Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 965, del 3 marzo 2014
Urbanistica.Variante a piano di attuazione e notifica ai soggetti interessati
La variante urbanistica, qualora riguardi beni specifici ed incida direttamente su determinati soggetti, ha carattere particolare e la pubblica amministrazione ha l’obbligo di notificare agli interessati il provvedimento, dalla cui esecuzione decorre il termine di impugnazione dell’atto. Per ‘soggetto interessato’ non può intendersi qualunque proprietario di immobili insistenti sull’area normata, ma i soli soggetti direttamente incisi dalla variante in quanto destinatari di un vincolo preordinato all’esproprio e contemplati dalla variante, e non anche i soggetti terzi appartenenti all’indifferenziata collettività che dalla variante possano subire un danno, dovendo solo ai primi essere notificate personalmente le deliberazioni di adozione/approvazione della variante, con decorrenza iniziale del termine per proporre la impugnazione dalla notificazioni individuale, mentre ai soggetti terzi nel senso sopra chiarito, tra cui devono farsi rientrare gli originari ricorrenti ed odierni appellanti, in quanto non destinatari di un vincolo preordinato all’esproprio, né individualmente menzionati nelle impugnate deliberazioni, si applica il principio, secondo cui il termine d’impugnazione decorre dal perfezionamento della fase di pubblicazione degli atti pianificatori. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00965/2014REG.PROV.COLL.
N. 09302/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9302 del 2009, proposto da:
Schwarz Klaus, Meraner Rosmarie e Meraner Erberto, rappresentati e difesi dagli avvocati Maurizio Calò, Sergio Dragogna e Carlo Totino, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Antonio Gramsci, 36;
contro
Comune di Appiano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Reinhart Volgger e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Renate von Guggenberg, Alfredo Pischedda e Michele Costa, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Bassano del Grappa, 24;
nei confronti di
Fallimeno Mederle s.r.l., in persona del curatore fallimentare, non costituito in giudizio nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 272/2009, resa tra le parti e concernente: modifica a piano di attuazione di zona residenziale, concessione edilizia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Calò, Manzi e Costa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano pronunciava definitivamente sul ricorso n. 288 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da Schwarz Klaus, Meraner Rosmarie e Meraner Erberto – in qualità di usufruttuario (il primo) e rispettivamente proprietari (i secondi) di due edifici ubicati nel centro storico di Cornaiano, frazione del Comune di Appiano, prospicienti su via Molino e frontistanti rispetto alla p.f. 4855 C.C. Appiano, di proprietà della controinteressata Mederle s.r.l. – avverso la concessione edilizia n. 118 del 18 maggio 2007, rilasciata a quest’ultima dall’assessore all’urbanistica del Comune di Appiano ed avente ad oggetto un progetto per la costruzione di un edificio bifamiliare e di un garage sotterraneo sulla menzionata p.f. 4855, nonché avverso gli atti collegati, in particolare i presupposti atti di natura urbanistica, comunali e provinciali, inerenti all’adozione/approvazione della modifica al piano di attuazione per la zona residenziale ‘A’ del centro storico di Cornaiano e susseguente variazione non essenziale.
Tali atti di natura urbanistica avevano previsto:
- la demolizione di un volume di 1.073 mc nella sottozona ‘S’ nel perimetro della stessa zona ‘A’ del centro storico di Cornaiano, facente parte del complesso immobiliare denominato ‘Ansitz Breitenberg’, tavolarmente identificato dalla p.ed. 449 C.C. Appiano (poi frazionata nelle particelle edilizie 449/1 e 449/2) e, secondo la prospettazione degli originari ricorrenti, interamente «soggetto a tutti i vincoli ed alle disposizioni di tutela di cui alla legge 1 giugno 1939 n. 1089»;
- la classificazione dell’area libera risultante dalla demolizione come verde privato;
- lo spostamento del menzionato volume sulla p.f. 4855 della sottozona ‘Q’, con previsione di una corrispettiva zona edificabile e l’inserimento di un garage sotterraneo, oltre alla previsione di un parcheggio pubblico nella stessa sottozona ‘Q’.
In particolare, la Giunta provinciale con deliberazione n. 4790 del 18 dicembre 2006, previa acquisizione dei pareri dell’Ufficio per la tutela dei beni culturali e della Commissione urbanistica provinciale, aveva provveduto all’approvazione della variante in questione, sulla cui base era stata rilasciata la concessione edilizia n. 118 del 18 maggio 2007 e quella successiva n. 313 del 19 dicembre 2007 (quest’ultima, per la demolizione della neoformata p.m. 5 della p.ed. 449/1).
