TAR Veneto Sez. II n. 43 del 25 gennaio 2012
Urbanistica. Distanze tra edifici
In tema di distanze fra costruzioni o di queste con i confini vige il regime della c.d. "doppia tutela", per cui il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita (con competenza del G.O.) e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata, consentita e permessa (conosciuto dal G.A.).
N. 00043/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01118/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1118 del 1999, proposto da Giancarlo Zecchetto e Livia Sartori, rappresentati e difesi dagli avvocati Franco Zambelli e Gianpaolo Sardos Albertini, con domicilio eletto presso il primo in Venezia, Mestre, via Cavallotti, 22;
contro
il Comune di San Giovanni Lupatoto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Sartori e Attilio Roberto Gastaldello, con domicilio eletto presso il primo in Venezia, Mestre, Calle del Sale, 33;
nei confronti di
Mario Mazzon, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Breoni, Giorgio Suppiej, Stefano Aceto, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia, Cannaregio, 6025;
per l'annullamento
della concessione edilizia rilasciata in favore della ditta Mazzon in data 13.12.1996, nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e/o conseguente comunque lesivo degli interessi degli attuali ricorrenti, comprese le concessioni edilizie nn. 237/1986 e 170/1993 – rilasciate dalla suindicata Amministrazione comunale in favore della stessa ditta – e successive varianti ai progetti assentiti, nonché per il risarcimento dei danni conseguenti all’impossibilità di costruire sino a 5.00 mt dal confine di proprietà.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Giovanni Lupatoto e di Mario Mazzon;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2011 la dott.ssa Marina Perrelli e uditi l’avvocato Parisi, in sostituzione di Zambelli, per i ricorrenti, l’avvocato Sartori per il Comune intimato e l’avvocato Aceto per il sig. Mazzon;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. Con concessione n. 237/1986 il Comune di San Giovanni Lupatoto autorizzava il controinteressato a realizzare un garage al piano terra, annesso al fabbricato adibito a civile abitazione.
B. L’intervento cadeva sul confine con la proprietà dei ricorrenti, ad una distanza di circa 7.00 mt. dal fabbricato ivi esistente, e veniva realizzato in forza del combinato disposto degli artt. 36 del Regolamento Edilizio e 26 delle N.T.A. al P.R.G., ai sensi dei quali le autorimesse con altezza inferiore a ml. 2.80 non sono considerate fabbricati ai fini delle distanze dai confini, dalle strade e dagli altri immobili.
C. Successivamente l’Amministrazione comunale, con concessione edilizia n. 170 del 14.10.1993, rilasciava al controinteressato l’autorizzazione per l’ampliamento e la modifica della civile abitazione, mantenendo la destinazione a garage del manufatto oggetto di causa.
D. A seguito di specifica istanza di accesso, i ricorrenti venivano a conoscenza del fatto che il Comune di San Giovanni Lupatoto, con la concessione edilizia in variante del 6/13.12.1996, aveva consentito il cambio di destinazione d’uso dell’autorimessa a ufficio, nonché accertavano l’impossibilità dell’utilizzo del predetto manufatto come garage sin dalla sua edificazione, in considerazione dell’assenza di uno spazio sufficiente per il passaggio di un autoveicolo.
E. Quindi, con la nota del 12.3.1999, i ricorrenti invitavano l’Amministrazione ad adottare gli atti necessari per il ripristino della legalità, ma il Comune resistente rimaneva inerte.
F. I ricorrenti deducono l’illegittimità dei provvedimenti impugnati:
1) per violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 47/1985, dell’art. 76 della L.R. n. 61/1985, delle norme del P.R.G. vigente in quanto la variante concessa nel 1996 ha fatto venire meno il presupposto – vale a dire la destinazione ad autorimessa- per l’abbattimento delle distanze tra edifici con conseguente obbligo di arretramento del fabbricato destinato originariamente a garage di circa 3 mt.;
2) per violazione e falsa applicazione della normativa contenuta nel P.R.G., nonché per eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria giacché sin dall’originaria concessione del 1986 era stata dolosamente occultata l’inesistenza di un passaggio in grado di consentire alle macchine di accedere ai locali adibiti ad autorimessa.
