Cass. Sez. III sent. 1893 del 23 gennaio 2007 (cc. 14 dicembre 2006)
Pres. Grassi Est. Fiale Ric.Cristiano
Urbanistica. Ristrutturazione edilizia
Il T.U. n. 380/2001 ha introdotto, in sostanza, uno sdoppiamento della categoria delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dall'art. 31, 1" comma - lett. d), della legge n. 457/1978, riconducendo ad essa anche interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell’edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume. Deve ritenersi, però che le modifiche del "volume", ora previste dall'art. 10 del T.U., possono consistere in diminuzioni o traslazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti, poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione".
L’attività di ristrutturazione può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi ad altri tipi. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.
Udienza in Camera di Consiglio del 14/12/2006
SENTENZA N.1323
REG. GENERALE n.39045/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli III. mi Signori
omissis
SENTENZA
sul ricorso proposto da Cristiano Antonio, n. a Napoli il 27/01/64 avverso l'ordinanza 10/07/2006 del Tribunale per il riesame di Napoli
Sentita la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
udito il P.M. nella persona del dr. Francesco Salzano che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Napoli; con ordinanza del 10.7.2006, rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse di Cristiano Antonio (legale rappresentante della s.r.l. "Superò") avverso il provvedimento 23.6.2006 con cui il G.I.P. di quello stesso Tribunale - in relazione agli ipotizzati reati di cui agli artt. 44, lett. c), del T.U. n. 380/2001 e 163 del D.Lgs. n. 490/1999 - aveva disposto il sequestro preventivo di locali interessati da lavori edilizi, siti in Napoli, alla via Santa Lucia, nn. 59-63.
I lavori in oggetto riguardano la trasformazione, in area del centro storico sottoposta a vincolo paesistico, di un manufatto già destinato a sala cinematografica in un complesso da adibire a supermercato e, tra le opere eseguite, é stata accertata la realizzazione ex novo, non assentite da titolo edilizio e da autorizzazione paesaggistica:
- di una struttura metallica, posta al di sopra della copertura a volta del locale, a mezzo di orditura orizzontale in profilati di ferro, con supporti di appoggio e pannelli in griglie zincate costituenti calpestio, per una superficie di circa 65 mq., sulla quale erano stati posizionati n. 8 armadietti asserventi condensatori per l'aria condizionata;
- di un piano ammezzato, di circa 65 mq., ricavato attraverso Io sfruttamento di locali attigui già esistenti, ai quali era stato predisposto un accesso mediante messa in opera di una scala in ferro e foratura di una parete divisoria.
In relazione all'attività di trasformazione edilizia in atto risulta altresì ipotizzato il delitto di cui all'art. 483 cod. pen., in quanto la superficie effettiva di vendita del realizzando esercizio commerciale risulta pari a mq. 507 circa, mentre all'Amministrazione comunale essa era stata comunicata in misura inferiore a 250 mq.
Tale falsa rappresentazione sarebbe stata finalizzata all'elusione della procedura autorizzatoria prescritta dalla normativa vigente in materia di apertura degli esercizi commerciali (D.Lgs. n. 114/1998 e normativa regionale di specificazione), configurando surrettiziamente il punto di vendita quale "esercizio di vicinato", stante il sicuro diniego dell'autorizzazione comunale per una struttura "media" di vendita nella zona centrale della città.
Il Tribunale considerava irrilevante la circostanza che, nelle more, fosse stato autorizzato dal P.M. il dissequestro temporaneo dei locali per consentire l'eliminazione dell'impalcato metallico esterno dianzi descritto, evidenziando che non vi era, peraltro, "prova alcuna del ripristino integrale dello status quo ante".