2. L’adito T.r.g.a., previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio diretta ad accertare l’entità della cubatura prevista in progetto e la c.d. ‘quota zero’ dell’erigendo edificio, provvedeva come segue:
(i) dichiarava irricevibile il ricorso, nella parte, in cui era diretto avverso gli atti inerenti alla procedura di adozione/approvazione della variante al piano di attuazione in questione, sfociata nella deliberazione della Giunta provinciale n. 4790 del 18 dicembre 2006 inserita nell’elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta provinciale in tale data, pubblicato dal 18 dicembre 2006 fino al 3 gennaio 2007 all’albo provinciale, con conseguente tardività del ricorso presentato solo nel mese di novembre 2007;
(ii) dichiarava inammissibili le censure dedotte avverso i provvedimenti concessori, nelle parti in cui questi ultimi autorizzavano la demolizione di una parte del complesso immobiliare ‘Ansitz Breitenberg’ – che, per espressa dichiarazione resa dalle parti processuali all’udienza del 27 febbraio 2008, coincideva con la parte da demolire prevista dalla modifica del piano di attuazione –, trattandosi di provvedimenti in parte qua strettamente consequenziali ed attuativi rispetto alla variante urbanistica tardivamente impugnata, ed aggiungeva che la citata deliberazione della Giunta provinciale n. 4790 del 18 dicembre 2006, con espresso richiamo ai pareri dell’ufficio dei beni architettonici del 31 ottobre 2006 e della commissione urbanistica provinciale del 23 novembre 2006, aveva ritenuto irrilevante il vincolo di tutela monumentale asseritamente insistente sulla p.m. 5 della p.ed. 449/1, con conseguente attrazione anche delle censure riguardanti l’asserita necessità di un contrarius actus per la revoca del vincolo monumentale ed il correlativo illegittimo mancato svolgimento del procedimento ‘aggravato’ previsto dall’art. 5-bis l. prov. 12 giugno 1975, n. 26 (Istituzione della Soprintendenza provinciale ai beni culturali e modifiche ed integrazioni alle leggi provinciali 25 luglio 1970, n. 16 e 19 settembre 1973, n. 37), nell’orbita della declaratoria d’inammissibilità dei motivi dedotti avverso i presupposti atti di natura urbanistica, a parte il rilievo che le censure relative alla violazione del vincolo monumentale erano state dedotte nella memoria del 27 dicembre 2007, non notificata;
(iii) respingeva, nel merito, le censure di illegittimità autonoma dedotte avverso i provvedimenti concessori, rilevando che:
- la concessione ad aedificandum n. 118/2007, sebbene rilasciata in un momento anteriore alla concessione ad demolendum n. 313/2007, non era soggetta ad annullamento d’ufficio sotto il profilo del mancato previo rilascio di quest’ultima, in quanto, a fronte del successivo effettivo rilascio della concessione di demolizione, per un verso «l’interesse pubblico esigeva il mantenimento del provvedimento piuttosto che la sua scomparsa dal mondo giuridico – invero, temporanea – posto che, in ogni caso, la concessione edificatoria avrebbe dovuto essere rilasciata, successivamente al rilascio di quella demolitoria», e, per altro verso, «non si può affermare che il Comune, nella motivazione del provvedimento concessorio ad demolendum, avrebbe dovuto tener conto dell’interesse pubblico che consigliava il mantenimento del provvedimento medesimo» (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza), non senza adombrare la correlativa carenza d’interesse, non potendo i ricorrenti dall’annullamento della prima concessione trarre utilità alcuna a fronte dalla sua reiterabilità a contenuto invariato;
- alla luce delle risultanze istruttorie, doveva escludersi la realizzazione di un eccesso di cubatura rispetto a quella preesistente relativa all’immobile demolito, né era stata provata la dedotta violazione della c.d. ‘quota zero’ nella costruzione del nuovo edificio;
- la censura, secondo cui il progetto di demolizione comprendeva anche la porzione di tetto della p.ed. 449/1 a copertura della p.m. 5, e che il tetto era in comproprietà con i proprietari delle altre porzioni materiali della stessa particella edilizia, i quali non ne avrebbero autorizzato la demolizione, risultava smentita dal tenore della dichiarazione dei comproprietari del 2 dicembre 2007, nella quale questi avevano espresso il loro consenso alla demolizione della p.m. 5 come da progetto approvato, implicante la demolizione anche della parte di tetto posto a copertura di detta porzione materiale;
(iv) dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti, mentre poneva a carico solidale dei ricorrenti le spese della consulenza tecnica d’ufficio.
