Consiglio di Stato Sez. II n. 3215 del 20 maggio 2019
Urbanistica.Locazione e lottizzazione cartolare

Non si può escludere che il contratto di locazione, in quanto costitutivo di un diritto personale di godimento in capo al conduttore, assicura a quest’ultimo la disponibilità materiale ed il godimento dell’immobile e pertanto può integrare, al pari degli atti di compravendita, uno degli elementi costitutivi della fattispecie della lottizzazione cartolare.

Pubblicato il 20/05/2019

N. 03215/2019REG.PROV.COLL.

N. 01534/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1534 del 2010, proposto dai signori Cinzia Fattori, Elisabetta Fattori e Francesco Fattori, in qualità di eredi del signor Ubaldo Fattori, rappresentati e difesi dagli avvocati Alessandro Pallottino e Stefano Di Girolamo, elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Roma, via Boezio, 2,

contro

il Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, Sezione II bis, n. 10872 del 5 novembre 2009, resa inter partes, concernente demolizione, trascrizione nei registri immobiliari ed immissione in possesso in favore dell’Amministrazione comunale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2019 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati S. Di Girolamo e A. Pallottino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 6296 del 2001, proposto innanzi al T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, il signor Ubaldo Fattori, al quale sono poi subentrati gli eredi Cinzia Fattori, Elisabetta Fattori e Francesco Fattori, aveva chiesto l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 368 del 13 febbraio 2001, con la quale il Comune di Roma, configurando la fattispecie illecita della lottizzazione abusiva, ha disposto nei confronti del de cuius, quale lottizzatore, del signor Ruggero Luzzi e delle società APAS S.r.l. e BIGLIETTONLlNE S.r.l. quali “lottisti”, la sospensione della lottizzazione e l’immediata rimozione delle opere ivi descritte nonché ha ingiunto il divieto di disporre dei suoli e delle opere sotto comminatoria di acquisizione gratuita del terreno al patrimonio comunale ed immissione in possesso.

2. A sostegno della proposta impugnativa il signor Fattori deduceva:

i) la violazione dell’art. 18, comma 7, della legge n. 47 del 1985 per mancata notifica del provvedimento impugnato al proprietario dei suoli;

ii) l’eccesso di potere per la mancata adozione di un atto equivalente alla vendita;

iii) l’eccesso di potere perché non sarebbe stato realizzato alcun frazionamento dei lotti a scopo edificatorio;

iv) l’eccesso di potere per difetto di motivazione in ordine ai presupposti applicativi di cui all’art. 18 della 1. n. 47 cit., in quanto l’area in proprietà è stata soltanto concessa in locazione senza l’esecuzione di opere edilizie;

v) l’errata e falsa applicazione dell’art. 18 su menzionato, non potendo essere equiparati i contratti di locazione, in quanto non produttivi di effetti reali, ai contratti di compravendita necessari ad integrare la fattispecie lottizzatoria.

3. Costituitasi l’Amministrazione comunale al fine di resistere, il Tribunale adìto, Sezione II bis, ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha respinto il ricorso ritenendo sussistenti i presupposti applicativi della lottizzazione abusiva sanzionata dall’Amministrazione comunale ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47 del 1985;

- ha compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- “la notifica al proprietario (nella specie, l’atto era stato notificato ai locatari) non costituisce requisito formale inderogabile dell’atto medesimo, la cui omissione è idonea a determinare la nullità dello stesso, ma mera irregolarità che risulta sanata dall’intervenuta conoscenza che consenta 1’espletamento della tutela giurisdizionale da parte dell’interessato avverso il provvedimento sanzionatorio”;

- “il provvedimento sottoposto al vaglio di questo Tribunale, indica specificamente tutte le opere effettuate sul terreno, a seguito della stipula dei contratti di locazione, che hanno - in fatto - causato una trasformazione urbanistico-edilizia del terreno (tettoie, container, box, platea in cemento armato, etc.)”;

- “seppure erroneamente il provvedimento fa riferimento all’atto di trasferimento del fondo (relativo unicamente alla prima cessione in capo al de cuius) in assenza di ulteriori atti di trasferimento della proprietà,le locazioni delle parti del lotto, integrano senza dubbio gli ‘atti equivalenti’ previsti dalla norma (art.18,1. n. 47 del 1985, come recepita dall’art. 30, comma 1, d.P.R. n.380 del 2001) idonei a configurare un'ipotesi di lottizzazione abusiva c.d. ‘fisica’ o ‘materiale’”.

