TAR Puglia (LE) Sez. I n. 675 del 4 maggio 2017
Urbanistica.Esclusione della possibilità per i Comuni di introdurre nuove ipotesi in cui imporre il vincolo della sagoma
Dalla lettura dell’art. 23 bis comma 4 del DPR n. 380 del 2001, dalla sua collazione sistematica (nell’ambito del titolo II riguardante i “titoli abilitativi” da richiedere per le diverse attività edilizie elencate nella parte generale) e dall’oggetto della disposizione (autorizzazioni preliminari alla segnalazione certificata di inizio attivita' e alla comunicazione dell'inizio dei lavori) si evince chiaramente che la ratio di tale previsione non è quella di consentire ai Comuni di restringere la portata innovativa dell’art. 30 del DL n. 69 del 2013, introducendo altre ipotesi nelle quali imporre il vincolo della sagoma nelle ristrutturazioni, bensì quello di demandare a tali Enti locali la scelta, nelle zone omogenee di tipo A), di quale titolo edilizio richiedere (segnalazione certificata di inizio attivita' ovvero permesso di costruire) per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma, ferma restando la disciplina dettata dal legislatore nazionale in ordine ai casi riconducibili agli interventi di ristrutturazione.
Pubblicato il 04/05/2017
N. 00675/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01371/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1371 del 2016, proposto da:
Marino Congedo & C snc, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Tommaso Millefiori, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Mannarino N. 11/A;
contro
Comune di Leverano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Vantaggiato, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Zanardelli 7;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Ferdinando Venturi, rappresentato e difeso dagli avvocati Ernesto Sticchi Damiani, Alfredo Caggiula, con domicilio eletto presso lo studio Ernesto Sticchi Damiani in Lecce, via 95 Rgt Fanteria, 9;
per l'annullamento
della nota prot. n. 12717 del 05/08/2016 nonché della successiva nota prot. n. 0015065 del 23/9/2016 con le quali il Responsabile del Settore Assetto del Territorio, Urbanistica, Edilizia del Comune di Leverano ha comunicato il preavviso di rigetto e poi respinto l'istanza di permesso di costruire presentata dalla ricorrente in data 13/1/2016 per l'esecuzione di un intervento di ristrutturazione edilizia ex art. 3, co. 1, lett. d), DPR n. 380/2001; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Leverano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2017 la dott.ssa Jessica Bonetto e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso tempestivamente notificato la Marino Congedo snc ha impugnato la nota indicata in epigrafe con la quale il Comune di Leverano ha respinto l’istanza di permesso di costruire relativa ad un intervento di ristrutturazione edilizia ex art. 3 comma 1 lett. d) DPR n. 380 del 2001.
La ricorrente ha esposto in fatto di avere presentato, in data 13 gennaio 2016, istanza di permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione di un immobile esistente; dopo tale istanza la Marino Congedo aveva ottenuto il permesso di costruire n. 6 del 2015; in seguito, l’interessata aveva presentato un’ulteriore istanza di permesso di costruire inerente lo stesso edificio, al fine di poter procedere alla ristrutturazione edilizia con una differente soluzione progettuale rispetto a quella inizialmente assentita, beneficiando delle modalità più “liberali” introdotte dall’art. 30 comma 1° lett. a) del DL n. 69 del 2013, emendativo della precedente disciplina contenuta nell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001 in ordine alla vincolo della sagoma; l’Ente, tuttavia, con le note impugnate, aveva respinto l’istanza, ritenendo necessario il mantenimento del vincolo della sagoma, per la tipicità dell’immobile interessato (masseria).
La ricorrente ha contestato la decisione assunta dall’Amministrazione in quanto, a suo dire, nel caso in esame non ricorrerebbe nessuna delle eccezioni introdotte dal legislatore con il DL n. 69 del 2013 per imporre il mantenimento del vincolo della sagoma, in deroga alla “liberalizzazione” prevista sul punto dalla nuova normativa.
Nel corso del giudizio si sono costituiti il Comune di Leverano e il controinteressato Ferdinando Venturi i quali hanno contestato le avverse doglianze e chiesto il rigetto dell’impugnazione.
All’esito del giudizio, stante la nuova disciplina introdotta dal DL n. 69 del 2013 in materia di ristrutturazione edilizia, il ricorso va accolto.
Invero, il legislatore con tale ultima modifica normativa, all’art. 30 comma 1 ha così disposto: “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 22, comma 6, del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, al medesimo decreto sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 3, comma 1, lettera d), ultimo periodo, le parole: «e sagoma» sono soppresse e dopo la parola "antisismica" sono aggiunte le seguenti: «nonche' quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purche' sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente”.
Pertanto, a seguito di tale intervento legislativo, l’art. 3 comma 1 lettera d) del DPR n. 380 del 2001 in rilievo in questa sede, definisce gli interventi di ristrutturazione edilizia, come tutti “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonche' quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purche' sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente”.