3. Avverso tale sentenza interponevano appello gli originari ricorrenti, deducendo i motivi come di seguito testualmente rubricati:
a) «violazione dell’art. 360, n. 3) e 5), c.p.c. per falsa applicazione dell’art. 5.5. del Piano di Attuazione e per motivazione errata, anche in punto di fatto, avendo la sentenza omesso di annullare le concessioni edilizie n. 118/2007 e n. 313/2007, pur a fronte dell’accertata violazione dell’art. 5.5 delle Nda, sull’avviso che l’esistenza di quest’ultima avrebbe determinato una sopravvenuta carenza di interesse alla caducazione degli atti edilizi, mentre alla data della decisione (15.4.2009) la concessione per la demolizione era già decaduta ex lege per omesso avvio delle opere entro un anno dal suo rilascio (19.12.2007 + 1 anno = 19.12.2008); insussistenza della carenza di interesse posta a base del rigetto del mezzo»;
b) «violazione dell’art. 360, n. 3) e 5), c.p.c.: A) per violazione e falsa interpretazione dell’art. 21 l. n. 1034/1971, anche in relazione agli artt. 30, co. 3, e 53 della l. prov. 11.8.1997 n. 13, e per motivazione viziata, non essendo decorsi i termini decadenziali per l’impugnazione della delibera della Giunta provinciale di approvazione della modifica a piano di attuazione per effetto della mera indicazione degli estremi entro un elenco di delibere giuntali affisso all’Albo Provinciale, la cui pubblicazione non è oltretutto prescritta da alcuna norma, e ciò, men che meno, con riferimento alla pretesa revoca implicita di vincoli monumentali intavolati, e per omessa prova dell’avvenuta pubblicazione integrale della delibera della G.P. BZ n. 4790/2006 (testo, parte grafica e normativa) sia all’Albo provinciale che sul Bollettino Ufficiale della Regione; B) per motivazione viziata in punto di asserita eliminazione del vincolo monumentale intavolato sulla p.ed. 449/1»;
c) «violazione dell’art. 360, n. 3), 4) e 5), c.p.c. per motivazione viziata e per vizio istruttorio procedimentale per lacunoso accertamento peritale di C.T.U. disposta d’ufficio per verificare la difformità della “quota di imposta” indicata in progetto (su p.f. 4855) rispetto alla c.d. “quota legale di imposta” contenuta negli elaborati grafici urbanistici, avendo la sentenza rigettato i mezzi contestativi di siffatta difformità e di conseguente aumento dei volumi da ricostruire omettendo di disporre l’invocato richiamo del C.T.U. malgrado abbia asserito “l’impossibilità” di poter definire “la quota” zero di imposta per l’edificazione, di accertare l’eventuale esubero dei volumi in sede di ricostruzione e quindi l’artificioso rialzo della quota reale dell’edificio da ricostruire in fregio alle abitazioni degli appellanti».
Per il resto, gli appellanti riproponevano espressamente i motivi di primo grado, chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado, con sequela di annullamento degli impugnati provvedimenti e vittoria di spese.
4. Si costituivano in giudizio le Amministrazioni appellate (Comune di Appiano; Provincia autonoma di Bolzano), contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
5. Non si costituivano invece in giudizio né l’originaria controinteressata Mederle s.r.l. – dichiarata fallita il 24 agosto 2009, dopo la notifica della sentenza agli originari ricorrenti su istanza della difesa della Provincia (in data 27 luglio 2009) – né il relativo curatore fallimentare (al quale il ricorso in appello risulta notificato il 10 novembre 2009).