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Cristiano, il quale - premesso che l'intervento demolitorio di ripristino della copertura a volta del tetto (al quale si ricollegava il dissequestro provvisorio) era stato eseguito - ha eccepito. sotto il profilo della violazione di legge, che:
- la contestata realizzazione di un piano ammezzato anche attraverso l'utilizzazione di attigui locali di circa mq. 65 non sarebbe riconducibile al regime del permesso di costruire e non dovrebbe essere sottoposta ad autorizzazione paesaggistica, per la sua natura di mera "opera interna". Anche qualora, inoltre, non si condividesse tale assunto difensivo, il sequestro avrebbe dovuto essere limitato al solo ammezzato e non riguardare, invece, "l'intero locale di oltre 500 mq.";
- non potrebbe legittimamente ravvisarsi il delineato "periculum in mora", poiché eventuali violazioni del regime autorizzatone, prescritto dal D.Lgs. n. 114/1998 sarebbero sanzionate esclusivamente in via amministrativa,
******t
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
1. Alla stregua della giurisprudenza di questa Corte Suprema, con le specificazioni indicate dalle Sezioni Unite con la sentenza 29.1.1997, ric. P.M. in proc. Bassi, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale.
Tale interpretazione limitative della cognizione incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae", così da determinare una non-consentita preventiva verifica della fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento.
L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli dementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulate in quella tipica.
Il Tribunale del riesame, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro.
2. Nella fattispecie in oggetto il Tribunale di Napoli risulta essersi correttamente attenuto a tali principi, dal momento che quei giudici - valutando specificamente le prospettazioni difensive e con riferimento agli accertamenti effettuati dai Carabinieri - hanno evidenziato:
a) la totale assenza di titoli abilitativi (edilizio e paesaggistico) per le opere esterne finalizzate all'installazione degli impianti per l'aria condizionata;
b) la mancata ricomprensione nella denuncia di inizio dell'attività (DIA) del piano ammezzato di circa mq. tra.
Si vene, nella specie, in tema di ristrutturazione edilizia ed al riguardo va rilevato che:
a) L'art. 3, 1° comma - lett. d), del T.U. n 380/2001 - come modificato dal D L.gs 27.12.2002. n. 301 - definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
La ristrutturazione edilizia non è vincolata, pertanto, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, e la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.
Alla stregua di tali considerazioni appaiono ad evidenza infondate le argomentazioni difensive che, nel caso in esame, tendono a configurare la realizzazione del piano ammezzato quale "opera interna', valutabile autonomamente e separatamente nel contesto dell'intervento complessivo di trasformazione di una sala cinematografica in un supermercato.
b) L'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia «che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unita immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici», ovvero, si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili compressi nelle zone omogenee A).
e) L'art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso T.U., come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato - tali interventi possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività.
Dalle disposizioni legislative dianzi ricordate si deduce che sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio dell'attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle descritte nell'art. 10, 1° comma - lett, c, che possono incidere sul carico urbanistico).
Il T.U. n. 380/2001 ha introdotto, in sostanza, uno sdoppiamento della categoria delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dall'art. 31, 10 comma - lett. d), della legge n. 457/1978, riconducendo ad essa anche interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume.
Deve ritenersi, però, che le modifiche del "volume", ora previste dall'art. 10 del T.U., possono consistere in diminuzioni o traslazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti, poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costrizione".
Nel caso in esame, comunque, la realizzazione del piano ammezzato non era ricompresa nel progetto allegato alla D.I.A. effettivamente presentata e ciò, per l'oggettiva rilevanza di detta opera nel contesto complessivo di quelle eseguite, rende legittima l'estensione della misura all'intera struttura commerciale.
3. Il "periculum in mora" ben risulta configurato per il contrasto !rilevante quanto meno ai sensi dell'art. 44, lett. a), dei T.U. a. 380/20011 della realizzanda "media struttura di vendita" con i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale (di cui all'art 14 della legge 7.1.200, n 1 della Regione Campania), tenuto anche conto che nei centri storici - ai sensi dell'art. (5 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 114 - deve essere perseguita la finalità di "salvaguardare e qualificare le presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali".
4. L'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ai giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi di segno positivo, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie affermazioni dei ricorrente non valgono certo ad escludere la configurabilità del "fumus" del reato ipotizzato.
Il successivo ripristino della sagoma dell'edificio, che si assume attuato attraverso la rimozione integrale dei condizionatori e della struttura sulla quale quelli erano stati installati, potrà essere valutato - invece - in seguito ad apposita istanza per la revoca della misura, da proporsi al giudice competente.
5, Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti. 127 e 325 c.p.p.,
rigetta il ricorso condanna il ricorrerne al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 14.12.2006