In altri termini, rispetto alla normativa precedente, il nuovo art. 3 del DPR n. 380 del 2001, al fine di qualificare un intervento edilizio realizzato mediante demolizione e ricostruzione dell’edificio come “ristrutturazione edilizia”, non richiede più la verifica dell’identità di “sagoma”, essendo sufficiente il rispetto del vincolo della medesima volumetria, con l’unica eccezione degli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, in relazione ai quali continua a permanere anche il vincolo di sagoma.
Nel caso in esame l’immobile oggetto della domanda di permesso di costruire articolata dal ricorrente non risulta sottoposto ad alcuno dei vincoli di cui al D. Lgs. n. 42 del 2004, ma nel provvedimento impugnato il Comune di Leverano ha ritenuto che il vincolo di sagoma operi comunque, per la c.d. “tipicità” dell’edificio da ristrutturare, qualificato nello strumento urbanistico comunale come “masseria” e tale conclusione, ad avviso dell’Ente, sarebbe legittima in forza di quanto statuito nell’art. 23 bis comma 4 del DPR n. 380 del 2001.
Tale norma così recita: “All'interno delle zone omogenee A) di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e in quelle equipollenti secondo l'eventuale diversa denominazione adottata dalle leggi regionali, i comuni devono individuare con propria deliberazione, da adottare entro il 30 giugno 2014, le aree nelle quali non e' applicabile la segnalazione certificata di inizio attivita' per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma. […] Nelle more dell'adozione della deliberazione di cui al primo periodo e comunque in sua assenza, non trova applicazione per le predette zone omogenee A) la segnalazione certificata di inizio attivita' con modifica della sagoma”.
Ad avviso del Comune da tale disposizione deriverebbe la possibilità per gli Enti locali di introdurre delle eccezioni ulteriori (rispetto a quella dei vincoli ex D. Lgs. n. 42 del 2004 già prevista dall’art. 3 del DPR n. 380 del 2001) all’applicabilità della “liberalizzazione” introdotta dal DL n. 69 del 2013; in altri termini, secondo l’Amministrazione, anche in presenza di immobili non vincolati ai sensi del D. Lgs. n. 42 del 2004 (per i quali il legislatore nazionale ha previsto il permanere del vincolo della sagoma nelle ristrutturazioni), i Comuni, nelle zone omogenee A), potrebbero prevedere nei propri strumenti urbanistici altre ipotesi nelle quali imporre a chi intenda ristrutturare un edificio, il mantenimento della stessa sagoma preesistente; pertanto, del tutto legittima sarebbe la decisione contenuta nel provvedimento impugnato di richiedere al signor Lezzi di rispettare tale parametro nella ristrutturazione della sua “masseria”.
La tesi non può essere condivisa.
Invero, dalla lettura della norma, dalla sua collazione sistematica (nell’ambito del titolo II riguardante i “titoli abilitativi” da richiedere per le diverse attività edilizie elencate nella parte generale) e dall’oggetto della disposizione (autorizzazioni preliminari alla segnalazione certificata di inizio attivita' e alla comunicazione dell'inizio dei lavori) si evince chiaramente che la ratio di tale previsione non è quella di consentire ai Comuni di restringere la portata innovativa dell’art. 30 del DL n. 69 del 2013, introducendo altre ipotesi nelle quali imporre il vincolo della sagoma nelle ristrutturazioni, bensì quello di demandare a tali Enti locali la scelta, nelle zone omogenee di tipo A), di quale titolo edilizio richiedere (segnalazione certificata di inizio attivita' ovvero permesso di costruire) per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma, ferma restando la disciplina dettata dal legislatore nazionale in ordine ai casi riconducibili agli interventi di ristrutturazione.
Peraltro, tale conclusione trova conferma nello stesso art. 3 comma 2 del DPR n. 380 del 2001 dove si legge: “Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi” e risulta coerente con l’esigenza di garantire che il principio generale contenuto nell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001 trovi applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale.
Pertanto, non ricorrendo nel caso in esame nessuna delle ipotesi derogatorie all’eliminazione del vincolo della sagoma contenute nell’art. 3 del DPR n. 380 del 2001, il provvedimento impugnato, motivato con riferimento a tale ragione ostativa, va senz’altro ritenuto illegittimo, fermo restando l’obbligo per l’Amministrazione, nel ripronunciarsi sull’istanza del ricorrente, di valutare ogni altro aspetto rilevante della questione, compreso il rispetto del vincolo della medesima volumetria, sul quale ha insistito il controinteressato Venturi, ma che non può essere analizzato in questa sede, trattandosi di profilo non espressamente utilizzato dal Comune per fondare la decisione assunta con il provvedimento impugnato.
Le spese di lite, stante la novità della questione controversa, possono essere interamente compensate in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato;
- compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:
Patrizia Moro, Presidente FF
Roberto Michele Palmieri, Primo Referendario
Jessica Bonetto, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Jessica Bonetto Patrizia Moro