Cass. Sez. III n. 33170 del 31 luglio 2013 (Cc 9 apr 2013) Cc. (dep. 31/07/2013)
Pres.Teresi Est.Andronio Ric.Giudice.
Ambiente in genere.Demanio marittimo e occupazione oltre il termine di concessione -
Ai fini della integrazione della fattispecie di occupazione del demanio marittimo, sono soggette a disapplicazione le disposizioni normative che prevedono deroghe automatiche di concessioni demaniali marittime, in quanto violano l'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza.
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 09/04/2013
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - N. 967
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro - rel. Consigliere - N. 813/2013
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
GIUDICE BENIAMINO N. IL 14/08/1942;
avverso l'ordinanza n. 207/2012 TRIB. LIBERTÀ di SALERNO, del 23/05/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Policastro Aldo, per l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata rispetto al capo O); rigetto nel resto.
udito il difensore avv. Agostini Giuseppe.
RITENUTO IN FATTO
1. - Con ordinanza del 23 maggio 2012, il Tribunale di Salerno ha rigettato la richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Vallo della Lucania il 23 marzo 2012, avente ad oggetto l'area demaniale abusivamente occupata dall'indagato, in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), art. 734 c.p., D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, artt. 54 e 1161 c.n., per avere realizzato un intero stabilimento balneare, in zona demaniale marittima sottoposta a vincolo paesaggistico, avendo alterato le bellezze naturali, in mancanza di autorizzazione paesaggistica, permesso di costruire e concessione demaniale marittima. 2. - Avverso l'ordinanza l'indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di impugnazione, si denuncia la violazione degli artt. 54 e 1161 c.n.., nonché del D.L. n. 400 del 1993, art. 1, comma 2, convertito dalla L. n. 494 del 1993, e modificato dalla L. n. 88 del 2001, art. 10, nonché dal D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, convertito dalla L. n. 25 del 2010. Contesta, in particolare, la difesa che il Tribunale avrebbe ritenuto che le opere realizzate non erano state rimosse, pur in mancanza di un rinnovo della concessione demaniale rilasciata con scadenza al 31 dicembre 2007. Rileva la stessa difesa che la concessione demaniale marittima del ricorrente n. 4 del 2002 era stata rilasciata sotto il vigore della L. n. 88 del 2001, la quale, all'art. 10, aveva stabilito la proroga automatica delle concessioni demaniali marittimi dotate di finalità turistico-ricreative, per i 6 anni successivi alla scadenza naturale del 31 dicembre 2007 e, dunque, fino al 31 dicembre 2013, senza necessità alcuna di atti di proroga o di rinnovo. La richiamata L. n. 88 del 2001, art. 10 avrebbe, in sostanza, conferito un vero e proprio diritto al rinnovo automatico della concessione demaniale marittima con finalità turistico-ricreative senza lo svolgimento di alcuna nuova attività istruttorie. Il richiamo operato dal Tribunale del riesame alla L. n. 25 del 2010 al fine di negare la validità e l'efficacia della concessione demaniale n. 4 del 2002 è - secondo l'ipotesi difensiva - inconferente con il caso di specie, perché, al momento dell'entrata in vigore di detta legge, la concessione demaniale dell'indagato già beneficiava del rinnovo automatico per altri 6 anni, a partire dal 31 dicembre 2007 in forza della richiamata L. n. 88 del 2001, art. 10. Si tratterebbe, del resto, di finalità perfettamente compatibile con i principi comunitari, perché tra questi ultimi, oltre al principio della concorrenza, vi è il principio della tutela del legittimo affidamento; con la conseguenza che il Tribunale del riesame non avrebbe potuto disapplicare la normativa invocata dal ricorrente. 2.2. - Con un secondo motivo di doglianza, si prospetta la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), sul rilievo che il Tribunale avrebbe ritenuto sussistente il fumus commissi delicti sulla scorta di generiche sommarie indagini della polizia giudiziaria, senza l'esame della documentazione relativa al procedimento amministrativo che aveva portato al rilascio dei titoli autorizzatori delle opere oggetto di sequestro preventivo. Non si sarebbe considerato, in particolare, che si trattava di opere sanabili, nell'ambito di un procedimento non ancora definito, con la conseguenza che non avrebbe potuto essere portata ad esecuzione l'ordinanza di rimozione delle opere stesse. Si sarebbe disattesa, poi, la perizia giurata allegata alla concessione demaniale n. 4 del 2002, la quale asseverata la conformità delle opere eseguite all'autorizzazione edilizia comunale.