G. Il Comune di San Giovanni Lupatoto, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice adito, nonché l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire, concludendo nel merito per la reiezione del gravame.
H. Il controinteressato, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per tardività e la sua inammissibilità per carenza di interesse, concludendo nel merito per la reiezione dello stesso.
I. Alla pubblica udienza del 14.12.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Occorre, in via preliminare, esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Amministrazione comunale secondo la quale concernendo le censure di parte ricorrente le modalità di esecuzione dell’opera e, segnatamente, il mancato rispetto delle distanze tra edifici, la controversia spetterebbe alla cognizione del giudice ordinario.
1.2. L’eccezione è infondata e va disattesa.
1.3. Costituisce principio consolidato e pacifico che in tema di distanze fra costruzioni o di queste con i confini vige il regime della c.d. "doppia tutela", per cui il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita (con competenza del G.O.) e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata, consentita e permessa (conosciuto dal G.A.).
1.4. Pertanto, la controversia derivante dall’impugnazione di un permesso di costruire da parte del vicino che lamenti la violazione delle distanze legali costituisce una disputa non già tra privati ma tra privato e pubblica amministrazione, nella quale la posizione del primo si atteggia a interesse legittimo, con conseguente spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 28.1. 2011 , n. 678).
2. Nel merito il ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile per carenza di interesse di interesse ad agire.
2.1. Ad avviso del Collegio appare conveniente esaminare le censure congiuntamente poiché presentano contenuti analoghi o comunque strettamente connessi.
3. Assumono in sintesi i ricorrenti che il presupposto legittimante la deroga alle disposizioni sulle distanze era costituito dalla destinazione d’uso a garage dei volumi realizzati e che, pertanto, una volta venuta meno la predetta destinazione a seguito della variazione dell’uso a direzionale, il manufatto avrebbe dovuto essere nuovamente assoggettato alla normativa generale in materia di distanze con conseguente obbligo di arretramento del medesimo.
4. L’assunto è infondato.
4.1. Dalla documentazione versata in atti si evince che il controinteressato otteneva nel 1986 la concessione edilizia n. 237 per la costruzione di un garage di altezza massima di ml. 2.80. Tale autorizzazione veniva rilasciata sotto la vigenza dell’art. 36, comma 5, del Regolamento edilizio, ai sensi del quale ”le autorimesse con altezza inferiore a ml. 2.80 misurata al colmo della copertura sono disciplinate dal comma 12 dell’art. 26 delle NTA” che, a sua volta, stabiliva che “ esse non vengono considerate fabbricati ai fini delle distanze dai confini, dalle strade e dai fabbricati dai quali debbono distare secondo quanto disposto dal codice civile”.
4.2. Successivamente, con l’adozione del P.R.G., veniva abrogato il comma 5 dell’art. 36 del Regolamento edilizio, con delibere n. 281 del 6.12.1988 e n. 70 del 31.3.1989 riguardante la variante al P.R.G., approvata con D.G.R. n. 1707 del 27.3.1991.
4.3. Il 13.12.1996 il controinteressato otteneva, infine, la variante alla concessione n. 170/1993, impugnata in via principale, per la ristrutturazione e il mutamento di destinazione d’uso da residenziale a direzionale di parte dell’edificio principale e dell’autorimessa.
4.4. Orbene, occorre innanzitutto chiarire che ciascuno dei provvedimenti impugnati è autonomo e indipendente rispetto a quelli precedenti e che, pertanto, le concessioni rilasciate nel 1986 e nel 1993 non possono ritenersi atti appartenenti al medesimo procedimento di quello conclusosi con il rilascio della variante del 1996, impugnata in via principale.