5. Avverso tale pronuncia i signori Cinzia Fattori, Elisabetta Fattori e Francesco Fattori hanno interposto appello, notificato il 10 febbraio 2010 e depositato il 24 febbraio 2010, lamentando, attraverso i motivi indicati con i numeri da 2) a 7) dell’atto di gravame (pagine 4 - 13), coi quali sono state criticamente reiterate le censure di primo grado, quanto di seguito sintetizzato:

I) avrebbe errato il Tribunale nel respingere il primo motivo del ricorso, afferente alla omessa notificazione dell’impugnata ordinanza, in quanto essa è conseguenza del denunciato difetto di motivazione ed è tale da provocare il mancato perfezionamento dell’atto stesso;

II) il Tribunale avrebbe dato erroneamente rilevanza ai contratti di locazione ancorché non richiamati nell’atto impugnato, che contiene unico riferimento al contratto di compravendita in realtà insussistente, come evidenziato dallo stesso Tribunale;

III) il Tribunale avrebbe errato nel ritenere equivalenti i contratti di locazione agli atti in grado d’integrare la fattispecie lottizzatoria, peraltro affermata senza motivazione sul punto;

IV) il Tribunale non avrebbe considerato che i contratti di locazione hanno riguardato tre piccole porzioni di terreno, negli anni 1994, 1995 e 1999, inidonei a configurare un programma edificatorio tanto che prevedevano la destinazione delle aree a mero deposito a cielo aperto;

V) il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che le opere realizzate abbiano funzione edificatoria, trattandosi di depositi di materiale sul terreno nudo, e che gli atti di locazione sarebbero equivalenti alla vendita dei lotti, mai intervenuta;

VI) il Tribunale avrebbe omesso di considerare che manca qualunque atto di vendita o altro atto con effetti equivalenti, e la stessa destinazione e contenuto contrattuale delle locazioni e le opere eseguite dai locatari smentiscono l’esistenza di un collegamento preordinato e funzionale allo scopo edificatorio illecito.

6. Il Comune, sebbene ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

7. In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti non hanno svolto difese scritte.

8. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 9 aprile 2019, non merita accoglimento.

8.1. Occorre premettere alla disamina dei rilievi sollevati dalla parte appellante che il provvedimento impugnato in prime cure, siccome risalente ad epoca antecedente all’intervento del testo unico edilizia, d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 20 ottobre 2001, soggiace alla disciplina, ratione temporis vigente, di cui alla legge n. 47 del 1985, il cui art. 18 (rubricato “Lottizzazione”) non presenta però significative differenze rispetto alla normativa intervenuta dopo pochi mesi con la promulgazione del Testo unico sull’edilizia (D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni). Ne consegue che la disamina dei rilievi sollevati, sebbene calibrati con riferimento al citato articolo 18, ben può giovarsi delle riflessioni giurisprudenziali maturate con riguardo alla disciplina posteriore di cui al menzionato Testo unico.

Orbene, la lottizzazione abusiva è oggi disciplinata dall’art. 30 del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, dal quale si evince che tale illecito si consuma nel caso di qualsiasi tipo di opera in concreto idonea a stravolgere l’assetto del territorio preesistente ed a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, pertanto, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione del territorio (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un nuovo e non previsto carico urbanistico.  In particolare, a norma del succitato art. 30, comma 1 “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione”. E’ ben noto tuttavia che la fattispecie lottizzatoria può consolidarsi innanzitutto nella veste di c.d. lottizzazione “materiale” o “sostanziale”, che si realizza attraverso l’avvio non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica di terreni in zona non adeguatamente urbanizzata in violazione della disciplina a quest’ultima impartita dalla legislazione e dagli strumenti pianificatori. In particolare, come evidenziato da questo Consiglio, siffatti interventi devono risultare globalmente apprezzabili in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, di aggravio del relativo carico insediativo e, soprattutto, di pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all’amministrazione; devono, cioè, valutarsi alla luce della ratio del citato art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001, il cui bene giuridico tutelato risiede nella necessità di salvaguardare detta potestà programmatoria, nonché la connessa funzione di controllo, posta a garanzia dell’ordinata pianificazione urbanistica, del corretto uso del territorio e della sostenibilità dell’espansione abitativa in rapporto agli standard apprestabili (Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3416). Per altro verso, dalla formulazione della medesima norma è possibile evincere che tale illecito può assumere anche le sembianze della cd. lottizzazione cartolare, “quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.

