E’ iniziato il rinsavimento?
(Nota a Cons. Stato, Sez. IV, n. 562 dep. 5/2/2015)

di Massimo GRISANTI

Speriamo sia la rondine che fa la primavera!

Con la sentenza in commento (Sez. IV, Pres. Numerico, Est. Potenza, Cons. Russo, Sabatino, Migliozzi) il Collegio giudicante ha finalmente stabilito che nell’ambito del procedimento di annullamento in via di autotutela ex art. 21-nonies L. 241/1990 l’unico interesse che rileva è il ripristino della violata legalità urbanistico-edilizia.

Stabilisce il Supremo consesso amministrativo: “… 1.4.- Il gravame ripropone inoltre il vizio (che sembra in effetti non esaminato dal primo giudice) di violazione dei principi dell’autotutela in materia edilizia, in quanto l’annullamento di un permesso di costruire non può essere decretato al solo fine di ripristinare la legalità violata, ma deve essere assistito da uno specifico interesse pubblico attuale e concreto alla rimozione del titolo edilizio. Anche questa tesi, non può trovare accoglimento, poiché in materia edilizia l’annullamento d’ufficio risponde oggettivamente al pubblico interesse di ripristinare la legalità urbanistico-edilizia (v. Cons. di Stato, sez. V, n. 4892/2011)”.

L’affermazione del Consiglio di Stato costituisce il naturale e logico sviluppo dei principi affermati nella sentenza n. 101/2013 della Corte costituzionale (Pres. Gallo, Red. Mattarella).

I Giudici della Consulta costituzionalizzarono il c.d. principio della doppia conformità contenuto nell’art. 36 T.U.E. (ed ancor prima nell’art. 13 L. 47/1985), le cui disposizioni costituiscono, a loro volta, l’applicazione, senza se e senza ma, del principio di legalità dell’azione amministrativa al cui cospetto ha finito per soccombere la sanatoria giurisprudenziale (una creazione che si basava sull’assegnazione della prevalenza alla logica efficientistica dell’azione amministrativa).

La vera insanabile contraddizione starebbe, da un lato nell’imporre alle autorità comunali di reprimere e sanzionare gli abusi edilizi, dall'altro consentire violazioni sostanziali della normativa del settore, quali rimangono – sul piano urbanistico – quelle conseguenti ad opere per cui non esista la cd. doppia conformità.

Ciò in quanto sarebbe davvero contrario al buon andamento ammettere che l'amministrazione, una volta posta la disciplina sull'uso del territorio, di fronte ad interventi difformi dalla stessa sia indotta – anziché a provvedere a sanzionarli – a modificare la disciplina stessa oppure ad istituire ex abrupto, di fatto, surrettizie forme di condono edilizio quali sono, sostanzialmente, le decisioni dei dirigenti comunali con le quali viene deciso di non procedere nell’annullamento d’ufficio dei titoli abilitativi illegittimi (prove della sussistenza dell’abuso d’ufficio) invocando, del tutto a sproposito, un’applicazione elastica in materia di governo del territorio delle disposizioni generali dell’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990.

Si finirebbe così per incoraggiare, anziché impedire, gli abusi, perché ogni interessato si sentirebbe incitato a ricercare la collusione con i pubblici amministratori per il rilascio di un’impossibile permesso di costruzione, contando sulla loro acquisizione di conformità ex post mediante il rifiuto all’annullamento del titolo. E tutti sappiamo che l’atto amministrativo continua ad avere efficacia fintanto non viene rimosso.

Oggi, invece, grazie al Consiglio di Stato si può affermare che sono nulli i provvedimenti dirigenziali con i quali viene deciso di non provvedere all’annullamento dei titoli abilitativi sostanzialmente illegittimi, in quanto contrari all’interesse pubblico al ripristino della violata legalità urbanistico-edilizia.

Che sia un primo passo per combattere la corruzione nella materia dell’urbanistica e nell’ambito dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione?

Confidiamo nel Presidente della Repubblica on. Sergio Mattarella (estensore della celeberrima sentenza n. 101/2013 che ha dichiarato incostituzionale in parte qua la Legge regionale Toscana n. 4/2012 istituente un condono edilizio sismico) affinché la via intrapresa da questo coraggioso collegio del Consiglio di Stato sia sempre seguita da ora in avanti, senza alcun tentennamento o ripensamento.

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Scritto il 7 febbraio 2015