TAR Campania (NA) Sez. VI n. 3379 del 1 giugno 2023    
Urbanistica.Demolizione e ripristino dello stato dei luoghi

L'elemento che differenzia il procedimento scolpito dall'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 rispetto a quello del successivo art. 31 è rappresentato dal fatto che, nel primo caso, a seguito di accertamento degli abusi il funzionario provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi, nel senso che il funzionario senz'altro può materialmente demolire il manufatto abusivo. Ciò è reso evidente dalle parole “e al ripristino dello stato dei luoghi”. Nel caso in cui non ricorrano i presupposti per l'applicazione dell'art. 27 del medesimo d.P.R. n. 380/2001, e dunque il ripristino dello stato dei luoghi sia perseguito dall'Amministrazione secondo il procedimento dell'art. 31, essa assegna un termine per l'esecuzione dell'ordine di ripristino da parte dei responsabili dell'abuso con le conseguenze in caso di inottemperanza, scolpite dai successivi commi dell'art. 31 stesso. La differenza tra gli artt. 27 e 31 citati è, dunque, costituita dall'evenienza se il Comune si determini all'immediata demolizione o se fissi il termine di 90 giorni per la spontanea esecuzione da parte del responsabile dell'abuso. Inoltre, l'art. 27, T.U.E. è sempre applicabile sia che venga accertato l'inizio che l'avvenuta esecuzione di interventi abusivi e non vede la sua efficacia limitata alle sole zone di inedificabilità assoluta, nel rispetto dei poteri di vigilanza attribuiti al Comune


Pubblicato il 01/06/2023

N. 03379/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02682/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2682 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Bruno Antonio Molinaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Barano D'Ischia, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell’ordinanza n.-OMISSIS-, recante ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/01;

per quanto riguarda i motivi aggiunti,

per l’annullamento

del provvedimento del -OMISSIS-di inottemperanza all’ordine di demolizione.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 marzo 2023 la dott.ssa Angela Fontana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del presente giudizio, il Comune di Barano d’Ischia ha disposto la demolizione di opere abusive realizzate presso l’immobile in proprietà del ricorrente, distinto in catasto al foglio -OMISSIS- e consistenti nella realizzazione di nuove volumetrie in ampliamento del fabbricato preesistente, nella modifica dell’area esterna mediante la pavimentazione di un giardino, nella modifica dei volumi interni mediante l’innalzamento della quota di calpestio.

Tale immobile, con annessa area pertinenziale, aveva formato oggetto anni addietro di un complessivo intervento di recupero manutentivo e adeguamento statico e funzionale: e tanto a seguito di regolare D.I.A. presentata all’U.T. del comune di Barano d’Ischia in data -OMISSIS-

Tuttavia, a seguito di accertamenti, era emerso che presso l’immobile di proprietà del ricorrente erano state realizzate opere edilizie per la cui esecuzione sarebbe stato necessario acquisire l’autorizzazione paesaggistica ed un permesso a costruire, ricadendo le stesse in zona dichiarata di notevole pregio paesaggistico e sottoposta a vincolo paesaggistico dal PTP dell’isola di Ischia.

2. Avverso tale provvedimento il ricorrente ha dedotto molteplici censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

2.1 Secondo la prospettiva del ricorrente, il provvedimento impugnato sarebbe nullo per violazione dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990, in quanto conterrebbe un comando impossibile in quanto l’immobile era stato sottoposto a sequestro preventivo cui ha fatto seguito, in data -OMISSIS- il decreto del G.I.P. ex art. 321 c.p.p. di convalida di detto sequestro.

2.1.2 Il motivo non è fondato.

La giurisprudenza è ferma nel ritenere che “la sottoposizione di un manufatto abusivo a sequestro penale non costituisce impedimento assoluto a ottemperare a un ordine di demolizione, né integra causa di forza maggiore impeditiva della demolizione, dato che sussiste la possibilità di ottenere il dissequestro dell’immobile proprio al fine di ottemperare all’ingiunzione di demolizione (C.d.S., n. 283/2016, ex pluris).

Trattasi di orientamento ancora da ultimo reiterato da questo TAR (sentenze 21 gennaio 2022, n. 427 e 16 aprile 2021, n. 2421; cfr., altresì, TAR Campania, III, n. 1049/18) e da cui non si rinvengono ragioni per discostarsi.

2.2 Deduce poi il ricorrente che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 27 del d.P.R. 380 del 2001 in quanto sarebbe stata irrogata la gravissima misura della demolizione senza adeguatamente motivare in ordine all’interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione né al presunto contrasto delle opere stesse con la normativa urbanistica vigente, né, infine, al contenuto della istruttoria eventualmente svolta in relazione alla esistenza di cause ostative all’esercizio legittimo del potere repressivo.

In particolare, deduce il ricorrente di aver realizzato interventi di ristrutturazione edilizia che non necessitavano della acquisizione di un titolo di legittimazione né della autorizzazione paesaggistica, trattandosi di interventi di portata minore.

Nello specifico, il ricorrente rileva che il corpo di fabbrica, occupante una superficie di mq 7,5, in ampliamento al piano terra, sarebbe esistito sin da epoca in cui non era richiesto per la sua realizzazione alcun titolo abilitativo; in ordine all’ampliamento al primo piano di circa mq 25,5, ottenuto dall’inglobamento di un vecchio comodo rurale, lo stesso differirebbe solo leggermente da quello rappresentato nei grafici progettuali allegati ad una D.I.A. presentata nel 2013.

Il piccolo vano finestra del locale WC della camera da letto sarebbe presente da epoca immemorabile. Lo stesso, in ogni caso, non sarebbe difforme rispetto al progetto approvato.

In relazione, poi, al massetto di mq 92,5, ai muretti di recinzione e ai due cancelli, tali interventi sarebbero riconducibili al novero degli interventi edilizi minori, consistiti in un modesto rimodellamento del parcheggio già esistente.

2.2.1 Ritiene il Collegio che le censure così sintetizzate non siano fondate.

Il ricorrente, di fatto, nelle sue difese ed anche nella perizia versata in atti per alcune delle opere contestate, ha inteso contestarne l’abusività.

Ciò in particolare, è stato fatto per il corpo di fabbrica occupante una superficie di m² 7,5, in ampliamento al piano terra, che secondo il ricorrente sarebbe di epoca antica, oltre che di diversa misurazione.

A parte la circostanza che la dedotta differenza non è provata in atti (non risultano rilievi né fotografie), il fatto che il solaio dell’ambiente sia in pietra vulcanica, materiale utilizzato in passato, non esclude che possa essere stato realizzato in ampliamento del locale originario, come appunto contestato nella ordinanza di demolizione.

Per il resto, la presentazione di una DIA nel 2013, come emerge dalla relazione del perito, ha riguardato la sistemazione interna dell’immobile e non la realizzazione della nuova volumetria.

Considerata, quindi, la tipologia delle opere abusive descritte nell’ordinanza e tenuto conto che le stesse sono state realizzate in assenza del necessario titolo edilizio (permesso di costruire) e della preventiva autorizzazione paesaggistica, l’Amministrazione legittimamente ha ingiunto la demolizione. Del resto, in caso di vincolo paesaggistico, qualsiasi intervento idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica, con conseguente sanzione demolitoria, ex art. 27 del DPR n. 380 del 2001, in caso di titolo carente, a prescindere dalla classificazione e dalla graduazione degli abusi valevole nel diverso contesto dei titoli edilizi, come chiarito da costante giurisprudenza (cfr. tra le altre, Consiglio di Stato, sent. n. 7426 del 2021). Inoltre, come evidenziato dal Comune nel provvedimento, il territorio in questione è soggetto anche a vincolo sismico.

E, quanto al lamentato difetto di motivazione, sempre per costante giurisprudenza, i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi, tanto più quando venga in rilievo un’area soggetta a vincolo paesaggistico, come quella in questione, sono atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico al ripristino e della sua prevalenza sull’interesse privato: l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento dell’attività urbanistico-edilizia e all’armonico sviluppo del territorio è infatti “in re ipsa” e non può trovare limite nell’interesse al mantenimento di opere abusive da parte di chi le abbia realizzate; né può parlarsi di tutela dell’affidamento dato che non è meritevole un affidamento che si basi su un’attività illecita (cfr. Consiglio di Stato, sent. n. 189 del 2022 e n. 6498 del 2020; cfr. Tar Napoli, sent. n. 2631 del 2022). Da tutto quanto sopra discende anche l’irrilevanza della dedotta conformità urbanistica degli interventi edilizi rispetto alla destinazione di zona.