8.2. Premesso il doveroso inquadramento giudico della vicenda di causa, non resta che transitare alla disamina dei rilievi di parte appellante, evidenziando che, dal tenore del provvedimento impugnato, è dato inferire che l’Amministrazione ha configurato la fattispecie lottizzatoria nella sua duplice veste sia materiale, alla luce delle consistenze edilizie riscontrate in loco, sia cartolare, integrata dall’adozione degli “atti equivalenti” di cui discorre la norma con conseguente frazionamento del terreno in lotti soggetti a distinto ed autonomo godimento.

8.3. Non coglie nel segno il primo motivo di appello, con il quale si lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto attribuire rilievo patologico alla mancata notifica nei riguardi del proprietario/ricorrente di primo grado dell’ordinanza impugnata, in quanto la notificazione, in ossequio ad un consolidato insegnamento giurisprudenziale, consiste in un’attività partecipativa, di integrazione dell’efficacia, estrinseca alla formazione della volontà dell’Amministrazione. Proprio in ordine alla denunciata omessa notificazione ad uno dei comproprietari di un’ordinanza comunale che contestava la realizzazione della fattispecie della lottizzazione abusiva, questo Consiglio, di recente, ha confermato “la diffusa giurisprudenza di primo grado secondo cui tale omissione non incide sulla legittimità del provvedimento repressivo, ma unicamente sulla sua efficacia, determinandone l’inopponibilità al comproprietario pretermesso, ed eventualmente incidendo sull’opponibilità della successiva acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale (questione, quest’ultima, che in ogni caso deve essere lo stesso soggetto pretermesso a far valere)” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 gennaio 2016, n. 26).

8.4. Infondato risulta anche il secondo motivo di appello, con cui si insiste nel ravvisare il vizio di eccesso di potere assumendo l’evidente falsità ed errore nei presupposti del provvedimento. L’appellante, infatti, ritiene che i tre contratti di locazione stipulati a partire dal 1994, che hanno determinato la divisione del terreno oggetto della controversia in quattro lotti, non possono essere equiparati alla vendita, né fatti rientrare nella categoria dei c.d. “atti equivalenti” che il comma 7 dell’art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001 equipara alla vendita. In realtà l’attività negoziale è presa in considerazione dalla norma quale strumento per il perseguimento dell’intento lottizzatorio e, quindi, quale indice della sussistenza di tale intento, il quale deve peraltro trovare conferma anche in altre circostanze, che rendano evidente la non equivocità della destinazione a scopo edificatorio; ne consegue che non è decisiva la qualificazione giuridica dell’attività negoziale secondo gli schemi contemplati dalla disciplina civilistica quanto piuttosto la sua possibile preordinazione allo scopo edificatorio. Non si può escludere che il contratto di locazione, in quanto costitutivo di un diritto personale di godimento in capo al conduttore, assicura a quest’ultimo la disponibilità materiale ed il godimento dell’immobile e pertanto può integrare, al pari degli atti di compravendita, uno degli elementi costitutivi della fattispecie della lottizzazione cartolare.

Per quanto poi attiene alla posizione giuridica del proprietario della res data in locazione non deve essere trascurato il fatto che questi assume, dopo la stipula del contratto, doveri di controllo, cura e vigilanza in modo da non solo mantenere un effettivo potere fisico sull’entità immobiliare locata, ma anche di avvedersi della realizzazione dell’abuso così da impedirne la realizzazione o agevolarne la rimozione non appena venutone a conoscenza. La condizione giuridica che compete al locatore ed il coacervo di poteri che ne derivano fanno sì che questi ben poteva avvedersi dell’abusiva trasformazione dei terreni in senso edilizio e ciò consente di escludere, in termini di adeguata verosimiglianza, che possa ravvisarsi l’asserita buona fede dell’appellante.