6. All’udienza pubblica del 15 ottobre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. L’appello è infondato.
7.1. Destituito di fondamento, in rito e nel merito – con argomentazioni autonomamente sufficienti a suffragare la statuizione reiettiva della censura in esame –, è il motivo sub 3.a), in quanto:
- si tratta di censura nuova (quanto al profilo centrale della decadenza della concessione), per la prima volta dedotta in grado d’appello e dunque inammissibile per contrasto con il divieto dello ius novorum in appello;
- il termine di efficacia della concessione edilizia n. 313/2007 doveva comunque ritenersi sospeso per effetto dell’accoglimento della istanza cautelare presentata unitamente ai motivi aggiunti depositati il 10 gennaio 2008, di cui all’ordinanza cautelare del T.r.g.a. n. 29 del 22 gennaio 2008, con conseguente mancata maturazione dell’asserita decadenza alla data 19 dicembre 2008.
7.2. Privo di pregio è il motivo sub 3.b).
La fattispecie in esame si caratterizza in modo peculiare in ragione della stretta correlazione tra la fase urbanistica e quella edilizia, essendosi in presenza di una variante al piano di attuazione della zona residenziale ‘A’ del centro storico della frazione di Cornaiano, proposta dal Comune – su istanza di privati, segnatamente su istanza dell’originario proprietario della neoformata p.m. 5 della p.ed. 449/1 in P.T. 4360/II C.C. Appiano, Gutgsell Johann, il quale aveva trasferito la propria attività di panettiere, sino allora esercitata nei locali aziendali del menzionato immobile, nella nuova zona produttiva di Cornaiano, e della proprietaria dell’immobile di destinazione (p.f. 4855 in P.T. 2718/II C.C. Appiano) della cubatura trasferenda, impresa Mederle s.r.l. (successiva acquirente anche dell’immobile a quo, in forza di contratto di compravendita del 15 gennaio 2007) –, avente un oggetto specifico, meglio descritto sopra sub 1., con precise prescrizioni planivolumetriche e con la descrizione dell’opera (v. relazione tecnica con relativi allegati, presentata dai predetti il 6 giugno 2006 al Comune di Appiano, e le impugnate deliberazioni n. 66 del 20 luglio 2006 del Consiglio comunale e n. 4790 del 18 dicembre 2006 della Giunta provinciale).
Orbene, osserva il Collegio che costituisce, bensì, consolidato principio giurisprudenziale che la variante urbanistica, qualora riguardi beni specifici ed incida direttamente su determinati soggetti, ha carattere particolare e la pubblica amministrazione ha l’obbligo di notificare agli interessati il provvedimento, dalla cui esecuzione decorre il termine di impugnazione dell’atto (v., ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 15 dicembre 2009, n. 7963). Sennonché, agli effetti che qui rilevano, per ‘soggetto interessato’ non può intendersi qualunque proprietario di immobili insistenti sull’area normata, ma i soli soggetti direttamente incisi dalla variante in quanto destinatari di un vincolo preordinato all’esproprio e contemplati dalla variante, e non anche i soggetti terzi appartenenti all’indifferenziata collettività che dalla variante assumano subire un danno, dovendo solo ai primi essere notificate personalmente le deliberazioni di adozione/approvazione della variante, con decorrenza iniziale del termine per proporre la impugnazione dalla notificazioni individuale, mentre ai soggetti terzi nel senso sopra chiarito – tra cui devono farsi rientrare gli originari ricorrenti ed odierni appellanti, in quanto non destinatari di un vincolo preordinato all’esproprio, né individualmente menzionati nelle impugnate deliberazioni – si applica il principio, secondo cui il termine d’impugnazione decorre dal perfezionamento della fase di pubblicazione degli atti pianificatori (v. in tal senso in fattispecie analoga, di recente, Cons. St., Sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 922).
Nel caso di specie, la deliberazione del Consiglio comunale n. 66 del 20 luglio 2006, come da attestazione del segretario comunale in calce alla stessa, risulta essere stata pubblicata sull’albo pretorio del Comune il 26 luglio 2006, per dieci giorni, divenendo esecutiva il 6 agosto 2006 in assenza di opposizioni, mentre, quanto alla deliberazione provinciale n. 4790 del 18 dicembre 2006, secondo l’acquisita attestazione dell’Ufficio affari istituzionali della Provincia – investito, tra l’altro, del compito della raccolta e pubblicazione degli atti della Giunta provinciale –, dal 18 dicembre 2006 fino al 3 gennaio 2007 risulta essere stato pubblicato sull’albo provinciale l’elenco, in ordine numerico, delle deliberazioni della Giunta provinciale adottate il 18 dicembre 2006, nel quale era inserita anche la deliberazione in questione; ciò, in conformità alla generale disciplina di pubblicità legale delle deliberazioni comunali e provinciali mediante affissione all’albo pretorio, non prevedendo la legge urbanistica provinciale per le modifiche ai piani di attuazione (a differenza dalle modifiche ai piani urbanistici) altre, speciali, forme di pubblicazione.