2.3. - Con un terzo motivo di doglianza, si rileva l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, perché, in presenza di opere edilizie completate, non opererebbe il limite temporale di efficacia, pari a 5 anni, del nullaosta paesaggistico già rilasciato in data 4 giugno 2003, come allegato alla memoria difensiva in atti. Le parziali difformità contestate sarebbero "state assoggettate al procedimento di compatibilita ambientale". 2.4. - Si rileva, in quarto luogo, l'erronea applicazione dell'art. 734 c.p., in mancanza di motivazione circa l'alterazione e il deturpamento delle bellezze naturali.
2.5. - Con un quinto motivo di doglianza, si lamenta che la motivazione del Tribunale sulla sussistenza del periculum in mora sarebbe carente, in mancanza di riferimenti alla concretezza e attualità del pericolo stesso, non essendo sufficiente il semplice fatto che le opere fossero state realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. - Il ricorso è infondato.
3.1. - Il primo motivo di impugnazione - con cui si lamenta che il Tribunale non avrebbe preso in considerazione il fatto che la concessione demaniale del 2002 era stata prorogata per ulteriori 6 anni dalla data di scadenza del 31 dicembre 2007 in forza della normativa all'epoca applicabile - è infondato.
3.1.1. - Non vi è dubbio che, in relazione alla concessione in esame, che veniva a scadenza il 31 dicembre 2007, trovasse in astratto applicazione ratione temporis - come ritenuto dal ricorrente - il D.L. n. 400 del 1993, art. 01, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 494 del 1993, nel testo vigente in forza della sostituzione operata dalla L. n. 88 del 2001, art. 10, comma 1. Detto articolo - che è stato abrogato dalla L. 15 dicembre 2011, n. 217, art. 11, comma 1, (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010), stabiliva che le concessioni di beni demaniali marittimi "di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo l'art. 42 c.n., comma 2. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorità portuali di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84". L'abrogazione, come espressamente chiarito dalla L. n. 217 del 2011 che l'ha disposta, si è resa necessaria per chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e per rispondere all'esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consentisse lo sviluppo e l'innovazione dell'impresa turistico-balneare-ricreativa. In particolare l'instaurazione della procedura d'infrazione e la conseguente abrogazione della norma derivavano da un contrasto della normativa interna con la direttiva n. 2006/123/CE nella parte in cui, con l'art. 12, comma 2, esclude il rinnovo automatico della concessione, oltre che con i principi del Trattato in tema di concorrenza e di libertà di stabilimento.
Era frattanto intervenuto il D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, che aveva prorogato i termini di scadenza delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative dapprima al 31.12.2005 e, successivamente, con le modifiche apportate dal D.L. 18 ottobre 2012, convertito nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, al 31.12.2020. Come rilevato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 213 del 2011), il menzionato D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, ha "carattere transitorio in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento, sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato- Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al citato art. 37 c.n., comma 2. La finalità del legislatore è stata, dunque, quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare l'ammortamento degli investimenti nelle more del riordino della materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni".
3.1.2. - Ciò posto, nel caso di specie non può essere condiviso l'assunto difensivo secondo cui la concessione demaniale è stata prorogata tacitamente per 6 anni, alla scadenza del 31.12.2007, fino al 31.12.2013 (in base al disposto del richiamato D.L. n. 400 del 1993).
Deve, infatti, procedersi alla disapplicazione del D.L. n. 400 del 1993, art. 01, tenendo conto di quanto recentemente rilevato, sul punto, dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. 6, 29 gennaio 2013, n. 525), il quale ricorda che la Corte Costituzionale ha ripetutamente rilevato (con le sentenze nn. 213 del 2011, 340 del 2010, 233 del 2010 e 180 del 2010) che le disposizioni che prevedono proroghe automatiche di concessioni demaniali marittime violano l'art. 117 Cost., comma 1, per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza. E ciò, in quanto l'automatismo della proroga della concessione determina una disparità di trattamento tra gli operatori del settore, violando i principi di concorrenza, perché a coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo è preclusa, alla scadenza della concessione, la possibilità di prendere il posto del precedente gestore, se non nel caso in cui questi ometta di richiedere la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti.
