- del provvedimento del Dirigente del settore Territorio e Pianificazione Urbana Sostenibile di Vibo Valentia del 13 luglio 2017, prot. n. 32260 del 20.07.2017, con il quale è stato disposto l'annullamento in autotutela "della richiesta di permesso di costruire in variante per la realizzazione dell'intervento straordinario di demolizione e ricostruzione di un edificio residenziale esistente in contrada Longobardi in Loc.tà “Sant Andrea Lo Pigno” di Vibo Valentia; nonché per l'annullamento di ogni altro atto connesso, collegato, precedente, presupposto e consequenziale ed, in particolare, ove occorra, dei seguenti atti: 1) la nota prot. n. 11555 del 14 marzo 2017 di avvio del procedimento in autotutela per l'annullamento del permesso di costruire assentito per silenzio assenso per come riconosciuto dalla sentenza del TAR Calabria, Catanzaro, n. 284/2017; 2) la nota prot. n. 28750 del 29.06.2017 con la quale il responsabile del procedimento ha comunicato quanto segue: "Facendo seguito all'istanza, inoltrata in data 01.06.2017 e registrata al n° 24053 del protocollo generale, in merito alla richiesta di accesso agli atti, si comunica che gli atti da voi richiesti risultano essere stati trasmessi alla locale Procura della Repubblica con nota n° 36455 del 01.08.2016. Pertanto la S.V. potrà rivolgersi alla stessa per l'ottenimento delle copie";
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da D'AGOSTINO MARIA ANTONIA GIULIA il 22\11\2017 :
- degli atti già impugnati con il ricorso principale alla luce degli ulteriori vizi emergenti dalla memoria difensiva depositata dal Comune di Vibo e dai documenti ad essa allegati, tra cui la nota dell'ufficio n. 36455 dell'1.8.2016 (relazione inviata alla procura, che si impugna e che è stata già implicitamente impugnata con il ricorso principale) e la nota dell'ufficio n.45600 del 9.10.2015 (relazione interna, già implicitamente impugnata con il ricorso principale e, soprattutto, già annullata dalla sentenza TAR n. 284/2017).
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vibo Valentia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2018 il dott. Nicola Durante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 284/2017, divenuta definitiva, questo T.A.R. ha annullato il diniego opposto dal Comune di Vibo Valentia al rilascio del p.d.c. in variante richiesto dalla ricorrente sulla base del c.d. “piano casa”, riconoscendo l’avvenuta formazione del silenzio-assenso ed affermando testualmente che “alla data del diniego (27.7.2016), il suddetto termine di 100 giorni [per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di rilascio del p.d.c.] era ormai perento, sia che lo si faccia decorrere dal 23.9.2015 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuto deposito del progetto presso l’ex Genio civile), sia che lo si faccia decorrere dal 12.1.2016 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuta verifica del progetto da parte dell’ex Genio civile)”.
Con il ricorso principale, integrato da motivi aggiunti, viene quindi impugnato il provvedimento con cui il Comune di Vibo Valentia ha, successivamente, proceduto all’annullamento d’ufficio del predetto silenzio-assenso.
Resiste il Comune di Vibo Valentia.
All’udienza del 24 gennaio 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La ricorrente lamenta innanzitutto che l’annullamento è intervenuto quando era già spirato il termine di 180 giorni, previsto dell’art. 21-nonies, comma 1, della L. 241/1990.
Occorre premettere, al riguardo, che l’Amministrazione, per come espressamente enunciato nella motivazione del provvedimento di autotutela, ha fatto applicazione del comma 2-bis del citato art. 21-nonies, a mente del quale “i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1”.
Tuttavia, nel caso di specie, detta norma non appare applicabile, posto che non vi è alcuna “sentenza passata in giudicato”, che contenga l’accertamento della falsità del contenuto dei suddetti elaborati tecnici.
Occorre, pertanto, stabilire se l’impugnato provvedimento sia stato adottato oltre il termine di 18 mesi previsto dalla disposizione normativa richiamata.
Come anzidetto, la sentenza del T.A.R. n. 284/2017, che ha annullato il diniego opposto dal Comune di Vibo al rilascio del p.d.c. richiesto dalla ricorrente, riconoscendo l’avvenuta formazione del silenzio-assenso, ha affermato che “alla data del diniego (27.7.2016), il suddetto termine di 100 giorni era ormai perento, sia che lo si faccia decorrere dal 23.9.2015 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuto deposito del progetto presso l’ex Genio civile), sia che lo si faccia decorrere dal 12.1.2016 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuta verifica del progetto da parte dell’ex Genio civile)”.
Ora, se il titolo abilitativo tacito si è formato 100 giorni dopo il 23.9.2015 (e, quindi, l’1.1.2016), l’autotutela, adottata con atto del 20.7.2017, è certamente intervenuta oltre i 18 mesi.
Se, invece, il titolo si è formato 100 giorni dopo il 12.1.2016, l’autotutela è intervenuta tempestivamente.
In giurisprudenza, già sotto il regime dell’art. 8 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, conv., con modificazione, dalla l. 25 marzo 1982 n. 94, è stato affermato che il nulla-osta del Genio civile per le costruzioni da realizzare in zone sismiche, anche se non è condizione per il rilascio della concessione edilizia, è presupposto di efficacia di quest’ultima, finendo per condizionare l’inizio dei lavori e la stessa formazione del silenzio-assenso (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 1996 n. 117).