Sotto altro profilo, dalla sopra evidenziata natura specifica e particolare dell’oggetto delle impugnate deliberazioni di adozione/approvazione della modifica del piano di attuazione discende l’immediata lesività delle prescrizioni urbanistico-edilizie in esso contenute, con conseguente onere di immediata impugnazione.
Da quanto esposto consegue che il T.r.g.a correttamente ha dichiarato tardiva l’impugnazione, sotto ogni profilo – anche di asserita violazione del vincolo di tutela monumentale, ritenuto non rilevante dall’impugnata deliberazione provinciale rimasta inoppugnata entro il termine di decadenza, a prescindere dal duplice rilievo (i) che i relativi profili di censura sono stati dedotti in modo irrituale, per la prima volta, nella memoria non notificata del 27 dicembre 2007, e (ii) che, ad ogni modo, sulla base di una valutazione unitaria e complessiva dell’acquisita documentazione tavolare, mappale, planimetrica e fotografica, deve ritenersi che la neoformata p.m 5 (destinata a panificio) non era, nella sostanza, soggetta a vincolo di tutela storico-artistica, costituendo per contro una superfetazione edilizia estranea al nucleo storico del complesso monumentale ‘Ansitz Breitenberg’, realizzata in epoca successiva all’apposizione del vincolo (con decreto ministeriale del 17 gennaio 1951) –, delle deliberazioni a contenuto urbanistico-edilizio, proposta con il ricorso di primo grado, notificato il 5 novembre 2007 (data di spedizione), ampiamente oltre il termine di decadenza decorrente dal perfezionamento della fase di pubblicazione delle deliberazioni medesime.
La rilevata tardività rende inammissibili anche le censure rivolte contro gli atti concessori, nei limiti in cui sono dedotti vizi di invalidità derivata, come correttamente statuito nell’appellata sentenza.
7.3. Né a miglior sorte sono destinati i profili di censura dedotti con il motivo d’appello sub 3.c), in quanto:
- il consulente tecnico d’ufficio, con motivazione immune da vizi logici e conforme alla disciplina normativa ed ai correnti criteri tecnici in materia urbanistico-edilizia, ha escluso il dedotto eccesso di cubatura, essendo stato accertato che la porzione di edificio da demolire era di 1.202,43 mc rispettivamente di 1.103,69 mc (a seconda del metodo di calcolo adottato), mentre la cubatura progettata oggetto della concessione edilizia n. 118/2007 era pari a 1.087,71 mc, e dunque, in ogni caso, inferiore a quella oggetto di demolizione;
- il T.r.g.a, a fronte dell’accertata (dal c.t.u.) oggettiva impossibilità di individuare con esattezza la c.d. ‘quota zero’ ed il suo eventuale rialzo nel progetto di variante del 9 marzo 2007 rispetto al progetto del 3 gennaio 2007, rispettivamente rispetto alle previsioni del piano di attuazione, per l’opinabilità del punto di partenza – non superabile con ulteriori accertamenti peritali (con conseguente inaccoglibilità della correlativa richiesta istruttoria formulata dagli odierni appellanti), attesa l’insormontabile situazione d’incertezza oggettiva attorno al punto di partenza per l’insussistenza di riferimenti altimetrici assoluti rinvenibili nella documentazione grafica del piano di attuazione, e per l’insussistenza di un verbale di fissazione della ‘quota zero’ da parte del tecnico comunale –, ha correttamente respinto i profili di censura in esame, per carenza di prova dei relativi fatti costitutivi.
7.4. La reiezione dei motivi d’appello comporta l’assorbimento dei motivi di primo grado riproposti in relazione ai dedotti motivi d’appello, presupponendo il relativo ingresso l’accoglimento dei motivi d’impugnazione articolati avverso la sentenza.
8. Le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico degli appellanti soccombenti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 9302 del 2009), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna gli appellanti, in solido tra di loro, a rifondere alle Amministrazioni appellate (Comune di Appiano; Provincia di Bolzano) le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano, in favore di ciascuna delle stesse, nell’importo di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)