Condivisibilmente il giudice amministrativo afferma che, in conseguenza del rilevato contrasto, vi è un obbligo di disapplicazione della norma per il periodo in cui è stata in vigore, da cui deriva la caducazione di eventuali taciti rinnovi delle concessioni, in ragione del venire meno del presupposto normativo su cui si fondavano.
3.1.3. - Collocando, dunque, la scadenza della concessione demaniale al 31 dicembre 2007, come ha fatto il Tribunale del riesame, rimane da risolvere l'ulteriore questione concernente l'applicabilità, nella fattispecie, del richiamato D.L. n. 194 del 2009;
applicabilità che i giudici hanno escluso sul presupposto che mancherebbe una espressa richiesta da parte del soggetto interessato. Tale conclusione è condivisibile.
Invero, se anche la disposizione richiamata non prevede espressamente una richiesta di proroga quale presupposto per il rinnovo, la necessità di tale presupposto si ricava dal tenore generale della disposizione.
In effetti, come osservato nel provvedimento impugnato, la proroga è applicabile soltanto ad alcune tipologie di concessione, il che impone una verifica da parte dell'amministrazione competente ed, inoltre, il termine fissato dalla legge deve ritenersi come un termine massimo che non preclude la possibilità, per il concessionario, di richiedere ed ottenere che, per sue esigenze, l'efficacia della proroga sia contenuta entro un termine inferiore. Va inoltre considerato, in linea generale, che la proroga, riguardando una concessione valida ed ancora in essere, presuppone la verifica di tale condizione e la permanenza dei requisiti richiesti per il suo rilascio, il che implica, ancora una volta, l'esigenza di una verifica.
La necessità di una espressa richiesta è inoltre esplicitamente riconosciuta dalla circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 6105 del 6 maggio 2010, la quale individua gli organi competenti al rilascio del titolo, cosicché è evidente che detti organi debbano essere attivati dal privato interessato, e specifica, ulteriormente, che della proroga venga dato atto con annotazione sul provvedimento concessorio mediante l'apposizione della dicitura "Validità prorogata sino al 31 dicembre 2015 ai sensi del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, art. 1, comma 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25", prevedendo dunque, anche in questo caso, che l'interessato si attivi in tal senso. La stessa annotazione è richiesta anche dalla successiva circolare n. 46 del 21 marzo 2012, che riguarda, tuttavia, concessioni diverse da quelle riferite all'uso o scopo turistico-ricreativo. Ne deriva, quanto al caso di specie, che la concessione doveva ritenersi ampiamente scaduta al momento del disposto sequestro e che il demanio marittimo era abusivamente occupato dallo stabilimento balneare realizzato dall'indagato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, il reato di cui agli artt. 54 e 1161 c.n. si configura non soltanto attraverso l'occupazione del suolo demaniale in assenza di concessione, ma anche quando l'occupazione, effettuata sulla base di una autorizzazione stagionale, si protragga oltre il termine della stagione balneare, ciò in quanto la natura pluriennale del titolo abilitante esonera il concessionario dalla richiesta annuale, ma non esclude l'obbligo di rimuovere quanto collocato al termine del periodo di utilizzo previsto (ex plurimis, sez. 3, 23 maggio 2007, n. 19962; sez. 3, 18 maggio 2006, n. 17062) nonché quando l'occupazione del demanio si protrae oltre la scadenza della concessione sino al rilascio della nuova, pur già richiesta (ex plurimis, sez. 3, 26 luglio 2011, n. 29910; sez. 3, 28 aprile 2010, n. 16495; sez. 3, 2 maggio 2007, n. 16570; sez. 3, 24 gennaio 2003, n. 3535).