Attualmente, dal testo dell’art. 94, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 (alla stregua del quale, “fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’art. 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”), si desume l’autonomia di ciascuno dei due titoli ampliativi e la loro suscettibilità di essere rilasciati indipendentemente dall’avvenuta emissione dell’altro (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2010 n. 7128), ma, considerato il tenore dell’art. 20, commi 3 e 5 bis, del D.P.R. 380/2001, è l’autorizzazione sismica a dover intervenire prima del rilascio del titolo edilizio (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 18 dicembre 2015 n. 5810; T.A.R. Sicilia, Palermo, 27 ottobre 2010 n. 13720).
Alla stregua di ciò, il dies a quo di decorrenza del termine per la formazione del silenzio-assenso deve necessariamente individuarsi nella data del 12.1.2016, rispetto alla quale il provvedimento di autotutela risulta adottato tempestivamente.
Sotto l’aspetto sostanziale, il provvedimento impugnato è motivato, implicitamente, sulla base dei profili di illegittimità dell’opera afferenti al calcolo del volume e delle superfici dichiarate, sui quali si era già fondato il precedente atto di diniego (quello annullato dal T.A.R. per ragioni di carattere formale) e richiamati nella comunicazione di avvio del procedimento in data 14.3.2017.
Pertanto, seppur formulata in maniera generica, siffatta motivazione non rende del tutto impercettibile il percorso logico seguito dalla P.A., tanto più che il privato, già nel ricorso introduttivo dell’odierno giudizio (pag. 12 e segg.) e poi nei motivi aggiunti, è entrato nel merito dei rilievi tecnici sollevati, illustrando come l’eccedenza di superficie e volumetria siano solo apparenti, trovando giustificazione nelle seguenti circostanze:
- il piano sottotetto ha un’altezza media di m. 2,35 e, dunque, non può essere considerato abitabile, poiché, a tal fine, dovrebbe avere un’altezza media di almeno m. 2,70. Inoltre, negli elaborati progettuali e nella relazione tecnica descrittiva del progetto, è stato evidenziato come esso sarà interamente utilizzato per l’allocazione degli impianti tecnologici, sicché va escluso dal computo della cubatura, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e), della l. r. n. 21 del 2010, sul c.d. “piano casa”;
- il piano sotto quota è interrato per oltre 2/3 e, conseguentemente, non è computabile nei volumi, stante l’esplicita previsione in tal senso, contenuta nelle norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G. di Vibo Valentia ed in forza dell’art. 6, comma 5, n. 3, della l. r. n. 21/2010, secondo cui, per volumi interrati, si intendono “i piani la cui superficie si presenta entroterra per una percentuale superiore ai 2/3 della superficie laterale del piano” (identica definizione di “volume interrato” è, altresì, riportata nell’art. 49, comma 2, lett. c), della l.r. n. 19/2002, c.d. “legge urbanistica della Regione Calabria”).
Tali affermazioni non possono essere condivise.
Al riguardo, va precisato che non può certamente essere trattato come volume tecnico un piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà una mansarda, in quanto lo stesso si caratterizza per una rilevante altezza media interna (ben superiore a quella sufficiente a svolgere una mera funzione isolante dal punto di vista termico), nonché per un notevole ingombro complessivo, incidente in modo significativo sui luoghi esterni.
Né tali connotazioni possono essere eliminate dall’eventuale occlusione, mediante tamponatura, dell’ingresso e delle altre aperture, rimanendo in piedi il carattere di locale autonomo suscettibile di potenziale e oggettiva utilizzabilità abitativa, come dimostrato comunque dalla possibilità di (un futuro) accesso, garantita dalla presenza di una scala interna (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 30 marzo 2015 n. 1869).
I sottotetti qualificabili come “volumi tecnici”, non rilevanti ai fini della volumetria di un immobile, sono infatti soltanto quelli destinati agli impianti, necessari per l’utilizzo dell’abitazione, i quali non possono essere ubicati al suo interno (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 giugno 2014 n. 3038 Cass. civ., Sez. II, 3 febbraio 2011 n. 2566; T.A.R. Campania, Salerno, 3 agosto 2006 n. 1119; T.A.R. Campania, Napoli, 3 febbraio 2006 n. 1506).
Quanto, poi, al volume interrato, la qualificazione di esso in termini di mero “volume tecnico”, o comunque di volume destinato ad usi episodici o meramente complementari, non discende dal fatto di essere, per l’appunto, interrato, ma dal fatto che lo stesso non sia adibibile ad attività umane di tipo continuativo, con presenza e permanenza di persone, dovendo, nel caso opposto, essere trattato a tutti gli effetti come se fosse un locale costruito sopra il piano di campagna (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 9 dicembre 2011 n. 9646; T.A.R. Lazio, Latina, 29 maggio 2017 n. 337).
Talché, in mancanza di evidenze progettuali e/o difensive nel senso sopra descritto, l’annullamento appare corretto, tenuto conto della natura intrinsecamente difforme alla strumentazione urbanistica vigente, attribuibile alle opere realizzande.
Infine, l’interesse pubblico concreto ed attuale dell’Amministrazione alla rimozione del provvedimento appare preminente rispetto a quello alla sua conservazione, avuto riguardo al fatto che il privato, con l’adozione dell’atto di diniego, era stato preavvertito dell’esistenza di possibili cause di illegittimità nell’attività edilizia denunciata, cosicché, nel riprendere i lavori dopo la sentenza di questo Tribunale, lo ha fatto a proprio rischio e pericolo.
Il ricorso si palesa, dunque, interamente infondato, mentre le spese del processo meritano di essere compensate, alla luce della particolarità della questione trattata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Durante, Presidente, Estensore
Emiliano Raganella, Primo Referendario
Giuseppina Alessandra Sidoti, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Nicola Durante