4.5. Tanto premesso va, allora, affermato che l’Amministrazione comunale legittimamente rilasciava al controinteressato la concessione per la realizzazione dell’autorimessa che veniva edificata a 7.00 mt. di distanza dall’edificio dei ricorrenti, in forza del combinato disposto dei rammentati artt. 36 del Regolamento edilizio e 26 delle NTA.
4.6. Posto, infatti, che i requisiti di legittimità di una concessione edilizia devono essere accertati al momento del suo rilascio, l'adozione di un nuovo piano regolatore non ha rilevanza alcuna ai fini dell'annullamento delle concessioni validamente rilasciate anteriormente (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale). In particolare, in materia, vige il principio secondo il quale nel caso in cui dopo la concessione edilizia sopravvengono nuove norme sulla distanze tra gli edifici, o sulla loro volumetria od altezza, il costruttore deve conformarsi allo "ius superveniens", salvo che la costruzione sia già iniziata, perché in tal caso, se la nuova disciplina è più restrittiva della precedente, non può esplicare efficacia retroattiva su situazioni consolidatesi (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 13.5.2003, n. 781; Cass. Civ., Sez. II, 4.8.1997 n. 7185; Cass. Civ., sez. II, 4.8.1988 n. 4838).
4.7. Ne discende, quindi, che, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla tempestività dell’impugnazione della concessioni edilizie del 1986 e del 1993, non sussiste alcuno dei profili di illegittimità dedotti da parte ricorrente in relazione ai detti atti, ivi compresa l’asserita mancata effettiva destinazione del manufatto ad autorimessa per assenza dello spazio di manovra per un autoveicolo. Dalla documentazione versata in atti emerge, infatti, che il manufatto de quo è stato inizialmente dotato di un accesso carrabile da via Biasoli e di uno pedonale da via Ortolani, successivamente trasformato in carrabile con concessione edilizia n. 190 del 22.6.1990.
5. Con riguardo, invece, alla concessione in variante del 1996, a seguito della quale è stata modificata la destinazione d’uso dell’autorimessa a ufficio in assenza di variazioni volumetriche o di sagoma, il Collegio rileva che l’atto è stato rilasciato in conformità alle disposizioni edilizie vigenti e che il cambio di destinazione d’uso non incide in alcun modo sulla posizione giuridica soggettiva dei ricorrenti dal momento che non ha determinato alcuna modifica delle distanze tra edifici.
5.1. Orbene, rispetto a tale ultimo atto, ad avviso del Collegio sussiste la dedotta carenza di interesse ad agire dei ricorrenti dal momento che il mutamento di destinazione d’uso non avrebbe potuto determinare l’assoggettamento del fabbricato – legittimamente edificato in forza del combinato disposto degli artt. 36 del Regolamento edilizio e 26 delle NTA allora vigenti - alle disposizioni ordinarie in materia di distanze e il conseguente obbligo di suo arretramento rispetto al confine.
5.2. Tale affermazione trova conferma proprio nell’introduzione di disposizioni regolamentari che non consentono più deroghe alle distanze minime per particolari tipologie di manufatti (disposizioni non impugnate dai ricorrenti). A tale ultimo proposito va, pertanto, condivisa l’osservazione della difesa comunale laddove rileva che, anche qualora la costruzione del Mazzon avesse mantenuto la destinazione a garage, ciò non avrebbe, comunque, consentito ai ricorrenti di edificare a 5 mt. dal confine, in considerazione delle nuove disposizioni vigenti in materia di distanze e della legittima realizzazione del manufatto del controinteressato sotto la vigenza di una normativa che escludeva tale tipologia di fabbricati dal computo ai fini delle distanze dagli edifici e dalle strade.
6. Per tutte le suesposte ragioni il ricorso deve, pertanto, essere in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile, con conseguente reiezione anche della domanda risarcitoria.
7. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda),definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile.
Condanna i ricorrenti in solido tra di loro alla rifusione in favore dell’Amministrazione resistente e del controinteressato delle spese di lite, liquidate in euro 2.000,00 (duemila/00) per ciascuna parte, per spese generali, competenze e onorari, oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Marina Perrelli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/01/2012