Né la fattispecie di cui all’art. 30 richiede che l’Amministrazione effettui una indagine sulla ricorrenza dell’elemento psicologico della mala fede. Si afferma, infatti, da parte di condivisibile giurisprudenza che è sì necessaria l’acquisizione di un sufficiente quadro indiziario, dal quale possa desumersi la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere (Consiglio di Stato , sez. VI, 18 marzo 2019, n. 1759), ma occorre prescindere dallo stato soggettivo di buona o mala fede dei lottizzanti giacché l’illecito si fonda sul dato oggettivo dell’intervenuta illegittima trasformazione urbanistica del territorio, fatta salva la tutela in sede civile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 26/2016 cit.). Ne consegue che nemmeno possono essere valorizzate in questa sede le pronunce del giudice civile, assunte a seguito delle procedure di sfratto attivate dai proprietari del fondo nei riguardi dei conduttori, così come documentato nel corso del presente giudizio, trattandosi di vicende che attengono ai rapporti interprivati e che alcun rilievo hanno ai fini della verifica della fattispecie lottizzatoria.

8.5. Infondate sono anche le ulteriori critiche sollevate dall’appellante, suscettibili di trattazione congiunta per il loro stesso tenore. Sul punto, l’appellante contesta che sussistano i presupposti per configurare la fattispecie lottizzatoria nella sua veste materiale per la ridotta consistenza delle opere rinvenute sul terreno oltre che per le modeste dimensioni dei lotti derivanti dalla stipula dei contratti di locazione.

Anche tali rilievi non risultano convincenti, dovendosi quindi confermare le osservazioni rese dal Tribunale conducenti alla legittimità dell’ordinanza impugnata in prime cure. Basti pensare al fatto che le opere edilizie insistenti sulle aree sono numerose e significative sul piano edilizio (ad es. tettoie, box con fornelli e acqua corrente adibiti ad ufficio, manufatto in legno di mt. 15 x 4, etc.), tanto che appaiono oggettivamente incompatibili con la destinazione agricola dell’area così da integrare la contestata fattispecie lottizzatoria. Gli interventi che danno luogo a lottizzazione possono, peraltro, sostanziarsi tanto in opere edilizie quanto in opere di urbanizzazione, ossia, ad esempio, nella realizzazione di manufatti, soprattutto se suscettibili di stravolgere, per le relative caratteristiche, la destinazione del suolo, siccome avulsi da ogni connessione funzionale con quest’ultima (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 giugno 2010, n. 3475). La fattispecie richiede quindi una visione globale di approccio alla fattispecie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1809) che prescinda da una valorizzazione rapsodica ed atomistica dei singoli manufatti, siccome destinati ad assumere rilievo nella loro complessiva consistenza. Nel caso di specie viene in evidenza che il fondo è stato interessato, oltre che dalla stipula di atti interprivati in grado di provocarne il frazionamento in termini funzionali, dalla realizzazione di opere edilizie che, come correttamente osservato dal Tribunale, appaiono complessivamente preordinati alla destinazione dei singoli lotti per finalità non coerenti con la originaria vocazione agricola dell’area. Tali concorrenti profili fattuali della vicenda sono stati congiuntamente valorizzati nel quadro motivazionale dell’atto impugnato in prime cure, ove si discorre di “atti equivalenti” alludendo così proprio ai contratti di locazione a suo tempo stipulati dal signor Fattori. Ne consegue che non può essere condiviso quanto lamentato in appello a proposito dell’asserita discordanza tra la motivazione dell’ordinanza e le considerazioni del Tribunale a sostegno della decisione reiettiva, in entrambi i casi infatti focalizzate sui contratti di locazione intercorsi tra la proprietà e i lottisti.

9. In conclusione, l’appello in esame è infondato e deve essere respinto.

10. Nessuna determinazione va assunta sulle spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione dell’Amministrazione appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1534/2010), lo respinge.

Nulla per le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Fulvio Rocco, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore

Cecilia Altavista, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere