L’articolo 17 del decreto Sblocca Italia non contiene solo agevolazioni
di Matteo PEVERATI
“Al fine di … ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, … con particolare riguardo al recupero del patrimonio edilizio esistente e alla riduzione del consumo di suolo” l’articolo 17 del decreto legge 12 settembre 2014 n. 133 (c.d. Sblocca Italia), così come convertito con modificazioni, ha apportato significative modifiche al D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.
Tra queste assumono particolare rilevanza le norme che sono intervenute sulla disciplina dei contributi dovuti per il rilascio dei permessi di costruire e per gli altri titoli abilitativi edilizi onerosi.
1. Gli interventi di ristrutturazione edilizia e di manutenzione straordinaria.
L’articolo 16.4 del D.P.R. 380/2001 detta i criteri che le regioni devono seguire per redigere le tabelle parametriche sulla base delle quali i comuni devono poi stabilire le tariffe degli oneri di urbanizzazione.
Secondo tale disposizione le regioni devono innanzitutto raggruppare i comuni in classi tenendo conto di una serie di elementi tra cui la loro ampiezza, l’andamento demografico, le loro caratteristiche geografiche e, per ciascuna classe, devono poi redigere le predette tabelle sulla base delle destinazioni di zona e degli standard previsti negli strumenti urbanistici.
Tra questi elementi l’articolo 17.1 lettera g) del D.L. 133/2014 ha inserito (forse non del tutto propriamente) ulteriori parametri di cui le regioni devono tener conto nel fornire ai comuni la base per determinare gli oneri di urbanizzazione.
Le regioni in particolare devono dettare regole volte “alla differenziazione tra gli interventi al fine di incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), anziché quelli di nuova costruzione” (art. 16.4 lettera d-bis).
Sempre nell’ottica di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente e di ridurre il consumo di suolo, all’articolo 17 è stato poi inserito il comma 4-bis, il quale prevede che “al fine di agevolare gli interventi di densificazione edilizia, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore al venti per cento rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni nei casi non interessati da varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d’uso comportanti maggior valore rispetto alla destinazione originaria. I comuni definiscono, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, i criteri e le modalità applicative per l’applicazione della relativa riduzione”.
Dato che i comuni, in forza di questa norma e nei casi da essa contemplati, hanno l’obbligo di applicare tale riduzione comunque in misura non inferiore al 20 per cento non sembra infondato ritenere che la riduzione del 20 per cento sia immediatamente applicabile, anche senza la preventiva individuazione dei criteri e delle modalità applicative di cui sopra.
Invece, contrariamente agli obiettivi dichiarati di voler ridurre “gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese”, l’articolo 17.1, lettera h) n. 2, del D.L. 133/2014 ha modificato l’articolo 17 del D.P.R. 380/2001 intervenendo anche sul comma 4 che ora prevede che “per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a), qualora comportanti aumento del carico urbanistico, il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione, purché ne derivi un aumento della superficie calpestabile”.
Per la concreta applicazione di quest’ultima previsione sarà necessario che le regioni, dopo aver definito il concetto di carico urbanistico e circoscritto i casi in cui gli interventi di manutenzione straordinaria determinino un aumento dello stesso, predispongano le tabelle per la quantificazione degli oneri relativi a questo tipo di interventi, e che i comuni stabiliscano le relative tariffe.
2. Il criterio del “maggior valore”.
In tema di oneri di urbanizzazione merita un discorso a sé l’inserimento della lettera d-ter nel comma 4 dell’articolo 16 del D.P.R. 380/2001, da parte della citata lettera g) dell’articolo 17.1 del D.L. 133/2014.
In forza di tale norma le regioni nel redigere le tabelle parametriche di cui sopra, devono tenere conto del “maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso”.
Tale operazione, come è immaginabile, determinerà un aumento degli oneri di urbanizzazione a carico degli operatori.
3. In caso di mancato intervento regionale?
Il novellato comma 5 dell’articolo 16 prevede che “nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione e fino alla definizione delle tabelle stesse, i comuni provvedono, in via provvisoria, con deliberazione del consiglio comunale, secondo i parametri di cui al comma 4, fermo restando quanto previsto dal comma 4-bis”.
Quindi se le regioni non provvedono a redigere le tabelle parametriche di cui sopra, i comuni stessi potranno determinare autonomamente le tariffe degli oneri di urbanizzazione, ma non del tutto liberamente: dovranno infatti procedere sulla base dei medesimi elementi che avrebbero dovuto considerare le regioni.
4. Il “contributo straordinario”.
Ma le novità (e “gli oneri a carico dei privati e delle imprese”) non finiscono qui.
Il secondo periodo della citata lettera d-ter, per gli interventi poc’anzi elencati, ha istituito un “contributo straordinario” rapportato al “maggior valore” di cui sopra.
Esso infatti prevede che “tale maggior valore, calcolato dall’amministrazione comunale, è suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed è erogato da quest’ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l’interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l’intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche”
All’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 è stato aggiunto anche il comma 4-bis il quale stabilisce che, con riferimento a quanto previsto proposito del contributo straordinario, “sono fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali”.
Dunque, mediante legge regionale o con lo strumento urbanistico generale, regioni e comuni potranno dettare una disciplina diversa, ma, per le ragioni di seguito precisate, senza poter escludere totalmente la corresponsione del menzionato contributo straordinario. Basterà invece un atto amministrativo generale per fissare i criteri di determinazione del “maggior valore”, la percentuale e le modalità di corresponsione e le finalità dello stesso.
5. Come si applicano le norme in esame nelle regioni a statuto ordinario?
L’articolo 117.3 della Costituzione include il governo del territorio tra le materie di legislazione concorrente, per le quali “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.
Il D.P.R. 380/2001, secondo quanto previsto dall’articolo 1.1, “contiene i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia”.
In particolare, l’articolo 2.1 prevede che:
- “le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico” (art. 2.1);
- “le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi” (art. 2.3).
L’articolo 10.1 della legge 10 febbraio 1953 n. 62, a sua volta, dispone che “le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali di cui al primo comma dell’articolo precedente [in tema di potestà legislativa concorrente di cui al citato articolo 117 Cost.] abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse”.
Ne deriva che le norme contenute nel D.P.R. 380/2001 si impongono sulle previgenti disposizioni regionali con esse contrastanti, e ne determinano l’abrogazione (come confermato dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 7 aprile 2008 n. 2).
Pertanto, dal momento della loro entrata in vigore, le norme statali in esame entrano a far parte dell’ordinamento giuridico di ciascuna regione e quindi devono essere immediatamente applicate, fino a quando ciascuna regione non detti una propria disciplina.
Le leggi regionali potranno derogare alle citate norme statali solamente nel caso in cui non si tratti di disposizioni di principio.
Nel caso di specie pare fondato ritenere (fatte salve alcune successive precisazioni) che le menzionate previsioni dell’articolo 17 del D.L. 133/2014 siano norme di principio.
Infatti,
- la nuova lettera d-bis dell’articolo 16.4 del D.P.R. 380/2001, differenziando gli oneri di urbanizzazione in funzione degli interventi edilizi, promuove il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente e persegue il contenimento del consumo di suolo;
- il comma 4-bis dell’articolo 17, allo stesso modo, promuove il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente (dismesso o in via di dismissione) e persegue il contenimento del consumo di suolo;
- il nuovo comma 4 dello stesso articolo 17 attua il principio secondo cui gli interventi che aumentano il peso insediativo devono essere onerosi;
- la nuova lettera d-ter del citato articolo 16.4 stabilisce che nei casi in cui il comune autorizzi un intervento in variante o in deroga o con mutamento di destinazione d’uso:
i) gli oneri di urbanizzazione devono essere determinati anche in funzione del maggior valore derivante da tale autorizzazione;
ii) lo stesso comune partecipi dell’aumento di valore derivante dall’abilitazione dall’intervento;
- le modifiche introdotte all’articolo 16.5 stabiliscono secondo quali criteri i comuni dovranno determinare le tariffe degli oneri di urbanizzazione nel caso in cui le regioni non pubblichino le tabelle parametriche.
Al contrario, il secondo periodo della lettera d-ter dell’articolo 16.4 è da considerare una norma di dettaglio nella parte in cui determina le percentuali di ripartizione, le modalità e le finalità del contributo straordinario, contributo che, in ragione di quanto appena detto, sembrerebbe non possa venire totalmente azzerato.
6. Tali norme come si applicano in Lombardia?
Per quanto concerne in particolare la Lombardia, sfidando l’articolo 117 della Costituzione la legge regionale 11 marzo 2005 n. 12 detta una disciplina del contributo di costruzione diversa da quanto previsto dall’articolo 16 del D.P.R. 380/2001. Infatti prevede che gli oneri di urbanizzazione siano determinati dai comuni “in relazione alle previsioni del piano dei servizi e a quelle del programma triennale delle opere pubbliche” (art. 44.1), e non sulla base delle tabelle parametriche redatte dalla regione, mentre addirittura, l’articolo 103.1 lettera a) stabilisce che il predetto articolo 16 non trovi applicazione in Lombardia.
In ragione della preminenza delle norme statali in esame, di cui in precedenza si è trattato, il citato disposto dell’articolo 44.1 dovrebbe ritenersi integrato dalle nuove previsioni di cui all’articolo 16.4 del D.P.R. 380/2001.
Pertanto, attendendo eventuali norme regionali, in forza del nuovo testo dell’articolo 16.5 del D.P.R. 380/2001 i comuni ora devono stabilire le tariffe degli oneri di urbanizzazione “secondo i parametri di cui al comma 4” dell’articolo 16, e non solo “in relazione alle previsioni del piano dei servizi e a quelle del programma triennale delle opere pubbliche”.
Per quanto concerne inoltre la differenziazione degli interventi (di cui alla lettera d-bis dell’articolo 16.4 del D.P.R. 380/2001), l’articolo 44.10 della l.r. 12/2005 prevede già che per gli interventi di ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione gli oneri di urbanizzazione siano ridotti del sessanta per cento rispetto a quelli previsti per gli interventi di nuova costruzione (ai sensi della recente modifica apportata dalla l.r. 28 novembre 2014 n. 31).
Quindi, per dare completa attuazione alla novità legislativa statale, i comuni devono ora ridurre (rispetto a quanto previsto per la nuova costruzione) le tariffe degli oneri di urbanizzazione anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti demolizione e ricostruzione.
Resta dunque da vedere se e quali provvedimenti assumerà la Regione e come i comuni lombardi daranno applicazione alle novità legislative introdotte dal decreto Sblocca Italia.