2.3 Con ulteriore censura è dedotta la violazione dell’art. 27 del d.P.R. 380 del 2001 in quanto, secondo la prospettiva del ricorrente, la demolizione ad horas verrebbe consentita, come espressamente indicato nel testo della stessa, soltanto ove la zona oggetto dell’intervento sia assoggettata a vincolo di inedificabilità.

Nel caso di specie, tuttavia, non risulterebbe sull'area oggetto dell'intervento alcun vincolo di inedificabilità in senso assoluto (quello esistente sarebbe, infatti, un vincolo di inedificabilità relativa per la cui rimozione è prevista l'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela paesistica).

2.3.1 Il motivo non è fondato.

L'elemento che differenzia il procedimento scolpito dall'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 rispetto a quello del successivo art. 31 è rappresentato dal fatto che, nel primo caso, a seguito di accertamento degli abusi il funzionario provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi, nel senso che il funzionario senz'altro può materialmente demolire il manufatto abusivo. Ciò è reso evidente dalle parole “e al ripristino dello stato dei luoghi”. Nel caso in cui non ricorrano i presupposti per l'applicazione dell'art. 27 del medesimo d.P.R. n. 380/2001, e dunque il ripristino dello stato dei luoghi sia perseguito dall'Amministrazione secondo il procedimento dell'art. 31, essa assegna un termine per l'esecuzione dell'ordine di ripristino da parte dei responsabili dell'abuso con le conseguenze in caso di inottemperanza, scolpite dai successivi commi dell'art. 31 stesso. La differenza tra gli artt. 27 e 31 citati è, dunque, costituita dall'evenienza se il Comune si determini all'immediata demolizione o se fissi il termine di 90 giorni per la spontanea esecuzione da parte del responsabile dell'abuso.

Inoltre, l'art. 27, T.U.E. è sempre applicabile sia che venga accertato l'inizio che l'avvenuta esecuzione di interventi abusivi e non vede la sua efficacia limitata alle sole zone di inedificabilità assoluta, nel rispetto dei poteri di vigilanza attribuiti al Comune (T.A.R. Campania - Napoli, sez. III, 4.10.2021, n. 6197).

2.4 Con ultima censura è dedotta la violazione dell’art. 7 della legge 241 del 1990.

La censura è infondata.

La repressione degli abusi edilizi è attività doverosa e vincolata e non rileva l’eventuale violazione dell’art. 7, ai sensi della disposizione dell’art. 21 octies comma 2 della legge 241 del 1990.

Né, alla luce delle svolte considerazioni, può ritenersi che il ricorrente avrebbe potuto sottoporre all’amministrazione elementi di valutazione idonei a determinare una diversa decisione amministrativa.

3. Con ricorso per motivi aggiunti, è stato impugnato il verbale del -OMISSIS-di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

Il ricorrente, avverso tale atto, ha dedotto profili di illegittimità derivata alla luce delle censure già formulate nel ricorso originario a cui egli ha fatto rinvio.

Ulteriormente, il ricorrente ha censurato il verbale di accertamento in parola per nullità ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990 poiché non potrebbe essere contestata la mancata esecuzione dell’ordine di demolizione di beni sottratti alla sua materiale disponibilità in quanto sottoposti a sequestro dall’autorità giudiziaria.

3.1 Il ricorso per motivi aggiunti è infondato.

Per quanto già chiarito nei punti da 2 a 3 della presente sentenza, le modificazioni realizzate dal ricorrente senza titolo, in ragione della evidente alterazione dello stato dei luoghi preesistente, non possono essere considerate alla stregua di interventi minori: esse hanno determinato incrementi volumetrici e modifiche dell’aspetto esteriore dell’immobile, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, e, pertanto, legittimamente ne è stata disposta la demolizione.

Si è anche chiarito come la circostanza che l’immobile sia stato sottoposto a sequestro da parte dell’autorità giudiziaria non costituisce ostacolo alla iniziativa del privato che intenda, dando esecuzione al comando dell’amministrazione, consentire il ripristino della legalità.

4. In sintesi, per quanto sin qui esposto, il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti.

Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio in ragione della mancata costituzione in giudizio del Comune di Barano d’Ischia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Napoli (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo ed i suoi motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2023 tenuta da remoto con modalità Microsoft Teams, con l'intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Maria Grazia D'Alterio, Consigliere

Angela Fontana, Consigliere, Estensore