3.2. - Il secondo motivo di doglianza - con cui si prospetta la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), sul rilievo che il Tribunale avrebbe ritenuto sussistente il fumus commissi delicti sulla scorta di generiche sommarie indagini della polizia giudiziaria, senza l'esame della documentazione relativa al procedimento amministrativo che aveva portato al rilascio dei titoli autorizzatori delle opere oggetto di sequestro preventivo e senza considerare che si trattava di opere sanabili, nell'ambito di un procedimento non ancora definito - e il terzo motivo, concernente l'autorizzazione paesaggistica, possono essere unitariamente trattati, in considerazione dell'intima correlazione esistente tra i due provvedimenti, poiché l'autorizzazione dell'ente preposto alla tutela del vincolo è un presupposto dell'efficacia del titolo abilitativo edilizio.
3.2.1. - Va in primo luogo rilevato che deve escludersi ogni dipendenza tra tali titoli abilitativi e la concessione demaniale, diversi essendo i presupposti per il rilascio, in quanto il permesso di costruire legittima l'esecuzione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio secondo la relativa disciplina e dando concreta attuazione alle scelte operate con gli strumenti di pianificazione, l'autorizzazione paesaggistica concerne una valutazione circa l'incidenza di un intervento sull'originario assetto dei luoghi soggetti a particolare protezione, mentre la concessione demaniale è diretta a consentire il godimento del bene demaniale entro i limiti stabiliti dal provvedimento. Occorre poi ricordare che il permesso di costruire è senz'altro richiesto per l'esecuzione di opere stagionali, differenziandole da quelle precarie che, per la loro stessa natura e destinazione, non comportano effetti permanenti e definitivi sull'originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo. L'opera stagionale, diversamente da quella precaria, non è, infatti, destinata a soddisfare esigenze contingenti ma ricorrenti, sia pure soltanto in determinati periodi dell'anno e, per tale motivo, è soggetta a permesso di costruire (ex plurimis, sez. 3, 26 settembre 2011, n. 34763; sez. 3, 13 giugno 2011, n. 23645;
sez. 3, 13 giugno 2007, n. 22868).
La mancata rimozione dell'opera stagionale allo spirare del termine stagionale configura, inoltre, il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44: in tale ipotesi, infatti, la responsabilità discende dal combinato disposto del medesimo art. 44 e dell'art. 40 c.p., comma 2, per la mancata ottemperanza all'obbligo di rimozione insito nel provvedimento autorizzatorio temporaneo (ex plurimis, sez. 3, n. 23645 del 2011; sez. 3, 29 novembre 2010, n. 42190; sez. 3, 11 settembre 2006, n. 29871).
3.2.2. - Tali principi trovano piena applicazione nel caso di specie, in cui le opere realizzate avevano carattere stagionale e non erano state rimosse alla fine della stagione balneare. Dette opere, per ammissione delle stesso ricorrente, erano, inoltre, comunque difformi da quanto assentito sia sul piano urbanistico sia sul piano paesaggistico, tanto che per le stesse sarebbe stata necessaria una sanatoria.
3.3. - Per quanto riguarda il quarto motivo di ricorso, deve rilevarsi che il Tribunale, nel confermare la misura reale, ha specificamente richiamato la violazione edilizia e la violazione dell'art. 1161 c.n. ai fini della valutazione sulla sussistenza dei presupposti di applicabilità del sequestro, cosicché non rileva la mancanza di una espressa verifica del fumus dell'ulteriore reato contestato, di cui all'art. 734 c.p..
Ne consegue l'inammissibilità, per mancanza di decisività, di detta doglianza.
3.4. - Infondato è il quarto motivo di ricorso, relativo al periculum in mora. Deve infatti rilevarsi che il Tribunale lo ha correttamente ravvisato: a) nell'impatto ambientale, anche visivo non indifferente causato dalla presenza delle opere ritenute abusive e che avrebbero dovuto essere rimosse al termine di ogni stagione balneare; b) in considerazione della natura permanente del reato di occupazione del suolo demaniale e della necessità di impedire il protrarsi di tale illecita situazione.
Tale ultima affermazione appare, del resto, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ripetutamente riconosciuto la possibilità di procedere al sequestro al fine di impedire il protrarsi di una illecita occupazione di suolo pubblico che lo sottrae alla fruizione pubblica (ex multis, sez. 3, 3 aprile 2012, n. 12504; sez. 3, 12 ottobre 2006, n. 34101; sez. 6, 31 gennaio 2001, n. 3947).
4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2013